ELEZIONI FARSA:

E SE VOTASSIMO TUTTI

SCHEDA BIANCA!?

ALLA FINE NON CAMBIERÀ NULLA PERCHÉ ABBIAMO UNA CLASSE POLITICA CHE DOVREBBE FARE LE VALIGE IN MASSA, IN QUANTO ESSA È DIVENTATA COME UN ERBA INFESTANTE CHE PORTA IL PAESE AD UNA MORTE LENTA E INESORABILE. CI HANNO TOLTO ANCHE L'UNICA COSA CHE CONTAVA VERAMENTE: LA SOVRANITÀ MONETARIA, BASE DI OGNI VERA RIFORMA ECONOMICA E SOCIALE. INTANTO METÀ DELL'IMU SULLA PRIMA CASA SE NE ANDRÀ PER COMPRARE DUE SOMMERGIBILI DA GUERRA C0N IL BENEPLACITO DI PDL, PD E TERZO POLO. MA NON VEDETE CHE CI PRENDONO IN GIRO?! ALLORA SERVE UNA UN FORMA DI PROTESTA CHIARA, CHE TUTTI CAPISCONO. NO, IO NON CI STO A ESSERE L'UTILE IDIOTA PER UN SISTEMA CHE ALLA FINE DANNEGGIA LA GENTE E IL PAESE E VOTO SCHEDA BIANCA!

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Mentre tutti si arrabattono nel solito teatrino italiano della politica, nel silenzio quasi completo, e mentre sempre più famiglie entrano nel circolo vizioso della povertà, lo Stato italiano spenderà due miliardi di euro per l’acquisto di due sottomarini militari U-212 grazie a una norma voluta dal governo Monti e approvata da Pdl, Pd e Terzo Polo. Un altro insulto agli italiani che non arrivano a fine mese, dopo lo spreco di denaro pubblico per gli F-35. Questi soldi dovevano essere destinati alla sanità, alla scuola pubblica, alla ricerca e alle imprese pulite per favorire la ripresa economica del paese. Molti ospedali rischiano di chiudere e la disoccupazione è ai massimi storici. Insomma, hanno fatto pagare questa crisi alle fasce sociali più deboli, alle imprese pulite e agli onesti cittadini.

Purtroppo i nostri politici si dirigono dalla parte opposta come ossessionati dal nuovo idolo a cui sacrificare interi popoli: l'Europa e l'Euro. Sentite cosa dice Fassina, PD: “Quel residuo di sovranità fiscale vuota e formale ancora nelle mani dei parlamenti nazionali dovrebbe essere trasferito all’Europa”(fonte web). Ecco chi vi vuole schiavi. Il PD (ma anche in misura diversa gli altri partiti) è sistematicamente contro la nostra nazione e sempre a favore del potere finanziario speculativo internazionale. Non servono altre parole.

Ogni soluzione alla nostra crisi economica passa sempre più attraverso la piena sovranità monetaria e questo vuol dire uscire dal carcere dell'Euro. “E’ una questione di volontà politica”. Volontà politica. Per cosa? Per tornare liberi. Padroni a casa nostra. Padroni della nostra moneta e della nostra politica. Per strapparla ai banchieri privati che oggi strozzano e, letteralmente, uccidono la nostra economia (fonte web). Consiglio di vedere il video qui sotto della Signora Francesca invitata da Santoro... E intanto miliardi su miliardi se ne vanno in armi e la gente non ne sa nulla... Votate, votate pure che c'è chi s'ingrassa!

 

 

Con l'acqua alla gola - Puntata 10 - Servizio Pubblico

 

 

Tra armamenti e tagli mancati, il

governo ha indossato l’elmetto

Fonte web

Il settore della spesa pubblica che subisce meno tagli e riceve più fondi è la Difesa. L'apparente riduzione della spesa rispetto al 2012, che prevede un budget di 935 milioni, si riferisce solo ai primi nove mesi dell'anno. E le eventuali risorse risparmiate dalla riforma Di Paola saranno impiegate per l'acquisto di nuovi sistemi d'arma

Giampaolo Di PaolaC’è un settore della spesa pubblica che va a gonfie vele e purtroppo non è la scuola, non è la sanità. In contro-tendenza con tutti gli altri comparti, quello della Difesa nel 2012 ha subito meno tagli e ha ricevuto più fondi, forte di un doppio trattamento di favore che è proseguito fino all’ultimo, con una serie di colpi di coda che fanno discutere. L’ultimo si è consumato il 28 dicembre scorso con la proroga – quasi in sordina e a governo ormai dimissionato – delle missioni internazionali. Un provvedimento di solito accompagnato da forti tensioni e polemiche ma passato stavolta sotto silenzio, nonostante si portasse in pancia un vero e proprio giallo sui numeri.

A prima vista il decreto sembra infatti ridurre la spesa rispetto al passato. Il budget messo sul tavolo dal governo è stato infatti pari a 935 milioni, inferiore di mezzo miliardo rispetto a quello del 2012. Il testo pubblicato in Gazzetta, però, indica che la copertura finanziaria alle operazioni militari è relativa soltanto ai primi nove mesi dell’anno, cioè fino al 30 settembre 2013. Insomma, alla fine dei conti il risparmio potrebbe essere solo sulla carta, un taglio col trucco.

Un epilogo molto simile a quello dei tagli generali alla spesa strutturata del comparto difesa, anch’essi oggetto di fortissime polemiche, sia in Parlamento che fuori. Quelli di Tremonti prima e la spending review poi, si sa, sono stati “congelati” temporaneamente in vista della riforma dell’intero comparto. Quella che il generale Di Paola ha scritto per un anno e la Camera ha votato (distrattamente) il 12 dicembre, mentre fuori da Montecitorio le associazioni per il disarmo e i radicali protestavano inascoltati. Contestavano al governo metodo e merito: gli eventuali risparmi che si otterranno da questa operazione, sbandierata come una rivoluzione epocale, non torneranno affatto alle casse dello Stato, non contribuiranno per nulla al risanamento del debito pubblico o a garantire più servizi ai cittadini.

Quelle risorse, a differenza dei tagli degli altri settori, resteranno a disposizione della Difesa e saranno impiegate per finanziare l’acquisto di nuovi sistemi d’arma, compresi i contestatissimi F35 che costeranno 15 miliardi di euro. La loro riduzione, urlata a gran voce e da più parti, si è fermata a 41 esemplari. Di novanta, a quanto pare, non si poteva proprio fare a meno. Dunque anche a questo servirà la riduzione di 43mila unità, il 25% del personale civile e militare attualmente impiegato nella difesa.

Idem per i frutti, molto incerti, del fantomatico piano di vendita del 30% delle caserme che dovrebbe andare a compimento in cinque anni. Quello che si profila, stanti questi fondamentali, è un’escalation di investimenti nel-l’industria bellica nei prossimi 10-15 anni. Sulla cui assoluta necessità per il nostro Paese si dibatte da tempo. Qualcuno, e non è la prima volta, sta mettendo in dubbio anche le reali “performance” delle nostre industrie. Le associazioni pacifiste, ad esempio, hanno confrontato i dati sull’export dichiarati nella relazione al Parlamento e quelli contenuti nel Rapporto annuale dell’Unione Europea. E hanno scoperto una curiosa incoerenza tra i numeri: nel 2011 l’Italia avrebbe esportato armi e sistemi di difesa per 2,6 miliardi, per la Ue “appena” uno. Delle due l’una, o i dati sono ampiamente inattendibili o i ritorni degli investimenti militari non sono poi così certi, come ostentato da un governo che ha continuato a indossare l’elmetto. Materia di riflessione per la nuova legislatura. E infine ecco un altro colpo di coda, stavolta assestato dalla casta con le stellette: l’ausiliaria per generali e ammiragli in congedo, una sorta di indennità di chiamata, nel 2013 salirà del 21%, con un costo aggiuntivo per i contribuenti civili di 74 milioni di euro.

 

 

 

 

Alla faccia della crisi: l’Italia spende due

miliardi di euro per i sottomarini

Fonte web

L'ultimo stanziamento da quasi 170 milioni inserito nella legge di stabilità. Due nuovi sommergibili U 212 si affiancheranno a quelli in esercizio con base a Taranto. La spesa totale è pari a metà di quanto pagato dagli italiani per l'Imu sulla prima casa.

SommergibilePensioni, ospedali e scuole sì. Cacciabombardieri, sommergibili e siluri no. Chissà perché in Italia da un po’ di tempo a questa parte si può tagliare di tutto, senza esitare a mettere per strada centinaia di migliaia di esodati, per esempio, o fino al punto da indurre i direttori amministrativi degli ospedali a “suggerire” ai medici di prescrivere ai malati le cure meno care e non le più efficaci. Ma quando si arriva di fronte alle armi i governi come d’incanto smettono la faccia feroce e diventano accondiscendenti e rispettosi come indù al cospetto di vacche sacre e i quattrini gira e rigira riescono sempre a trovarli.

L’ultimo caso lo ha sollevato quasi per caso lunedì sera, durante Piazzapulita su La7, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale ha ricordato che tra le spese militari pesanti dell’Italia in questo momento non ci sono solo i 900 milioni di euro per rifinanziare le missioni all’estero, a cominciare da quella in Afghanistan, o i discussi e sofisticatissimi F-35, i cacciabombardieri più costosi di tutta la storia dell’aeronautica militare. Ci sono anche due sommergibili di “ultima generazione” della classe U 212, detta anche classe Todaro. Due battelli, come dicono in gergo, che costano quasi 1 miliardo di euro, che sommato all’altro miliardo già speso per altre 2 unità già entrate in esercizio e con base a Taranto, fanno 2 miliardi. Tanto per avere un ordine di grandezza, è una somma pari a circa la metà di quanto gli italiani hanno dovuto pagare di Imu sulla prima e in moltissimi casi unica casa di proprietà. E una tranche da 168 milioni è stata inserita nella legge di stabilità, varata sotto Natale.

Il programma degli U 212 va avanti da quasi vent’anni e quindi tutti i governi della Seconda Repubblica, di centro-destra, centrosinistra e tecnici, ci hanno messo lo zampino, compreso quelli in cui Tremonti era ministro e non escluso l’esecutivo di Mario Monti con l’ammiraglio Giampaolo Di Paola alla Difesa , che non hanno mosso ciglio di fronte alla conferma delle ingenti spese. Il primo sommergibile battezzato Salvatore Todaro fu consegnato alla Marina militare il 29 marzo 2006, il secondo un anno dopo, mentre nel 2009 è stato dato il via alla fase 2 del piano, cioè la costruzione di altri 2 sommergibili, frutto di una collaborazione italo-tedesca.

Gli italiani partecipano con gli stabilimenti Fincantieri di Muggiano alla periferia di La Spezia e i tedeschi con il consorzio Arge in cui spiccano i produttori di acciaio Thyssen Krupp, tristemente famosi per il rogo nella fabbrica di Torino in cui morirono sette operai e per il quale è stato condannato l’amministratore dello stabilimento. Il 9 dicembre 2009 nei cantieri spezzini, alla presenza di “autorità, civili, militari e religiose” è stata celebrata la cerimonia del “taglio della prima lamiera” del battello che porterà la matricola S 528. Secondo informazioni della Difesa, fino a 6 mesi fa era stato costruito meno della metà di quel primo sommergibile (il 43 per cento, per l’esattezza), mentre non era stata avviata l’impostazione e tagliata mezza lamiera del secondo il cui termine ultimo di consegna, compreso un anno di prove in mare, è fissato addirittura per il 2017.

Al ministero della Difesa sostengono che qualsiasi cambio di indirizzo in corsa sarebbe intempestivo e inopportuno perché i contratti sono siglati. Volendo, però, e ammesso che da qualche parte qualcuno abbia la volontà politica di farlo, si potrebbe anche fermare in extremis la costruzione dell’ultimo sottomarino della serie, con un risparmio di circa mezzo miliardo di euro, in considerazione del fatto che da quando fu decisa la sua realizzazione a oggi di cose ne sono cambiate parecchie, e non in meglio per quanto riguarda le condizioni dei conti pubblici e degli italiani in generale a cui continuano ad essere richiesti sacrifici feroci. In altri paesi dimostrano atteggiamenti molto più “laici” nei confronti delle spese militari, non esitando a metterle in discussione, a ridurle o a tagliarle del tutto quando lo considerano opportuno e di fronte ad altre esigenze ritenute più importanti. Caso emblematico di questo approccio pragmatico è quello del governo conservatore canadese che ha deciso di porre un freno al programma dei cacciabombardieri F-35 considerando fosse necessaria una fase di ripensamento visti i costi crescenti e molto elevati dell’operazione e constatati i difetti dell’aereo emersi in fase di realizzazione e di prova.

 

 

FUORI DA QUESTA EUROPA DELL'EURO

 

 

Dal welfare al warfare, così si

indebita lo Stato. Comprando armi

Fonte web

L'acquisto di armamenti avviene in sordina. Si sfoglia un depliant e si sceglie il modello aereo o elicottero, siluro o sistema di puntamento. Tutto è presentato con il codice rosso dell'emergenza, il voto del Parlamento è solo consultivo.

Dal welfare al warfare. In sordina, il più possibile lontano dai riflettori, ma con un’accelerazione recente, l’Italia da paese che impegna le sue forze per la protezione sociale e il benessere (welfare), sta diventando uno Stato che si indebita per le armi (warfare). Lo smottamento avviene a colpi di sterzate decisioniste, con un sistema che tra il serio e il faceto nell’ambiente è chiamato il “depliant”, come quegli opuscoli consegnati nelle agenzie di viaggio per invogliare i clienti a prenotare le vacanze o i volantoni dei supermercati con le offerte di pelati e braciole. Con il depliant delle armi, l’Italia ha comprato costosissimi sistemi d’arma, aerei, elicotteri, sottomarini, la bellezza di 71 programmi di armamento, a colpi di 3 miliardi e mezzo di euro all’anno, a volte anche 4, senza contare gli investimenti di difficile quantificazione inseriti nel bilancio del ministero dello Sviluppo economico.

SOLDATO DEL FUTURO, MA QUANTO MI COSTI?

L’elenco delle spese è impressionante. In prima fila ci sono i soliti F-35, i cacciabombardieri della Lockheed Martin, e la cosiddetta Forza Nec, cioè il soldato robotizzato del futuro (vedi foto). Per entrambi l’Italia ha già preso impegni e speso quattrini, anche se non c’è ancora una decisione definitiva. Entrambi implicano un impegno finanziario stratosferico, circa 13 miliardi di euro ciascuno di spese vive, cioè per l’acquisto puro e semplice, senza contare gli annessi e connessi che sono altrettanto impegnativi, dalla manutenzione alla sostituzione di componenti.

Per gli F-35, per esempio, i tecnici calcolano che la fase post acquisto sia addirittura più costosa dell’acquisto stesso, nell’ordine di due volte e forse anche tre. In pratica con gli F-35 nei prossimi 20 anni l’Italia dovrebbe mettere sul piatto una cifra che volendo stare bassi verosimilmente oscilla tra i 25 e i 40 miliardi di euro. Gli Stati maggiori sostengono, però, che una quota di queste spese avrebbe un ritorno positivo sull’industria e il lavoro italiani, ma è vero solo in minima parte. La Rivista italiana difesa, molto vicina agli ambienti militari, tempo fa arrivò addirittura ad annunciare il raddoppio dello stabilimento Faco di Cameri dell’Alenia (Finmeccanica) sostenendo che sarebbe stata assemblata lì parte dei velivoli destinati alle forze armate americane. Ma non è così e la stessa Lockheed Martin interrogata in proposito ha precisato ufficialmente che “tutti gli F-35 per gli Stati Uniti sono programmati per essere fabbricati a Fort Worth, Texas”. Punto.

Con Forza Nec ci sono i prodromi perché si verifichi qualcosa di simile. Le pressioni della “lobby del fante” perché il programma proceda sono molto forti, anche nel rispetto di una specie di manuale Cencelli delle spese militari: un tot ad Aeronautica, un tot alla Marina, un tot all’esercito e ai programmi interforze. L’esercito, ovviamente, non vuol restare indietro e insegue un equilibrio per impedire che Marina ed Aeronautica facciano la parte del leone, necessitando entrambe di sistemi sofisticati e tecnologicamente avanzati e quindi più costosi. Aerei ed elicotteri, in particolare, costano un occhio della testa. Per esempio gli elicotteri Nh 90 prodotti in cooperazione con Francia, Germania e Olanda comportano una spesa complessiva fino al 2018 di quasi 4 miliardi di euro, gli elicotteri dell’Esercito Etm 1 miliardo e gli Eh 101 un altro miliardo ancora. Gli aerei da combattimento Eurofighter 2000, costruiti insieme a Germania, Inghilterra e Spagna, costano 18 miliardi fino al 2018, l’ammodernamento fino al 2015 dei Tornado 1,5 miliardi, 4 Boeing 767 rifornitori un altro miliardo.

Per Forza Nec il soldato del futuro non c’è un punto fermo, ma si va avanti lo stesso, forse per precostituire le condizioni perché anche volendo non si possa tornare indietro. Sono stati impegnati oltre 600 milioni di euro ed è stato firmato un contratto del valore di 238 milioni con Selex sistemi integrati (ancora Finmeccanica) a cui sono interessate anche altre aziende italiane: Galileo, Elsag, Oto Melara, Agusta Westland, Mbda Italia, Iveco, Engineering, Impresa soldato futuro. Il criterio del fatto compiuto viene invocato anche per i costosissimi sottomarini U 212 Todaro (Fincantieri più il consorzio tedesco Arge). Due sono già in esercizio e sono stati pagati 1 miliardo di euro, uno è in costruzione e per il quarto che non è stato neanche abbozzato, dalla Difesa si affrettano a sottolineare che rimangono da pagare “solo” 300 milioni, come dire che non si può fare marcia indietro. Nel frattempo sono stati stanziati 90 milioni per armare quei sottomarini con “siluri pesanti”. Questa estate Il Fatto si è imbattuto per caso in un altro gigantesco affare di compravendita di armi comunicato ufficialmente con un ermetico testo di poche righe.

DUE “FERRARI” DEI CIELI GULFSTREAM 5 COMPRATI IN ISRAELE

Per sostituire un aereo pattugliatore in esercizio nella base di Pratica di Mare e preso in affitto, la Difesa sta spendendo più di mezzo miliardo di euro per l’acquisto da Israele di due Gulfstream 5, aerei americani considerati come Ferrari dei cieli. L’operazione prevede che Alenia-Aermacchi (sempre Finmeccanica) fornisca a Israele 30 jet M 346 per l’addestramento dei piloti israeliani. Israele, però, venderà all’Italia un satellite spia Ofek che costa oltre 800 milioni di euro. La cosa davvero sorprendente è che tutto questo mamentario sia stato acquistato usando il depliant militare, cioè una nota generica con qualche foto, qualche cifra, qualche cenno alle eventuali ricadute produttive e nessun riferimento al ruolo delle banche, spesso invece decisivo per il prezzo finale, con tassi di finanziamento salati, spesso sopra il 10 per cento. Il tutto presentato sempre con il codice rosso dell’urgenza e ammannito a opinione pubblica e parlamentari quasi con degnazione, come non si trattasse di roba su cui ragionare a fondo. In pratica il depliant lascia la stessa scelta concessa nella prima metà del Novecento da Ford agli americani: “I clienti possono prenotare l’auto del colore preferito, purché sia nero”.

IL PARLAMENTO DICE NO ALL’ACQUISTO? SI COMPRA LO STESSO

Il Parlamento italiano con le armi può pronunciarsi liberamente, a patto che dica sì, se dice no, l’aereo o il sottomarino si compra lo stesso, perché il voto ha valore solo consultivo. È sorprendente che le spese per la Difesa siano stabilite con questi criteri abbastanza disinvolti. Perché se è vero che qualsiasi paese non può fare a meno di spendere per difendersi, così come del resto è previsto anche dalla Costituzione italiana, è anche vero che ovunque quelle spese vengono passate ai raggi X. Qui, invece, sembra una prerogativa degli stati maggiori tutt’al più d’intesa con il ministro di turno. Se poi il ministro è un militare, come l’ex capo di Stato maggiore della Difesa Giampaolo Di Paola, cresce il rischio di una autorefenzialità in divisa. Forse in futuro le cose potrebbero cambiare grazie al cosiddetto lodo Scanu (da Giampiero Scanu, deputato Pd), un articolo della riforma della Difesa che introduce l’obbligo da parte degli stati maggiori e del ministero di presentare una documentazione un po’ più seria concedendo al Parlamento un voto vincolante.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

 

Dobbiamo uscire dall'euro adesso - Intervista a Paolo Becchi