REFERENDUM SULLA PROCREAZIONE
E ANCHE DOPO....!!!
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UNA BATTAGLIA LAICA
CONTRO I NUOVI BARBARI
anche, lui direbbe di no!
Anzi, non andrebbe a votare...
Tutto ciò che ha valore nella società umana
dipende dalle opportunità di progredire che
vengono accordate ad ogni
individuo
(Albert Einstein)
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Due anni dopo il referendum...
Su sentenza del Tribunale di Cagliari,
“Scienza & Vita” parla di pratica eugenetica
ROMA, lunedì, 24 settembre 2007 (ZENIT.org).-
Questo lunedì il Tribunale di Cagliari ha depositato una sentenza secondo cui “è
consentita la diagnosi preimpianto” vietata dalla legge 40/2004 sulla
procreazione assistita, ha informato l'avvocato Luigi Concas in un'intervista a
“Radio Radicale”.
Il Tribunale aggira la legge sostenendo che esiste una interpretazione
costituzionalmente orientata della legge 40, e autorizza l'Istituto ospedaliero
interessato ad eseguirla.
La vicenda parte dal ricorso di una donna sarda che due anni fa aveva chiesto di
poter eseguire la diagnosi preimpianto prima di procedere con le tecniche di
fecondazione in vitro perchè portatrice della talassemia.
Immediate le reazioni dall’Associazione “Scienza & Vita” che in comunicato
recapitato a ZENIT sostiene che “nel caso di Cagliari è evidente la finalità
eugenetica”
“Non è vero che in qualche modo la legge 40 prevede la diagnosi genetica
preimpianto sugli embrioni umani – sostiene –. E’ vero esattamente il contrario:
la legge 40 vieta la diagnosi genetica preimpianto anche se non la menziona
espressamente”.
Quanto affermato dall’Associazione emerge in tutta evidenza da una lettura
attenta della legge 40, da cui si evince “il principio di destinazione alla
nascita di ogni embrione generato in provetta”.
“Scienza & Vita” sottolinea che “la legge prevede infatti l’obbligo di
trasferire immediatamente tutti gli embrioni generati e il divieto di qualsiasi
selezione-soppressione a scopo eugenetico”.
“Nel caso di Cagliari – osserva 'Scienza & Vita' – la finalità eugenetica appare
evidente. Non si comprende quindi come il tribunale possa motivare una scelta
contra legem”.
Infine l’Associazione afferma che “la pretesa di superare il problema della
legittimità costituzionale della legge 40 non ha fondamento alcuno. Anzi, tale
pretesa è in sé incostituzionale, tenendo conto dei precedenti pronunciamenti
della Consulta in materia di tutela della vita del concepito”.
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Due anni dopo il referendum...
E' un dovere somministrare acqua e
cibo ai pazienti in stato vegetativo
Chiarimento della Congregazione per la Dottrina della Fede
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 14 settembre 2007 (ZENIT.org).-
La Santa Sede ha ribadito in un documento pubblicato questo venerdì che
somministrare acqua e cibo ai pazienti che versano nel cosiddetto “stato
vegetativo” è moralmente obbligatorio.
Inoltre, l'alimentazione e l'idratazione artificiali non possono essere
interrotte, almeno in linea di principio, anche quando questo stato si prolunghi
fino ad essere definito dal punto di vista medico “permanente”.
Sono i due concetti cardine ribaditi in un documento approvato da Benedetto XVI
e reso noto quest'oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in
risposta ai quesiti sollevati in passato dai Vescovi degli Stati Uniti.
Le risposte della suddetta Congregazione sono state approvate dal Santo Padre
Benedetto XVI nel corso dell'udienza concessa al Cardinale William J. Levada,
Prefetto del Dicastero.
“La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di
principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita”,
spiega il documento.
“Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di
raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l'idratazione e
il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte
dovute all'inanizione e alla disidratazione”.
“Un paziente in ‘stato vegetativo permanente’ è una persona, con la sua dignità
umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e
proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di
acqua e cibo, anche per vie artificiali”.
Una nota di commento alle Risposte pubblicata dalla stessa Congregazione
vaticana spiega che “nell'affermare che la somministrazione di cibo e acqua è
moralmente obbligatoria in linea di principio, la Congregazione per la Dottrina
della Fede non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà
l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano non essere fisicamente
possibili”.
In quei casi, riconosce, “allora 'ad impossibilia nemo tenetur', sussistendo
però l'obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se
possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale”.
“Non si esclude neppure che, per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa
non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto
inutile la loro somministrazione. Infine, non si scarta assolutamente la
possibilità che in qualche raro caso l'alimentazione e l'idratazione artificiali
possano comportare per il paziente un'eccessiva gravosità o un rilevante disagio
fisico legato, per esempio, a complicanze nell'uso di ausili strumentali”.
“Questi casi eccezionali”, si legge ancora nella nota, “nulla tolgono però al
criterio etico generale, secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo,
anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un 'mezzo
naturale' di conservazione della vita e non un 'trattamento terapeutico'. Il suo
uso sarà quindi da considerarsi 'ordinario' e 'proporzionato', anche quando lo
'stato vegetativo' si prolunghi”.
In una intervista alla “Radio Vaticana”, il Sottosegretario della Congregazione
per la Dottrina della Fede, il domenicano Augustine Di Noia, ha affermato che
“la qualità della vita non è un giudizio che sta a noi dare. La vita è un dono
di Dio, e la Chiesa ha insegnato che è un dono non soggetto alla determinazione
e alla decisione di alcuno, inclusa la stessa persona malata”.
“La dignità della persona umana, quindi, perdura per tutto il corso del suo
sviluppo fisico”.
“La persona umana è, dal punto di vista cattolico, se posso usare una parola
grande, ontologicamente costituita in modo da possedere una dignità che dura in
tutti i vari stati fisici che ogni persona sperimenta nel corso della vita, dal
grembo materno al momento finale prima della morte – ha osservato –. Non si può
porre fine alla vita in nessun momento per nessun motivo”.
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Due anni dopo il referendum...
Macché chimera, questa sembra una vera bufala
di Angelo Vescovi - giovedì 06 settembre 2007
Http://www.hfea.gov.uk/en/1581.html
La sigla inintelligibile qui sopra
è la chiave per svelare il mistero che circonda la (inesistente) decisione dell'HFEA
(human fertilization embryology authority) inglese di autorizzare la creazione
di chimere animale/uomo, a fini di ricerca e sperimentazione biomedica. Chi ha
accesso ad internet e mastica un po’ d'inglese, vada a questo indirizzo e si
prepari ad una sorpresa. Gli altri leggano quanto segue.
La notizia è di quelle che fanno sgranare gli occhi. Ci viene spiegato come, in
Inghilterra, sia stata concessa l'autorizzazione a produrre embrioni chimerici
uomo/animale, da cui estrarre cellule staminali per studiare e curare numerose
malattie terribili. Poiché il telefono ha suonato ininterrottamente con
richieste d'interviste sul tema, ho deciso di visionare direttamente il testo
della decisione dell'HFEA... trasecolando.
Non solo la decisione non riguarda le chimere di cui sopra, ma l'HFEA non ha
autorizzato alcuna procedura. La perfida Albione colpisce ancora, con un
comunicato che è un gioiello d'equilibrismo semantico, tra il decidere ed il
procrastinare.
Al sodo: dopo una lunga prolusione che spiega come, nel ponderoso processo di
valutazione, tutti abbiano potuto dire la loro, l'HFEA comunica di avere
stabilito che non esistono motivi fondamentali per impedire questo tipo di
ricerca, salvo specificare subito dopo che questo non equivale ad un «totale
semaforo verde».
In essenza e senza storture, il comunicato continua dicendo che HFEA spera di
poter decidere se autorizzare o meno l'avvio dei due progetti sottoposti entro
novembre.
Nessuna decisione. Nel migliore dei casi è un mezzo passo in avanti. C'è da
capirli. Si tratta di un argomento spinosissimo, con reazioni persino ataviche.
Un essere (embrione), fatto in parte da frammenti umani (le cellule, i mattoni
che, in miliardi, formano i nostri organi) ed in parte da cellule di mucca? Alzi
la mano chi non prova un senso di repulsione o disagio.
Ma, come se non bastasse, ecco la seconda sorpresa. HFEA dice che la ricerca su
chimere uomo/animale non viene proprio presa in considerazione, nemmeno dagli
scienziati! Quindi, se non stiamo discutendo di (non)decisioni che riguardano la
produzione di chimere di cosa parliamo? Parliamo di qualcosa di profondamente
diverso. HFEA esclude studi su organismi che contengono contemporaneamente
cellule umane ed animali - le chimere appunto - ma deve decidere sulla
clonazione umana, fatta partendo da cellule uovo d'animale.
Si tratta di una clonazione ibrida, in cui si prende una cellula uovo animale e
si sostituisce il suo nucleo e patrimonio genetico con quello preso da una
cellula umana. Il risultato è una cellula né umana né animale, un ibrido. Se
sopravvive, questa genera un embrione clonato, anche lui fatto delle stesse
cellule ibride, composte di parti animali ed umane allo stesso tempo.
Ahimé, alcune di queste parti sono responsabili della produzione dell'energia
con cui le cellule si alimentano e sopravvivono. Morale, la cellula ibrida ha un
«pilota» umano che, abituato a guidare una centrale energetica umana, deve
gestirne una d'origine animale, con cui deve comunicare ma non può, poiché
quest'ultima parla un linguaggio biologico diverso, quello animale appunto.
Mentre questo vi chiarisce immediatamente come sia veramente difficile pensare
di utilizzare un'entità biologica così aberrante per eventuali trapianti
cellulari, vi è un ultimo ma importante dettaglio.
Ci viene proposto che queste cellule ibride (denominate «cibridi») verranno
utilizzate «per studiare lo sviluppo di malattie neurologiche come Parkinson,
Alzheimer ed atrofia muscolare».
Bene, un fenomeno fondamentale nello sviluppo di queste specifiche malattie è
proprio l'alterazione dell'attività delle centrali energetiche nelle cellule dei
pazienti. E per capirle ci dovremmo mettere a studiare cellule in cui tali
centrali non solo provengono da altra specie animale ma sono incapaci di parlare
con il loro «pilota genetico» umano?
La valenza delle cellule ibride uomo/animale per questi studi è a dire poco
questionabile. Ma è anche l'unica giustificazione fin qui addotta per supportare
la richiesta a procedere con la creazione di cellule ibride, parte uomo, parte
animale.
Nel frattempo, siamo tutti qui a discuterne, grande risalto sulla stampa
mondiale, riapertura dei dibattiti su embrioni, clonazione, trapianti. Ho appena
rilasciato un’intervista televisiva sull'argomento. Ancora una volta mi è
arrivata, piccata, ritrita ed infondata, la domanda: ma per i malati di
Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla questa non è l'unica strada per la
terapia? Ed ho capito che forse un motivo per tutto questo polverone in fondo
c'è e non ha nulla a che fare con la scienza ed i malati, ma con ben altri
interessi, anche economici.
Ma la risposta a quella domanda resta la seguente. La sperimentazione per le
malattie neurodegenerative è già possibile e le cellule sono già disponibili.
Mancano solo i soldi... ma anche la solidarietà, l'umanità ed il pudore.
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Un anno dopo il referendum...
Eutanasia: l'Occidente al bivio
L'Occidente saprà sfuggire oggi al fascino degli avvocati della secolarizzazione di cui la crescente indifferenza davanti alla diffusione dell'aborto e dell'eutanasia non è che una manifestazione? Dopo le grandi battaglie contro l'aborto, ora è contro l'eutanasia che occorre riprendere la lotta.
L'OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 10 Maggio 2000
JOSEPH JOBLIN
«Francia, fai attenzione...»: questo era l'avvertimento contenuto
in tre manifesti che un teologo francese rivolse alla popolazione di quel paese
per metterla in guardia innanzitutto contro l'infiltrazione nazista (1), quindi
contro quella del comunismo per mezzo del progressismo (2) e, infine, contro una
secolarizzazione che anestetizzava la fede (3). Il totalitarismo bruno
appartiene ora ad un momento della storia passata dell'Europa e quello imposto
dai Soviet alla metà di questo continente, avendo mostrato oggi il suo vero
volto (4), non riesce più a mobilitare se non qualche nostalgico del sogno che
esso ha suscitato; resta la terza minaccia. Se il cristianesimo ha potuto non
soccombere davanti ai due primi malgrado lo scetticismo che accolse le
encicliche di Pio XI Mit brennender Sorge e Divini Redemptoris nel 1937, resta
il problema di sapere se l'Occidente saprà sfuggire oggi al fascino degli
avvocati della secolarizzazione di cui la crescente indifferenza davanti alla
diffusione dell'aborto e dell'eutanasia non è che una manifestazione. In realtà,
se le grandi battaglie contro la legislazione dell'aborto hanno avuto luogo
nella maggioranza dei paesi occidentali venti o venticinque anni fa, è ora
contro l'eutanasia che occorrerebbe riprendere la lotta, ma troveremo noi
abbastanza energia per farlo?
L'opinione pubblica viene qui in primo piano; è da essa che dipende se le
società europee di domani adotteranno questa o quell'altra linea di condotta
perché tutto può accadere se essa prende coscienza della sua forza; ma deve
comprendere bene la posta in gioco della scelta alla quale non si può sottrarre:
deve decidersi fra due tipi di sviluppo delle società: da una parte quella che,
come i regimi totalitari, dà ad alcuni il diritto di uccidere degli innocenti, e
dall'altra, quella che vuol rispettare fino in fondo la persona e non riconosce
a nessuno questo diritto, per nessun pretesto. I capi dei regimi totalitari
avevano ragione quando dicevano di voler creare un uomo nuovo; si trattava di
fatto per loro di produrre un essere i cui punti di riferimento morali non
avessero più niente a vedere con quelli del mondo modellato con e per mezzo del
Cristianesimo; ed è per questo che esso si è opposto ad essi con tutte le sue
forze spirituali. La lotta che è iniziata ora contro l'eutanasia è della stessa
natura. L'ideologia soggiacente alle società europee alla svolta del millennio
non riconosce più gli individui come orientati ad una trascendenza e come
invitati ad uscire da se stessi ed a tradurre la Paternità universale di Dio
nella realtà sociale.
I. La posta in gioco
Una certa concezione dell'uomo ha prevalso in Occidente per più di un millennio;
è stata attiva e si è approfondita progressivamente. Dopo che san Tommaso e gli
scolastici ebbero messo in evidenza la nozione di persona ed il suo valore, si è
cercato di comprendere meglio il suo ruolo nella società; è allora che si è
insistito sulla sua responsabilità perché essa ha la capacità, di sua natura, di
decidersi. Come avrebbe detto Il Concilio Vaticano II, la persona ha la
responsabilità di scoprire il piano di Dio sullo sviluppo del mondo e di
iscriverlo o meno nella realtà (5). Così l'essere umano appare come un essere
essenzialmente morale, di una moralità intesa come ciò che lo colloca libero di
fronte ad un'altra libertà da cui dipende, Dio. Un filosofo contemporaneo della
Cina continentale ha giustamente osservato che il fatto di esser libero di
ratificare o meno, nella vita di tutti i giorni, il proprio rapporto con Dio ha
costituito la molla del progresso dell'Occidente (6); a suo parere, infatti, il
senso della loro responsabilità ha spinto i credenti all'introspezione per
chiedersi se avevano ben corrisposto ai loro doveri nei confronti di Dio. L'uomo
della civiltà occidentale fu spinto a superare se stesso per condurre il mondo
più avanti, verso forme «più umane» (7) di vita sociale. L'umanità ha sempre
riconosciuto in certe strutture sociali gli elementi costitutivi di ogni
società, e cioè che ogni individuo è un essere morale capace di bene o di male,
che la famiglia è l'ambiente naturale grazie al quale egli si sviluppa, che il
gruppo (tribù o nazione) è l'ambito di vita indispensabile alla sua
sopravvivenza materiale ed al suo sviluppo umano, che certe regole non possono
essere infrante senza danni; ma allo stesso tempo essa vede la difficoltà di
rispettarle. Per il cristiano, lo sviluppo delle società umane è sottoposto a
leggi iscritte nella natura del mondo (8) e questa storia temporale può essere
scoperta dalla ragione; ma, allo stesso tempo, essa è integrata in un'altra di
ordine soprannaturale che gli permette di risolvere la contraddizione nella
quale si trovano gli individui e le società. Egli sa che la natura dell'uomo è
stata rovinata dal peccato e che essa è stata mirabilmente restaurata da Cristo.
Egli vede in Lui il Salvatore del mondo perché gli offre una possibilità di
redenzione personale e per il fatto che insegna agli uomini divisi la via della
riconciliazione (9). Questa visione è agli antipodi di quella che si va
diffondendo in Occidente. Essa la contraddice su due punti essenziali; la vita
umana è qualcosa di specifico; la dignità dell'essere umano è un dato oggettivo
che si impone al riconoscimento da parte di tutti. Una nuova visione dell'uomo
si è andata affermando a partire dal Rinascimento; essa si è generalizzata nel
corso dei due ultimi secoli. Respinta all'inizio con orrore, essa è nondimeno
penetrata nell'opinione comune come lo testimonia la messa in discussione di
regole che generazioni intere avevano giudicato intangibili. Se i primi
dibattiti furono sul divorzio e poi sull'aborto, riguardano ora l'ammissibilità
dell'eutanasia. Si estendono poco a poco alla legittimità delle madri in
affitto, dell'omosessualità, della libertà sessuale, della limitazione del
diritto dei genitori sui loro figli in nome della libertà di questi ultimi,
dell'inseminazione artificiale, della possibilità di utilizzare embrioni detti
sovrannumerari per esperimenti o per ottenere tessuti, ecc... Occorre rendersi
ben conto che tutto questo procede da una sola e identica logica. Lo sviluppo
delle società che è attuato sotto i nostri occhi fa riferimento ad una nuova
scala di valori ed implica una nuova antropologia. La ragione è considerata come
capace di raggiungere da sola la verità sull'uomo; Dio è rimasto in fondo una
semplice ipotesi che si poteva adottare o meno. La via delle certezze razionali
ed immediate è stata contrapposta a quella dei suoi comandamenti. L'uomo
riprende così il sogno dei pensatori greci, che, per mezzo dei miti di Prometeo
e di Tantalo, rivendicavano il diritto di orientare essi stessi il loro destino
(10). Il mondo attuale in Occidente è secolarizzato. I tabù della procreazione
come quelli della morte subita e vissuta nella dignità non valgono più. Mentre
una volta ognuno era invitato a reagire in modo cosciente e responsabile davanti
ad un fatto di natura che era il segno della sua condizione, il libero accesso
all'aborto, all'eutanasia - che ora si diffonde, e anche la libera utilizzazione
dei progressi della bioetica sono percepiti come il segno della dignità poiché
sembrano rendere l'uomo capace di divenire arbitro del suo sviluppo. Questo
stato di cose si trova alla conclusione logica di un'evoluzione che, dopo aver
fatto della Trascendenza un'ipotesi intellettuale ha affidato alla sola ragione
di «occuparsi degli affari umani» (Grotius). Così la molla morale che era stata
all'origine del dinamismo della civiltà dell'Occidente si è trovata infranta.
Una contestazione radicale del Cristianesimo è quindi oggi in atto nel mondo
occidentale; essa concerne il ruolo dell'uomo nell'universo; si tratta di sapere
se il suo ruolo storico quale definito dal Cristianesimo e dalla civiltà
greco-latina è ora terminato; se la civiltà nata nel bacino mediterraneo deve
scomparire per far posto ad un'altra che sarebbe quella di una nuova umanità.
II. Cosa scegliere?
L'uomo non può sfuggire ad una scelta, quella di concepire lo sviluppo umano
come dipendente o meno dalla dimensione religiosa dell'esistenza. La sua
decisione determinerà i suoi comportamenti. I sostenitori dell'una o dell'altra
posizione non hanno mancato di avanzare argomentazioni: esse si rispondono le
une alle altre. Sono certamente utili ed anche indispensabili; ma l'opzione
finale non ha luogo al livello della ragione ma della coscienza. La fonte di
moralità per la quale essa si determinerà trascinerà l'intelligenza verso
l'adozione di questa o di quella interpretazione dell'esistenza dell'uomo e del
mondo.
L'alternativa
La visione religiosa dello sviluppo umano è combattuta in nome di due
affermazioni: a) la vita umana non ha una sua specificità; b) compete dunque
alla società di determinare le norme che assicurino il rispetto della sua
dignità. Una corrente di pensiero opposta a quella che si è formata sotto
l'influenza del cristianesimo si è sviluppata in Occidente a partire dal
Rinascimento; all'inizio fu l'appannaggio di qual- che spirito anticonformista (Jacques
Vallée des Barreaux, Cyrano de Bergerac e altri), progressivamente si è diffuso
nelle masse durante il 19° ed il 20° secolo, prima di manifestarsi in forme
estreme. Si potrebbero citare dei testi di Charles Richer o d'Alexis Carrel che
spiegano come la vita non avrebbe valore se non per colui che è cosciente. La
conseguenza è che occorre avere pietà di coloro che sono ridotti ad un'esistenza
vegetativa o si sono squalificati come membri della comunità umana; occorre
disporre di loro in «modo umano ed economico». La risposta a questa
argomentazione si è sempre collocata a due livelli: da una parte la vita umana è
diversa dalla vita animale, dall'altra la dignità dell'uomo, e quindi la sua
inviolabilità, si fonda sulla sua natura e non deriva da un riconoscimento che
gli verrebbe dall'esterno.
Specificità della vita umana
Che la vita umana sia diversa qualitativamente da quella di tutti gli altri
esseri viventi emerge come un'evidenza del senso comune. Solo l'essere umano è
capace di riflettere, di orientare le sue azioni in modo libero, di dare
un'impronta al mondo che lo circonda. Il primo capitolo della Genesi
affidandogli la gestione del creato non fa che confermare l'esperienza
quotidiana. L'uomo domina la creazione. L'esperienza mostra che una relazione
vitale esiste fra l'essere umano che non è ancora nato o ha perduto conoscenza e
l'ambiente che li circonda. Il bambino nel seno materno soffre e la sua
psicologia futura sarà influenzata dai sentimenti che sua madre avrà nutrito nei
suoi confronti durante il periodo della gestazione; quanto agli esseri umani già
nati ma afflitti da una diminuzione delle loro facoltà, anche se questa sembra
totale, sono sempre sensibili alle relazioni che si hanno con loro, anche se non
possono esprimersi. Un problema è stato sollevato, quello di sapere se il
detentore dell'esistenza può rinunciarvi (11). Egli è costituito da essa;
volerne disporre con il suicidio o con l'eutanasia programmata, è in qualche
modo distaccarsi dalla sua identità; è costituirsi come un altro io che viene a
giudicare quello che effettivamente è il mio. L'atto di colui che mette fine ai
suoi giorni con il pretesto che ha vissuto abbastanza conferma il valore
assoluto della vita; egli afferma il suo potere di esistere sopprimendosi. La
pretesa dell'uomo contemporaneo di comportarsi come se fosse il padrone assoluto
del creato e di trattarlo come un insieme di dati di cui potrebbe disporre a suo
piacimento è inammissibile per il cristiano e per ogni uomo che sa di abitare un
mondo di cui non è l'autore (12).
La dignità dell'uomo
Le discussioni sul fondamento della dignità umana sono al centro del dibattito
fra il Cristianesimo e la civiltà contemporanea; possono essere riassunte in
un'alternativa, quella di decidere se la posizione eminente che occupa l'uomo
nel mondo provenga dal fatto che egli è il detentore di una dignità innata
ovvero se questa sia dovuta a circostanze particolari di cui è giudice la
società. In altri termini, la dignità dell'uomo deriva dal fatto che egli è
stato costituito come un essere libero e responsabile e che un giudizio sarà
effettuato sul modo con cui avrà fatto uso della sua responsabilità ovvero lo si
deve rispettare solamente finché le facoltà che ha a partire dalla sua
intelligenza restano in lui percettibili? Nel primo caso, si afferma che
l'essere umano è costituito - è stato creato, dicono i cristiani - come una
persona responsabile; in questo caso la sua dignità gli è allora costitutiva;
appartenendo ad ogni essere umano in quanto persona, essa non dipende dalla
libera volontà degli altri; non solo, ma si impone ad essi e limita la loro
libertà d'azione; la sua protezione fa parte dell'ordine pubblico come afferma
la Dichiarazione del 1789 nel suo Preambolo. La dignità dell'uomo è un dato
oggettivo che si impone ad ogni uomo come ad ogni legislatore; questa verità è
stata fermamente richiamata da Pio XI di fronte ai totalitarismi (13). Le regole
adottate da numerose civiltà e le posizioni prese dalla Chiesa sui problemi
della società si ispirano a questa idea che ogni uomo ha un valore in sé.
Fondandola sulla rivelazione, la Chiesa gli dà una forza ed un'autorità che non
possono essere trasgredite. Il secondo caso è quello in cui l'uomo riceve la sua
dignità da un riconoscimento della società. Ma se la dignità di un essere umano
dipende dal fatto che è riconosciuta dal suo ambiente, diviene legittimo non
rispettarla quando questo riconoscimento manca. Non è così che i regimi
totalitari hanno agito ogni volta che hanno proceduto a stermini di massa di
categorie sociali dichiarate indegne di vivere a causa del loro sesso, della
loro religione, del loro colore, della loro razza? La verità di una tesi si
giudica non solo dalla coerenza del suo contenuto ma anche dalle conseguenze
logiche che derivano dalla sua asserzione; queste conseguenze sono in essa fin
dal principio e bastano alcune circostanze speciali perché esse sviluppino i
loro effetti. Un consenso esiste nell'umanità che riconosce la qualità specifica
dell'essere umano; ma il fondamento di questa resta troppo spesso velato; non è
stato veramente approfondito se non dalla rivelazione biblica che ha sempre
insegnato l'inviolabilità della vita umana e dal Cristianesimo che,
inequivocabilmente, ha dichiarato che l'uomo è capace di una vita soprannaturale
e gravida della promessa di una vita anche dopo la morte. Di fatto, laddove il
cristianesimo si affievolisce, si vede mettere in dubbio la dignità
innata dell'uomo ed il carattere inviolabile della vita. Le due cose infatti
sono collegate. Non si può dunque non interrogarsi sulle conseguenze della nuova
cultura che si sviluppa nei paesi occidentali e che Giovanni Paolo II ha
chiamato una «cultura di morte». Gli effetti che già constatiamo non sono forse
in contraddizione totale con le esigenze di uno sviluppo spirituale
dell'umanità? La nozione di dignità umana è al centro delle attuali discussioni
della società. Senza dubbio esse sarebbero più illuminate se si distinguesse più
chiaramente il suo fondamento e la percezione che ne ha la società. Ogni essere
umano ha la «capacità» di agire come persona responsabile. Al di là di questo
zoccolo duro che sfugge al dominio dell'uomo vi è lo sviluppo della dignità;
questo si ottiene per mezzo dei contatti che sono stabiliti con gli altri
uomini. L'uomo è un animale sociale; cioè non raggiunge la sua piena statura se
non nella sua relazione con gli altri, una relazione fatta di sentimenti di
uguaglianza e di affetto. Medici e personale infermiere riconoscono volentieri
di aver fatto l'esperienza di quanto l'assistenza umana testimoniata ad un
malato in fase terminale e che apparentemente ha perduto conoscenza può ridargli
come gioia ed energia. Il fatto di partecipare ad un progetto comune e di
entrare in una rete di relazioni permette di sviluppare il senso che un essere
umano ha della sua dignità e di accrescere le ragioni di riconoscergliela, ma
non può esserne la causa perché allora perderebbe il suo carattere assoluto che
protegge ogni individuo contro l'arbitrio degli altri e dello Stato. Due
umanesimi si contrappongono: quello dei cristiani, e di tutti coloro che
affermano la realtà del soggetto, e quello dei pensatori contemporanei che
denunciano la tradizione giudeo-cristiana per il ruolo preminente che riconosce
all'uomo nella creazione. La loro antropologia elimina la Storia e considera
l'individuo come se vivesse una successione di istanti. Ci si trova di fatto in
presenza di una rottura nella tradizione. Mentre i codici di etica medica
condannano l'eutanasia, oggi si argomenta a partire dal fatto che «la dignità è
ciò che definisce la vita umana» (14), posizione che permette gli attentati alla
vita quando la società non riconosce più questa dignità. Conclusione: il
progresso umano in crisi
Il disegno di perseguire il progresso umano trascurando la sua dimensione
religiosa si fonda su di un'illusione perché priva individui e comunità di un
riferimento comune e superiore al quale possano riferirsi per conciliare i loro
interessi divergenti; espone il raggiungimento del progresso umano ad una grave
crisi. L'affermazione di cui sopra potrà sorprendere più di una persona. Ma non
si vedono forse i progressi della tecnologia sconvolgere le condizioni di vita
materiali e l'ambito dei valori così come quello della loro gerarchia? Le
comunicazioni fra gli uomini si moltiplicano; i mezzi di apprendimento, di
conoscenza, di dominio della natura sembrano infiniti. Le esperienze riuscite di
clonazione non mostrano forse che l'uomo acquisisce un dominio della vita che
gli permette di sperare di dominare la morte? Le Cassandre non sono mai ben
accolte quando avvertono dei pericoli di una strada che sembra aprirsi
sull'infinito; e tuttavia colui che riflette sulla trasformazione della
condizione umana che è in atto in Occidente non può non interrogarsi. I
progressi tecnici così come quelli nell'organizzazione democratica delle società
sono stati dovuti ad un desiderio di promuovere simultaneamente sviluppo
materiale e progresso spirituale. Una politica di sviluppo che fosse privata di
una relazione con la Trascendenza non potrebbe che perdere energia e bloccare
quell'impegno di miglioramento morale che ha dato il suo slancio alla crescita
dell'umanità. Le comunità cristiane si trovano oggi davanti ad una sfida
imponente perché sono investite dall'ateismo dell'ambiente che mette in
discussione il carattere assoluto della vita. Di fatto esse sono consapevoli che
non è sufficiente richiamare i fondamenti dottrinali dell'antropologia cristiana
pur sapendo che questo insegnamento è indispensabile. I cristiani devono
imparare a sottolineare la loro specificità nei grandi dibattiti della società.
L'educazione cristiana deve qui essere ripensata: essa deve abituare a
discernere nel quotidiano dell'esistenza ciò che è contrario alla vita per
respingerlo quasi istintivamente ed a scegliere ciò che favorisce il suo
sviluppo a tutti i livelli tanto biologico che intellettuale e religioso. In
un'epoca che ha preso coscienza dell'unità del genere umano e della necessità di
tendere verso un'organizzazione della società mondiale che sia garante di pace,
due vie si offrono agli uomini del XXI secolo, due vie fra le quali oggi la
scelta è loro offerta nei dibattiti sull'eutanasia: l'una, che fu quella aperta
dai teologi e dagli umanisti come Vives o Erasmo nel Rinascimento, pone come
esigenza prima il rispetto assoluto della vita e dell'uguaglianza che implica
tra tutti gli esseri umani in nome della loro dignità costitutiva. L'altra, che
non vedendo in ogni vita umana un assoluto che debba esser rispettato in ogni
circostanza, permette di escludere dal suo seno gli individui e i gruppi la cui
razza, il sesso o la religione sono considerati come un disturbo per la società.
Escludendo la Trascendenza, essa priva gli attori sociali dell'esigenza morale
interiore che permetterebbe loro di controbilanciare la loro inclinazione al
dominio dei più deboli. Questo è il bivio davanti al quale l'uomo del 21° secolo
è posto dalle questioni dell'eutanasia e della bioetica. Egli non può eludere la
sua responsabilità di promuovere la dignità dell'uomo nella verità.
Note:
1) G. Fessard, France prends garde de perdre ton âme, Primo quaderno clandestino
di Témoignage chrétien 1941, p. 17.
2) G. Fessard, France, prends garde de perdre ta liberté! ed. Témoignage
chrétien, Paris 1945, p. 151; cfr anche l'Allocuzione di Pio XI in occasione
dell'esposizione sulla stampa cattolica mondiale il 12 maggio 1936, che indicava
il comunismo come l'«avversario principale che occorre combattere».
3) G. Fessard, Eglise de France, prends garde de perdre la foi!, Julliard Paris
1979, p. 250.
4) S. Courtois, Le livre noir du communisme. Crimes, terreur, répression,
Laffont Paris 1997, p. 848.
5) Gaudium et spes § 43.2; Centesimus annus § 59.
6) Liu Xaobo, The inspiration of New York: meditations of an iconoclast in
Problems of communism (Washington) Jan.-Apr. 1991, pp. 113-118; G. BARME,
Confusion, Redemption and death: Liu Xaobo and the protest movement of 1989 in
G. HICKS, The broken Mirror. China after Tienanmen, Longman UK 1990, pp. 52-99.
7) Populorum progressio 20.
8) J. Joblin, Actualité du Christianisme dans le processus de mondialisation in
Communio 2000/1, pp. 57-69.
9) M. Sales, Introduction in G. Fessard, Le Mystère de la société, Culture et
vérité, Bruxelles 1997, p. 78.
10) A. Jeanniere, Lire Platon, Aubier Paris 1990, pp. 43-45.
11) A. Lizotte, Y a-t-il un droit au suicide? in Liberté politique 1999/8, pp.
53-72.
12) Cfr Pio XII, Radiomessaggio natalizio del 1956 (AAS, 49 [1957], pp. 5-22),
in cui rimprovera all'uomo moderno di comportarsi come un ingegnere che tratti
l'essere vivente come la materia inerte.
13) Mit brennender Sorge § 37 (AAS 29 [1937] pp. 145-167), cfr specialmente pp.
159- 160.
14) Questa espressione si trova in una risoluzione adottata per iniziativa del
Dott. Schwartzenberg dalla commissione dell'ambiente, della sanità e della
protezione del consumatore durante una sessione della Assemblea nazionale
francese il 25 aprile 1991 (cfr Le Monde 3 maggio 1991, p.10).
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Comunicato stampa della Presidenza della CEI
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana
26/07/2006 - Cellule staminali
La
decisione del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea di prevedere,
nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca, finanziamenti che agevolano
ricerche sulle linee cellulari staminali di origine embrionale, la cui
produzione comporta e continuerà a comportare la soppressione di embrioni umani,
è moralmente inaccettabile.
La Conferenza Episcopale Italiana ha da sempre e più volte ribadito che ogni
ricerca che coinvolge gli embrioni umani si colloca in una inammissibile visione
antropologica, che considera l’esistenza umana non come fine, bensì come mezzo
per raggiungere altri scopi, pur nobili, come la cura delle malattie e la stessa
conoscenza scientifica. La scienza deve servire l’uomo e non servirsi di lui,
soprattutto quando egli è nella condizione della sua massima fragilità, un
embrione nei primi giorni della sua vita.
La Presidenza della CEI fa appello ai politici italiani e a quanti ancora
possono fermare questa deriva etica, che riduce l’embrione umano a possibile
fornitore di materiale biologico, e chiede che l’Unione Europea in nessun modo
agevoli, con propri finanziamenti, questo grave attentato alla dignità dell’uomo
che tradisce il valore fondamentale della vita umana, senza il quale ogni altro
valore individuale e sociale perde la propria consistenza. Il Santo Padre
Benedetto XVI ci ha ricordato che la «tutela della vita in tutte le sue fasi,
dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale», rientra tra i
«principi che non sono negoziabili».
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Un anno dopo il referendum...
COMUNICATO STAMPA DI SCIENZA E VITA N. 15 DEL
15/06/2006
IL PARLAMENTO EUROPEO SI DIVIDE SULLE STAMINALI EMBRIONALI
IL VOTO DI STRASBURGO APRE GRANDI SPAZI AL DIBATTITO PUBBLICO
SULLA BIOETICA ANCHE IN EUROPA
Il risultato del voto del Parlamento europeo sulla possibilità di sperimentare
con cellule
staminali da embrione solleva ancora una volta un interrogativo: perchè tanto
accanimento nel proporre una sperimentazione che non ha mai dato esito positivo?
Infatti nei Paesi in cui la sperimentazione su cellule staminali da embrione è
stata già effettuata, non vi sono evidenze sulla sua utilità, mentre gli unici
risultati positivi provengono dall’uso di cellule staminali adulte e da sangue
del cordone ombelicale.
A chi giova allora seguire strade diverse? Il voto al Parlamento europeo con una maggioranza così ristretta dimostra che il tanto decantato accordo sulla sperimentazione su cellule staminali da embrione in realtà non esiste e che il Parlamento europeo è sostanzialmente diviso su questioni di grande rilevanza etica.
Tanti spazi rimangono dunque per il confronto e il dibattito in
un contesto in cui è evidente la grande attenzione per una scienza a favore di
ogni essere umano. Ampi spazi rimangono
dunque anche a livello europeo per proporre un progetto di formazione e di
dibattito pubblico come quello sostenuto e promosso dall’Associazione Scienza &
Vita.
Perciò, facciamo appello al presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi,
affinché non conceda il voto dell’Italia al finanziamento, nell’ambito del
programma Quadro Europeo, di ricerche che implicano la distruzione di embrioni
umani, in coerenza con la legge 40 e con la volontà popolare espressa in
occasione del referendum dello scorso giugno.
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Un anno dopo il referendum...
La speranza dietro alla sconfitta
Nella decisione sull’utilizzo degli embrioni umani per la ricerca
scientifica l’ennesimo scivolone europeo sui temi della bioetica. Eppure non c’è
stata la temuta disfatta. Segnali per rilanciare la sfida, all’insegna
dell’ottimismo.
Una sconfitta, ma non una disfatta. E di questi tempi, non era affatto scontato.
Se è vero che il voto con il quale il Parlamento Europeo ha fra l’altro dato il
via libera al finanziamento comunitario di programmi di ricerca basati su
cellule staminali embrionali è certamente negativo, e sintomatico della tendenza
a considerare l’essere umano nella prima fase della sua esistenza alla stregua
di “qualcosa” e non di “qualcuno”, è altrettanto vero che la spaccatura
trasversale dell’assemblea di Strasburgo, le polemiche che ne sono originate e
lo stesso conteggio numerico complessivo (relativamente stretto lo scarto
finale, con 284 voti favorevoli, 249 contrari, 32 astenuti) obbligano a non
considerare definitivamente persa la speranza che in tema di bioetica l’Europa
possa recuperare il terreno perduto.
E’ vero: il danno grosso è fatto, nel senso che con il sostegno e il benestare
dell’Unione Europea si distruggeranno embrioni umani (importa relativamente se
appositamente creati o se scelti fra quelli “avanzati” dai cicli di fecondazione
artificiale) al fine di ricavarne le preziose cellule staminali. Non può essere
dimenticato però che tutto ciò, a livello di singoli paesi, già avviene in molti
stati membri, e la stessa posizione della Commissione Europea è sempre stata
favorevole all’utilizzo di embrioni umani a scopo di ricerca. Dalla Gran
Bretagna alla Spagna, molti parlamenti nazionali hanno legiferato negli ultimi
anni in maniera disinvolta, dando l’impressione che sui temi etici la battaglia,
nel vecchio continente, fosse davvero persa in partenza.
E invece, in questa Unione Europea che finanzia l’aborto in tutto il mondo, che
promuove controversi programmi di “pianificazione familiare”, che si schiera a
livello internazionale secondo le “direttive” delle grandi organizzazioni
abortiste, e che con alcuni suoi stati ha rotto da tempo anche il “tabù”
dell’eutanasia, esiste ancora una voce forte che si oppone all’utilizzo
strumentale di embrioni umani, che non desidera che vengano distrutti, che
ritiene che la ricerca scientifica debba essere incoraggiata ma al contempo
orientata, perché non può contraddire principi di civiltà minimi (e che non si
debbano distruggere esseri umani, seppur nella fase iniziale della loro
esistenza, dovrebbe essere un principio di civiltà minimo). Non è cosa da poco,
in tempi così difficili, contare su una così larga fetta – per quanto
minoritaria – di europarlamentari. E non è cosa da poco il fatto che – almeno a
livello continentale – la divisione non segua binari religiosi (i laici contro i
cattolici: pretesto utilizzato in Italia per “ghettizzare” le opinioni di chi si
schiera contro l’utilizzo delle embrionali), ma percorra invece binari
culturali, oltre che di convenienza politica ed economica (la ricerca
scientifica, non lo si dimentichi, è un grande business…).
Ora, la speranza è quella che un giorno – purtroppo non lo si intravede ancora
all’orizzonte – si prenda davvero coscienza del fatto che la base stessa della
comune convivenza risiede nel rispetto integrale dell’essere umano, in tutte le
fasi della sua esistenza. Sono, questi, processi lunghi e complicati, che
richiedono pazienza e continua testimonianza. E’ sempre stato così: si pensi ai
principi contenuti nella dichiarazione dei diritti dell’uomo (la libertà,
l’uguaglianza, ecc.). Oggi sono quasi delle ovvietà, ma se lo sono, lo sono solo
da alcuni decenni. Acquisizioni recentissime, dunque. Prima o poi, insomma, si
riconosceranno gli errori commessi, e si tornerà indietro, e come oggi in Europa
si guarda alla schiavitù o alla pena di morte, così allora si guarderà anche
alla distruzione di embrioni umani. Quando questo accadrà non ci è dato sapere,
ma – ci sia consentito un moto di orgoglio – resterà comunque scritto nella
storia che anche di fronte agli “scivoloni” altrui il nostro paese, con la legge
40/2004, seppe restare fedele al solco della sua tradizione, quella del rispetto
per ogni essere umano.
Lungi dal modificarla in senso peggiorativo, la normativa italiana deve
rappresentare un punto di riferimento a livello europeo. E’ la sfida di questo
tempo. Una sfida che può essere vinta – come detto - solo con la pazienza e la
continua testimonianza. Mai tacere la realtà, dunque, mai tacere che della vita
di un uomo, di ogni singolo essere umano, non si può disporre. E mai, mai
disperare, anche di fronte alle sconfitte.
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Un anno dopo il referendum...
Bioetica:
nasce intergruppo, dopo polemica assenti An e
Lega
(ANSA)-ROMA,15 GIU- E' nato oggi l'intergruppo parlamentare
"Persona e bene comune" che raccoglie oltre 100 parlamentari dei due Poli sulla
bioetica. Non sara' una "lobby cattolica" ma un'associazione bipartisan per
tutelare "valori non negoziabili": vita, persona e famiglia. Dopo le polemiche
della vigilia, alla presentazione non c'erano parlamentari di An e Lega. Primo
atto: un appello a Prodi per il voto contrario dell'Italia a finanziare ricerche
che implichino la distruzione di embrioni umani.
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Un anno dopo il referendum...
Gli schieramenti prima della coscienza
E poi parlano di clericalismo
Avvenire -
Mercoledì 14 giugno 2006
Il dibattito aperto dall'offensiva contro
la legge 40 del ministro Mussi sta progressivamente scivolando sul piano
inclinato della politique politicienne. Si accumulano slogan vaporosi e generici
intorno alla questione di merito (i finanziamenti Ue a esperimenti con embrioni
umani come "materiale"), e si crea spazio per ragionamenti e atteggiamenti
ispirati a granitiche logiche di schieramento, conditi - per sovrappiù -
dall'ormai abituale dose di polemiche ideologiche dal forte sapore
anti-cattolico che in qualche settore si ritengono evidentemente buone per tutte
le occasioni e per tutti gli usi.
Quasi che il caso esploso per l'unilaterale colpo di mano di un importante
esponente dei Ds sia solo il frutto di un passo falso «formale», da affrontare
in chiave tattica: con non pochi nel governo e nella maggioranza che sperano di
ritrovare equilibrio attraverso un recupero della collegialità perduta, e con
buona parte dell'opposizione di centrodestra che sogna, invece, di trasformare
il brutto scivolone di Mussi in caduta politica per Prodi. Quasi, infine, in
forza del battage orchestrato dalla solita minoranza rumorosa, che il nodo da
sciogliere sia in realtà quello della «pretesa» dei parlamentari di cultura
politica cattolica, presenti in più partiti di entrambi gli schieramenti, di far
convergere riflessioni e voci su un tema di tanta importanza per difendere
princìpi che più che dogmi di fede son conquiste di una millenaria e faticosa
storia di umanizzazione della nostra civiltà.
I fatti sono, però, ostinati. E larghi strati dell'opinione pubblica - anche tra
coloro che sono tutt'altro che inclini al girotondismo - si dimostrano sempre
meno distratti e sempre più reattivi al cospetto di certe manovre e di certi
riti di palazzo. E proprio per questo continuano a lasciare esterrefatti le
argomen tazioni di chi ritiene di poter ridurre tutto a un puro e semplice
problema di «metodo». Come se la sostanza delle questioni sia un dettaglio
rispetto al problema di far crescere le relazioni politiche e il
soggetto-partito che si è deciso di coltivare. E che in fondo il vero problema
sia selezionare, autorizzare a intermittenza, intimidire o, addirittura, zittire
voci libere, forti e assolutamente indipendenti come quelle che tanti e tanti
cattolici - eletti o meno nelle assemblee legislative - e la stessa Chiesa
italiana non mancano di levare di fronte ai tentativi di limitare e inquinare lo
spazio dell'umano nella nostra società. Una scelta di campo netta, che nessuno -
neanche all'interno di un'analisi acuminata come quella condotta domenica da
Ilvo Diamanti su "Repubblica" - può tuttavia interpretare come un'opzione di
schieramento politico. Una scelta di coscienza e in coscienza, che non s'arrende
a logiche e interessi di fazione.
Vorremmo, insomma, ricordare a chi non riuscisse a comprenderlo che i «princìpi
non negoziabili» - rispetto della vita, sostegno della famiglia, libertà
dell'educazione - che il magistero del Papa ha affidato alla testimonianza
attiva dei cattolici, e che ha indicato a tutti come cruciale campo di lavoro
comune, sono altrettanti appassionati "sì" all'idea di una società fondata sulla
promozione integrale della persona umana. E se alcuni - stentiamo a crederlo,
eppure è stato detto e scritto - pensassero di poter capovolgere tutto questo
nel suo contrario, considerandolo il risultato di una cultura degli "steccati" o
la manifestazione di un'ideologia del "no" o, infine, il sintomo di una
«regressione» del cattolicesimo politico a clericalismo, bisognerebbe concludere
che costoro sono prigionieri di vecchi e angusti schemi. Impostazioni
irrimediabilmente datate al cospetto di una riflessione sui d estini della
«città dell'uomo» che affronta le sfide della contemporaneità, non le misconosce
e non le subisce.
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Un anno dopo il referendum...
SINGOLARE INVITO DI UNA
FINOCCHIARO «PRESBITE»
Moratoria sui temi etici?
Cominciamo a provocare di meno
Avvenire - Domenica 11 giugno 2006
A ognuno il suo. Spetta, dunque, ai
parlamentari dell’Ulivo che fanno esplicito riferimento alla cultura del
cattolicesimo politico di rispondere alla diessina Anna Finocchiaro che li ha
invitati a «fermarsi sui temi etici» (e, infatti, già hanno cominciato a
replicare). Così come spetta a loro di valutare la richiesta di ritirarsi
dall’intergruppo parlamentare al quale, anche in questa legislatura come nella
precedente, hanno dato vita con colleghi di diversi partiti. E spetta ancora a
loro di decidere che senso abbia l’evocazione di «una moratoria di almeno sei
mesi sugli argomenti bioetici». Tuttavia vari passaggi del perentorio
ragionamento che la presidente del gruppo ulivista a Palazzo Madama ha affidato
a "la Repubblica" di ieri, e la sua stessa impostazione generale, non possono
non stuzzicare anche osservatori interessati come noi.
La prima reazione è, lo ammettiamo, di sorpresa. Avevamo, infatti, imparato a
conoscere la senatrice Finocchiaro come persona che calibra gesti e parole, che
coltiva l’arte del dialogo, che sa resistere più di tanti suoi colleghi alla
tentazione di piegare le questioni alle risposte che si ritiene utile dare. E,
allora, davanti a questa quasi incredibile intimazione ai «cattolici», è
inevitabile farsi qualche domanda. Ma chi è che in questo avvio di legislatura
ha assunto o preannunciato iniziative dirompenti sul delicatissimo fronte della
bioetica? Qualche parlamentare di estrazione cattolica o qualche ministro con la
tessera dei Ds? E chi è che dovrebbe fermarsi o, meglio, cambiare passo e
direzione?
Nessuno si stupirà se a questo punto – stendendo un velo su altri casi grandi e
piccoli – rispondiamo facendo il nome di Fabio Mussi. E nessuno si stupirà se
ricordiamo ancora una volta quel che Mussi – incurante della legge vigente nel
nostro Paese – ha combinato per finanziare anche con soldi italiani
sperimentazioni distruttive sugli embrioni umani negli Stati europei che
consentono queste pratiche di laboratorio. Non si stup irà, ne siamo certi,
neanche la presidente dei senatori dell’Ulivo. Eppure il gravissimo strappo
deciso dal ministro della Ricerca nel ragionamento di Finocchiaro è diventato
l’ultimo degli argomenti, citato solo per preannunciare un dibattito nel gruppo
ulivista sulla scorta di quanto lo stesso Mussi dirà giovedì prossimo davanti a
un paio di Commissioni del Senato per provare a giustificare il proprio operato.
È la riprova che, in politica, si vedono esclusivamente i problemi che si
vogliono vedere. E solo di questi si parla davvero. Dunque, non è affatto un
caso se la preoccupazione che emerge dalle parole dell’esponente dei Ds è tutt’altro
che etica o bioetica. Finocchiaro fa capire in ogni modo che ciò che le preme è
contrastare qualunque iniziativa che possa rappresentare un ostacolo – citiamo
testualmente – al tentativo di «ricondurre a noi» quanti più soggetti «politici
e no» con l’obiettivo di «diventare l’unico laboratorio politico in Italia».
Ambizioni suggestive, certo importanti e forse un tantino esagerate. Ma che
potrebbero ribaltarsi, dando origine a un problema ingovernabile se non ci si
rendesse conto che, per realizzarle, bisognerebbe decidersi a esercitare sempre,
senza esitazioni e senza intimazioni, la virtù del rispetto. Rispetto per la
verità dei fatti e dei valori costitutivi di una comunità civile. Rispetto degli
elettori, anche e soprattutto quando – come nel referendum sulla legge 40 –
danno sonoramente torto alle tesi che si vorrebbe imporre come egemoni. E,
infine, rispetto per le diverse culture politiche. A cominciare – lo consiglia
la storia viva di questo Paese – da quella dei cattolici.
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Un anno dopo il referendum...
STAMINALI, PETIZIONE ALL'EUROPA
RISPETTATELO, PER FAVORE IL NOSTRO VOTO
Avvenire - Sabato 10 giugno 2006
La
decisione presa dal ministro Fabio Mussi, di dare il via libera dell'Italia ai
finanziamenti europei per la ricerca sulle staminali embrionali, è stata oggetto
di polemiche e discussioni, ma poi tutto è finito lì. Il colpo di mano
personale, se tale è stato, è perfettamente riuscito. Nessuno, nel governo, ha
chiesto a Mussi di tornare indietro, e il dissenso interno alla maggioranza non
si è trasformato in iniziativa politica. Prodi ha chiuso il caso liquidandolo
come un peccato veniale, un'uscita sconveniente e un po' sbarazzina del
ministro, ma niente che richiedesse misure più serie di un rabbuffo.
Invece il gesto di Mussi ha conseguenze pesanti sia sul piano del rispetto delle
regole democratiche, che su quello dello sviluppo della nostra ricerca, sempre a
corto di fondi. La famosa Dichiarazione etica che l'Italia aveva firmato, e che
l'attuale ministro ha invalidato, si basava su due punti fondamentali. Il primo,
che la decisione di incoraggiare e finanziare sperimentazioni che richiedano la
distruzione di embrioni umani dovesse essere lasciata ai singoli Stati; il
secondo, che il programma quadro europeo non tenesse sufficientemente conto "del
potenziale terapeutico delle cellule staminali umane adulte", e che a livello
comunitario tale ricerca dovesse essere rafforzata.
La Dichiarazione, lungi dal proibire la ricerca sugli embrioni alle altre
nazioni, come è stato detto, affermava un principio democratico che è difficile
non condividere, e cioè che sui temi etici la cautela e il rispetto
dell'autonomia nazionale sono imprescindibili, anche perché le leggi sono
diverse da Paese a Paese. La linea italiana tendeva inoltre a riequilibrare il
flusso dei finanziamenti, spostandoli verso la ricerca di casa nostra sulle
staminali adulte, che ha già prodotto notevoli risultati. Mentre la ricerca
sulle cellule prove nienti da embrioni non ha portato finora a nulla, nonostante
l'enorme quantità di denaro pubblico e privato che è riuscita a convogliare su
di sé.
Grazie al ministro, i cittadini italiani dovranno pagare sperimentazioni che non
possono e non vogliono fare, visto che non soltanto sono vietate dalla legge
italiana, ma con il voto referendario si è potuto accertare che meno del 20% del
totale degli elettori è favorevole a utilizzare a questo scopo gli embrioni. I
nostri contributi serviranno dunque a finanziare soprattutto i centri di ricerca
inglesi (Blair sarà entusiasta della nostra generosità disinteressata), mentre
quelli italiani, che sono all'avanguardia nella ricerca sulle staminali adulte,
saranno penalizzati.
Non siamo tra quelli che si stupiscono perché la maggioranza con cui il
centrosinistra è andato al governo è esigua. Anche con un pugno di voti di
scarto, se le regole lo consentono, si può governare, e bene. Ma arrogarsi, in
base a quel pugno di voti, il diritto di scavalcare la volontà del 75% degli
italiani, appare un po' eccessivo.
Per ironia del caso, il Parlamento europeo discuterà e deciderà i contenuti del
7° programma quadro (che stabilisce in quali progetti di ricerca saranno spesi
50 milioni di euro per i prossimi 7 anni) proprio a partire dal 13 giugno,
anniversario del referendum sulla legge 40. Alcune associazioni, cattoliche e
no, hanno preso l'iniziativa di scrivere una lettera aperta ai parlamentari
europei, chiedendo che sia rispettata la volontà espressa dal popolo italiano un
anno fa, e che in materie così delicate ogni Paese possa decidere in autonomia.
Per fare questo, il Parlamento europeo dovrebbe votare contro il finanziamento
della ricerca sulle staminali embrionali, tornando alla situazione precedente, e
rendendo l'Italia coerente con se stessa.
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Referendum: C’è poco da esultare!
+ Germano Zaccheo, Vescovo
La voglia, a botta calda, sarebbe quella di esultare. In presenza della valanga di astensioni la legge 40 è salva. Contro tutte le falsificazioni, le mistificazioni, gli imbonimenti dei referendum, sostenuti (guarda caso!) da quasi tutta la stampa che conta, la gente ha capito e non è andata alle urne. Intanto perché non era né una partita di calcio, né un gran premio dove c’è chi vince e chi perde. E gli uni esultano e gli altri recriminano. No. Non abbiamo né il diritto né la voglia di esultare. E la ragione è semplice. Perché la vita non ha vinto e l’embrione è ancora esposto (magari un po’ meno) a vergognose manipolazioni. Abbiamo sempre detto che la legge 40 oltre a non essere perfetta (ci sono leggi perfette?) è anche un po’ tartufesca, frutto di non sempre limpidi aggiustamenti. Ciò che serve alla vita è una difesa senza se e senza ma. Noi dobbiamo testimoniare con franchezza che nessuno può mettere le mani sulla vita nascente, fin dal primo istante del concepimento, la vita umana è intangibile.
La vita umana in qualunque stadio essa si trovi non può essere manipolabile neppure con buone finalità. La vita c’è. La vita non si tocca. Pretendere di fabbricarla artificialmente è una sfida prometeica destinata alle peggiori conseguenze: chi potrà fermare l’onnipotenza della tecnologia una volta aperta la porta alla fabbricazione artificiale di un embrione? Ecco perché non esultiamo. Né potremo farlo. Piuttosto, invece di una fatua esultanza, occorre rimboccarsi le maniche e proseguire l’impegno per la vita. Un impegno duro, controcorrente e contromoda. Chi, come noi, ha scelto di riconoscere l’intangibilità della vita umana in qualunque stadio essa si trovi, non può adagiarsi su qualche buono spiraglio della legge 40 che pure abbiamo difeso dal peggio con l’astensione. A noi incombe l’onere della testimonianza per la vita, ripeto “senza se e senza ma” come alcuni dicono a proposito della pace. Anche noi siamo per la pace, ma contemporaneamente siamo per la vita.
Diversamente da altri. Di qui in avanti, la strada che era già, per noi, in salita, diventa di sesto grado. Ma non ci arrenderemo. Rileggeremo con commozione le parole profetiche di Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium vitae” . E saremo in compagnia di tutti coloro che, anche se non per motivazioni religiose, condividono con noi l’assoluto rispetto per l’uomo, i suoi diritti, la sua dignità, il suo destino. Come ha detto a noi vescovi italiani Benedetto XVI: “Non è questa una questione cattolica”. Sono in ballo i diritti dell’uomo. Ed ogni coscienza onesta non può non riconoscerli.
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Una vittoria del popolo italiano contro
i poteri
forti e per la cultura della vita
Intervista a Riccardo Cascioli, giornalista e scrittore nonché Direttore
del Cespas
ROMA, mercoledì, 15 giugno 2005 (ZENIT.org).-
“La popolazione italiana ha respinto con una astensione di massa il tentativo
dei poteri forti di manipolare i processi naturali di procreazione”. Queste le
parole di Riccardo Cascioli, Direttore del
Cespas (Centro Europeo di Studi su Popolazione Ambiente e Sviluppo) nel
commentare i risultati del referendum sulla legge 40/2004 relativa alla
procreazione medicalmente assistita.
“Questo risultato suscita una grande speranza per rinnovare e accrescere la
cultura della vita attraverso una nuova evangelizzazione”, ha continuato
Cascioli, che nel periodo precedente al referendum è stato un attivo
protagonista dell’inserto di Avvenire “E’ Vita”.
In una intervista a ZENIT, il Direttore del Cespas ha precisato: “Comunque la si
voglia vedere è una vittoria del popolo italiano contro i poteri forti. Il 75%
degli italiani si è astenuto, e anche tra quelli che sono andati alle urne,
oltre il 10% lo ha fatto per dire no all’abrogazione della Legge 40. Una vera e
propria disfatta per il comitato referendario”.
Innanzitutto, che cosa intende per poteri forti?
Cascioli: Tutta la grande stampa nazionale ha fatto attiva propaganda per il sì,
contrastata soltanto da Avvenire, Il Foglio, Il Tempo e Il Giornale (con Libero
sostanzialmente equidistante); i servizi delle principali reti tv sono stati
tutti a senso unico, per non parlare delle radio commerciali.
Quanto ai politici, il leader del centrosinistra Romano Prodi insieme a Rosy
Bindi ha cercato di dividere i cattolici sull’astensione. Piero Fassino ha messo
a disposizione le strutture del suo partito per sostenere i “sì” dopo averle
usate per aiutare i Radicali a ottenere le firme necessarie per indire i
referendum; a loro si è unito addirittura il leader di Alleanza Nazionale
Gianfranco Fini e il Ministro per le Pari opportunità Stefania Prestigiacomo.
Per sostenere il “sì” è stata messa in campo una campagna violenta, culminata
addirittura con la richiesta del carcere per preti e Vescovi che invitavano
all’astensione. Eppure gli italiani si sono ribellati all’idea che dell’embrione
si possa fare ciò che si vuole, che ogni desiderio possa diventare diritto, che
i bambini possano essere ordinati su misura come il vestito della cerimonia, che
i figli siano privati del diritto di conoscere il padre, che una lobby ben
organizzata e altrettanto ben finanziata abbia il potere di delegittimare un
Parlamento eletto dal popolo.
Il popolo italiano si è reso conto che la vera questione va ben oltre il numero
di embrioni da impiantare nell’utero della donna. In gioco c’è il futuro
dell’umanità, il nostro futuro e quello dei nostri figli, il rischio di un
totalitarismo dalla facciata democratica. E la consapevolezza che “sulla vita
non si vota”, come recitava uno slogan particolarmente centrato, ovvero che la
dignità dell’uomo, il senso stesso della mia vita è cosa troppo importante da
poter essere deciso a maggioranza popolare.
Diversi editorialisti hanno sostenuto che la Chiesa ha
fatto leva sull’appartenenza religiosa dei cittadini al fine di convincerli a
non andare a votare. Che ne pensa?
Cascioli: Che non sia un problema di fede ma di ragione, lo dimostra il fatto
che accanto ai cattolici sono scesi in campo con grande vigore fior di laici
come il Direttore del Foglio Giuliano Ferrara. come il leader della Margherita
Francesco Rutelli, come il Presidente del Senato Marcello Pera, come Oriana
Fallaci, per non parlare di scienziati, politici, giuristi, femministe che si
sono ribellati alla parola d’ordine dei loro schieramenti.
Non è un problema di fede, però non è casuale che ancora una volta sia stata la
Chiesa cattolica a proporre il giudizio più lucido sulla posta in palio e sulla
deriva umana e sociale che comporta il pensiero radicale. Se infatti “Cristo
rivela l’uomo a se stesso” non può sorprendere che tanti laici si riconoscano
nel giudizio di una Chiesa cosciente della propria missione.
C’è stato però anche un manifesto di cattolici per il
“Sì”…
Cascioli: Si è trattato di episodi marginali, fisiologici, se paragonato a ciò
che successe per divorzio e aborto. E’ invece importante segnalare l’unità
sostanziale – senza precedenti – dimostrata dai cattolici in questa occasione. E
non dobbiamo dimenticare il “popolo dei santuari” che domenica 12 ha affollato i
santuari mariani di tutta Italia (iniziativa lanciata originariamente da “Radio
Maria”) per una grande preghiera per la vita.
Insomma è fallito il subdolo tentativo di affermare che si possa essere
cattolici pur non obbedendo al magistero della Chiesa, la teorizzazione dei
“cattolici adulti” – per usare l’espressione introdotta da Prodi – che in quanto
adulti possono anche prescindere da ciò che i Vescovi affermano, come se
l’obbedienza alla Chiesa fosse un problema adolescenziale.
Cosa accadrà adesso. La cultura anti-vita farà passi
indietro?
Cascioli: Non credo.Quella referendaria è stata soltanto una battaglia di una
guerra ben più vasta che si combatte intorno all’uomo, immagine e somiglianza di
Dio. Chi ha promosso il referendum sta solo ricompattando le fila per lanciare
un nuovo assalto sul tema, a cui si uniranno presto anche altri che alla
questione della vita e della famiglia sono strettamente legati: le unioni di
fatto, le unioni gay e l’eutanasia, tanto per cominciare.
Ci attende dunque una lunga battaglia, ma l’esperienza dimostra che non è
anzitutto per via giudiziaria o per via politica che essa potrà essere vinta.
Come ci ha ricordato incessantemente Giovanni Paolo II e come ci sta indicando
Benedetto XVI., il compito è anzitutto quello di ricreare una “cultura della
vita”. E l’unico modo è annunciare Cristo, nell’obbedienza alla Chiesa.
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''Lavoriamo per la vita umana nascente''
Fecondazione, Ruini: ''Vogliamo solo illuminare le coscienze''
L'ultimo appello all'astensione del presidente dei vescovi italiani: ''La Chiesa non cerca lo scontro''
Roma, 9 giu. (Adnkronos)
- ''Non vogliamo forzare le coscienze ma soltanto illuminarle''. Sono queste le
parole dell'ultimo appello all'astensione del cardinale Camillo Ruini in vista
dei referendum sulla fecondazione assistita. Il presidente dei vescovi italiani
e' intervenuto nella basilica di San Giovanni in Laterano in chiusura del
convegno diocesano sulla famiglia inaugurato lunedi' scorso da Benedetto XVI.
Il cardinale ha ringraziato religiosi e laici presenti per l'impegno profuso in
queste settimane nel diffondere la scelta dell'astensione promossa dalla Cei ma
ha anche affermato che la Chiesa non cerca lo scontro con nessuno e lavora
invece ''per la vita nascente'' e ''per gli uomini e le donne di domani che non
devono essere considerati come prodotto di laboratorio''.
''Questa sera sento in particolare il bisogno di ringraziare ciascuno di voi -ha
detto il cardinale Ruini- per quel che state facendo in rapporto al referendum e
alla scelta consapevole del non voto. Non siamo noi ad aver voluto il
referendum, non siamo e non saremo noi ad esacerbare i contrasti e le
contrapposizioni''.
''Non siamo contro nessuno - ha ribadito il porporato- lavoriamo invece per
qualcuno: per la vita umana nascente, certo, e per i figli che hanno diritto a
conoscere i propri genitori, ma anche per le donne e gli uomini di oggi e di
domani, che devono sempre essere considerati e trattati come persone e non come
prodotto di laboratorio o oggetto di sperimentazione, e che anche nel loro
giusto desiderio di essere genitori vanno aiutati a non dimenticare che il
figlio rimane sempre, prima che una propria soddisfazione, una persona da
accogliere in dono. Ci muoviamo dunque, anche in quest'occasione, secondo quella
logica di servizio e di amore del prossimo che ci ha insegnato il Signore''.
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LA SPERANZA CHE VIENE DA DENTRO
Pietro Moggi - Presidente Forum Provinciale Associazioni Familiari - Comitato “Scienza & Vita” Reggio Emilia
Innanzitutto voglio dire un grazie di cuore al meraviglioso popolo della vita, che ha voluto essere presente in modo così significativo alla Fiera (oltre 800 persone in un sabato pomeriggio di afa tremenda) per incontrare il “grande” Giuliano Ferrara ed Eleonora Porcu, non meno grande per come ha saputo trattare con chiarezza e con precisione scientifica, ma anche con il cuore, il tema spinoso della fecondazione assistita, che è anche il tema del suo personale quotidiano lavoro di ricercatrice. Ma come non dire grazie, poi, a quel magnifico gruppo di volontari, giovani e non più giovani, che hanno saputo allestire con la loro fatica a tempo di record uno “squallido” capannone vuoto per trasformarlo con arte in un autentico teatro, degna cornice di un evento che sono sicuro ricorderemo a lungo, anche se poca o nessuna immagine ne è stata data dai nostri “media” locali, più preoccupati – è chiaro - di dare risalto all’inaugurazione dell’ennesima pista ciclabile…
Ancora una volta il Comitato “Scienza & Vita”, così come ha fatto in più di 50 incontri – grandi e piccoli – organizzati nell’ultimo mese in ogni angolo della nostra provincia, ha voluto condurre una riflessione seria e approfondita, condotta da tecnici (quasi sempre i protagonisti degli incontri sono stati medici e giuristi) e non da “politici”, proprio per contestare la disinformazione basata sulla ripetizione di slogan tambureggianti: libertà di ricerca, cura delle malattie più terribili, tutela della salute della donna…, senza dare una sola dimostrazione veramente scientifica che la legge 40 vada contro la ricerca, contro la cura, contro la donna…
In questo quadro si è voluto calare anche Giuliano Ferrara, che “tecnico” non è, ma da grande comunicatore ha saputo affrontare il tema di fondo della dignità e del rispetto di ogni vita umana, di quella vita che nessuno può più negare che abbia inizio con il concepimento e che sia destinata al suo termine naturale, se non interviene una violenza esterna ad interromperla. Si deve constatare con amarezza che tra i tanti diritti rivendicati – e lo ha fatto purtroppo anche lo Statuto della nostra Regione – viene spesso dimenticato il primo e più grande fra i diritti dell’uomo, che è il diritto alla vita. Lo ha ricordato anche, nella sua toccante testimonianza, l’avv. Angelini, quando ha affermato che non accetterebbe mai di essere curato dalla sua grave malattia se sapesse che per curare lui è stata soppressa un’altra vita umana. Finché ci saranno uomini capaci, al di là delle prove e delle sofferenze della vita personale, di portare dentro il proprio cuore questa coscienza, questa verità di fondo che ci rende veramente uomini, al di là della fede che ci sentiamo o non ci sentiamo di professare, allora rimane la speranza che non trionfino il relativismo e l’individualismo, che non possono portare ad altro che al nulla e alla morte dell’uomo. La speranza che viene, appunto, dal popolo della vita…
Ecco perché, essendo entrati ormai nell’ultima settimana che precede la fatidica data del 12 giugno, voglio ribadire personalmente l’appartenenza a questo popolo di “rivoluzionari”, di “disobbedienti”, di “sovversivi”, legittimati in verità dalla Costituzione della Repubblica Italiana, che, dopo avere fatto fino in fondo il loro compito di informazione, invitano all’astensione, a NON andare a votare, per non contribuire con il proprio sì – o, ugualmente, con il proprio no - a distruggere di fatto una legge, certo migliorabile, ma che ha comunque il pregio – ponendo dei limiti all’uso delle tecniche di fecondazione assistita - di riconoscere la parità di diritti e di tutelare la dignità di ogni vita umana (compresa quella del concepito).
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L'intervento all'assemblea generale della Conferenza episcopale
Referendum, il Papa sta con la Cei
Sì alla linea del non voto senza pronunciare la parola astensione.«Vescovi illuminate le scelte dei cattolici».
da www.corriere.it - 30/05/05
ROMA - Pieno appoggio
alla Cei. Sul referendum, Ratzinger la pensa in tutto e per tutto come i
vescovi. Intervenendo all'assemblea generale dell'Episcopato italiano,
che si è aperta con la prolusione del cardinale Camillo Ruini, Benedetto XVI
manifesta il suo appoggio alla linea astensionista della Cei sull'imminente
referendum sulla procreazione assistita.
Ratzinger non si spinge fino a parlare esplicitamente di astensione , si
mantiene cioè sul piano dei valori, ribadendo la difesa della vita e della
famiglia. E ai vescovi che lo ascoltano dice: «Siete impegnati ad illuminare le
scelte dei cattolici e di tutti i cittadini circa i referendum ormai imminenti
sulla procreazione assistita: proprio nella sua chiarezza e concretezza questo
vostro impegno è segno della sollecitudine di voi pastori verso ogni essere
umano che non può mai essere ridotto a mezzo ma è un fine (in questo punto il
Papa è stato interrotto da un applauso, ndr), come insegna Cristo e come ci dice
ragione umana».
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«La sinistra sbaglia causa, parola di comunista»
Intervista al Prof. Pietro Barcellona, docente di Filosofia del diritto all'Università di Catania
Pierluigi Fornari - Avvenire www.avvenire.it - 26 Febb. 2004
Il
figlio in provetta, una tappa dell'emancipazione del proletariato? «Grande
balla», parola di un «comunista convinto», Pietro Barcellona. Un uomo da sempre
di sinistra anche se da qualche anno ha deciso di non fare più politica. Laico,
«ma non antireligioso per principio, perché il tema della trascendenza dovrebbe
interessare chiunque». A Pannella e compagni che gridano alla penalizzazione dei
centri di ricerca nazionali e all'ingiustizia sociale perché i ricchi, a
differenza dei poveri, potrebbero andare all'estero a fare quello che è vietato
in Italia, il docente di Filosofia del diritto alla facoltà di giurisprudenza di
Catania, da uomo di sinistra, risponde così: «È un'ipocrisia. Figuriamoci se il
mondo proletario sta aspettando la inseminazione artificiale per emanciparsi...È
una battaglia sbagliata che sta seguendo una moda, cioè pensare che la tecnica
possa risolvere i problemi profondi della vita umana».
Il filosofo, che nel suo cursus honorum ha annoverato la presidenza di una
prestigiosa istituzione del Pci come il «Centro iniziative e studi per la
riforma dello Stato» (Crs) guidato anche da Pietro Ingrao, mette in guardia
contro la provetta selvaggia: «Il patrimonio genetico - argomenta - è un bene
che appartiene alla collettività storica nella quale si è formato. Come debbono
essere beni condivisi l'ambiente, le piazze delle città, aspetti della vita
economico sociale, così ci sono questioni che riguardano la cultura e la
antropologia che non possono essere a disposizione di una libertà senza limiti».
Lei ha affermato che è in gioco un modello antropologico. Cosa intende?
«Caratteristica degli uomini è che non sono animali, ma non si sa bene cosa sono. Questo essere problema a stessi ha dato vita alle diverse forme di civiltà, secondo le risposte che si davano a questo interrogativo. Proprio tale risposta costituisce lo statuto antropologico di una civiltà».
E il nostro statuto antropologico?
«Quello in cui sono cresciuto e vorrei continuare a vivere per gli anni che mi
restano. In esso il patrimonio che riguarda il futuro delle generazioni non è
disponibile da parte del singolo».
Eppure il fatto di avere un figlio ad ogni costo lo si
considera un'espressione di libertà...
«Io non ho una visione individualistica, per cui si trasforma in diritto
qualsiasi cosa possa essere oggetto di desiderio. Per principio penso che ci
sono limiti costituiti dal fatto che c'è un bene comune, ma non dato una volta
per tutte, costituito proprio dallo stratificarsi delle esperienze umane in uno
statuto antropologico».
Ma il nostro da cosa è specificamente caratterizzato?
«Lo statuto antropologico nel quale io sono cresciuto è quello secondo cui i
bambini nascono da una relazione affettiva tra due figure fondamentali, la
figura paterna e la figura materna. Freud che certamente non era un sostenitore
della Chiesa cattolica, riteneva che il complesso di Edipo, ad esempio, fosse
uno dei motori delle continue trasformazioni creative che gli uomini fanno della
loro esistenza. Questo complesso si struttura attraverso una relazione affettiva
con le figure fondamentali, che non contano soltanto per la loro individualità
fisica, ma anche per il patrimonio culturale che trasmettono».
Lei ha detto che potremo arrivare alla gestazione degli
uomini nelle vacche o in laboratorio...
«Se noi stacchiamo il fatto procreativo dalla relazione affettiva e sessuale si
può ipotizzare un futuro in cui la produzione degli esseri umani avviene
totalmente attraverso le macchine. Una volta combinato tecnicamente l'ovocita e
lo sperma, si procederà a costruire artificialmente degli esseri umani. La
scienza potrà arrivare a questo. Il problema non è impedirlo. La ricerca deve
fare i suoi percorsi per capire quello che può della vita. Ma l'uomo non deve
consentire che tutto ciò che è tecnicamente fattibile diventi lecito».
A suo avviso ci sono rischi di pratiche eugenetiche?
«Sono enormi. Inoltre considerare un'espressione di libertà la richiesta di un figlio programmato è in sé contraddittorio. I sostenitori di tale libertà dimenticano che essa è molto legata al caso, ogni forma di pianificazione è il contrario della libertà. Se cominciamo a pianificare i figli biondi, alti, di bell'aspetto, eliminiamo il fattore che consente la libertà. Se il caso non c'è più, se tutto è pianificato, non c'è neppure la libertà. Come uomo che proviene dalla sinistra sono stupefatto...».
Di cosa?
«Sono veramente stupefatto di come Pannella possa essere giocato a destra e a
sinistra quasi fosse un jolly, sottovalutando il fatto che è un seminatore di
illusorie libertà astratte che dissolvono ogni idea di legame comunitario, di
responsabilità collettiva, anche di etica».
C'è dunque un aspetto etico da non sottovalutare?
«Non amo le morali precettistiche, ma mi sento eticamente responsabile nei confronti dei miei tre figli e dei miei tre nipoti ai quali cerco di passare il testimone con un rapporto personale e affettivo, i discorsi, perfino i giochi. Come si fa ad immaginare che i figli possano nascere in modo così astratto, al di fuori di legami affettivi, soltanto perché c'è un desiderio di una donna o di un uomo. Io sono un grande sostenitore dei diritti della donna, ma qui non è problema di essere contro le donne, perché questo è un diritto che negherei agli uomini come alle donne».
Qualcuno obietta che un figlio può nascere anche da un adulterio...
«Non è affatto la stessa cosa, anche se il figlio è adulterino è nato da una relazione affettiva. C'è stata comunque una compromissione totale delle persone».
La trasgressione antropologica della provetta selvaggia è più grave?
«C'è il tentativo dell'uomo di realizzare un vecchio sogno delirante di onnipotenza, quello cioè di autogenerarsi, di nascere dal nulla. Di negare, cioè, la prima vera dipendenza che fa di ciascuno di noi un essere nato da una coppia di genitori. Che siano di fatto o conviventi, non mi interessa. Quello che mi interessa è che il bambino nasca da una relazione d'amore tra un uomo ed una donna. È importante anche che la donna, per averlo avuto nel grembo per nove mesi, ha determinato una relazione intrapsichica con questo essere che sta per nascere che comincia ad attrezzarlo ad entrare nel mondo. Io non riesco a immaginare una forma di accesso al mondo che non sia mediato dal rapporto con la madre».
La sua è un'opzione filosofica?
«È una visione antropologica che riprende le acquisizioni della migliore psicanalisi. Uno degli elementi del "principio di realtà" è che la coppia vive il rapporto sessuale tra sessi diversi come un limite all'onnipotenza. Ciascuno di noi, in altri termini, sa di non potersi riprodurre da solo, non può avere il dominio sulla procreazione. Un grande psicanalista francese Green ha scritto che la differenza sessuale da un lato è la prova della nostra mortalità, perché siamo destinati a finire, e dall'altro il riconoscimento della realtà che cioè solo attraverso il rapporto con l'altro sesso si producono altri esseri umani. Questo aspetto non viene mai discusso, eppure è un aspetto laico, non necessariamente legato ad una visione sacrale della vita. O se si tratta di sacralità è una sacralità molto laica».
Come mai la sinistra si è così smarrita su questo problema? Esiste qualcuno che condivide le sue idee?
«Le confesso che non ne ho trovati molti. La sinistra si è smarrita per una ragione molto semplice: perché ha abbandonato ogni idea di bene comune. Prima, seppure nella forma perversa dello Stato totalitario, sottoponeva l'idea della libertà individuale a qualche limite. Crollata l'adesione a questa forma di Stato, è rimasto solo un atteggiamento libertario».
Con che prospettiva?
«Secondo me una sinistra libertaria non ha molto futuro. La sinistra è nata storicamente come un'eresia del cristianesimo, come una visione del bene comune. Questa eresia è stata portata a conseguenze nefaste, ma non era figlia del liberalismo. Era figlia di un'altra visione».
Eppure alcune femministe di sinistra all'inizio si erano mostrate contrarie a lasciare campo libero alla provetta.
«Io ho lavorato molto con il movimento femminista, eppure constato che alcune sono divenute vittime dello spirito del tempo».
Qualche voce femminile non si è levata contro la provetta selvaggia?
«Su un libro curato dalla psicanalista Lorena Preta, una della relatrici - quasi tutte donne - racconta cose inaudite. Il 70% dei casi di inseminazione non ha successo, e il fallimento di queste pratiche ha effetti traumatici sulle donne, assai più gravi della mancanza di un figlio. Spesso veri e propri casi di psicosi. E inoltre la pratica delle tecniche di procreazione assistita si protrae per anni, perché non è che si ha successo al primo tentativo. Quindi non è affatto una passeggiata in carrozza. Al contrario è un tecnica che dà alla donna spesso una sensazione di deprivazione del corpo, che viene considerato più nella sua oggettività materiale, che nella sua concretezza carnale e anche spirituale. Moltissime donne subiscono questa pratica come un trauma profondo della propria femminilità perché hanno la sensazione di essere trattate come fossero messe in fila in una catena di montaggio».
Un esempio?
«La serie di test che devono subire prima di accedere alle tecniche. Trattate in qualche caso anche con una certa volgarità: magari con l'infermiera che procede all'inseminazione usando per l'embrione l'epiteto di "frittatina". Insomma tali procedure sono applicate in contesti in cui la disumanizzazione è veramente impressionante. Sicuramente dietro questa cosa c'è un grande business, di cui non si parla mai».
Ma non avere un figlio è una sofferenza...
«Lo capisco. Anch'io ho una figlia che desidererebbe un figlio, ma non ce l'ha. Eppure non ricorrerebbe mai a pratiche di questo tipo».
È cattolica?
«No, buddista. Non ricorre all'inseminazione artificiale perché pensa che i figli nascono da una relazione sessuale di due corpi. E conta moltissimo come questa cosa avviene. E il modo in cui un bimbo sta nell'utero materno per nove mesi, è decisivo per la sua vita futura».
E pensare che il far west della provetta permetteva l'utero in affitto...
«È ciò che avviene negli Usa con grande tranquillità, ma è una pura perversione. L'utero viene considerato come un contenitore meccanico qualsiasi che può essere un frigorifero, una cella a temperatura fissa. Diviene invece irrilevante il fatto che sia proprio la effettiva madre a tenerlo dentro la pancia. Mi sembro così banali le cose che dico, che sono stupefatto del fatto che non si sia stato una discussione vera. Per questo vedo con favore il referendum, è l'occasione per parlare di tutti questi problemi. Ritengono sbagliato non sfruttare questa occasione».
E infatti ne stiamo parlando e in modo assai approfondito e molto capillare...
«Intanto, bisognerebbe spostare uno dei temi della discussione: questo non è uno scontro tra laici e cattolici, è una questione che riguarda la visione dell'uomo che ciascuno di noi ha, sulla base delle sue esperienze, e sul convincimento che si è fatto del futuro di questa specie. È una questione che va oltre i confini delle confessioni, è principalmente una questione di rapporto con le nuove generazioni».
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Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Centro Spirituale – La Bellotta di Pontenure
Il referendum
e
la Legge 40 che regola la procreazione assistita
21 Maggio 2005
Fonte Ufficio Stampa - Comunicazione del Vescovo al Consiglio Pastorale Diocesano.
Mons. Luciano Monari, Vescovo
“In questa solitudine che ciascuno regala a se stesso, si perde il senso del essere-con… e la comunità è fratturata sotto un martello che la sbriciola in componenti sempre più piccole… sino alla riduzione al singolo individuo… Noi stiamo entrando in un’età caratterizzata dal primato del contratto e dall’eclissi del patto di fedeltà.” (cit. in G. Dossetti, “Sentinella, a che punto siamo della notte?”).
1. Dopo dieci anni di discussioni, confronti, proposte, finalmente il 10 febbraio 2004 il Parlamento italiano ha votato e approvato, con una maggioranza trasversale, la legge 40 che regola la procreazione assistita. Praticamente subito, dopo l’approvazione della legge, è partita la raccolta di firme per l’abrogazione della stessa legge, una raccolta promossa dai radicali e favorita da alcune forze politiche. La Corte Costituzionale ha riconosciuta legittima la richiesta di referendum per quattro dei quesiti che erano stati proposti e il prossimo 12 giugno saremo chiamati a pronunciarci. In vista di questo importante appuntamento si è formato un Comitato Nazionale “Scienza e vita” per la difesa della legge al quale hanno aderito praticamente tutte le associazioni cattoliche. Questo Comitato ha invitato a non andare a votare come modo più efficace per impedire l’abrogazione della legge e questa posizione è stata accettata e rilanciata dal Consiglio Permanente della CEI nella riunione del 7-9 marzo 2005.
2. La legge 40/2004 non ci piace del tutto e non esprime la posizione della Chiesa sulla fecondazione in vitro. L’etica della Chiesa ritiene l’incontro sessuale dell’uomo e della donna come l’unico contesto degno della procreazione umana; non accetta quindi la fecondazione in vitro (FIVET) che invece la legge 40 accetta e cerca solo di disciplinare. Perché, allora, la difendiamo? Per un motivo semplicissimo: che in gioco c’è la vita o la distruzione di embrioni umani e siamo convinti che la società debba sempre difendere, quando è possibile, la vita umana. L’uomo nasce inerme e può vivere solo se qualcuno si prende cura di lui; se rifiutiamo il dovere della società di “prendersi cura” della vita umana debole, distruggiamo le fondamenta stessa della convivenza civile. Ora, tra l’embrione e l’uomo adulto c’è uno sviluppo progressivo, continuo e non è possibile determinare un punto a partire dal quale scatti il dovere di difesa della vita umana da parte della società. Ogni determinazione sarebbe arbitraria e cioè fondata non su elementi oggettivi ma sulla nostra volontà. A noi sembra che questa pretesa di decidere il punto a partire dal quale la tutela della vita umana è doverosa si configuri come pretesa di decidere chi deve vivere e chi deve morire. Siamo convinti che la società umana non ha un diritto di questo genere e che, quando se lo arroga, distrugge il patto che sta alla base della convivenza e che ci permette di avere (almeno un poco di) fiducia nella famiglia umana. Tutte le distinzioni tra embrione e preembrione, tra persona e individuo, che vengono avanzate per giustificare la soppressione di embrioni umani, sono solo giochi verbali per giustificare quello che si è deciso di fare. L’embrione è vita umana e se all’embrione si concede semplicemente di svilupparsi secondo le sue potenzialità quello che viene fuori è un uomo: nei confronti di questa vita umana in formazione ci sentiamo responsabili.
3. A questo punto siamo di fronte a un problema preciso che è quello del Referendum. Ci vengono proposti quattro quesiti riguardanti la legge 40 per decidere se di quella legge vogliamo abrogare alcune parti o no. Naturalmente questo non è l’unico problema morale o giuridico importante riguardo alla procreazione assistita; ci piacerebbe discutere sul senso della FIVET, sul rapporto scienza e fede, sul rapporto tra la procreazione e la sessualità, su cento altri problemi scientifici, etici, filosofici, culturali… e va bene. Ma qui, adesso, abbiamo di fronte un interrogativo preciso sul quale siamo chiamati a prendere posizione: vogliamo o no che sia abrogata la legge 40 nelle sue parti che limitano la produzione di embrioni a quella degli embrioni che si possono impiantare e che impedisce qualsiasi altro uso degli embrioni stessi? Per rispondere a questa domanda c’è bisogno di un chiarimento previo: che cosa succede se la legge non viene abrogata? E che cosa succede, invece, se la legge dovesse essere abrogata?
Se la legge non viene abrogata continua la disciplina attuale, quella stabilita dopo l’entrata in vigore della legge 40/2004. In particolare:
Al contrario, se le parti della legge 40 sottomesse a referendum dovessero essere abrogate, gli effetti sarebbero i seguenti:
4. Di fronte a questa ipotesi la posizione dei vescovi è semplice. Siamo convinti che sia un dovere della società proteggere la vita umana dal momento del concepimento fino alla sua fine naturale. Quindi siamo contrari all’abrogazione della legge 40 perché questa comporterebbe la produzione di embrioni soprannumerari e la loro conseguente distruzione; siamo contrari alla fecondazione eterologa perché altera la costituzione della coppia e, in un campo così delicato come è quello della paternità e maternità, inserisce un estraneo che non si assume nessuna responsabilità nei confronti del suo figlio naturale e spezza la comunione di padre-madre di fronte al figlio.
5. Posta questa posizione, nasce il problema di come opporci all’abrogazione della legge 40. La legge istitutiva del Referendum prevede che una legge regolarmente approvata dal Parlamento sia abrogata da un referendum solo se si verificano due condizioni:
Di conseguenza la legge rimane in vigore in uno dei due casi: se il numero dei votanti non raggiunge la maggioranza degli aventi diritto al voto; oppure se la maggioranza dei voti espressi è per il “no”. Entrambe queste possibilità sono previste dal legislatore ed è quindi legittimo servirsene. Non è pertinente quello che è stato scritto: “denigrare uno strumento democratico non è mai una decisione seria.” Su questo giudizio sono d’accordo, ma nel caso specifico la scelta del non-voto non è affatto “denigrare uno strumento democratico”; è invece usare una possibilità che il legislatore ha previsto, accettato e ratificato nei suoi possibili effetti.
Se si vuol dire che non andare a votare può essere una scelta di disinteresse e quindi una scelta che offusca l’ottica democratica, è vero. Ma allora si dovrebbe aggiungere che esattamente lo stesso vale per chi vada a votare senza aver preso coscienza precisa dei valori in gioco nei quesiti referendari; e si deve riconoscere che la obiezione non vale per noi. Se non andiamo a votare non è perché il referendum non c’interessi e nemmeno perché non sappiamo di che cosa si tratti. Sappiamo di che cosa si tratta e abbiamo fatto la scelta di difendere la legge approvata dal Parlamento. Scegliamo di difenderla nel modo che ci sembra democraticamente legittimo e più efficace e cioè non andando a votare per far sì che il quorum necessario dei votanti non sia raggiunto.
6. I vescovi del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, accogliendo l’invito del Comitato “Scienza e Vita”, hanno caldamente raccomandato l’astensione dal voto; e questo è parso a qualcuno una violazione della coscienza libera. Mi sembrano necessarie due riflessioni.
La prima è che una presa di posizione era desiderabile. Siccome ci si può democraticamente opporre all’abrogazione di una legge in due modi diversi – non andando a votare o votando ‘no – c’era inevitabilmente il rischio di una dispersione di voti: che cioè tra gli oppositori dell’abrogazione alcuni scegliessero di non votare e altri scegliessero di votare no. In questo modo l’opposizione al referendum si sarebbe spezzata in due con il possibile effetto che il referendum passasse anche in presenza di una maggioranza di oppositori. Quelli che andavano a votare ‘no’ avrebbero contribuito a fare scattare il quorum; e quelli che non andavano a votare avrebbero contribuito a non fare raggiungere la maggioranza dei voti contrari all’abrogazione. Qualcuno doveva pure scegliere quale delle due linee percorrere.
La seconda riflessione è che, a questo punto, la scelta è tra abrogare la legge o non andare a votare. La scelta di andare a votare e votare contro l’abrogazione diventa una scelta puramente mentale; la può fare chi non considera (non vuole considerare) l’effetto del suo voto. La conta dei voti non esprimerà in ogni caso la forza degli schieramenti perché molti dei contrari all’abrogazione non andranno a votare. Chi andrà a votare deve sapere che l’unico effetto della sua scelta sarà quello di contribuire a fare abrogare le parti della legge 40 sottomesse a referendum.
Ci si potrà lamentare che in questo modo siamo costretti a un’alternativa stretta che non piace. Ma questo non cambia i termini del problema. La democrazia si esprime attraverso forme concrete che, purtroppo, non sono mai perfette. Si può operare per istituire un tipo di referendum diverso da quello esistente, con regole diverse da quelle esistenti. Ma adesso le regole sono quelle, il funzionamento è quello determinato dalle regole esistenti e possiamo solo muoverci entro questo quadro. In ogni modo, non sarebbe saggio decidere per risentimento o irritazione: in gioco c’è qualcosa di grande, come il rispetto della vita umana e non sarebbe serio scegliere per motivazioni diverse da quelle che riguardano il rispetto dell’embrione umano.
A questo punto i cristiani debbono prendere posizione. La regola immediata dell’azione – la Chiesa l’ha sempre affermato – è la coscienza personale che ciascuno ha il dovere morale di formare il più rettamente possibile. Spero che nel decidere i cristiani tengano conto anche dell’indicazione dei vescovi e soprattutto delle motivazioni che hanno spinto i vescovi a parlare (quelle motivazioni che ho ricordato brevemente sopra). Poi, evidentemente, ciascuno si assumerà le sue responsabilità. Se qualcuno ritiene di dover permettere la soppressione di embrioni umani, voterà per l’abrogazione. Nelle parole del cardinale Ruini non era indicata alcuna sanzione ecclesiastica per i “disobbedienti”. Naturalmente ciascuno ha la responsabilità morale delle proprie scelte e, nella fattispecie, la responsabilità di contribuire a rendere legale o no la soppressione di embrioni umani.
7. La posizione dei vescovi è chiara. Diciamo “no” all’abrogazione della legge, senza ambiguità. E siccome non siamo stupidi – credo che il vangelo non ce lo chieda – diciamo no nel modo che appare essere il più efficace: un modo legalmente corretto (ho cercato di dimostrarlo sopra) e democraticamente efficace.
Se la legge 40 verrà mantenuta, ne saremo contenti; non perché abbiamo vinto contro i nostri avversari, ma perché la vita nascente dell’embrione umano avrà una tutela maggiore. E se invece la legge 40 verrà abrogata (nelle parti sottomesse a referendum), non soffriremo per la sconfitta della nostra parte ma perché sarà stata inflitta un’ulteriore ferita al patto di solidarietà che sostiene la vita sociale. Saremo di fronte a un altro passo verso la “deriva individualistica del diritto” che sembra aver sedotto la nostra cultura. Viviamo, come scriveva don Dossetti, la notte della comunità: i diritti dell’individuo, della singola persona prevalgono sul bene della società e dei valori che la società cerca di esprimere nella convivenza. Questa è la posta il gioco.
In concreto: invece di operare per costruire una società solidale, nella quale l’isolamento è superato e la persona può vivere rapporti fiduciosi con gli altri, stiamo cercando di dare ai singoli degli spazi di libertà individuali, che gratifichino la persona e la compensino per la sua ‘impotenza’ sociale. L’effetto non voluto ma prodotto è che sarà sempre meno forte il desiderio di impegnarsi per una modificazione dei rapporti sociali; ciascuno sarà portato a cercare e trovare la sua realizzazione nel complesso delle scelte private sempre più “senza regole”.
In questo modo non risolviamo affatto, come qualcuno ritiene, il problema della (in)felicità, anzi lo rendiamo ancora più grave. Quando il soddisfacimento dei desideri personali venga percepito come “diritto”, ogni infelicità sarà percepita come ingiustizia. Diventerà sempre più diffuso il risentimento contro la vita o contro il mondo o contro la società dei (ritenuti) “felici”. Insomma, stiamo aumentando pericolosamente il numero dei candidati all’ansia (non riesco a far valere i miei diritti; sono inadeguato/a), alla depressione (non ho la felicità che avrei diritto di avere), al risentimento (la vita non è stata leale con me). Purtroppo la vita ha una sua logica ferrea: se qualcuno si prende cura della vita, la vita si prende cura di lui; ma se qualcuno rifiuta la vita, finirà lui stesso per sentirsi rifiutato.
Non abbiamo interessi da difendere; se interessi sono in gioco in questa questione sono quelli, enormi, che girano intorno alla procreazione assistita. C’interessa solo che ci si prenda cura della vita umana; siamo convinti che l’embrione ha diritto alla nostra difesa e che noi abbiamo il dovere di garantirgli le condizioni indispensabili al suo sviluppo. Tutto qui.
8. Chiedo un’ultima cosa ai credenti: che il referendum non diventi occasione per pronunciare condanne all’interno della comunità cristiana. I motivi dell’intervento dei vescovi ci sono, e ho tentato di dirli. In queste occasioni è inevitabile che si manifestino contrasti, lacerazioni, sofferenze. Cerchiamo di non alimentarli con comportamenti aspri, con giudizi perentori nei confronti degli altri. Il confronto sul problema deve essere chiaro, senza ambiguità; il rapporto con le persone deve rimanere sereno e costruttivo; proprio perché non stiamo difendendo noi stessi o la nostra parte, ma il bene di tutti.
† Mons. Luciano Monari,
Vescovo di Piacenza-Bobbio
Bellotta di Pontenure, 21 maggio 2005
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«Negando i diritti dell’embrione si adotta la logica di Hitler» (Romano Guardini)
«Scienziati e anche criminali»
Procreazione, pioggia di critiche sul ministro Udc
La campagna referendaria si infiamma ed è scontro tra i sostenitori del sì e quelli che invitano ad astenersi il 12 e 13 giugno nel voto sulla legge che regola la fecondazione assistita. La polemica si allarga e coinvolge anche la legge sull'aborto.
E' stato l'ex ministro Maurizio Gasparri, nel corso di una conferenza stampa dei parlamentari di An (due terzi sono favorevoli all'astensione), a fare un parallelo tra fecondazione ed aborto. Se è lecito fare un referendum per la legge sulla fecondazione assistita, ha affermato, «è lecito anche discutere di altre leggi», come quella sull'aborto, perché «nessuna legge è intoccabile». Immediata la reazione dello schieramento referendario. Per Antonio Del Pennino, presidente del comitato promotore dei referendum, la legge 40 (fecondazione assistita) «può venire usata come grimaldello per toccare la 194 (aborto)».
Un'altra polemica l'ha provocata il ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione che, nel difendere la legge sulla fecondazione, ha affermato che «si può essere buoni scienziati e contemporaneamente dei criminali». Perché, ha spiegato, per fare ricerca scientifica a favore dei malati di Alzheimer, di Parkinson e di altre malattie, le cellule staminali embrionali non servono». I risultati migliori «sono ottenuti con le staminali non embrionali, settore nel quale l'Italia è leader nella ricerca ed è leader proprio su queste malattie».
Gli ha replicato la deputata Ds Giovanna Meandri: «Si può essere buoni politici e contemporaneamente approvare leggi, come la legge 40, punitive verso le coppie sterili e volutamente crudeli verso chi ripone negli sviluppi della scienza una speranza di guarigione».
Prosegue intanto lo sciopero della fame di un gruppo di ricercatori che chiedono iniziative immediate contro la mancata informazione sui referendum, iniziativa alla quale hanno preso parte anche i radicali.
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“Bambini su
misura” come fonte di salvezza
L’approvazione britannica in materia solleva diverse questioni etiche
LONDRA, sabato, 14 maggio 2005 (ZENIT.org).-
L’ultimo ostacolo legale alla possibilità di avere “bambini su misura” in Gran
Bretagna è stato rimosso due settimane fa dalla deliberazione della House of
Lords, secondo il quotidiano Telegraph del 29 aprile.
Il caso riguarda Raj e Shahana Hashimi, che avevano tentato di utilizzare la
tecnica della diagnosi genetica preimpianto (PGD, acronimo in inglese) per
creare un bambino le cui cellule staminali ombelicali potessero essere
utilizzate per curare il loro figlio Zain. Il bambino è affetto da una malattia
ematica per la quale deve essere sottoposto a frequenti trasfusioni.
La recente decisione su questo caso è l’ultima di un lungo iter legale che ha
visto la famiglia Hashimi vincere un ricorso presentato nel 2003. Quella
decisione era stata poi contestata da Josephine Quintavalle, direttrice
dell’Organizzazione pro vita Comment on Reproductive Ethics. Ma con una
decisione unanime i cinque giudici senatoriali hanno decretato che l’utilizzo
della tecnica della PGD al fine di creare ciò che viene anche definito come
“savior sibling” (“fratello salvatore”) è legittimo.
In un comunicato stampa del 28 aprile, Josephine Quintavalle ha dichiarato che
la decisione della Camera dei Lords rappresenta un pericoloso precedente. “I
giudici senatori hanno in sostanza decretato che, salvo il caso in cui vi
fossero specifici divieti, la Human Fertilization and Embryology Authority può
agire come crede”, ha affermato.
Il problema in questo caso - ha proseguito - è che non si tratta solo di creare
bambini in laboratorio per avere tessuti compatibili. Questa decisione apre la
porta alla possibilità di creare bambini su misura per qualsiasi motivo.
“Secondo questa interpretazione della legge, la madre può fare richiesta sulla
base di qualsiasi cosa ritenga utile di un embrione”, ha concluso Quintavalle.
La precedente vittoria della famiglia Hashimi aveva di fatto già aperto le porte
in Gran Bretagna ai bambini su misura. E il Servizio sanitario nazionale,
secondo il Telegraph del 25 novembre, coprirà adesso anche le spese necessarie
alla creazione di bambini finalizzata a fornire cellule per i propri fratelli.
Il quotidiano ha informato che negli ultimi mesi, almeno tre autorità sanitarie
locali in Inghilterra hanno accordato fondi pubblici alle coppie che volevano
creare fratelli donatori. Secondo l’articolo, quattro tentativi di fecondazione
in vitro, con relativa diagnosi genetica preimpianto, costano circa 20.000
sterline (29.400 Euro).
Qualche giorno dopo, il 29 novembre, il Times ha riportato il caso di una coppia
che aveva concepito il primo bambino su misura del Regno Unito. Julie e Joe
Fletcher si sono sottoposti ad una fecondazione in vitro, da cui è stato
selezionato un embrione il cui cordone ombelicale sarà utilizzato come fonte di
cellule staminali per il fratello affetto da anemia.
Sono la prima coppia ad aver avuto un figlio in questo modo, perché la famiglia
Hashimi, sebbene abbia avuto il via libera, non è ancora riuscita a portare
avanti una gravidanza, ha affermato il Times. Altre coppie britanniche hanno in
effetti già dato alla luce dei “savior sibling”, ma lo hanno fatto negli Stati
Uniti dove questa tecnica è lecita.
Così si “spostano i paletti”
Il 7 marzo, il Times ha riportato la notizia di un ulteriore allargamento della
normativa che disciplina la creazione di embrioni. La Human Fertilization and
Embryology Authority britannica ha autorizzato i medici ad effettuare operazioni
chirurgiche su bambini creati su misura, al fine di estrarne il midollo osseo.
In precedenza era possibile utilizzare solo le cellule del sangue e quelle del
cordone ombelicale. Ma secondo il quotidiano i vincoli sono stati tolti lo
scorso anno senza dare alcuna informazione all’opinione pubblica. Si è avuto
notizia di questo cambiamento solo attraverso alcuni documenti resi pubblici
grazie alla normativa sulla libertà d’informazione.
A commento di questa modifica legislativa, Josephine Quintavalle ha detto che la
Human Fertilization and Embryology Authority, anziché correggere il tiro, aveva
“spostato i paletti”, senza consultare o neanche informare il pubblico. Ed ha
aggiunto: “la donazione del midollo osseo è un’operazione invasiva e dolorosa
soprattutto per un minuscolo neonato, che peraltro non ne trae alcun beneficio e
non è in grado di dare il proprio consenso. L’idea che un bambino possa essere
creato con questo particolare intento, va al di là della comprensione di
cittadini civili e compassionevoli”.
Screening genetico per il cancro
I timori relativi ad un allargamento del ricorso alla tecnica della diagnosi
genetica preimpianto sono stati confermati da un’altra decisione della Human
Fertilization and Embryology Authority presa lo scorso anno. Secondo la BBC del
1° novembre, questa Autorità ha aperto alla possibilità di effettuare uno
screening sul DNA finalizzato ad eliminare quegli embrioni che sono affetti da
una predisposizione genetica al cancro.
Ai ricercatori della University College di Londra è stata data l’autorizzazione
ad effettuare screening genetici per individuare una forma di cancro
intestinale. Un genitore portatore del gene responsabile di questo tipo di
cancro, normalmente ha una probabilità del 50% di passarlo al figlio. Coloro che
possiedono questo gene possono sviluppare cancro al retto o al colon nel periodo
adolescenziale.
Questa tecnica viene già utilizzata nell’individuazione di altre malattie quali
la fibrosi cistica, che può svilupparsi nei bambini sin dal momento della
nascita, secondo la BBC. Tuttavia, questo sembra essere il primo caso in cui
questa tecnica diagnostica viene impiegata per una malattia che non si manifesta
se non ad un’età più avanzata.
In merito a questa decisione il dr. Mohammed Tarannisi, direttore dell’ Assisted
Reproduction and Gynecology Center di Londra, ha dichiarato alla BBC che essa
avrebbe dovuto essere resa nota “ad un pubblico più ampio”. Al programma “Today”,
della BBC Radio 4, ha affermato: “Si tratta di condizioni che possono o meno
verificarsi dopo 20, 30 o 40 anni. È quindi una cosa giusta da fare? Non spetta
alla Human Fertilization and Embryology Authority, o a tre dei suoi componenti,
o persino ad un medico come me, prendere questo tipo di decisioni. Questo è un
argomento che richiede di essere discusso in modo adeguato”.
La decisione dell’Autorità è stata criticata anche da altre organizzazioni, come
riportato dal quotidiano Guardian il 2 novembre. “È estremamente difficile
decidere se o in quali casi sia giusto ricorrere alla selezione genetica degli
embrioni”, ha dichiarato Sue Mayer, direttrice dell’organizzazione GeneWatch UK.
L’Autorità si è presa la responsabilità di decidere per proprio conto, senza
coinvolgere nessun altro”.
Altre critiche sono state espresse dal dr. Callum MacKellar, direttore della
ricerca dello Scottish Council on Human Bioethics. Secondo un servizio
pubblicato dal quotidiano Scotsman lo stesso giorno, MacKellar ha avvertito che
questa azione potrebbe “portare la società su un cammino molto scivoloso verso
l’eugenetica”.
Rischi psicologici
Un recente articolo di Agneta Sutton, assistente universitario del Dipartimento
di Teologia presso la University College in Chichester, Inghilterra, ha trattato
delle questioni etiche relative al tema dei “savior sibling”. Nell’articolo,
pubblicato sull’edizione n. 6 della rivista italiana di bioetica “Medicina e
Morale”, osserva che sebbene il fine di salvare un bambino malato è in sé
meritevole, “esso non può giustificare il ricorso a qualsiasi mezzo per
ottenerlo”.
Sutton sostiene che la Human Fertilization and Embryology Authority non ha
fornito prove sufficienti che dimostrino che la tecnica della diagnosi genetica
preimpianto non comporti effetti dannosi sui bambini. Inoltre si chiede come un
fratello di salvezza possa reagire alla notizia di essere stato concepito al
fine di aiutare un altro bambino: “Questo è compatibile con la dignità umana del
bambino?”. Potrebbe essere motivo di sofferenza psicologica per il “savior
sibling”.
Anche da parte dei genitori la decisione di ricorrere ad un “savior sibling”
pone qualche problema, ha aggiunto Sutton. Il bambino viene utilizzato come
qualcosa di strumentale e la sua accoglienza da parte dei genitori è ben altro
che incondizionata. Anche la connotazione di “salvatore” è una definizione non
appropriata, ha sostenuto. Quando parliamo di un “fratello salvatore” ci
riferiamo a qualcuno che ha compiuto un intervento attivo e volontario. Nel caso
di bambini che sono selezionati come fonte di cellule, il “salvatore” è passivo
ed è trattato come un oggetto.
Il Catechismo della Chiesa cattolica, al n. 2378, riguardo al tema della
fecondazione in vitro in generale, avverte che “Il figlio non è qualcosa di
dovuto, ma un dono”, ed aggiunge: “Il figlio non può essere considerato come
oggetto di proprietà”. Un avvertimento che rimane valido mentre le tecniche
genetiche continuano ad estendere il loro raggio d’azione.
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Eterologa, mamme-nonne, diagnosi pre-impianto, clonazione, manipolazione degli embrioni: benvenuti nel mondo nuovo
Tutte queste cose (e tante altre) si vogliono fare , dunque si possono fare; si possono fare, dunque si vogliono fare. Non tutti però siamo d'accordo. E dobbiamo ribellarci
Facciamo un piccolo elenco delle nuove possibilità offerte dal mondo nuovo, cosi, tanto per ricapitolare il giardino delle delizie che ci attende. Io, cittadino spagnolo, posso divorziare in re giorni da mia moglie, senza tante spiegazioni. Basta che il matrimonio sia stato celebrato da almeno tre mesi. Anche lei può arlo. Che problema c'è? Si chiama divorzio breve.
Io maschio spagnolo, olandese o belga, posso sposare un maschio secondo lo stesso identico rito civile che unisce in matrimonio le coppie eterosessuali. Se femmina, vale lo stesso principio. Per proteggere questo mio diritto lo Stato abolisce quattro parole sessiste e discriminatorie dal codice civile e dal diritto di famiglia: padre, madre, marito, moglie. Maschio o femmina, se sposo una persona del mio stesso sesso, posso adottare bambini. Se ho il desiderio di una famiglia biologica, posso ricorrere all'inseminazione cosiddetta eterologa. Nel caso di una coppia maschile, uno dei due (o tutti e due, felice mescolanza) ci masturbiamo, raccogliamo il seme. Poi ci procuriamo un ovocita femminile in affitto solidale, e in nove mesi abbiamo un figlio adatto ai nostri desideri. Visto che è in arrivo l'utero artificiale, si può provvedere anche senza l'affitto solidale di una donna. Se la coppia omosessuale è femminile, le cose sono più semplici: sarà un terzo a produrre il seme, una di noi partorirà dopo nove mesi dall'inseminazione artificiale.
Possiamo in ciascuno di questi casi scegliere a seconda di ciò che desideriamo. Questi protocolli medici valgono anche per le coppie eterosessuali, naturalmente, non ci sono discriminazioni in alcuna direzione. La tecnica e la legge (diagnosi preimpianto, aborto selettivo), con le protezioni note, ci consente di decidere secondo desiderio: decidere se sia maschio o femmina, se di un seme o dell'altro (vanno forte i danesi, e il ceppo vichingo), e comunque sano. Dunque possiamo scartare a piacimento vite e cromosomi sgraditi, sicuri dei complimenti della comunità e dei Lincei perché i nostri scarti serviranno gli scopi umanitari della ricerca scientifica.
Cittadina rumena, posso decidere una gravidanza verso i settantanni. E' un diritto. Bambino spagnolo, olandese, americano, ho viceversa il dovere non di essere atteso secondo natura, ma di rispettare il ciclo di ri produzione desiderante che mi ha fabbricato. E di vivere contento in un mondo nuovo che nessuno, se non gli scrittori di fantascienza e di fantamorale, ha ancora giustificato, spiegato. Ho due papa, due mamme, vengo da un paese lontano, ho gli occhi azzurri per scelta, ne parlerò con i genitori, con i coniugi, con i compagni di scuola. A spiegare questo mondo ci ha provato un filosofo olandese, che ha parlato del "parco umano" come di un nuovo orizzonte del possibile. Chi ha espresso dubbi, come Habermas e altri, ha parlato a nome di un pensiero considerato vecchio e stanco.
Se cittadino olandese o americano, a certe condizioni (per adesso), posso decidere o forse devo decidere su ordine di un giudice o di un comitato etico di mettere fine alla vita malata di bambini fino'a dodici anni (e qui è realizzato il racconto di Philip K. Dick sulle pre-persone). Io, marito residente in Florida, posso decidere di mettere fine con la fa me e la sete a una vita cosiddetta vegetativa, posso interrompere le dormienti emozioni di una disabile con una decina di giorni di disidratazione, anche se i suoi genitori e fratelli e sorelle non lo vogliano. Ho la testimonianza orale di un cosiddetto testamento biologico. Che problema c'è? In Francia da trent'anni duecentomila aborti l'anno, nonostante la contraccezione più liberale del mondo. Duecentomila per trenta, fatevi il conto da soli. La legalizzazione, ci fu promesso, doveva porre fine allo scandalo e salvaguardare la salute della donna, non già inaugurare un metodo curioso per il "controllo delle nascite".
Scienziato britannico, posso donare a scopo terapeutico embrioni, manipolare cromosomi a piacimento. Sono metodologicamente definiti grumi di materia, ogni altra definizione è oscurantista. Scienziato della Corea del Sud, posso donare anche a scopo non direttamente terapeutico, e immaginare fanta-stiche chimere di laboratorio, incroci geniali della biotecnica. Sempre sotto la protezione della cultura corrente, nella portata larga del mainstream scientifico e morale.
Questa concentrazione di nuovi poteri si giustifica da sé in nome dei diritti, che sono l'assoluto contenuto nell'estremo relativi smo: un diritto stabilito da una maggioranza è di per sé giusto, basta a se stesso. Chi lo contesta è un cattivo teologo, un prete reazionario, uno strano animale laico e miscredente infervorato dal fanatismo delle guerre culturali. Tutta gente da evitare. In fondo, ci spiegano, si tratta di minoranze, di comportamenti e autorizzazioni che riguardano pochi, se proprio volete potete continuare a vivere all'antica, non si sa per quanto tempo, anche nel mondo nuovo. Non c'è ideologia, ci spiegano, non c'è attacco alla tradizione ed emancipazione dalla natura, ma eguaglianza di diritti emancipata dal criterio del giusto e dell'ingiusto, del buono e del cattivo: criteri vecchi, inservibili, bandiere abusate dell'assolutismo morale che il mondo liberale respinge a buon diritto. Anche gli antibiotici ci emancipano dalla natura. Dunque: che volete? I diritti di morte e di vita del mondo nuovo sono come la penicillina.
Tutte le cose qui elencate, e molte altre che lascio inesplorate, si vogliono fare, dunque si possono fare; si possono fare, dunque si vogliono fare. Per la prima volta, da laico, formulo una preghiera, ma ho già le labbra secche e so che non sarà esaudita: Benedetto XVI, aiutaci tu.
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Gli inganni dei referendum sulla legge 40
ROMA, domenica, 8 maggio 2005 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
* * *
Perché non recarsi alle
urne il 12 e 13 maggio non significa mancare di senso civico? Le ragioni sono
molte, e ben chiarite dalle tante affermazioni pronunciate in questi giorni dai
rappresentanti del fronte trasversale del “doppio no”, cioè dell’astensione.
Cerchiamo di raccoglierle. Intanto non andare a votare ad un referendum è un
diritto, insieme a quello di votare. Non si tratta infatti di elezioni politiche
o amministrative, in cui lo stato chiama i cittadini ad eleggere i loro
rappresentanti nelle sedi appropriate, e in cui astenersi equivale a rifiutare
la propria collaborazione all’organizzazione dello stato stesso.
Qui è un gruppo di cittadini che chiamano gli altri ad intervenire per
modificare, secondo una procedura straordinaria (la consultazione referendaria,
appunto), una legge esistente. È lecito obiettare a questa chiamata, esprimere
il proprio dissenso non solo rispetto ai contenuti del referendum (il “no”) ma
anche rispetto al referendum stesso, che non si voleva. Ecco quindi
l’astensione, consapevole e militante.
Inoltre, non andare a votare esprime un’obiezione sulle modalità con cui è stata
eseguita la raccolta delle firme necessarie all’ammissione dei quesiti
referendari. Spesso tale raccolta è stata fatta in modo ingannevole, arruolando
persone ignare della reale posta in gioco o addirittura dicendo il falso, e
proponendo slogan che venivano (che vengono) applicati “con superficialità o con
malizia all’ambito della procreazione artificiale umana: ‘Perché non avere un
figlio sano?’, ‘Milioni di malati guariranno con le staminali’, ‘Bisogna dare a
tutti la possibilità di avere un figlio’, e così via (C. Navarini, Procreazione
assistita?Le sfide culturali: selezione umana o difesa della vita, Portalupi
Editore, Casale Monferrato 2005, pp. 30-32).
I quesiti referendari sono poi incomprensibili. L’unica parte dei quesiti che si
può capire ad una semplice lettura è il titolo. E i titoli, in questo caso, sono
quanto di più falso si possa immaginare.
Il primo quesito, ad esempio, porta questa intestazione: “ Per consentire nuove
cure per l’Alzheimer, il Parkinson, le sclerosi, il diabete, le cardiopatie, i
tumori”. Chi, di fronte ad una simile promessa, si ritrarrebbe? Eppure,
l’inganno c’è, ed è di dimensioni colossali. Perché la “promessa” referendaria
riguarda presunte terapie ottenibili mediante la distruzione di embrioni umani,
per ricavarne cellule staminali.
La grande bugia scientifica è che le cellule staminali embrionali non sono una
via promettente per trovare le cure indicate dal referendum: non esiste un solo
studio attendibile sull’uomo che riporti risultati positivi per questa via,
mentre esistono studi sull’animale che dicono il contrario, cioè che le cellule
staminali embrionali sono poco governabili e altamente tumorigene. Al contrario,
la letteratura è ricca di successi ottenuti con le cellule staminali “adulte”,
reperibili nel sangue del cordone ombelicale fetale, nel midollo osseo, nel
fegato, nel pancreas, nel cervello, nelle cornee, nei denti, nelle orecchie, nel
tessuto adiposo…
Le cellule staminali adulte sono il futuro della ricerca, e sono moralmente
lecite perché non richiedono la soppressione di embrioni. Infatti, anche se in
un ipotetico futuro le cellule staminali embrionali si rivelassero “utili”,
rimarrebbe il grave problema etico: non possiamo uccidere esseri umani – gli
embrioni – per salvarne (forse) altri. La ricerca sull’embrione è già consentita
dalla legge 40 (art. 13, c. 2), purché non danneggi l’embrione stesso, come
richiede ogni sperimentazione su soggetti umani. Ogni vita umana, infatti, ha lo
stesso valore e la stessa dignità, qualunque siano le sue condizioni: età,
salute, razza, colore, intelligenza, forza, bellezza. Non possiamo dunque
sostenere che la vita dell’embrione umano, solo perché più debole, vale di meno
e può essere “sacrificata” per la ricerca. Come suonerebbe il referendum se la
sua intestazione fosse: “Per la distruzione di esseri umani allo stadio
embrionale a fini di studio”? O dovremmo piuttosto dire “a fini di lucro”?
Il secondo quesito si dichiara “ Per la tutela della salute delle donne”. I
referendari chiedono di revocare il limite massimo di tre embrioni da produrre e
trasferire in utero, previsto dalla legge 40, sostenendo che in tal modo le
donne avrebbero maggiori possibilità di ottenere il figlio desiderato, senza
sottoporsi a nuovi e continui cicli di fecondazione. Anche qui, non si ammette
un dato di fatto, e cioè che le donne sono meglio tutelate dalla legge 40 di
quanto non fossero in passato, o di quanto non sarebbero se il referendum
passasse.
Dovendo produrre al massimo tre ovuli, infatti, si riduce proporzionalmente la
necessità di ricorrere a pesanti stimolazioni ovariche per indurre
farmacologicamente l’ovulazione, con i rischi gravi – a volte letali – per la
donna che tale stimolazione comporta, spesso imprudentemente sottovalutati.
Inoltre, ad una massiccia produzione di ovuli si accompagna generalmente una
scarsa qualità degli ovuli stessi, buona parte dei quali vanno scartati o
espongono ad un maggior pericolo di patologie il concepito. Trasferire tre
embrioni, poi, offre la maggior percentuale di garanzie di “bambini in braccio”.
Oltre, le statistiche dicono che non aumenta più il numero delle nascite, ma
solo quello delle morti embrionali o fetali, e le complicazioni della
gravidanza.
Anche in questo caso, dunque, le regole poste dalla legge 40 contribuiscono a
rendere un po’ più simile alla generazione naturale, e quindi un po’ meno
traumatica, la fecondazione artificiale per le donne, prima usate quasi come le
cavie animali su cui si sono esplorate, per molti anni, le potenzialità della
fecondazione in vitro, ottimizzando e potenziando la riproduzione a scopo di
mercato.
Questo quesito contiene un altro punto decisivo, ovvero l’abolizione del divieto
di eseguire la diagnosi preimplantatoria. All’inizio sembrava ovvio: la
fecondazione artificiale è per chi è colpito dalla sofferenza della sterilità.
Ma ora il quadro sta cambiando, o forse è già cambiato: si vuole utilizzare le
pratiche per scegliere le caratteristiche del figlio, per ora in negativo (non
avere alcune malattie), un giorno non lontano forse in positivo (avere le
caratteristiche desiderate). Stiamo passando dunque dal desiderio del figlio al
figlio del desiderio, dalla logica del dono alla logica della selezione umana.
Infatti, specularmene alla volontà di scegliere i figli sani, c’è la volontà di
eliminare i figli malati
Al di là del fatto che la diagnosi preimpianto non offre garanzie di salute
dell’embrione, che presenta un consistente numero di falsi negativi, che causa
comunque (qualunque sia lo stato di salute) la morte di molti concepiti per il
suo grado di invasività, c’è un’evidenza inquietante: tale diagnosi rappresenta
il punto più basso di una mentalità eugenetica ancora drammaticamente viva.
Il terzo quesito è identico al primo, con in più la cancellazione dei diritti
del concepito sanciti dall’articolo 1, scomodo perché rende ragione di tutte le
misure a difesa del concepito disseminate nella legge 40.
Il quarto quesito intende cancellare il divieto di ricorrere alla fecondazione
eterologa. Tale tecnica è una di quelle più invocate da chi sostiene di essere
“personalmente contrario”, ma comunque favorevole a consentire la pratica “per
gli altri”. La fecondazione eterologa in effetti è raramente necessaria, e molti
di coloro per i quali sarebbe “necessaria” non la vogliono, ritenendola una
forma di accanimento, una strada troppo gravosa per avere comunque un figlio non
biologico, almeno per uno dei due richiedenti. Molti preferiscono, a questa
stregua, la più nobile via dell’adozione, che risponde al bisogno di una
famiglia da parte di bambini che già ci sono, e che sono purtroppo numerosi.
La fecondazione eterologa, in altre parole, aggrava i problemi già insiti nelle
tecniche di fecondazione artificiale, con pesanti ripercussioni sull’equilibrio
sociale (come conciliare il diritto alla propria identità genetica del figlio
con il diritto alla privacy del “donatore”?) e sulla famiglia, come dimostra il
divieto di disconoscimento di paternità associato ovunque alla fecondazione
eterologa. In troppe circostanze, in effetti, si sente di casi giudiziari in cui
padri “unicamente sociali” hanno ad un certo punto percepito un’estraneità
rispetto al figlio.
Non andare a votare ai referendum, quindi, esprime con chiarezza che il
dibattito sulla questione dell’embrione, sul valore della vita umana e della
famiglia non si può decidere a colpi di maggioranza, perché, come dice lo slogan
del Comitato “Scienza & Vita”, “la vita non può essere messa ai voti”
(www.comitatoscienzaevita.it).
E infine, non andare a votare è il mezzo più efficace affinché la legge 40 non
cambi. Anche votare “no”, infatti, costituirebbe in realtà un favore ai
referendari. Un favore economico, visto che i promotori del referendum
(qualunque sia il suo esito) ricevono un bonus in denaro al raggiungimento del
quorum. E un favore elettorale, dato che aumenterebbe il numero dei votanti,
magari quel tanto che basta ad avere il 50% più uno degli elettori, senza
tuttavia superare numericamente il numero dei “sì”.
La lotta fra il “sì” e il “no”, infatti, è impari. Le forze a disposizione di
chi non vuole cambiare la legge 40 sono esigue, a confronto di chi, invece, la
vorrebbe stravolgere completamente con i referendum. Questo perché la
sproporzione fra i mezzi di informazione controllati dai due schieramenti è
abissale. La sfida è epocale, e l’appello urgente: non andiamo a votare, perché
la legge 40 è preziosa per continuare a riflettere su temi da cui dipende il
futuro e la salute dell’umanità.
[I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica
scrivendo all’indirizzo: bioetica@zenit.org
. La dottoressa Navarini risponderà personalmente in forma pubblica e
privata ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le
iniziali del cognome e la città di provenienza]
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Cellule
staminali: la cura che viene da dentro
Parla il noto scienziato italiano Angelo Vescovi
ROMA, giovedì, 5 maggio 2005 (ZENIT.org).-
Angelo Vescovi, uno scienziato italiano di fama internazionale che ha
contribuito a scoprire le cellule staminali presenti nel cervello, afferma
l’inutilità di creare embrioni per fini di ricerca o a scopo terapeutico e si
dice fiducioso circa l’attuale applicazione medica delle staminali adulte.
Questo in sostanza l’intervento tenuto da Vescovi Il 28 aprile scorso nel
presentare, all’interno della Sala delle colonne della Camera dei Deputati, il
libro da lui recentemente pubblicato “La cura che viene da dentro” (Mondatori,
102 pagine, 14 Euro).
Vescovi, attualmente Condirettore dell'Istituto di Ricerca sulle Cellule
Staminali all'Istituto S. Raffaele di Milano, e consulente della Commissione
Britannica per le Cellule Staminali, alla Camera dei Lords (Inghilterra) e della
Pontificia Accademia per la Vita, è stato supervisore del progetto del Ministero
della Sanità italiana per la creazione di una banca di cellule staminali
celebrali umane, così come Vicedirettore della “Neurospheres Ltd”,
dell’Università di Calgary (Canada).
La stamina, ha rivelato all’inizio Vescovi, è come il filo della vita che le
Parche, le tre divinità romane simboleggianti il Fato, secondo la tradizione
classica, svolgono dal fuso, filano, e tagliano ogni qual volta un persona
muore.
In effetti ha continuato Vescovi, le staminali sono le cellule della vita.
“Da staminalista non vedo alcun motivo per creare embrioni da ricerca e nemmeno
da terapia – ha messo in guardia –. Soprattutto trovo scorretti coloro che si
ammantano di autorevolezza scientifica, si abbottonano il camice bianco, salgono
in cattedra …. E dicono il falso, dicono che non esistono alternative alle
staminali embrionali”.
“Alcuni di questi sostengono che l’unica sorgente continua e abbondante di
cellule per il trapianto sono le staminali derivate dagli embrioni umani”,
ebbene, “ non è così”.
In particolare Vescovi nel collaborare ad uno studio condotto dagli scienziati
dell'Unità di Neuroimmunologia dell'Ospedale S. Raffaele, guidati da Gianvito
Martino, i cui risultati sono stati pubblicato sulla rivista “Nature” del 17
aprile 2003, aveva già dimostrato l’efficacia di cellule staminali alternative a
quelle embrionali.
Infatti i risultati scientifici testimoniavano che le cellule staminali
cerebrali iniettate nel circolo sanguigno dei topi con la forma sperimentale di
sclerosi multipla, possono accedere al sistema nervoso centrale e riparare la
mielina danneggiata nelle aree infiammate, aprendo così nuove e promettenti
strade per lo sviluppo di terapie neuroprotettive per il trattamento di questa
malattia.
Nel corso della presentazione del volume, Vescovi ha spiegato che terapie come
quelle per i tumori del sangue, per il trapianto di pelle nelle grandi ustioni,
di cornea e di osso di cartilagine, già impiegate nella pratica clinica, come
cure salvavita, o in fase di sperimentazione avanzata, “usano proprio staminali
adulte, la cui proliferazione in vitro o dopo il trapianto è notevolissima”.
Lo scienziato che si dichiara agnostico, anche se afferma di seguire ogni
domenica sua moglie in chiesa insieme alle figlie, ha detto che, di fronte al
dibattito sulle cellule staminali, non ha sopportato le numerose falsità
sbandierate dalla disinformazione.
“Ho passato buona parte della mia vita a fare il ricercatore, e non riesco a
sopportare la falsità, la disinformazione, anche una certa forma di ignoranza
non genuina che intende presentare una tesi preconcetta che si basa su
un’ideologia”.
“Sono agnostico e ciò nondimeno è scritto nei miei geni come nei vostri” il
dovere di “rispettare la vita, soprattutto la vita umana”, ha spiegato.
“Non riesco a concepire l’idea che per salvare una vita se ne debba costruire
una a bella posta per poi distruggerla”, ha ribadito lo scienziato.
Vescovi ha quindi criticato il documento del Comitato "Ricerca e Salute" che
invita a votare “sì” ai quesiti referendari del 12 e 13 giugno circa la legge 40
sulla fecondazione medicalmente assistita, dicendo che “presentano in maniera
distorta solo una parte del problema”.
Il ricercatore ha quindi spiegato che “la contrapposizione tra cellule
embrionali e adulte si basa su un errore di fondo che è macroscopico, per
qualsiasi ricercatore. Il fatto è che si considera che l’unica terapia possa
nascere solo dalla manipolazione e trapianto delle cellule staminali come se non
esistesse nient’altro”.
“Ma queste tecniche coprono al massimo il 30-40 per cento del problema, il
rimanente 60 per cento si basa su tecniche non invasive e costituite da cellule
staminali adulte”.
Vescovi ha poi spostato il discorso sulla questione dell’inizio della vita: “La
cellula fecondata nel momento in cui i gameti si sono fusi, quello è il primo
momento in 16 miliardi di anni di vita dell’universo in cui nasce la prima
entità biologica che contiene il patrimonio genetico dell’essere umano”.
Lo scienziato ha in seguito rilevato che definire l'embrione “come un grumo di
cellule”, come ha fatto la rivista scientifica internazionale Nature, significa
fare appello ad un “progresso basato su un pensiero anti-scientifico e
anti-razionale”, che alla fine diventa “oscurantista”.
“Oggi assistiamo a degli esempi di opposizione antiscientifica impressionanti”,
ha rilevato l’autore del libro. “Non ci sono assolutamente problemi a creare la
vita umana e distruggerla. La vita umana si può costruire, manipolare,
distruggere, clonare, selezionare geneticamente, però ci sono problemi enormi a
sacrificare il topo utilizzato per esperimenti medici”.
Alla domanda di ZENIT su che cosa farà nei giorni del referendum, Vescovi ha
risposto: “Non andrò a votare perché spero che i referendum falliscano”.
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La disumanità della fecondazione artificiale nel Magistero di Giovanni Paolo II
ROMA, domenica, 10 aprile 2005 (ZENIT.org).-
Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa
Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio
Regina Apostolorum.
“Ma è poi vero che il nuovo essere umano è
un dono per i genitori? Un dono per la società? Apparentemente nulla sembra
indicarlo. La nascita di un uomo pare talora un semplice dato statistico,
registrato come tanti altri nei bilanci demografici”. Sono provocazioni lanciate
da Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie del 2 febbraio 1994, di fronte
ad una cultura che ha progressivamente tecnicizzato e strumentalizzato la
procreazione, fino a renderla del tutto impersonale con la fecondazione
artificiale.
Nell’immensa eredità di riflessioni che il Santo Padre ci ha lasciato sulla
dignità della vita nascente e della generazione umana, possiamo attingere tutto
quanto serve, anche alla semplice ricognizione intellettiva, per comprendere la
sfida epocale, come da più parti è stata chiamata, che si sta giocando in Italia
dopo l’approvazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, e
che è giunta ad una tensione estrema in vista dei referendum abrogativi fissati
per il 12 giugno.
La fecondazione artificiale, nonostante i limiti (ammirevoli e doverosi) posti
dall’attuale normativa, resta per l’uomo una modalità intrinsecamente ingiusta
di generare figli, una forma di sperimentazione in campo riproduttivo che tende
a negare la profondità e il senso della procreazione, un ennesimo attentato alla
salute della famiglia, origine e fondamento della vita sociale.
In questo senso, ignorare la chiamata al voto di giugno ha un doppio scopo: non
modificare in modo peggiorativo la legge 40 – e il modo prevedibilmente più
efficace di “dire di no” ai referendum è “non andare a votare” – e ribadire la
posizione culturale dei difensori della vita. Questi, infatti, se si trovano di
fatto ad appoggiare la legge 40 come misura “restrittiva” rispetto ai mali
perpetrati dalla precedente anarchia sulle tecnologie riproduttive, intendono
tuttavia confermare pienamente il loro “no” ad ogni tipo di fecondazione
artificiale.
I “prezzi” da pagare per la fecondazione artificiale, infatti, sono vari, e
tutti chiaramente indicati dal compianto Pontefice, e disseminati in tanti suoi
memorabili interventi magisteriali.
In primo luogo, la fecondazione artificiale si “paga” con lo snaturamento
dell’atto sessuale coniugale. È un tema di cui si parla poco, ritenendolo di
difficile comprensione, scomodo, anche un po’ desueto. Eppure è la premessa
ineludibile di ogni onesta discussione sul tema. Infatti, anche qualora si
potesse evitare ogni perdita di embrioni nel processo di fecondazione
“assistita”, il modo artificiale del concepimento rimarrebbe indegno di un
essere umano, che ha il diritto di nascere da un vero atto di dono reciproco dei
suoi genitori.
Nell’ Angelus del 31 luglio 1994, Giovanni Paolo II diceva che “in simili
procedimenti l'essere umano viene defraudato del diritto a nascere da un atto
d'amore vero e secondo i normali processi biologici, restando in tal modo
segnato fin dall'inizio da problemi di ordine psicologico, giuridico e sociale
che lo accompagneranno per tutta la vita”.
Il concepimento artificiale è anche indegno dell’amore coniugale, dal momento
che il concepimento del figlio resta avulso dall’unione degli sposi, i quali
divengono semplici fornitori di gameti. Il 6 febbraio 1999, il Santo Padre
affermava che “c'è paternità e maternità anche senza la procreazione, ma la
procreazione non può essere divisa dalla paternità e dalla maternità. Nessuno
può separarla dall'amore di un uomo e di una donna che nel matrimonio si donano
reciprocamente formando ‘una carne sola’. Si rischia, altrimenti, di trattare
l'uomo e la donna non come persone ma come oggetti” ( Messaggio in occasione
della Festa della Famiglia organizzata dalla diocesi di Roma, 6 febbraio 1999,
n. 3).
L’atto fecondante, nelle tecnologie riproduttive, è in effetti quello del
tecnico di laboratorio che “spia” le cellule immesse in provetta per vedere se è
riuscito a “creare” un embrione. Jacques Testart, padre scientifico della prima
bambina francese concepita in vitro, descrive questa “attesa” come qualcosa di
eccitante, che lo costringeva (almeno all’inizio, quando si sentiva ancora un
“pioniere”) a tornare più e più volte in laboratorio per cogliere quel magico
istante in cui le “sue” cellule, da due, diventavano una, quella del nuovo
individuo umano.
Nella fecondazione artificiale, in realtà, l’ unione da cui scaturisce l’unione
dei gameti (quella fra i coniugi nell’atto sessuale) viene estromessa. Osservava
Giovanni Paolo II, nel 2004, che “un gesto così ricco, che trascende la stessa
vita dei genitori, non può essere sostituito da un mero intervento tecnologico,
impoverito di valore umano e sottoposto ai determinismi dell’attività tecnica e
strumentale” ( Discorso ai partecipanti all’assemblea plenaria della Pontificia
Accademia per la Vita, 21 febbraio 2004, n. 2).
Così, mentre il tecnico osserva, forse con una punta di emozione, il momento del
concepimento, i genitori sono drasticamente “tagliati fuori”, al punto da
attivare un’interessante forma di auto-difesa: non si sentono genitori da quando
il minuscolo essere inizia a vivere, ma da quando ha inizio l’eventuale
gravidanza, dopo il trasferimento in utero, dopo la trepida attesa (questa sì)
che l’embrione “attecchisca”, cioè che si impianti felicemente nella parete
dell’endometrio.
Come affermava il Papa, “sempre di più emerge l'imprescindibile legame della
procreazione di una nuova creatura con l'unione sponsale, per la quale lo sposo
diventa padre attraverso l'unione coniugale con la sposa e la sposa diventa
madre attraverso l'unione coniugale con lo sposo. Questo disegno del Creatore è
inscritto nella natura stessa fisica e spirituale dell'uomo e della donna e,
come tale, ha valore universale” ( ibidem).
Un ulteriore “prezzo” da pagare per la fecondazione artificiale è la rimozione
del problema della sterilità e dell’infertilità. La legge 40 sancisce il
rispetto della gradualità, cioè il ricorso alle tecnologie riproduttive solo
quando tutte le vie alternative si sono dimostrate inefficaci, sia in senso
terapeutico (nella cura della sterilità), sia rispetto alla prospettiva
dell’adozione. Tuttavia, è un fatto che la possibilità stessa di servirsi della
fecondazione artificiale spinge troppi ad abbracciarla frettolosamente, talora
senza avere adeguatamente verificato la condizione di sterilità, senza avere
sufficientemente approfondito metodi di autodiagnosi della fertilità come i
cosiddetti “metodi naturali”, e senza avere promosso uno stile di vita che
tuteli veramente la salute dal punto di vista riproduttivo.
Giovanni Paolo II aveva più volte messo in chiaro che “compito dello scienziato
è piuttosto quello di investigare sulle cause della infertilità maschile e
femminile, per poter prevenire questa situazione di sofferenza negli sposi. […]
L’auspicio è che sulla strada della vera prevenzione e dell'autentica terapia la
comunità scientifica – l’appello va in particolare agli scienziati credenti -
possa ottenere confortanti progressi” ( ibid., n. 3).
Al contrario, l’interesse per la cura della sterilità e dell’infertilità sono
andati continuamente calando con l’avanzare della mentalità “tecnologica” nella
procreazione umana. Nel 2002, il Santo Padre denunciava il fatto che “mentre la
ricerca biomedica continua a perfezionare metodi di fecondazione artificiale
umana, sono pochi i fondi e le ricerche destinati alla prevenzione e al
trattamento dell'infertilità” ( Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II al
nunzio apostolico in Polonia in occasione della Conferenza Internazionale su
“Conflict of interest and its significance in science and medicine”, 25 marzo
2002).
Ma il “prezzo” più drammatico da pagare per la fecondazione artificiale è senza
dubbio la perdita cospicua e inevitabile di embrioni umani. L’enciclica
Evangelium Vitae del 1995 smascherava il vero volto della fecondazione
artificiale, affermando che “anche le varie tecniche di riproduzione
artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate
non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi
attentati contro la vita” (n. 14).
E continua: “Queste tecniche registrano alte percentuali di insuccesso: esso
riguarda non tanto la fecondazione, quanto il successivo sviluppo dell'embrione,
esposto al rischio di morte entro tempi in genere brevissimi” ( ibidem). Le
statistiche parlano chiaro: sul totale dei trasferimenti di embrioni effettuati,
la stragrande maggioranza non arriva alla nascita. Il III Rapporto ESHRE,
relativo ai dati europei del 1999, parla di una perdita di embrioni pari all’89%
(cfr. K.G. Nygren-A.N. Andersen, Assisted reproductive technology in Europe
(1999), in Human Reprod, 2002, 17, 3270-3274).
Anche per i “sopravvissuti”, d’altra parte, i rischi non finiscono: vi sono
chiare indicazioni nella letteratura scientifica di aumenti significativi delle
patologie genetiche e congenite nei nati da fecondazione artificiale, proprio a
causa del concepimento in vitro. Senza contare il destino incerto degli embrioni
crioconservati, che, una volta soddisfatto il desiderio di maternità e di
paternità dei loro genitori, spesso non “interessano più”, e vengono “soppressi
o utilizzati per ricerche che, con il pretesto del progresso scientifico o
medico, in realtà riducono la vita umana a semplice ‘materiale biologico’ di cui
poter liberamente disporre” ( Evangelium Vitae, n. 14).
Il desiderio di un figlio da parte di una coppia di sposi non è dunque cosa
buona? Lo è certamente, tuttavia non ogni mezzo per realizzare tale desiderio è
buono, e in particolare non lo è un mezzo che di fatto, anche se non nelle
intenzioni, riduce tale figlio a semplice oggetto di tale desiderio,
pretendendolo come un diritto e cercandolo ad ogni costo, anche al prezzo di
aberrazioni come quelle fin qui considerate. “Ciò significherebbe trattarlo alla
stregua di una cosa!”, gridava Giovanni Paolo II nel citato Angelus del 1994. E
sottolineava che i genitori “devono volere il figlio con un amore gratuito e
oblativo, evitando di strumentalizzarlo ai loro interessi o alla loro personale
gratificazione” (n. 1).
Equiparare, nei fatti, il figlio desiderato ad un personale possesso, ad uno
“strumento di autorealizzazione”, produce infine quell’inquietante deriva
eugenetica a cui stiamo assistendo, che ha portato dalla fecondazione
artificiale per motivi di sterilità o infertilità alla sua rivendicazione per
altre cause, in particolare per far nascere solo bambini privi di alcune
malattie genetiche attraverso la diagnosi pre-impianto. Ovvero: scegliere gli
embrioni apparentemente sani e eliminare quelli apparentemente malati. “Sotto
questo profilo – diceva Giovanni Paolo II ai membri della Pontificia Accademia
per la Vita nel 1998 – è doveroso denunciare l’insorgere e il diffondersi di un
nuovo eugenismo selettivo, che provoca la soppressione di embrioni e di feti
affetti da qualche malattia”, talora avvalendosi di dottrine infondate che
vorrebbero posticipare l’inizio della vita personale in un momento successivo
alla fecondazione.
E nel 2001 ribadiva: “una nuova tentazione si fa strada, quella di arrogarsi il
diritto di fissare, di determinare le soglie di umanità di un'esistenza singola”
( Messaggio al Presidente della Settimane Sociali in Francia, 15 novembre 2001).
Conseguentemente, “numerosi Paesi sono già impegnati sulla via di una selezione
dei nascituri, tacitamente incoraggiata, che costituisce un vero eugenismo e che
conduce a una sorta di anestesia delle coscienze, ferendo gravemente fra l'altro
le persone portatrici di anomalie congenite e quelle che le accolgono”.
Ciò porta ad instaurare criteri selettivi e discriminatori assolutamente
inaccettabili dal punto di vista morale, dal momento che la “grandezza di ogni
essere umano […] non dipende dal suo aspetto esteriore o dai vincoli che
intrattiene con altri membri della società”. Dipende invece dal suo valore
intrinseco, un valore che non è determinato dal soggetto ma dalla realtà che
supera il soggetto conoscente. E il relativismo etico è proprio uno dei tarli
che erodono in profondità la capacità umana di riconoscere e accogliere la
verità sulla persona, impedendole di recuperare il senso pieno della libertà - è
la verità che rende liberi! – e di amare in modo autentico.
E l’uomo si muove così in mezzo ad altri uomini come se fosse solo, spaurito e
diffidente, triste. Non riesce a stringere legami, a donarsi fino in fondo e
totalmente, a formare famiglie sane. Nel Discorso ai Vescovi del Brasile del
2002, Giovanni Paolo II si chiedeva: “come imparare ad amare e a donarsi
generosamente?”. E rispondeva: “nulla induce tanto ad amare, diceva san Tommaso,
come il sapersi amato. Ed è proprio la famiglia, comunione di persone dove regna
l'amore gratuito, disinteressato e generoso, il luogo in cui si impara ad
amare”.
[I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica
scrivendo all’indirizzo: bioetica@zenit.org
. La dottoressa Navarini risponderà personalmente in forma pubblica e
privata ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le
iniziali del cognome e la città di provenienza]
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Il senatore aveva annunciato il «no» nei referendum sulla fecondazione
Andreotti: «Mi inchino a Ruini e non voterò»
di Aldo Cazzullo, - 20/03/05 - www.corriere.it
«La Chiesa chiede compattezza per spiegare che l’embrione è vita. Prodi decide secondo coscienza? Bisognerebbe farlo sempre»
Presidente Andreotti, nel mondo cattolico c'è un ripensamento. Vescovi e intellettuali decisi a votare no al referendum considerano ora di astenersi. E lei?
«Ho cambiato idea. Non parteciperò al referendum per abrogare la
legge sulla fecondazione assistita. Resterò a casa, seguendo
l'indicazione del presidente dei vescovi italiani».
L'appello di
Ruini era già stato formulato quando lei, due mesi fa, disse che
sarebbe andato a votare.
«E' vero. In un primo tempo ho ritenuto di restare fedele al
principio, sempre enunciato dai cattolici in politica, secondo cui
partecipare al voto è un dovere».
Il principio
non è più valido?
«No, su questo non ho cambiato idea. Ma nel frattempo c'è stato uno
schieramento molto ufficiale da parte della Conferenza episcopale. E
in questi casi fare il libero battitore a me non piace. Non sono un
protestante. E mi inchino. Sono convinto che una certa compattezza
del mondo cattolico sia utile anche al Paese, in questa fase in cui
il concetto di modernità pare in libera uscita».
Che cosa
intende?
«Pare che la modernità coincida con l'assenza di regole. Sembra che
diventi norma ciò che è anormale; e una persona normale è
considerata un eccentrico. Di fronte a una situazione del genere
occorre unità. Occorre difendere il concetto della vita. E' un tema
molto complesso ma anche molto profondo: il concepito è vita,
l'embrione è vita».
Al Senato lei
votò la legge sulla fecondazione assistita, facendo presente che
applicando gli stessi principi si dovrebbe cambiare la legge
sull'aborto.
«E' così. Le norme in vigore prevedono che si possa abortire
legalmente sino al quarto mese. Ma un feto di tre mesi e mezzo ha
diritto di vivere tanto quanto me, che ho ottantasei anni. Si deve
rimettere in discussione il tema della vita nel suo complesso».
Lei dice:
l'embrione è vita.
«Certo. L'embrione non è un pezzetto della madre, non è un brandello
di una persona, non è come un dito. Questi sono pregiudizi da
correggere. Sono andato a rivedermi in questi giorni una
pubblicazione in inglese che trovai anni fa all'Università di
Teheran. Si intitola La vita prima della nascita . La copertina è
molto impressionante, si vede un piccolo essere. E all'interno se ne
descrivono la sofferenza, la sensibilità, insomma la vita. Ne presi
alcune copie e ne feci omaggio a colleghi che si occupavano
dell'argomento. C'è una tendenza complessiva, nella legislazione e
nella ricerca, a considerare con maggior attenzione questo tema,
anche in settori progressisti del mondo cattolico. Penso ad esempio
al lavoro di Adriano Ossicini».
Ma come si
spiega questo richiamo all'ordine tra i cattolici?
«La Chiesa ha chiesto compattezza su un principio essenziale. Io
sono disciplinato e rispondo. Non vivo questo come una
contraddizione, ma come un valore civile. Di fronte a un appello
della Cei così solenne, e ripetuto, avverto il dovere di fare la mia
parte: in questo caso l'astensione non è assenza ma presenza. Non
sto violando la Costituzione, che condiziona la validità del
referendum alla partecipazione della maggioranza dei cittadini.
Segno che è contemplata la possibilità di astenersi. Invitare
all'astensione è lecito».
Monsignor
Ruini gliene ha parlato di persona?
«No. Ci siamo visti due volte e abbiamo parlato d'altro. Devo dire che ho apprezzato la sua sensibilità e il suo rispetto. E' anche vero che non si trattava di occasioni propizie alla conversazione».
Quali occasioni erano?
«Una volta la commemorazione di Salvo
D'Acquisto, l'altra la celebrazione dei quarant'anni dalla morte del
cardinale Nigra, vicario di Roma».
Prodi invece
andrà a votare.
«Prodi ha usato un'espressione ricorrente, che però a me non piace.
Ha detto che voterà secondo coscienza. Ma ogni volta si deve votare
secondo coscienza».
Lei ha deciso
per chi voterà alle Regionali?
«Il voto è segreto».
Nel suo
ripensamento ha contato l'insegnamento del Papa?
«Questo Papa ha contato molto per me. E non capisco perché lo si
ritenga un conservatore. Sotto la sua guida la Chiesa ha fatto
grandi passi avanti: nel rapporto tra fede e scienza; nelle
revisioni storiche, come quella su Galileo; nelle relazioni
internazionali, ad esempio con le chiese cinesi. Wojtyla è un Papa
molto avanzato».
E' ancora in
grado di governare la Chiesa?
«Innanzitutto, per certi versi la sua salute mi pare migliorata: vedo ad esempio che il tremito si è fermato. In ogni caso, il suo magistero può ancora essere ricco di insegnamenti, in particolare per i giovani. Vede, l'elezione di Giovanni Paolo II mi colpì moltissimo. Ma non perché fosse straniero; questo anzi mi apparve normale, vista la dimensione universale della cristianità. E' che era di un anno più giovane di me. Ero abituato a pensare il Papa come una persona anziana. Ecco, il Papa ha diritto di campare un anno in più di quanto camperò io».
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Il quorum ai
referendum sulla legge 40 vale un milione di euro
Intervista al Coordinatore nazionale dei Giovani del Movimento per la
Vita (MpV)
ROMA, martedì, 15 marzo 2005 (ZENIT.org).-
La scelta di non andare a votare i referendum abrogativi della legge 40/2004,
sostenuta anche dalla Conferenza Episcopale Italiana, farebbe risparmiare ai
contribuenti italiani un milione di Euro.
Questa è infatti la cifra che dovrebbe essere corrisposta ai promotori dei
referendum qualora si raggiungesse il quorum dei votanti (50% degli aventi
diritto più uno).
“Pochi lo sanno – ha riferito a ZENIT Giorgio Gibertini, Coordinatore nazionale
dei Giovani del Movimento per la Vita – ma se ai referendum non si raggiunge il
quorum, non scatta il rimborso elettorale. Questo è un motivo in più per
invitare i cittadini a non andare a votare”.
La legge che regolamenta i rimborsi elettorali e referendari è la n. 157 del 3
giugno 1999. In questa legge si dice che il rimborso referendario ai comitati
promotori sarà dato solo se verrà raggiunto il quorum qualunque sia l'esito del
referendum, ovvero sia che vincano i “si” sia che vincano i “no”.
“Anche per questo motivo – ha ribadito Gibertini – noi chiediamo alle persone di
non andare a votare i referendum, perché andare a votare e dire ‘no’ può aiutare
non solo a far vincere i ‘si’, ma anche a far prendere il rimborso referendario
ai Radicali, ai Diesse e agli altri promotori dei referendum”.
“Data l’ideologia professata sappiamo di certo che questi soldi verranno
utilizzati per campagne contro la vita e contro la famiglia. Si tratta di soldi
pubblici che provengono dalle tasse pagate dai cittadini italiani”, ha rilevato
l’esponente del MpV.
Può spiegarci cosa prevede la legge che regola i rimborsi elettorali e
referendari?
Gibertini: Ecco cosa dice l'art. 4 della legge 157 del 03/06/99: “In caso di
richiesta di uno o più referendum, effettuata ai sensi dell'articolo 75 della
Costituzione e dichiarata ammissibile dalla Corte costituzionale, è attribuito
ai comitati promotori un rimborso pari alla somma risultante dalla
moltiplicazione di lire mille per ogni firma valida fino alla concorrenza della
cifra minima necessaria per la validità della richiesta e fino ad un limite
massimo pari complessivamente a lire 5 miliardi annue, a condizione che la
consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità di
partecipazione al voto”.
Qual è dunque la cifra di denaro pubblico che finirebbe in tasca ai promotori
del Referendum?
Gibertini: Facciamo un pò di contabilità spiccia. Mille lire sono 0,52 euro. Le
firme che contano sono quelle "fino alla concorrenza della cifra minima
necessaria per la validità della richiesta", dunque non 750.000 firme, quelle
raccolte, ma 500.000, quelle necessarie per fare il referendum. 0,52 centesimi
moltiplicato per 500mila fa esattamente 260mila euro. Mezzo miliardo delle
vecchie lire. Ovviamente per 4 che è il numero dei referendum ammessi fa due
miliardi di vecchie lire. E questo ci fa capire anche il perché i Radicali, e
chi per loro, promuovano sempre più di un referendum, cioè per prendere il
rimborso elettorale più alto possibile.
Mi sembra uno spreco assurdo, anche perché una legge c’è già, votata dal
Parlamento. Perché dovremo spendere ancora denaro pubblico per un referendum
richiesto da coloro che non vogliono accettare il verdetto del Parlamento?
Da un punto di visto etico poi la situazione diventa insostenibile, perché con
le nostre tasse già paghiamo gli aborti di stato ed ora vorrebbero farci pagare
i capricci di provetta selvaggia e il rimborso elettorale per i radicali.
Che cosa si potrebbe fare in termini di aiuto alla vita e alle famiglie con
l'equivalente del rimborso referendario?
Gibertini: Con due miliardi di vecchie lire ovvero un milione di euro e qualcosa
in più? Guardi, le dico solo che “Progetto Gemma”, nato in seno al Movimento per
la Vita italiano nel 1994, è un progetto di adozione prenatale a distanza:
donatori anonimi adottano una mamma in attesa per 18 mesi versando ai nostri
centri che aiutano queste mamme con 160 euro mensili.
Dal 1994 ad oggi, grazie a “Progetto Gemma”, abbiamo visto nascere oltre 8mila
bambini. Ecco: con un milione di euro si potrebbero far nascere 350 altri
bambini e far rinascere alla vita, alla fiducia ed alla speranza 350 famiglie,
tanti mamme e papà tentati dall'aborto. Questo è un semplice ma concreto aiuto
alle famiglie, questa è una semplice ma concreta legge di politiche familiari.
Il Presidente Azeglio Ciampi ha indicato le culle vuote come uno dei problemi
più grandi del nostro Paese. Ebbene il “Progetto Gemma” è un esempio di come si
possono ridurre le culle vuote senza ricorrere a “provetta selvaggia”.
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FECONDAZIONE: MONS. SGRECCIA, "NON ANDRO' A VOTARE" AL REFERENDUM
(AGI) - CdV, 9 mar.
2005 - "E' corretto e molto opportuno astenersi sul prossimo referendum sulla
procreazione assistita.
Personalmente ritengo di non andare a votare". Lo ha affermato mons. Elio
Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, per il quale "e'
legittimo non votare, perche' al referendum, la legge istitutiva, non prevede un
obbligo".
"Non si tratta - ha spiegato il presule ai microfoni di 'One O Five Live', il
canale in Fm della Radio Vaticana - di eleggere un Parlamento. Si tratta di
pronunciarsi in favore o in senso contrario ad una libera consultazione".
"Liberamente - ha aggiunto - si puo' andare a votare e altrettanto liberamente
si puo' non andare. Soprattutto se una persona e' contraria, non solo al senso
dei quesiti referendari ma anche al fatto su come e' stato preparato questo
referendum e su come e' stato formulato, su cose che sono talmente importanti e
vitali di carattere morale di difficile spiegazione. Personalmente ritengo di
non andare a votare perche' sono contrario al fatto, oltreche' al merito".
Secondo mons. Sgreccia, "le quattro domande referendarie sono tutte, qualora
approvate, peggiorative della legge 40 sulla procreazione assistita varata dal
Parlamento italiano".
"Quella sulla diagnosi pre-impiantatoria dell'embrione di carattere selettivo
eugenetico - ha spiegato - e' storicamente piuttosto infausta". "E' chiaro,
quindi, - ha affermato ancora il presidente della Pontificia Accademia per la
Vita - che i quesiti del referendum, se approvati, comporterebbero un
peggioramento della legge. Un ritorno al caos precedente alla legge, creando un
obbligo morale di dire no. Chi dice, come il mondo cattolico ma non solo, che il
referendum non andava fatto e non andava posto in questo modo, si rifiuta di
andare a votare".
Secondo Mons. Sgreccia, "il rischio di una crociata puo' dipendere dagli
schieramenti di partito. Noi dobbiamo aiutare la gente a pensare. Anzi, dico,
che anche dopo il referendum, qualunque sia l'esito, auspicandone tuttavia il
suo rigetto, bisognera' continuare a spiegare alla gente lo spessore di questi
problemi etici offrendo un' informazione profonda e corretta a partire dalla
tutela giuridica dell'embrione".
Non andra' a votare al referendum nemmeno il prof. Antonio Maria Baggio,
docente di scienze sociali della Gregoriana e firmatario del manifesto del
comitato "Scienza e Vita". "L'invito a non votare - ha spiegato il prof. Baggio
a 'One O Five Live' - riguarda non solo i cattolici ma tutti i cittadini
interessati alla questione.
Bisogna tenere inoltre conto che far mancare il numero legale e' prassi
corrente nelle aule parlamentari. Quindi, nota il prof. Baggio, non capisco
certi politici che hanno motivato il loro andare a votare no, dicendo di non
rinunciare al diritto di voto. Ma e' cio' che fanno abitualmente in Parlamento
non partecipando ad una votazione".
Il prof. Baggio e' convinto che "ci sono rischi di strumentalizzazioni di
parte. Va evitato questo rischio. A sinistra bisogna capire che votare si' al
referendum sulla procreazione assistita non e' un atto di sinistra. Storicamente
la sinistra si costruisce attorno alla difesa dei piu' deboli.
Ma allora chi e' piu' debole di colui che non ha voce, che non e' ancora
nato, come l'embrione?". "Non chiediamo alla sinistra - e' questo l'invito del
docente della Gregoriana - di rinunciare ai propri principi, ma di scoprirli in
modo piu' profondo e motivato rispetto ai problemi della nostra epoca.
Cosi' come ad alcuni settori piu' liberali del centrodestra".
Per il prof. Baggio, e' necessario, dunque, "evitare lo scontro a livello di
destra-sinistra, di laici contro cattolici".
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REFERENDUM PROCREAZIONE: INVITO RUINI ALL'ASTENSIONE ACCENDE CLIMA
ROMA - Il
richiamo del cardinale Camillo Ruini alla ''compattezza'' dei cattolici
nell'astensione per non peggiorare la legge sulla fecondazione assistita accende
il confronto sui referendum, ancor prima di sapere in quale data si svolgeranno.
Sono soprattutto i Ds e i Radicali a protestare per quella che considerano
un'indebita interferenza del presidente dei vescovi nella politica italiana e
per una presa di posizione che, per Gavino Angius, ricorda i tempi della guerra
fredda.
Le parole di Ruini non sono giunte di sorpresa, perche' la simpatia del vertice
della Cei per l'astensione era gia' emersa, tanto da alimentare la polemica dei
promotori che temono pressioni ecclesiastiche per fissare la data dei referendum
il piu' tardi possibile, in modo da favorire l' astensione.
Mentre questa possibilita' e' stata smentita dal coordinatore di Forza Italia,
Sandro Bondi, che pur orientato personalmente all'astensione ha detto che la
data dovra' essere tale ''da non scoraggiare il voto'', la novita' e' nel fatto
che la presa di posizione di Ruini al consiglio permanente della Cei e' stata
forte quanto esplicita: il presidente dei vescovi chiama i cattolici ad una
''grande compattezza'' nell'astensione ai referendum, e chiude la strada a chi
pensava di votare 'no', visto che cosi' si potrebbe ''favorire sia pure
involontariamente il disegno referendario'' attraverso il raggiungimento del
quorum.
A seguito della presa di posizione esplicita per l'astensione, le polemiche che
prima covavano sotto la cenere contro i vescovi si sono fatte esplicite. Quelle
piu' colorite sono quelle dei radicali, che con Daniele Capezzone e Marco
Cappato si dicono certi che i cattolici disattenderanno l' appello del
cardinale. Ma duri sono anche i Ds: per la segreteria parla il coordinatore
Vannino Chiti, che denuncia le parole di Ruini come ''anacronistiche
interferenze'', mentre Angius, capogruppo al Senato, parla di attacco alla
laicita' dello stato e sostiene che ''era dai tempi della guerra fredda che non
sentivamo un tale richiamo all' unita' dei cattolici in politica''.
Di fatto, quindi, l'appello di Ruini apre un ulteriore capitolo dei difficili
rapporti fra i Ds e almeno quella parte della Margherita di tradizione cattolica
e democristiana, che dovrebbe essere sensibile alle posizioni dei Vescovi. Cosi'
ad esempio Giuseppe Fioroni ricorda ai Ds che entrambi i partiti ritennero
legittima l'astensione ai tempi del referendum per l'estensione alle piccole
imprese dell'articolo 18 sui licenziamenti, quindi non possono considerare
illegittima la stessa scelta sulla fecondazione.
Mentre in posizione intermedia si colloca Roberto Villetti, dello Sdi, che, pur
sostenendo i referendum, riconosce la legittimita' del pronunciamento dei
vescovi e invita ad evitare di trasformare il voto in crociata o in uno scontro
fra laici e cattolici.
Su questo punto, la verde Luana Zanella lamenta che ''la parola della Chiesa''
possa ''trasformarsi in propaganda'', mentre Pino Sgobio, del Pdci, afferma la
necessita' della ''battaglia per la laicita' dello stato''.
Chi si dichiara esplicitamente sulle posizioni di Ruini e' Riccardo Pedrizzi,
senatore di An, convinto che ''la morale non si possa mettere ai voti''. Anche
Francesco Giro, responsabile di Forza Italia per il mondo cattolico, giudica ''inaccettabile''
quello che chiama ''l'attacco concentrico che la sinistra rivolge al cardinale
Ruini''.
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UN DOPPIO NO CONTRO I NUOVI BARBARI
di Claudio Prandini (webmaster del sito)
Ho deciso di aderire all’appello, proponendolo anche ad altri, del neonato comitato “Scienza e vita” e di astenermi dalla partecipazione al voto per quanto riguarda i quattro referendum sulla procreazione assistita (abrogazione parziale legge 40/2004)
La mia decisione di aderire a tale appello si basa, oltre che su una determinata visione ontologica dell’uomo, sui seguenti punti:
1. Piano della laicità. Ciò significa che si può partire da una visione laica del problema, che vede nella carta dei diritti dell’uomo dell’ONU (1948), la sua massima espressione. Questo vuol dire che, l’essere umano, di cui l’embrione n’è l’inizio, ha dei diritti inalienabili. Il diritto alla vita, alla non mercificazione e ad avere dei genitori biologici certi e riconoscibili, rientra tra questi primissimi diritti dell’essere umano. Stesso discorso per il fatto che l’embrione non può essere usato come cavia per sperimentazioni varie. Se dovessero passare i sì ai quattro referendum la strada verso l’eugenetica umana, come già avviene da anni per alcuni animali da allevamento, sarebbe più che mai aperta! …E non voglio che un domani ci sia un “uomo da allevamento” o la selezione da “Terzo Reich”! Dietro a tale ambizione umana si nasconde una visione prometeica dell’uomo, che è una visione di potenza dell’uomo sull’uomo ad iniziare proprio dalla manipolazione genetica e dall’embrione. Diceva Nietzsche, un filosofo dell’ottocento e padre di un certo pensiero laicista di oggi, che: “La maggioranza degli uomini non ha diritto all'esistenza, ma costituisce una disgrazia per gli uomini superiori” (in: La volontà di potenza, 1901). La vera disgrazia sarebbe, invece, che un tale pensiero divenisse espressione della nostra società di ”superuomini”. (sarebbe interessante sapere chi siano oggi gli "uomini superiori" a cui Nietzsche faceva riferimento? Penso che avremmo molte sorprese nel vedere la nuova composizione dell'Olimpo odierno, sia a livello di business che etico-politco!)
2. Piano della politica. Da questo punto di vista penso che sia meglio astenersi che andare al voto. Il nocciolo della questione è strategico, occorre, in altre parole, far fallire il quorum dei referendum, per evitare che anche uno solo possa passare! La costituzione italiana prevede, fra l’altro, questa possibilità come espressione “politica” del popolo, di fronte ad un referendum (o a più referendum) di cui non condivide l’intento di coloro che l’hanno promosso. Inoltre credo che, l’istituto del referendum, sia il mezzo meno appropriato per disciplinare una materia così complessa e delicata, come la procreazione assistita.
3. Piano legislativo. La legge 40 sulla procreazione assistita va difesa non perché sia perfetta, ma perché rappresenta il minimo indispensabile per la difesa dell’essere umano fin dal suo concepimento. Se qualcuno vuole cambiare questa legge vada in parlamento e li, se ha la maggioranza, potrà farlo!
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Astenersi dal votare i referendum sulla legge 40 non è “antidemocratico” o “antieducativo”
Il Direttore di Studi Cattolici invita per quel giorno a recarsi a pregare nelle chiese e nei santuari
ROMA, martedì, 1 marzo
2005 (ZENIT.org).- Il Direttore di Studi
Cattolici , Cesare Cavalleri, afferma che astenersi dall’andare a votare per i
quattro referendum abrogativi sulla legge 40/2004 non è “antidemocratico” o
“diseducativo” ma un modo per permettere alla società italiana “di non smarrire
quel minimo etico che consente a una società di chiamarsi ‘civile’”.
“Nella storia (nella vita) dei popoli – esordisce l’editoriale da lui firmato e
apparso sull’ultimo numero della rivista (Studi Cattolici, n. 528, Febbraio
2005) – vi sono dei tornanti che, nel tempo, rivelano la loro decisività perché
cambiano l’ethos collettivo, il modo di pensare della gente e, quindi, di
organizzare la società”.
Nell’articolo dal titolo “Verso il referendum sulla procreazione artificiale”,
Cavalleri ripercorre poi brevemente i due precedenti referendum in Italia sul
divorzio nel 1974 e sull’aborto nel 1981, ricordando come essi abbiano
“modificato la struttura della famiglia” e “inferto una ferita che sanguina
tuttora” alla società italiana, andando a ledere tutti i diritti oltre a
sradicare quello fondamentale alla vita.
Da quando in Italia, nel 19 maggio del 1978 è entrata in vigore la legge 194 che
autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza, a tutt’oggi sono stati molto
più di 4.000.000 gli aborti effettuati. Mentre, secondo quanto rilevato dal
“Movimento per la Vita”, ogni anno in media vengono vendute nel nostro Paese
circa 20.000 confezioni della pillola del giorno dopo.
Di fronte ad un “terzo tornante gravido di conseguenze” come la battaglia
referendaria che intende parzialmente abrogare la legge 40/2004 sulla
fecondazione medicalmente assistita, Cavalleri avverte sul pericolo di smarrire
per sempre “quel minimo etico che consente a una società di chiamarsi ‘civile’”.
I quattro referendum riguardano: il limite alla ricerca sperimentale sugli
embrioni; le norme sui limiti all'accesso alla procreazione medicalmente
assistita; le norme sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui
limiti all'accesso (in particolare per la cancellazione totale dell'art. 1 della
legge sui diritti del concepito); il divieto di fecondazione eterologa.
Cavalleri pur affermando che non si tratti di “una buona legge”, perché
“sacrifica embrioni per ottenere la fecondazione e ammette la fecondazione
artificiale omologa che la legge naturale esclude”, tuttavia riconosce che “essa
dà riconoscimento giuridico a quel minimo etico che consente a una società di
chiamarsi ‘civile’”.
Di fronte al pericolo del “deterioramento di una legge già di per sé
insoddisfacente”, Cavalleri ha quindi riflettuto sulle due alternative che si
prospettano: “Una massiccia maggioranza di No all’abrogazione proposta”, oppure
il “far fallire il referendum per mancanza del quorum del 50 per cento più uno
degli aventi diritto al voto”.
A tal proposito ha affermato che “il No ai quattro quesiti referendari
significherebbe l’esplicita volontà di mantenere in vigore una legge che, come
abbiamo detto, andrebbe comunque migliorata in senso contrario alle proposte
referendarie. L’astensione ‘attiva’, invece, non significa approvazione della
legge, e vanifica le manovre peggiorative dei promotori dei referendum”.
Partendo dai casi di diserzione alle urne per i referendum avutisi nella storia
recente d’Italia, Cavalleri ha affermato che l’astensione “non avrà
ripercussioni diseducative su una popolazione che ha ampiamente dimostrato di
conoscere le regole e le risorse del metodo democratico”.
“L’impegno a favore della vita fin dai primi istanti del concepimento deve
trovare nuove strade per agire nel sociale e per promuovere adeguati
riconoscimenti legislativi”, soprattutto dopo il referendum, avverte Cavalleri,
spiegando che “in questa azione, i cattolici hanno un ruolo di responsabilità
per lavorare accanto ai cittadini autenticamente pensosi del bene comune”.
E’ per questo, conclude, che nel giorno del referendum “i cattolici
consapevolmente boicotteranno il voto non per andare al mare, ma, accogliendo il
suggerimento di padre Livio di Radio Maria, per recarsi in chiese e santuari a
pregare perché la Madonna interceda presso il suo divin Figlio, affinché la
società italiana recuperi dignità morale e giuridica”.
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Clonazione: persino l’ONU smentisce i referendari
ROMA, domenica, 27 febbraio 2005 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Un quesito dei
referendum parzialmente abrogativi della legge 40 chiede l’annullamento del
divieto di clonazione umana. Il referendum intende mantenere il divieto di
produrre “esseri umani identici”, cioè di eseguire la clonazione riproduttiva,
ma vuole abrogare il divieto di clonazione cosiddetta terapeutica, eseguita per
trasferimento di nucleo.
Se si va oltre il condizionamento psicologico favorevole che parole come
“terapia” possono indurre nella percezione comune, stupisce la messa al bando
della clonazione riproduttiva e non di quella terapeutica, dal momento che, come
precisa il documento sulla clonazione inviato dalla Santa Sede agli Stati membri
dell’ONU il 27 settembre 2004, “la clonazione riproduttiva e la clonazione
‘terapeutica’ o ‘a fini di ricerca’ non sono due tipi diversi di clonazione:
esse coinvolgono lo stesso processo tecnico di clonazione e differiscono
unicamente negli scopi da perseguire” (cfr.
Documento sulla
clonazione umana inviato dalla Santa Sede agli Stati membri dell’ONU ,
ZENIT, 21 ottobre 2004).
Più coerentemente, la decisione del VI Comitato dell’ONU (59° Assemblea
Generale) diffusa il 18 febbraio 2005 bandisce ogni clonazione umana, sia
riproduttiva che terapeutica (o a fini di ricerca), e stabilisce il testo per
una dichiarazione dell’ONU in merito. Il risultato è stato raggiunto a prezzo di
lunghe discussioni e polemiche. Basti pensare che la redazione di un documento
ufficiale sul tema della clonazione è allo studio dell’ONU dal 2001, e che non è
stato possibile, nemmeno dopo quattro anni di dibattito, giungere al progetto di
una risoluzione, giuridicamente vincolante per gli Stati membri.
Si è arrivati infatti ad un documento non vincolante (non-binding Declaration).
Alcuni Stati avrebbero preferito un documento vincolante che vietasse la sola
clonazione riproduttiva, invece di un’estensione del divieto a quella
“terapeutica” che lasci tuttavia gli Stati liberi di mantenere invariate le
legislazioni nazionali sulla ricerca scientifica.
Nonostante il limite posto dal carattere non vincolante, la posizione assunta
dall’ONU risulta maggiormente significativa rispetto a quella che avrebbe potuto
avere con una soluzione legale “minimalista”, poiché non preclude la possibilità
futura di pervenire a posizioni legislative sulla clonazione davvero rispettose
della vita e della dignità umane. L’ammissione della clonazione “terapeutica”,
invece, barattata con il divieto di clonazione riproduttiva, avrebbe chiuso ogni
porta a eventuali miglioramenti.
Il testo votato, infatti, appare decisamente in controtendenza non solo rispetto
alla cultura imperante nei paesi a economia avanzata, che non a caso hanno
votato in maggioranza contro la decisione del Comitato, ma anche alla luce della
tragica tradizione ONU in materia di diritto alla vita. Non a caso, la copertura
mediatica dell’evento è stata piuttosto scarsa, così come evasivo è parso
l’atteggiamento in proposito dei sostenitori dei referendum sulla legge 40.
È dunque straordinario che, grazie all’influenza esercitata da alcuni paesi
occidentali, sia stato possibile coinvolgere positivamente un grande numero di
paesi membri, soprattutto fra quelli in via di sviluppo. L’Osservatore
Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’Arcivescovo Celestino
Migliore, ha commentato positivamente il fatto che una grande maggioranza di
Paesi abbia “riaffermato la sua chiara determinazione a proteggere la vita
umana” (cfr. “Un
Comitato dell’ONU raccomanda di proibire tutti i tipi di clonazione umana” ,
ZENIT, 20 febbraio 2005).
La decisione è stata presa, infatti, su una bozza di testo approvata con 71 voti
favorevoli, 35 contrari e 43 astensioni. Inutile dire che un ruolo determinante
è stato quello ricoperto dagli Stati Uniti, la cui rappresentante ha dichiarato,
dopo il voto, che con questo documento la comunità internazionale “ha richiamato
tutti i paesi membri a proibire ogni forma di clonazione umana e a introdurre
senza indugio legislazioni pertinenti […]. L’azione del Comitato è stata un
passo importante sul cammino della cultura della vita, assicurando che i
progressi scientifici siano a servizio della dignità umana. […] La ricerca
medica deve procedere, ma in modo etico. Nessuna vita umana deve essere prodotta
per poi essere distrutta a beneficio di altri”. Gli Stati Uniti, ha affermato la
rappresentante, “hanno sempre sottolineato l’incompatibilità di qualunque
clonazione umana con la dignità umana e la sacralità e la difesa della vita
umana” (United Nations, 59th General Assembly, VI Committee, 28th Meeting,
Legal Committee
Recommends Un Declaration On Human Cloning To General Assembly , Press
Release GA/L/7231, 18/02/2005 ).
L’Italia è stata fra i pochi paesi occidentali e ad economia avanzata che si
sono schierati compattamente a fianco degli Stati Uniti, insieme ad Australia,
Austria, Germania, Irlanda, Liechtenstein, Svizzera. Non solo. Ha avuto una
posizione chiara e netta anche a proposito dell’emendamento suggerito dal Belgio
sulla terminologia da usare nella Dichiarazione: il Belgio auspicava, nel
paragrafo 2 del Preambolo, la sostituzione del termine “vita umana” con quello
di “essere umano”, allo scopo di indebolire la pregnanza del divieto di
clonazione. È infatti da tutti condiviso che, fin dal primo istante dopo la
fecondazione, siamo di fronte a una “vita umana”, cioè ad un organismo vivente
della specie umana. Il termine “essere umano”; invece, viene qui utilizzato come
qualcosa di più forte.
Come tale, osservava la proposta belga, dovrebbe essere oggetto di valutazione
all’interno delle singole nazioni, le quali potrebbero ad esempio stabilire che
l’essere umano “vero e proprio” – in altre la parole la persona degna di tutela
– inizia in un momento diverso rispetto alla semplice “vita”, configurando così
deroghe al generale divieto di clonazione e di ricerca con gli embrioni. Questo
emendamento è stato approvato, e confluirà nel documento finale. Tra coloro che
si dichiararono contrari figurava l’Italia, con Australia, Irlanda, Stati Uniti
e molti paesi in via di sviluppo.
È stata un’Italia coerente e coraggiosa, quella che si è vista all’opera nel
Comitato dell’ONU, che si è dimostrata più incline verso il bene integrale
dell’uomo che verso gli interessi economici e ideologici connessi alla
sperimentazione sull’embrione umano. La stessa Italia traspare in alcuni punti
della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, che all’articolo 13,
c. 3c vieta ogni forma di clonazione umana, e punisce con severe ammende tutti i
tentativi di realizzare vite umane a partire da un’unica cellula, come accade
appunto nella clonazione (L. 40/2004, art. 12, c. 7).
I promotori del referendum, al contrario, vorrebbero distinguere fra clonazione
riproduttiva e terapeutica. Sostengono che la ricerca con le cellule staminali
embrionali, ottenibili anche mediante clonazione, sia una grande promessa di
guarigione per milioni di malati, quando è risaputo che nemmeno la
sperimentazione su cavie animali ha dato finora risultati positivi (cfr.
Koerbling M., Eastrov Z., Adult stem cells for tissue repair – a new therapeutic
concept? , “New England Journal of Medicine”, 329, 2003, pp. 570-582) e anzi ne
ha dati di negativi (cfr. Marx J, Mutant stem cells may seed cancer, “Science”,
301, 2003, pp. 1308-1310).
Ritengono che la ricerca sulla clonazione umana “terapeutica” non vada giudicata
in base a criteri etici ma unicamente in base a criteri scientifici, i quali
tuttavia suggeriscono l’abbandono delle infruttuose ricerche con le staminali
embrionali, che rappresentano unicamente un ostacolo all’intensificazione degli
studi sulle portentose staminali “adulte” (cfr. Knight J., Biologist fear
cloning hype will undermine stem-cell research, “Nature” 430, 2004, p. 817).
Rivendicano la “neutralità” della ricerca scientifica, eppure si oppongono
invariabilmente alla clonazione di tipo riproduttivo, ritenendola,
incoerentemente, “pericolosa” e “indegna” dell’essere umano. Sul piano etico,
tuttavia, la clonazione terapeutica è perfino più grave di quella riproduttiva,
perché oltre ad essere contraria alla dignità umana nella modalità di esecuzione
del “concepimento”, che si risolve nella creazione di una “copia genetica” di
una persona esistente, elimina il concepito per presunti scopi terapeutici.
Quali sarebbero poi tali benefici terapeutici? L’obiettivo è notoriamente quello
di trarre da tali cloni cellule staminali embrionali compatibili con quelle del
“donatore” di nucleo. Eppure, oltre ai menzionati insuccessi della ricerca con
staminali embrionali, l’utilizzo di tali cellule provenienti da cloni
presenterebbe i rischi di anomalie associati alla pratica stessa del
trasferimento di nucleo, che potrebbe produrre embrioni vitali ma con cellule
anomale, cioè portatrici di errori genetici dovuti alla mancanza del
rimescolamento cromosomico proprio del processo di fecondazione.
Nella clonazione, infatti, il punto di partenza non sono i patrimoni genetici
materno e paterno, presenti in numero dimezzato nei gameti che si uniscono per
formare il nuovo individuo, ma unicamente quello dell’individuo “originale”, da
cui si trae il nucleo di una cellula somatica per introdurlo in una cellula uovo
enucleata e attivata mediante un procedimento chimico.
Tale modalità riproduttiva asessuata esiste in natura come forma primitiva di
propagazione della specie, appunto per il minore apporto di “novità” dovuto alla
mancanza di un doppio corredo cromosomico cui attingere. Le infinite
combinazioni geniche realizzabili a partire da due gameti sono un sistema
ingegnoso ed efficace per assicurare la biodiversità necessaria alla salute del
genere umano e contribuiscono all’unicità dell’identità (non solo biologica)
della persona umana.
Laddove il rimescolamento genetico è ridotto da frequenti matrimoni con
consanguinei è stata verificata la presenza di un maggior numero di patologie di
origine genetica e congenita. Questo è ad esempio un problema presente nella
cultura islamica, dove i matrimoni fra cugini di primo grado sono comuni. Le
autorità di vari paesi islamici, in conseguenza di ciò, tentano di scoraggiare
la deprecabile consuetudine.
Non si tiene dunque in adeguata considerazione il fatto che i problemi genetici
derivati dalla scarsa o mancata innovazione genomica nella riproduzione si
possono manifestare anche nella clonazione effettuata a scopo di ricerca, dal
momento che cellule di cloni utilizzate per eventuali terapie su soggetti umani
prolificherebbero, portando probabilmente più patologie di quante si speri di
curare (cfr. Booth,P.J. et al., Numerical chromosome errors in day 7 somatic
nuclear transfer bovine blastocysts, “Biology of Repropduction”, 68, 2003, pp.
922–928).
Anche se tali ricerche fossero foriere di buoni risultati applicativi,
resterebbero gravemente immorali per la alterata produzione e sistematica
soppressione di esseri umani allo stato embrionale. Ma curiosamente mali morali
estremi e ribellione della “natura” vanno spesso di pari passo.
Così, si può affermare con sicurezza che uccidere vite umane innocenti
deliberatamente è un crimine che non conosce attenuanti o giustificazioni, e la
cui gravità ha necessariamente pesanti ripercussioni sugli uomini che compiono
tali atti e su tutta la società. La distruzione programmata degli embrioni in
vitro, talora creati appositamente a questo scopo, e addirittura clonati per
sottolinearne il valore puramente strumentale, non produrrebbe un reale
progresso nella ricerca scientifica, mentre sopprimerebbe la dignità umana in
due modi: nella vita fisica dei piccoli clonati e nell’interiorità della
coscienza dell’uomo, sacrificate a un delirio di onnipotenza faustiano.
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Limiti etici e opportunità della genetica
Parla il professor Augusto
Pessina, Docente di Microbiologia
ROMA, lunedì, 21
febbraio 2005 (ZENIT.org).- Si possono sacrificare embrioni per salvare altre
vite? E’ vero che le cellule staminali embrionali sono più efficaci di quelle
adulte? Quando inizia la vita, al concepimento, o più tardi? E se non inizia al
concepimento come può essere definito l’embrione e che diritti ha?
Per cercare di approfondire e chiarire i termini della discussione ZENIT ha
posto alcune domande ad un esperto, il professor Augusto Pessina, Docente di
Microbiologia e responsabile del Laboratorio di Colture Cellulari, Istituto di
Microbiologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Milano,
Vice-Presidente della Associazione Italiana Culture Cellulari (AICC) , branch
nazionale della European Tissue Culture Society (ETCS) e membro dello Scientific
Advisory Board of NICB (National Institute for Cellular Biotechnology),
Università della città di Dublino (Irlanda).
Circa la pretesa di alcuni a poter sviluppare e condurre esperimenti sugli
embrioni, sulla base della convinzione che le cellule staminali embrionali
potrebbero guarire diverse gravi malattie, il professor Pessina ha detto che:
“Tutti i successi raggiunti finora (non solo sperimentali ma anche in clinica)
li dobbiamo alle staminali da adulto”.
“L’applicazione clinica di queste cellule staminali somatiche ha già dato
risultati apprezzabili in campo ematologico ed è ricca di prospettive anche in
altre numerose patologie soprattutto perché la possibilità di usare cellule
autologhe elimina i problemi immunologici quali il rigetto”, ha proseguito.
“Già si impiegano in clinica sia cellule staminali che progenitori a ristretta
potenzialità differenziativa per rigenerare i componenti ematici, la cute, i
tessuti osseo e cartilagineo (anche mediante biomateriali di supporto alla
crescita cellulare ) e i risultati ottenuti con staminali somatiche (da midollo
osseo, sangue cordonale, muscolo, tessuto nervoso ed altre nicchie) sono
veramente notevoli sia in studi preclinici che , in alcuni casi, clinici”.
“Anche in Italia numerosi interventi compiuti con staminali adulte stanno
suscitando tante speranze. E perfino in Brasile sta iniziando uno studio che
prevede 600 pazienti con gravi cardiopatie selezionati per essere trattati con
cellule staminali autologhe”, ha raccontato.
“Se si vuole accelerare l’uso clinico soprattutto per quelle terribili malattie
degenerative del sistema nervoso – ha proseguito il professore –, occorre
investire su queste linee di ricerca che hanno già dato risultati positivi
nell’animale”.
“E’ molto interessante che sia nata in Italia una associazione che sostenga la
ricerca sulle staminali adulte che trova tra i primi promotori Loris Brunetta ,
presidente della associazione talassemici”, ha affermato sempre a ZENIT il
professor Pessina.
“Certo occorrerà anche vigilare perché non si faccia della sperimentazione
incontrollata! Ma ormai ogni giorno le riviste scientifiche riportano risultati
di grande interesse che riguardano quasi esclusivamente le staminali adulte e
non le cosiddette cellule staminali embrionali”.
A questo proposito, il professor ha sottolineato che “è essenziale fare
chiarezza su termini che da un punto di vista biologico sono sbagliati perché
non si possono chiamare ‘staminali’ le cellule della ‘inner massa’ di un
embrione allo stadio di blastocisti!”, ha precisato Pessina.
“Le vere cellule staminali – ha continuato il professore – sono quelle
‘somatiche’ che rappresentano, per loro intrinseca natura, le cellule a funzione
omeostatica in grado cioè di rigenerare i tessuti danneggiati o comunque
soggetti a rinnovo come avviene fisiologicamente per i numerosi compartimenti di
un organismo adulto sano”.
“Le cellule embrionali di cui si parla sono totipotenti ed hanno una funzione
cellulare completamente diversa: esse sono finalizzate ad originare non solo
tutti i tipi cellulari ma anche la loro strutturazione tridimensionale in organi
ed ancora a stabilire quelle relazioni adeguate alla ‘generazione’ di un
individuo completo sia dal punto di vista biologico che psicologico”.
“Proprio questa totipotenza rende, tra l’altro, queste cellule embrionali molto
più difficili da governare con più possibilità di sfuggire al controllo e per
esempio dare origine a tumori”, ha spiegato.
Alla domanda se l’embrione è una persona, il professor Pessina ha illustrato due
punti-chiave: “Primo, la vita umana inizia con la fecondazione dell’ovulo da
parte dello spermatozoo, nel ventre materno o in laboratorio e va quindi difeso
il suo diritto alla vita e all’esclusività e all’inviolabilità del patrimonio
genetico”.
“Secondo è vietato eliminare una vita umana anche allo scopo di curarne
un'altra”.
Nella “Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico delle
cellule staminali embrionali umane” della Pontificia Accademia per la Vita (24
agosto 2000), si afferma che anche se dall’asportazione della massa cellulare
interna della blastocisti – causa della morte dell’embrione –, potesse scaturire
un bene per altri, ciò non giustificherebbe la violazione dei diritti umani
insita in questa pratica: “Un fine buono non rende buona un’azione in sé
cattiva”.
Pessina nel chiarire il primo di questi due punti ha affermato che esso “ha
solide basi biologiche perché dalla fecondazione alla nascita il processo
biologico rappresenta un ‘continuum’ indiscutibile e come sostiene Moraczewski,1983
‘il feto è persona fin dal momento in cui si costituisce la prima cellula
dell’individuo, lo zigote’, quindi lo zigote è una persona umana esistente in
atto” .
“Purtroppo molte posizioni ideologiche, dalle quali non sono esenti scienziati
di fama, hanno cercato di volta in volta di scardinare questa posizione netta e
lineare perché la sua demolizione farebbe cadere ogni remora giuridica e morale
permettendo di trattare gli embrioni come un normale insieme di cellule
paragonabili a quelle delle unghie! Ma dal punto di vista biologico non è così”,
ha continuato.
In merito alla legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, il
professor Pessina ha affermato che: “Il merito centrale è quello di aver posto
alcune regole chiare laddove non ne esistevano”.
“Regole che in qualche modo cercano di mediare tra la dignità della madre e
della coppia e quella del concepito che non è considerato un ‘ammasso’ cellulare
ma un soggetto di diritto”.
“Sicuramente essa evita che vi possano essere embrioni congelati il cui destino
è nella quasi totalità la morte”. Si stima che all’incirca siano 150.000 gli
embrioni crioconservati.
Qualora i referendum abrogativi avessero esito positivo, Pessina è convinto che
“sarebbe un danno enorme: Prima di tutto dal punto di vista educativo della
coscienza di tutti. Questo ci farebbe non solo ritornare senza regole ma farebbe
passare in molti quella ‘falsa coscienza’ di aver fatto un passo avanti verso la
‘libertà’ e i diritti civili”.
“Ma che passo di libertà sarebbe quello di un popolo che non tutela la vita
umana e usa i suoi figli per farne degli esperimenti scientifici? Sarebbe peggio
di prima della legge perché parrebbe come automaticamente stabilito che
l’embrione non ha diritti”, ha spiegato poi.
“Si ritornerebbe per esempio al congelamento di enormi quantità di embrioni che
molti, abituati alle catene di montaggio, chiamano ‘di scarto’, e la cui
presenza ispirerebbe all’infinito quel sentimento umanitario che porta molti a
dire ‘ormai ci sono’ quindi usiamoli al meglio”.
“Che tradotto significa uccidiamoli invece che lasciarli morire e usiamo le loro
cellule per le ricerche biomediche”, ha detto Pessina.
Il professore ha quindi richiamato una immagine molto cruda usata dal grande
biologo Erwing Chargaff poco prima di morire, il quale sosteneva “quello che
vedo nel prossimo futuro è un gigantesco mattatoio una Auschwitz molecolare, in
cui anziché denti d'oro verranno estratti enzimi ed ormoni”. “Speriamo che la
sua profezia non si realizzi”, ha commentato il professore.
Su come voterà ai referendum Pessina ha risposto: “Poiché come è stato
sottolineato da qualcuno non andare a votare significa dare più forza al ‘no’ io
non andrò a votare”.
“Sono convinto che sia la scelta più adeguata e democratica perché esprime anche
un dissenso circa la legislazione che regola il referendum in Italia che deve
essere assolutamente rivista. Non è affatto rinuncia ad un diritto ma l’estremo
modo per affermarlo”, ha infine concluso.
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Il business dell'embrione
di Riccardo Cascioli - il Timone n. 34, giugno 2004
Dietro al paravento
della ricerca scientifica "per il bene dell'umanità" si nascondono i soliti
interessi economici. Un vergognoso mercato dell'embrione che spesso l'opinione
pubblica ignora.
Una battaglia in nome della libertà e dell'autonomia della scienza? Un dovere
per dare speranza ai tanti malati di malattie oggi incurabili? Ma per favore,
non scherziamo: la verità è che dietro l'uso degli embrioni si muove un mercato
dai profitti inimmaginabili, attuali e promessi.
Il professor Angelo Vescovi, direttore dell'Istituto di Ricerca sulle cellule
staminali del San Raffaele di Milano, lo ha denunciato pochi mesi fa riferendosi
alla ricerca sulle cellule staminali embrionali: «Ci sono in gioco fortissimi
interessi economici, grandi multinazionali che spingono perché nei laboratori si
possa procedere liberamente nella direzione della ricerca sulle staminali
embrionali. Il business delle linee staminali embrionali si sta sviluppando
soprattutto in Gran Bretagna e nei Paesi in cui questi esperimenti sono
permessi».
Basta vedere la battaglia scatenatasi per l'approvazione in ambito di Unione
Europea del VI Programma quadro per la ricerca (2002-2006): il 60-70% dei
progetti interessati al finanziamento europeo - secondo quanto riferito dal
vice-ministro italiano dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica, Guido
Possa - riguardano proprio la ricerca sugli embrioni. Valore: 8-10 miliardi di
euro. Se consideriamo che stiamo parlando soltanto dell'Europa e soltanto dei
fondi pubblici comunitari, possiamo intuire che vorticoso giro economico ci sia
dietro alla ricerca sull'embrione. "La corsa all'oro del XXI secolo si chiama
brevettazione delle scoperte genetiche", disse qualche anno fa il neurologo e
scrittore Guglielmo Brayda. Non sono neanche immaginabili, infatti, i guadagni
dei primi laboratori che riusciranno a produrre "pezzi di ricambio" per i vari
organi umani.
Quando CloneAid - il laboratorio legato alla setta dei Raeliani - ha annunciato
nel dicembre 2002 l'avvenuta clonazione (peraltro mai provata) di un essere
umano ha visto schizzare i suoi profitti alle stelle. CloneAid infatti già offre
da anni i "servizi" di vendita di ovuli umani (5mila $), di "banca delle
cellule" (50mila $) e di clonazione di bambini (200mila dollari). Sono almeno
qualche centinaio le persone già in lista d'attesa, con guadagni solo per
CloneAid stimati in almeno 50 milioni di dollari.
Ma il mercato dell'embrione non si limita alla ricerca sulle cellule staminali e
ai fantasmagorici possibili guadagni futuri; al contrario esiste un
fiorentissimo commercio legato soprattutto al desiderio di figli di chi non può
averli naturalmente. Casi che hanno fatto parlare molto sono ad esempio quelli
degli "uteri in affitto", con annessi "viaggi della speranza" in alcuni stati
americani dove la pratica è ammessa. Grande scalpore suscitò nel 2000 il caso
della coppia italiana che spedì (per corriere) cinque embrioni negli Usa per
essere impiantati nell'utero di una donna, che poi ha dato alla luce una coppia
di gemelli, ovviamente riportati in Italia. Costo dell'operazione: 150mila euro,
di cui 25mila quale compenso per la donna che ha prestato il suo utero.
Meno clamoroso, ma ormai molto comune invece, l'uso degli embrioni per la
fecondazione in vitro. Con un importante risvolto: un famoso ricercatore
britannico, Robert Winston, ha ammesso che la tecnica della fecondazione
artificiale - proprio per i guadagni che permette - viene applicata ormai anche
a donne che, con altre terapie, potrebbero concepire naturalmente. Proprio in
Gran Bretagna un trattamento per la fecondazione artificiale costa almeno 3mila
euro, con il risultato - dice Winston - che nessun dottore ha più interesse a
curare l'infertilità.
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Associare la battaglia per il referendum alla difesa della libertà di ricerca è una "mistificazione"
http://staminali.aduc.it/php_newsshow_0_4090.html
Associare la battaglia per il referendum contro la legge 40 sulla procreazione assistita alla difesa della liberta' di ricerca e' una "mistificazione". Parola di uno dei massimi esperti nel campo della ricerca sulle staminali, il co-direttore dell'Istituto per la ricerca sulle cellule staminali del san Raffaele di Milano, Angelo Vescovi. "C'e' l'idea preconcetta che alla scienza e' permesso assolutamente tutto. In realta' alla scienza deve esser permesso moltissimo, ma essa vive nella societa' in cui si sviluppa e deve saper stare alle regole che la societa' le impone nell'ambito di una discussione equilibrata". Dare delle regole alla scienza, come nel caso della legge 40 sulla procreazione, ha proseguito il ricercatore, "non significa violare la liberta' di ricerca". Quindi, "marcare la battaglia del referendum come una battaglia in favore della liberta' di ricerca e' una mistificazione, anche perche' l'alternativa esiste ed e' rappresentata dalla ricerca e l'utilizzo delle cellule staminali adulte".
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Non sempre tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente ammissibile
Intervento di un
ginecologo italiano su “Procreazione assistita: problemi e prospettive”
ROMA, martedì, 15 febbraio 2005 (ZENIT.org).-
“Non sempre tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente
ammissibile. Il bene morale è di gran lunga superiore al bene materiale”, ha
affermato il dottor Orazio Piccinni, medico chirurgo, specialista in Ostetricia
e Ginecologia a Bari.
In una Comunicazione presentata al Convegno “Procreazione assistita: problemi e
prospettive” svoltosi a Roma all’Accademia dei Lincei, lo scorso 31 gennaio, il
dottor Piccinni nel raccontare di quando nel 1989 praticava la Fecondazione in
Vitro (FIVET), ha affermato: “Mi sono sentito molto potente, pervaso da quel
delirio di onnipotenza che gli operatori del settore conoscono bene specialmente
quando si annuncia ad una coppia sterile l’esito positivo”.
“Un po’ più tardi però la mia potenza si è trasformata in angoscia dovuta
all’impossibilità di realizzare fino in fondo il progetto di vita per la gran
parte degli embrioni prodotti (90 su 100). Mi sono convinto allora che l’amore
vero comincia quando il figlio è concepito secondo i giusti canoni della dignità
umana, nel matrimonio e in un rapporto unitivo e procreativo”, ha affermato.
Il ginecologo ha sottolineato che “se si considera il feto come paziente, si
deve anche rispettare l’embrione, suo precursore, come persona e paziente nella
procreazione assistita”.
“Tale rispetto dovuto, non è solo appannaggio dei cattolici, ma di tutti i laici
e dello stato laico, fondato su nobili principi a tutela della vita fin dal
concepimento ( lo afferma perfino la legge 194/’78)”.
Piccinni ha continuato precisando che “l’embrione, è un soggetto di diritti,
soggetto particolarmente debole e quindi non in grado di difendersi da solo” e
che è imbarazzante constatare i cambiamenti nel linguaggio (preembrione, ammasso
di cellule, prezigote, ootide, ovulo fecondato, ovulo) per “stravolgere gli
stadi iniziali naturali della vita umana”.
Dopo aver spiegato come già nei primi minuti e nelle prime ore in seguito
all’unione di spermatozoo e ovulo si definisce dove spuntano la testa e i piedi
e da quale parte si formerà la schiena e la pancia ovvero gli assi del corpo, il
ginecologo ha rilevato come “anche se i due nuclei non si sono ancora fusi,
questi stanno già dialogando con messaggi”.
Messaggi, ha spiegato, “per mezzo dei quali si scambiano le informazioni
necessarie al processo la cui totale autonomia e il cui evidente finalismo
unitario sono già più che evidenti manifestazioni di una individualità e di una
identità uniche e nuove che non muteranno nel tempo”.
Piccinni ha messo in guardia sui rischi della FIVET che “prevede il sacrificio
di un gran numero di embrioni”. Inoltre, “molti test positivi di gravidanza sono
destinati precocemente a negativizzarsi a causa di un aumentato numero di aborti
biochimici o clinici nei primi tre mesi”. Risulta quindi che “su cento embrioni
prodotti ne nascono massimo quindici” e spesso “le pazienti non conoscono questo
dato, così come l’aumento dal 2 al 6 % delle malformazioni”.
“Se io fossi un embrione pretenderei più garanzie di sopravvivenza. In questo
senso la FIV, per numero di vite soppresse, è indubbiamente peggiore della
interruzione di gravidanza”, ha affermato il ginecologo.
Piccinni ha quindi attaccato la soppressione degli embrioni nella “selezione
eugenetica preimpianto” prevista dalla FIV, per “il mancato rispetto della
vita”. Affermando che avviene così che embrioni – pazienti malati di thalassemia,
vengano immolati per curare e dare la vita a quelli non thalassemici.
“Mi chiedo – ha concluso il ginecologo – il thalassemico non ha il diritto di
vivere e nascere se concepito? Specialmente con le migliorate aspettative di
vita attuali. Guarire una persona, eliminandone un’altra, è un paradosso
imperdonabile, così come accade nella clonazione terapeutica”.
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INTERVISTA a Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita: «Referendum, astensione militante»
da Avvenire (Marina Corradi)
Il presidente del Movimento per la vita spiega la scelta, non ancora formalizzata, di far mancare il quorum
Ha detto l'onorevole Andreotti: al referendum bisogna votare, e votare no. Replica Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita e fra i massimi punti di riferimento del fronte in difesa della legge 40: «Non esiste alcun impegno morale di votare. L'astensione è un comportamento pienamente legittimo. In ogni caso è importante che quanti sono mossi dall'obiettivo comune di conservare questa legge facciano, circa l'astensione o il voto, una scelta identica, e tutti poi vi si adeguino. Se si decide per l'astensione, come sembra molto probabile, andare poi a votare no da parte di alcuni cattolici sarebbe una scelta irresponsabile». Un boomerang da psicanalizzare.
La decisione per l'astensione non è nei fatti già presa?
Non formalmente. Ci si riunirà attorno a un tavolo, se ne discuterà ancora. Per quanto mi risulta, però, il 90% del fronte cattolico è propenso a non andare a votare.
Andreotti sembra sollevare una questione di principio: i cattolici vanno, sempre, a votare.
Questo è vero per le elezioni politiche. Per il referendum si va sì alle urne ma per tutt'altra cosa: non si tratta di scegliere i propri rappresentanti, ma di abrogare una parte di una legge approvata in Parlamento. Impossibile non cogliere la differenza. Non fare scattare il quorum è un meccanismo pienamente democratico, si usa in Parlamento e si può dunque usare anche in una consultazione popolare. Mi lasci aggiungere poi che il raggiungimento o no del quorum è comunque una questione di democrazia formale. La democrazia sostanziale invece è, come dice il Papa, l'uguaglianza fra tutti gli esseri umani. La legge 40 tratta appunto di questa questione di democrazia sostanziale, il che renderebbe, qualora già non lo fosse pienamente nell'ottica dei meccanismi della democrazia, comunque moralmente lecita l'astensione. Una finezza, anche questa, che non può sfuggire.
Ricorrere all'astensione, potrebbero dire gli avversari, significa avvalersi anche del peso di quelli che non sanno, di coloro a cui la questione non interessa, di chi andrà al mare, quel giorno.
Personalmente non trovo così criticabile, di fronte a una materia complessa come la procreazione assistita, chi non se la sente di cancellare la delega affidata col voto al Parlamento. Dopo un lungo lavoro il Parlamento ha approvato una legge, e chi non si sente sufficientemente competente, non votando, può anche significare: mantengo la mia delega, mi fido. Legittimo. Piuttosto, mi auguro che l'astensione come in altri casi possa castigare la tendenza all'abuso dello strumento referendario. Perché prendere una legge come questa, dibattuta e combattuta come questa, e metterla - per esempio per quanto riguarda la ricerca sugli embrioni - dentro un quesito di referendum, un semplice sì o no, è affidare alla volontà della maggioranza qualcosa di enormemente delicato e complesso.
I primi sondaggi in circolazione dicono che per tre dei quesiti il "sì" all'abrogazione è di poco in vantaggio, mentre per quanto riguarda i diritti dell'embrione sarebbe in maggioranza il "no". Questi numeri non vi fanno pensare che forse si potrebbe rischiare il confronto?
Non credo troppo a questi sondaggi. Non vorrei che fossero degli specchietti per allodole. Ti fanno credere una cosa per ottenerne un'altra. Colgo in giro un certo gusto per la confusione. Ai cattolici si richiede un supplemento di consapevolezza. Ad errori antichi non aggiungiamone di nuovi, complici i media laicisti.
La scelta dell'astensione non potrebbe comunicare all'esterno un'idea di debolezza, di arroccamento, di rifiuto della battaglia aperta? Qual è la percezione delle proprie forze all'interno del fronte pro legge 40?
Nessuna debolezza. L'astensione che abbiamo in mente è astensione militante. Tutto il contrario che lavarsene le mani. Certo, se non avessimo di fronte la situazione mediatica che vediamo, per cui su questa legge si è fatta una grande opera di disinformazione e di bugie, forse saremmo arrivati a conclusioni diverse. Ma stando le cose come stanno, astensione significa un profondo impegno a difendere la legge 40. Con la coscienza, che vado scoprendo ovunque in giro per l'Italia, di lavorare a una battaglia che finalmente unisce al di là dei partiti, e crea una nuova e insperata intesa anche con parte della cultura laica.
Astensione, dunque. Senza paura di analogie con casi precedenti, di craxiana memoria. Lei cosa proporrebbe di fare a chi non andrà a votare quel giorno?
Ho in mente qualcosa, forse un grande pellegrinaggio ad Auschwitz, il luogo massimo della discriminazione dell'uomo sull'uomo. Vorrei un gesto, per quel giorno, clamorosamente laico.
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Eugenetica ed eutanasia pediatrica
ROMA, domenica, 13 febbraio 2005 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Che cosa accomuna la “genetica buona”
prefigurata dai referendum sulla procreazione medicalmente assistita e la “buona
morte” praticata legalmente in Olanda? A prima vista, la distanza tra le due
sembrerebbe notevole: la selezione preimplantatoria su base genetica intende
eliminare embrioni cui viene perfino negato lo statuto personale, mentre
l’eutanasia olandese è offerta su richiesta a pazienti consapevoli, in stato
terminale, colpiti da sofferenze intollerabili, e dopo attento consulto medico.
Si tratterebbe insomma di problematiche molto diverse, accomunate solo dal “buon
senso” con cui si impediscono forme di assistenza considerate - estensivamente -
di accanimento. Perché far nascere bambini malati o deformi? Perché
condannare un morente a prolungare le sue sofferenze? Difendere la vita in
queste circostanze, si dice, è “crudele”.
La questione si fa particolarmente interessante quando, per ragioni anagrafiche,
i due ambiti si avvicinano, arrivando quasi a toccarsi. Certi neonati prematuri,
ad esempio, sono praticamente dei feti fuori dell’utero, gravati da serie
patologie e da danni talora permanenti, e spesso sono anche dei morenti, le cui
sofferenze sono oramai da tutti riconosciute (cfr. C.V. Bellieni, L’alba
dell’«io». Dolore, desideri, sogno, memoria del feto, Società Editrice
Fiorentina, Firenze 2004). Frequentemente la loro prematurità è conseguenza di
“selezioni mancate”, cioè di anomalie genetiche già diagnosticate durante la
gestazione, e – se passasse il referendum sulla diagnosi genetica
preimplantatoria – individuabili anche prima.
D’altra parte, tanti morenti che chiedono – e in alcuni paesi ottengono – di
morire per porre fine alle loro sofferenze non sono così liberi come
sembra. La maggior parte di loro, infatti, accuditi da personale e famigliari
amorevoli, assistiti da cure palliative adeguate, revocano spontaneamente le
loro richieste eutanasiche. Altri, invece, non chiedono nemmeno di morire,
eppure vengono sollecitamente “aiutati” ad anticipare la morte.
Significativamente, ciò avviene soprattutto dove l’eutanasia è stata legalizzata
per “regolamentare” pratiche già invalse nell’uso ed uscite dalla
“clandestinità”.
Proprio in Olanda, infatti, la percentuale di eutanasie non consensuali è
straordinariamente alta, sebbene non precisamente quantificabile in quanto non
contemplata, anzi esclusa, dalla legge vigente. Ai malati in fase terminale
vengono infatti sospese come prassi comune l’alimentazione e l’idratazione
artificiali, considerate “inutili”, e vengono aumentate le dosi di sedativi allo
scopo di affrettare la morte, ritenuta in molti casi la miglior “soluzione”.
Le cure palliative sono scarsamente praticate, dal momento che l’eliminazione
del paziente rappresenta un metodo più rapido ed economico di gestione della
malattia terminale, e che la condizione del morente viene per lo più ritenuta
“indegna di essere vissuta”.
Particolare scalpore ha suscitato, il 30 agosto 2004, la notizia del protocollo
sperimentale avviato da una clinica di Groningen che, d’accordo con la
magistratura, aveva ricevuto l’autorizzazione ad applicare la pratica
dell’eutanasia anche ai bambini sotto i dodici anni segnati da gravi patologie e
malformazioni, compresi i neonati, che immediatamente sono divenuti i
destinatari privilegiati della “sperimentazione”. L’iniziativa non è rimasta un
caso isolato: a fine novembre l’ospedale universitario di Groningen ha messo a
punto le linee-guida ad uso dei propri operatori per eseguire l’eutanasia
pediatrica, e a dicembre l’Associazione dei Medici Olandesi ha chiesto al
Ministro della Salute di offrire lo stesso strumento a tutti i medici dei Paesi
Bassi.
Come un’onda che si propaga, anche il Belgio sta considerando attentamente
l’estensione dell’eutanasia ai bambini e in generale ai non consenzienti, mentre
altri paesi europei si stanno loro affiancando per ridurre a loro volta “il
numero dei disabili”. Ci si chiede persino se non sia il caso di consentire
l’eutanasia volontaria a chi, pur non affetto da insopportabili dolori fisici,
ritiene che la sua vita non abbia più valore, cioè sia afflitto dal “male di
vivere” più che da una malattia in senso canonico.
Già nel 1997, un sito inglese pro-life riportava il caso di una donna olandese
cinquantenne, malata di cancro della mammella con metastasi ossee, epatiche e
polmonari, che non voleva essere ricoverata per timore di essere “pietosamente”
uccisa. Il medico che la seguiva l’aveva rassicurata a riguardo. Eppure, è
bastata una sua assenza di qualche ora dall’ospedale perché un collega, ignaro
dei timori della donna, aumentasse le dosi di morfina fino a causarne celermente
la morte, che con un normale dosaggio – pur essendo perfettamente efficace nel
togliere il dolore – non sarebbe sopraggiunta prima di una settimana. Una
settimana che la donna avrebbe voluto vivere per intero.
In altre parole, a meno di tre anni dall’entrata in vigore della prima legge al
mondo sull’eutanasia – quella olandese del 2002 – la “dolce morte” ha
abbandonato il volto con il quale si era presentata, quello “democratico”, e ha
rivelato il vero volto, tragicamente simile a quello con cui si era manifestata
in tutta la sua violenza fra il 1939 e il 1941 in Germania: quello
dell’eutanasia “di Stato”, in cui la legge decide che alcune persone, in quanto
malate, disabili, deformi o incompetenti non sono degne di vivere.
In controtendenza è stata la tempestiva Mozione del Comitato Nazionale
per la Bioetica italiano, con la quale, il 28 gennaio 2005, il Comitato ha
voluto prendere radicalmente le distanze da simili comportamenti, precisando
come “all’infuori dei casi di rinuncia all’accanimento terapeutico, ogni
intervento di carattere intenzionalmente eutanasico nei confronti di
minori, non sia lecito né bioeticamente né giuridicamente” (Comitato Nazionale
per la Bioetica, Mozione sull’assistenza a neonati e a bambini afflitti da
patologie o da handicap ad altissima gravità e sull’eutanasia pediatrica,
Presidenza del Consiglio dei Ministri, 28 gennaio 2005, n. 5).
In particolare, si riafferma la condanna totale dell’eutanasia “a carico di
bambini nati con handicap, anche particolarmente severi, dato che la
compromissione della cosiddetta qualità della vita non ne giustifica in
alcun caso, né eticamente né giuridicamente, la soppressione” ( ibidem).
Varie sarebbero infatti le conseguenze aberranti della pratica: esse
costituirebbero “una biasimevole pratica selettiva”, indurrebbero una minore
percezione del “dovere di solidarietà sociale verso i portatori di handicap e lo
loro famiglie”, e infine “potrebbero demotivare la ricerca nei confronti della
prevenzione e della terapia dell’handicap medesimo” (( ibidem).
Sulla stessa linea si muoveva un intervento dell’Accademia Americana di
Pediatria (AAP) nel 2000. In relazione all’esigenza di sviluppare le cure
palliative nei bambini (che richiedono spesso metodologie specifiche),
l’Accademia precisava che “l’AAP è preoccupata per i dati relativi all’eutanasia
non consensuale di bambini e neonati e al suicidio assistito per gli
adolescenti. L’AAP non condivide la pratica del suicidio assistito e
dell’eutanasia per i bambini e per gli adolescenti” (America Academy of
Pediatrics, Palliative Care for Children, “Pediatrics”, 106, 2 August
2000, pp. 351-357).
La presenza di patologie e di malformazioni, anche molto gravi, dunque, non
elide la fondamentale dignità e il valore dell’essere umano dal concepimento
alla morte naturale. La selezione umana su qualunque base (genetica,
sanitaria, morfologica, razziale, politica, religiosa) è uno dei prodotti più
aberranti della volontà di potenza e di dominio dell’uomo sull’uomo, ossia
dell’uomo sganciato dall’imprescindibile riferimento alla realtà.
Gettare un embrione “anomalo” (eutanasia preimplantatoria), ridurre
selettivamente una gravidanza (eutanasia prenatale), effettuare l’eutanasia
neonatale, infantile, e qualunque pratica eutanasica e selettiva nei confronti
degli esseri umani: sono crimini le cui conseguenze non mancheranno di
manifestarsi pesantemente.
Perché la società civile possa essere davvero a misura d’uomo, i sofferenti,
infatti, “vanno difesi, come soggetti deboli, contro tutte le indebite e
violente prevaricazioni che possono essere poste in atto nei loro confronti e
che ne minaccino il loro diritto alla vita” (Comitato Nazionale per la Bioetica,
Mozione…cit., n. 6).
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La morte della moralità
Benjamin D. Wiker - Articolo pubblicato su Crisis (Luglio/Agosto 2004) con il titolo The Death of Morality
E' difficile ottenere attenzione in un era che usa superlativi per descrivere i detersivi e la maionese. Forse parlare in modo semplice e diretto potrebbe rivelarsi una tale stranezza che le parole potrebbero recuperare il potere che appartiene loro. Eccovi serviti: incombe ora su di noi la più grande crisi morale che ci sia mai stata.
Non mi riferisco alla strage quotidiana di migliaia di bambini o all'interminabile parata di novità carnali che sulle piazze urlano per un riconoscimento; e neanche alla ridefinizione del matrimonio per includere l'indefinita unione di qualsiasi cosa. Queste sono conseguenze, in diversa misura, della crisi morale che attraversiamo.
La reale crisi morale è questa: che noi, fra tutti gli esseri umani che abbiano mai vissuto, siamo di fronte alla fine della moralità come tale. L'aborto e l'infanticidio esistevano anche prima, come l'omosessualità e la pedofilia. La monogamia eterosessuale vita natural durante era soprattutto un mandato cristiano e quindi non è difficile trovare nella storia variazioni sulla definizione di matrimonio. Se questi mali fossero tutto ciò che ci affligge, noi ci troveremmo di fronte solo ad una brutta ricaduta nelle tenebre del paganesimo. Ma al di sotto di questi mali giacciono delle tenebre in confronto alle quali persino le tenebre del paganesimo sono luce: il rifiuto della natura umana stessa e quindi il rifiuto di tutta la moralità.
Le vere tenebre
E' difficile mettere a fuoco il cuore di queste tenebre quando i nostri occhi devono continuamente abituarsi a nuove ondate di tenebra morale. Ci sono ancora alcune forme ed elementi visibili nell' attuale panorama morale, e i nostri occhi possono distinguere le cose grazie a quel poco di luce che rimane. Ad esempio, noi giudichiamo il matrimonio omosessuale una distorsione del matrimonio eterosessuale. Tuttavia, se vogliamo avere qualche speranza di una nuova alba, dobbiamo riconoscere quella tenebra "senza forma e senza sostanza" nella quale, come in un vorace buco nero, la luce è così rapidamente fagocitata. Per quanto difficile, quindi, dobbiamo capire cosa significhi rigettare la natura umana, cioè, trattare gli esseri umani come se, in definitiva, fossero una cosa "senza forma e senza sostanza".
Come fare? Come mettere a fuoco ciò che equivale a una negazione? Forse per mezzo di un'illustrazione. Recentemente, alcuni scienziati guidati da Tomohiro Kono, un biologo dell'Università dell'Agricoltura di Tokyo, hanno creato cuccioli di topo senza l'introduzione di sperma. Hanno fatto questo usando due ovuli femminili e "truccando" geneticamente uno di essi affinché funzionasse come se i suoi geni venissero da uno spermatozoo. Ci sono voluti 457 ovuli "ricostruiti", 371 dei quali sono sopravissuti per essere impiantati nelle femmine, 10 dei quali hanno dato luogo a una gravidanza. Solo uno, una femmina chiamata Kayuga, è diventato adulto - e, piuttosto stranamente, dopo essersi accoppiata con successo con un maschio, ha avuto una cucciolata alla vecchia maniera. Il titolo più frequente per la storia di Kayuga? "La fine dei maschi".
Pensate che sia lunga la strada dai topi all'uomo? Allora non conoscete la vera storia delle tecniche di fertilizzazione in vitro iniziate con i topi ed ora normalmente usate sull'uomo. La fertilizzazione in vitro fornisce, invece, un'altra storia carina sullo stesso punto. Quando ero un adolescente, non molto tempo fa, c'era una battuta basata sulla tendenza dei sociologi ad annunciare l'ovvio come se fosse una rivelazione statistica. "Il 50% delle persone sposate sono donne" proclamavamo con scientifica magnificenza. Questo succedeva prima che gli uomini volessero sposare altri uomini o, ancora più importante, prima che due donne potessero evitare il matrimonio con un maschio grazie alla fertilizzazione in vitro.
La negazione della mascolinità significa la fine di tutte le distinzioni morali basate sulla sessualità. Lungo tutta la storia dell'umanità, la distinzione fra maschio e femmina è stata la distinzione principale nonché la più naturale, ed è quella sulla quale si fonda ogni distinzione morale riguardo la sessualità e il matrimonio (per quanto maldestramente siano state tracciate e difese queste distinzioni). Se la distinzione maschio / femmina non è più né necessaria né naturale, allora tutte le distinzioni morali che provengono da essa devono nello stesso modo essere distrutte. Un divieto del matrimonio gay non sarà necessario, il matrimonio stesso sparirà presto alla stregua della carta pergamena, delle carrozze e dei fonografi.
Quello che abbiamo di fronte, quindi, è la sostituzione più veloce che ci sia mai stata delle questioni morali con delle questioni tecniche, cosicchè la domanda morale "Dovremmo fare questo?" lascia il posto alla domanda puramente tecnica "Possiamo fare questo?". Siccome il "possiamo" diventa sempre più efficace tecnicamente, il "dobbiamo" esalerà il suo canto del cigno, appassirà e poi sparirà.
Genesi incompiuta
Dobbiamo considerare da un punto di vista teologico questo fenomeno senza precedenti per poterne vedere tutta la sua portata. Ciò per cui stiamo lottando, con capacità tecniche sempre più grandi, è il completo smantellamento di ciò che Dio ha così stabilmente ordinato nella creazione. E' come se ora vedessimo la storia della creazione al contrario, ciò che ha forma torna informe, la luce torna tenebra.... Per tornare al nostro esempio, tutte le distinzioni morali riguardo la sessualità ( la capacità naturale di procreare, di "diventare una sola carne" (Gen 2,24) nell'unione di un uomo ed una donna) vengono dalla sessualità stessa. Da questa distinzione fondamentale deriva non solo la vera definizione di matrimonio e la sua perfezione, ma anche la proibizione dell'adulterio, del sesso prima del matrimonio, dell'omosessualità, della contraccezione, dell'incesto, della masturbazione, della bestialità e della pornografia. Ciò che viene proibito è, in un modo o nell'altro, una perversione della fondamentale distinzione sessuale naturale.
Senza questa distinzione non può emergere nessuna distinzione morale. Gli angeli, come puri spiriti, non sono divisi in maschio e femmina. Non è loro proibito l'adulterio perché non possono commetterlo. Non sono tormentati dalle controversie sull'omosessualità perché non hanno sesso.
Diamo in mano all'uomo il mezzo tecnico per manipolare la sessualità umana come argilla (formare uomini dalle donne e donne dagli uomini con la chirurgia transgender, o fare "ossa delle mie ossa, carne della mia carne" attraverso la clonazione, o "essere fecondi e moltiplicarsi" attraverso la modificazione genetica degli ovuli ) e la naturale divisione fra maschio e femmina è pressoché cancellata. Il risultato ultimo non è la creazione di puri spiriti, ma la creazione di demoni sessuati senza genere, come il cantante rock Marilyn Manson che mescola l'appetito indiscriminato per il piacere sessuale con la brama del disordine stesso quale negazione dell'ordine creato. E' stato con grande acume teologico che Mel Gibson ha fatto apparire satana come androgino nel suo film "La passione di Cristo". L'androginia è la negazione del genere, la negazione della distinzione fra maschio e femmina voluta da Dio.
Nel cercare di rimuovere la naturale distinzione fra maschio e femmina voluta da Dio, ci siamo trasferiti dalla perversione alla ribellione cosmologica. La perversione distorce ciò che è naturale, pur presupponendolo. Gli attivisti omosessuali che ora cercano di servirsi del nome e dei vantaggi del matrimonio monogamo presuppongono che il matrimonio è un'unione permanente ed esclusiva fra due esseri umani, ma questa stessa nozione emerge dalla verità che l'unione sessuale di un uomo e di una donna produce un' unione vivente indissolubile e permanente, un figlio. Aggiriamo la necessità sessuale per un uomo e una donna di fare un figlio, copriamo la distinzione maschio / femmina con così tanta vernice, e il matrimonio come istituzione morale semplicemente cadrà in disuso. Ed eccoci arrivati alla fine del matrimonio - anche nella forma pervertita del matrimonio omosessuale.
Possiamo definire tutto questo come ribellione cosmologica e non come semplice perversione per due motivi. Primo perché non costituisce una semplice distorsione di ciò che è naturale. L'antica omosessualità, così come la troviamo fra i greci, elevava il piacere sessuale fra uomini al di sopra del piacere sessuale fra uomo e donna, ma faceva ancora affidamento sul rapporto eterosessuale per la procreazione secondo i dettati della natura. Maschio e femmina erano distorti, ma non distrutti. Noi, d'altra parte, nella nostra ribellione contro la natura, stiamo cercando di distruggere il maschio e la femmina come tali.
Secondo perché in tutto questo si coglie più di una semplice vampata di zolfo. Come puntualizzava C. S. Lewis nel suo Screwtape Letters (Lettere a Berlicche), satana non può creare, e poiché ogni tentativo di produrre ordine sarebbe una mera imitazione della sapienza e potenza divine, allora il maligno distrugge per ribellione. Sembra che stiamo inesorabilmente andando verso l'abisso dell'androginia sessuale e della procreazione asessuata. Marilyn Manson non è un caso isolato di perversione. Egli/ella è una delle facce della fine della moralità, delle tenebre verso le quali stiamo precipitando, al di là di ogni distinzione morale, al di là del bene e del male.
Ma se questa è la fine della moralità, quando ha avuto inizio il progetto di disfare tutte le distinzioni morali?
L'inizio della fine
Sarebbe facile incolpare il famoso filosofo Friedrich Nietzsche per aver dato inizio alla distruzione della moralità. Fu lui, dopotutto, che notoriamente dichiarò che tutte le distinzioni morali sono arbitrarie in quanto derivanti dalla volontà di potenza di una particolare persona o nazione e non dalla natura. Da qui la sua famosa opera Al di là del bene e del male (1886)
Nonostante la sua efficace prosa filosofica e gli effetti prodotti sui suoi connazionali e sugli intellettuali liberali, la colpa non è da attribuire a Nietzsche. Nietzsche non fu un profeta filosofico, ma un astuto lettore dei tempi che raccolse e idolatrò una tendenza prometeica già esistente in occidente.
Faremmo meglio a spostarci in Inghilterra, e non in Germania, ed esaminare gli argomenti di Francis Bacon (1561-1626) e poi di Charles Darwin (1809-1882). Bacon è giustamente considerato uno dei più importanti fondatori della scienza moderna. Sarebbe più giusto, poiché lui stesso non ebbe un laboratorio e non fece scoperte, definirlo il fondatore dell'aspetto prometeico del moderno spirito scientifico.
Bacon asseriva che sia la scienza che la filosofia si erano finora dimostrate completamente inefficaci e sterili poiché gli esseri umani avevano stupidamente ritenuto che la natura, così come si presenta, fosse il criterio sia del pensare che dell'agire. Contro questo, Bacon asseriva che "deve essere aperta una nuova via per la comprensione umana interamente differente da quella finora conosciuta". Il nuovo approccio alla natura? Sostituire l'accettazione passiva dell'ordine naturale con sperimentazioni e manipolazioni della natura in cui "attraverso l'arte e le mani dell'uomo ella (la natura personificata) è spinta fuori dal suo stato naturale e modellata." La verità quindi, non deriva dall'accettazione e dalla contemplazione della natura; piuttosto, la verità è ciò che noi facciamo. La natura diventa l'argilla; lo scienziato, alla stregua di una divinità, diventa il vasaio che rimodella la natura secondo la sua volontà.
Passando sopra a tutte le precedenti controversie filosofiche e teologiche, Bacon assicurava i suoi discepoli, "Sto lavorando per porre il fondamento, non di qualche dottrina o setta, ma del potere e dell'utilità dell' uomo." Il potere e l'utilità, come Nietzsche riconobbe qualche secolo dopo, non si domandano "Cosa è bene e cosa è male?", ma piuttosto "Cosa voglio?". L'importanza attribuita alla volontà va al di là del bene e del male e crea, grazie al potere tecnologico, il più grande dominio sulla natura di tutti i tempi. La domanda non è più cosa si dovrebbe fare ma cosa si può fare. Se anche Bacon non applicò i suoi argomenti direttamente sulla manipolazione della natura umana - se si esclude qualche vaga promessa sulla possibilità che la medicina avrebbe potuto garantire l'immortalità in questo mondo - non ci vuole molto per fare il passo successivo. Se la natura è come l'argilla, allora lo è anche la natura umana?
Darwin è quasi pari a un santo per il secolarismo moderno e la venerazione culturale tributatagli ha scoraggiato i cristiani, specialmente i cattolici, dal criticarlo. Avrebbe potuto essere diverso se avessimo capito la vera importanza della sua teoria. Se Bacon evocò lo spirito di una illimitata manipolazione tecnologica della natura , fu Darwin che si concentrò particolarmente sulla fondamentale malleabilità della natura umana. Egli fornì l'argomento che soggiace alla apparente stabilità della natura umana, noi in definitiva siamo argilla informe plasmata e riplasmata migliaia di volte dai capricci della selezione naturale.
Darwin stesso si rese conto della natura allarmante della sua teoria e saggiamente evitò ogni menzione della natura umana nella sua opera principale L' origine della specie attraverso la selezione naturale (1859). Il suo silenzio terminò con il suo L' origine dell'uomo e la selezione sessuale pubblicato 12 anni dopo la prima edizione de L' origine della specie. Ne L' origine dell'uomo chiarì che tutto quello che noi consideriamo specificamente umano può essere spiegato come il risultato della selezione naturale: la ragione, la moralità, la coscienza, la religione, la musica, l'arte e persino la distinzione fra maschio e femmina è derivata dallo stesso processo casuale che ha modellato la varietà di becchi dei fringillidi delle Galapagos.
Ma quello che la natura plasma per caso, l'uomo può plasmarlo per perseguire i suoi fini. Dopotutto, Darwin ricordava al lettore, tale manipolazione della natura avviene già fra gli allevatori di animali attraverso la selezione artificiale. Se ci prendiamo una tale "cura scrupolosa" dei nostri "cavalli, cani e gatti," non dovremmo applicare la scienza della selezione artificiale anche sugli esseri umani? Per il bene della razza, sosteneva Darwin, dobbiamo prendere in mano la nostra evoluzione. In tal modo Darwin difese piuttosto chiaramente l'eugenetica, sebbene fu suo cugino Francis Galton, affascinato da L' origine della specie , che coniò il termine.
Se uniamo Bacon a Darwin, abbiamo l'essenza del tentativo contemporaneo di ricreare la natura umana secondo un'immagine sinora annunciata. Se il dimorfismo sessuale - maschio e femmina - è semplicemente il risultato delle mutazioni casuali su una catena del Dna fra i nostri antenati biologici, allora non c'è motivo di opporsi alla pressione tecnologica per ridefinire i legami sessuali o semplicemente per cancellarli del tutto.
Così nella nostra società assistiamo a una grande divisione fra coloro che rifuggono con orrore di fronte all'ultima macabra manipolazione della natura umana considerandola innaturale e coloro che gioiscono di fronte alle stesse manipolazioni considerandole indici di liberazione dell'umanità dalla natura; fra coloro che si sottomettono felici al destino della biologia e coloro che credono che il nostro destino sia avere un completo dominio sulla biologia. Questa non è una battaglia da poco; veramente è difficile vedere quale potrebbe essere battaglia più grande.
La fine della morale cattolica
Se i cattolici ancora faticassero a vedere questo, forse potrebbe essere di aiuto esporre la situazione in modo più diretto. La morale cattolica si basa sulla legge naturale. La legge naturale, come ha chiarito S. Tommaso, è semplicemente la legge del nostro essere, cioé, la serie di "doveri" morali che scaturisce dall' "essere" della nostra natura particolare. Il progetto di Bacon e Darwin di trattare la natura umana come argilla plasmata da qualsiasi cosa, dalla chirurgia plastica alla manipolazione genetica, è un attacco diretto alla legge naturale perché è un attacco diretto alla nostra natura. Se dovesse avere successo, la morale cattolica verrebbe mostrata come priva di ogni fondamento, buona solo per la pattumiera della storia accanto al geocentrismo tolemaico, come una teoria ben congegnata che l'analisi scientifica ha dimostrato basarsi su un fondamentale errore circa la natura.
"I cattolici pensavano," dirà qualche professore di storia con un sorrisetto compiaciuto in un futuro non troppo lontano, "che la stessa natura umana fosse qualcosa tipo un dato eterno, che stabiliva una sorta di limite invalicabile, e che dai "dati eterni" (risatina!) della natura umana derivasse qualcosa definita "morale" (e qui il professore avrà bisogno di sillabare questa strana parola). Questo è un errore in qualche modo comprensibile. Così come è evidente che il sole sorge, allo stesso modo essi ritenevano che gli esseri umani potessero essere creati solo nella stessa maniera che è comune fra gli altri animali. Questa mancanza di immaginazione era dovuta a una mancanza di tecnologia. Notiamo questo modello in molte aree. I telescopi hanno permesso agli uomini di vedere la vastità del cosmo e quanto essi sono un puntino insignificante, di conseguenza hanno abbandonato la convinzione che la terra fosse al centro dell'universo. Allo stesso modo le nuove tecnologie genetiche hanno reso chiaro il concetto: "Il nostro unico limite è la nostra immaginazione".
Poi il professore si appoggerà sul podio, pausa ad effetto, e indosserà un 'espressione avvilita. "Se anche questo può essere stato un errore in qualche modo comprensibile, i cattolici andarono oltre e costruirono su questo errore un intero sistema di persecuzione. Poiché essi potevano procreare solo attraverso l'atto animale del rapporto sessuale - un processo che era esso stesso una sorta di lotteria! - essi condannavano, perseguitavano, cacciavano, attaccavano qualsiasi altro tipo di espressione sessuale. Noi tutti possiamo essere grati che quei giorni sono finiti."
Fantascienza?
Sembra fantascienza? Una semplice tattica allarmistica? Bene, provate questo esercizio letterario. Leggete il classico di Aldous Huxley Il mondo nuovo, la profetica satira fantascientifica scritta nel 1932. Huxley cercò di raffigurare un mondo da incubo nel quale il piacere sessuale era stato separato dall'amore attraverso l'uso della contraccezione e della provetta per la creazione di esseri umani . La storia si svolgeva 600 anni nel futuro, ma ahimè, alla fine del 20° secolo, gran parte della profezia era divenuta una realtà che non aveva quasi alcun effetto sui lettori, e quel grido di allarme oggi sembra semplicemente bizzarro. Io so questo perché come professore delle superiori ho provato a usare Il mondo nuovo nelle mie classi. Huxley immaginava che la produzione industriale di esseri umani avrebbe trasformato il sesso in una semplice attività ricreativa (ma Huxley immaginava un sesso libero per tutti completamente eterosessuale!) Per quanto riguarda l'aspetto tecnico delle cose, mai impressionare una classe superiore con lo spettro dei bambini creati in provetta perché scopriremo che un numero sempre più grande di studenti stessi è, in un modo o nell'altro, figlio della provetta.
Riguardo la distruzione dei paletti morali, la realtà della scienza sta superando la fantascienza. Per questa ragione, tutto ciò che serve per il trionfo del male, e la conseguente negazione della distinzione fra bene e male, è un ottimismo compiaciuto, un "Oh, questo non lo faranno mai!". Abbastanza presto persino questo sarà così ben consolidato da sembrare superato in rapporto con ciò che appare all'orizzonte. Una volta eliminato il concetto che la natura umana è un dato e quindi che la nostra vera natura pone un limite a quello che possiamo e dovremmo fare, allora la distinzione tra fantascienza e scienza reale è solo temporale. Questo dovrebbe essere chiaro data la velocità con la quale la fantascienza e divenuta realtà nell'ultimo mezzo secolo.
Questo rende facile essere dei profeti. Prevedo che entro 10 anni avanzate tecniche chirurgiche e di clonazione dei tessuti porteranno i consumatori a poter scegliere quanti e quali ruoli sessuali assumere. Segnatevi queste parole sul calendario.
La fine della fine
Non voglio dare ai lettori la falsa impressione che l'unica distinzione morale che viene attualmente cancellata sia quella tra maschio e femmina. Per fare un altro esempio, anche più sconcertante, viene ora tecnicamente ridefinita la demarcazione tra esseri umani e animali. Secondo il progetto di Bacon e Darwin, gli esseri umani sono solo una forma transitoria in più adottata dalla materia. Quindi, come Darwin ha chiarito nel suo L' origine dell'uomo, la distinzione "essere umano" ha un fondamento effimero, non eterno. Ma proprio questa distinzione è il fondamento del comandamento "Non uccidere". Il divieto dell'omicidio di esseri umani innocenti presuppone che: 1) uccidere un moscerino, una mucca e un essere umano sono atti molto differenti e 2) che c'è una reale differenza fra esseri viventi e non viventi. Senza queste distinzioni, il divieto di uccidere esseri umani è semplicemente un tabù parrocchiale e senza fondamento.
Ovviamente, la diffusione dell'aborto ha immensamente contribuito a ridurre gli esseri umani a semplice materia, semplice roba di cui disporre secondo il proprio vantaggio. Dall'aborto deriva tutta l'industria volta all'uso di tale "tessuto" per scopi medici. Gli scopi medici includeranno presto la salute e la bellezza, cosicché tale tecno-cannibalismo si propagherà fino ai prodotti in vendita nella locale farmacia. Poiché la domanda cresce, specialmente la domanda di carne sempre migliore, non solo le donne saranno pagate per far crescere "tessuto fetale", ma i laboratori farmaceutici includeranno allevamenti di embrioni.
Uccidere e non uccidere, umano e non umano, vivente e non vivente, luce e tenebra - tutte queste distinzioni che emergono dal racconto della Genesi torneranno nel nulla, un nulla al di là del bene e del male. "Dovremmo farlo?" significherà quindi solo "E' economicamente realizzabile?"
L'ultima battaglia
Questa è la vera crisi morale, la più grande possibile, poiché dal suo esito dipende l'esistenza della morale stessa. La buona novella è che, paradossalmente, questa è ancora una crisi; cioè, la natura umana non è ancora stata distrutta. E' ancora possibile che la natura umana possa essere salvata dalle rovine del progetto di ricostruirla secondo la nostra volontà.
Per i cattolici è un'importante chiamata alle armi. Quasi solo il cattolicesimo, all'interno della cristianità, fonda i suoi argomenti morali sulla legge naturale e di conseguenza ha combattuto quasi da solo per evitare che ciò che Dio ha unito e distinto nella creazione finisse a pezzi nel caos. Per fare un esempio significativo, quasi da solo il cattolicesimo ha rigettato il divorzio fra unione sessuale e procreazione attraverso la contraccezione e la fertilizzazione in vitro. Come dovrebbe essere chiaro da quanto detto, questo divorzio, che sembrava così innocente persino al protestantesimo evangelico, è stato l'inizio della fine della moralità riguardo la sessualità. Che la consapevolezza di questo possa portare a un grande momento ecumenico.
Possiamo attenderci, quindi, una grande battaglia fra coloro che considerano la natura umana come l'origine di tutte le distinzioni morali e coloro che considerano la natura umana come argilla da plasmare. Sarà per tutta l'umanità l'ultima battaglia, poiché è una battaglia sull' esistenza dell'umanità stessa.
Benjamin D. Wiker è un decano del Discovery Institute e docente di scienza e teologia alla Franciscan University di Steubenville. Egli è l'autore di Moral Darwinism: How We Became Hedonists e Architects of the Culture of Death insieme a Donald DeMarco (Ignatius). Attualmente sta lavorando a un libro intitolato The Meaning-Full Universe. Il suo sito web è www.benjaminwiker.com .
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Mcl in campo per il non voto: campagna capillare
Avvenire, 10 Febbraio 2005
Il Movimento cristiano lavoratori scende in campo per l'astensione, attraverso una capillare campagna, nei referendum sulla fecondazione assistita. «Un referendum che non abbiamo voluto, che abbiamo politicamente e moralmente avversato. Quindi niente prediche sulla partecipazione: il voto referendario è costituzionalmente diverso dal voto elettorale» dichiara il presidente nazionale Carlo Costalli, anticipando la proposta che farà al consiglio generale del Movimento che si terrà ad Assisi il 26 e 27 febbraio. «Non andremo a votare e faremo una campagna referendaria attiva e civile perché è in discussione la salvezza di vite umane». Intanto una possibile intesa politica di revisione della legge in Parlamento sembra sempre più lontana.
A sbilanciarsi è di nuovo il Ministro delle Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, favorevole ora anche alla fecondazione eterologa. «Non si può negare il diritto delle coppie ad essere genitori» fa sapere il Ministro, che ribadisce anche il suo si a crioconservazione e ricerca sulle cellule embrionali. Una posizione che il sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi, giudica «incredibile», considerando che «l'apertura alla fecondazione eterologa snaturerebbe del tutto l'impianto dell'attuale legge sulla fecondazione assistita». E perché, aggiunge Cursi, si tratta comunque di una fecondazione «innaturale». Dure anche le repliche del segretario nazionale giovani del Movimento per la vita, Giorgio Gibertini. «Il Ministro forse non sa bene di cosa sta parlando. - dichiara - In un'epoca in cui sembra che l'identità genetica sia importantissima si vogliono per legge generare figli senza una madre o un padre biologici?».
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I vescovi siciliani sulla procreazione «La legge 40 non va modificata»
Avvenire, 10 Febbraio 2005
Il referendum rischia di peggiorare la legge 40 sulla fecondazione assistita. Prende posizione la Conferenza episcopale siciliana riunita alcuni giorni fa a Modica, in provincia di Ragusa, per la sessione invernale dei lavori. «In piena consonanza con l’episcopato italiano – scrivono i vescovi dell’isola – manifestiamo la nostra contrarietà ad eventuali modifiche dell’attuale legge sulla procreazione medicalmente assistita peggiorative rispetto all’insegnamento etico della Chiesa. L’attuale legge, in effetti, sebbene così com’è non corrisponda a tale insegnamento, ha tuttavia il merito di salvaguardare alcuni suoi principi e criteri essenziali, che al contrario non vengono salvaguardate da nessuna delle proposte di modifica contenute nei quattro quesiti ammessi al referendum dalla Corte Costituzionale».
Il giudizio della Cesi nei loro confronti pertanto non può che essere negativo. I vescovi siciliani, presieduti dal cardinale Salvatore De Giorgi, hanno anche auspicato «che la campagna referendaria abbia a svolgersi con serenità e civile rispetto per le diverse opinioni» e hanno invitato «chi ne ha la competenza a dare il proprio contributo di corretta informazione sia sui problemi e i valori messi in gioco dai quesiti ammessi al referendum sia sulle diverse possibilità di cui ogni cittadino, nel caso specifico del referendum, può legittimamente avvalersi per manifestare la propria opinione». Un richiamo preciso alla deontologia dei mezzi di comunicazione per favorire un dibattito corretto che tenga conto di tutte le posizioni in campo, non solo di quelle favorevoli al referendum.
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PROCREAZIONE: REFERENDUM USO EMBRIONI; AL VIA COMITATO PER NO PRIMA MANIFESTAZIONE PUBBLICA A VENEZIA
(ANSA) - VENEZIA, 5 FEB - Parte da Venezia una iniziativa per dire no al referendum che consentirebbe, secondo i promotori, il commercio indiscriminato degli embrioni. A dare vita ad un "comitato per il no al referendum sul commercio degli embrioni", presentato oggi, sono stati il Codacons, Listaconsumatori e Verdi Colomba. Gli organizzatori contestano che la vittoria di questo referendum consentirebbe nuove cure per malattie gravi come l'Alzheimer, il Parkinson. In realtà - spiegano - questo referendum darebbe il via libera all'utilizzo di embrioni umani per motivi di profitto e favorirebbe soltanto gli interessi miliardari delle case farmaceutiche. "L'impiego di cellule staminali a fini terapeutici - ha dichiarato Carlo Rienzi, presidente del Codacons - può avvenire senza sfruttare gli embrioni e senza clonazione. Per le terapie possono essere infatti impiegate le cellule del sangue del cordone ombelicale e per talune malattie anche le cellule del midollo spinale dell'individuo adulto". Il comitato, i cui componenti hanno sostenuto la raccolta delle firme, parteciperà a tutte le trasmissioni televisive sull'argomento per far votare no limitatamente a questo referendum. Altre iniziative sono previste prossimamente a Firenze e a Roma.
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L’eugenetica da
Auschwitz ai giorni nostri
Programmi mortali che colpiscono nascituri e neonati
WASHINGTON, D.C., sabato, 5 febbraio 2005
(ZENIT.org).- La vulnerabilità della vita
umana è stata rimarcata la scorsa settimana da due importanti commemorazioni.
Giovedì scorso in Polonia, il 60° anniversario della liberazione del campo di
concentramento di Auschwitz ha riportato alla mente ancora una volta gli orrori
del programma di sterminio del Regime nazista. E, negli Stati Uniti, i gruppi
pro-vita hanno organizzato eventi per ricordare la decisione del 1973 della
Corte Suprema che ha legalizzato l’aborto per tutti e nove i mesi di gravidanza.
“Trentadue anni dopo, il male insito nella sentenza Roe contro Wade persiste, e
il sangue degli innocenti continua a macchiare la nostra Costituzione”, ha
declamato il cardinale William Keeler nella sua omelia domenicale del 23
gennaio, alla Basilica del National Shrine of the Immaculate Conception di
Washington. “La perdita di più di 40 milioni di bambini non nati incombe sulla
nostra coscienza nazionale”.
La soppressione di vite innocenti continua ad un ritmo sostenuto in molte zone.
La BBC ha riportato il 23 gennaio che alcuni medici olandesi hanno ammesso di
aver soppresso, dal 1997, 22 bambini (nati) malati terminali. Nessuno dei
dottori è stato denunciato, nonostante l’eutanasia per i bambini sia illegale
nei Paesi Bassi.
I dettagli di questi delitti sono stati riportati in uno studio pubblicato dalla
Dutch Journal of Medicine, dal quale risulta anche la soppressione di bambini
affetti da spina bifida. Da un sondaggio risulterebbe che ogni anno vengono
soppressi dai 15 ai 20 neonati disabili, ad opera di medici olandesi, ma la
maggior parte di questi casi non viene riportata all’attenzione dell’opinione
pubblica, secondo la BBC.
L’uso olandese di eliminare bambini deformi è stato riportato anche da un
articolo del Telegraph di Londra del 26 dicembre. Eduard Verhagen, primario di
pediatria dell’Ospedale Groningen, ha preso le difese di queste azioni,
sostenendo che la somministrazione di veleno ai bambini offriva loro una
“opzione umana” che gli consentiva di non essere costretti a soffrire. Verhagen
ha affermato che il Governo olandese stava elaborando normative che avrebbero
consentito ai medici di praticare l’eutanasia sui bambini.
Ma il Vescovo cattolico di Groningen, Wim Eijk, ha riferito al quotidiano
britannico che lo Stato non ha alcun diritto di autorizzare i medici a porre
fine alla vita dei bambini, i quali sono incapaci di dare il loro consenso alla
propria morte.
“Al fine di ridurre la sofferenza”
“Questo è un incubo darwiniano e una grave violazione delle leggi di Dio”, ha
dichiarato un portavoce del Vescovo. “Significa superare i confini considerati
finora invalicabili da ogni ordinamento. L’eutanasia per i bambini, in
circostanze in cui non è possibile perseguire o assicurare il consenso degli
interessati. È un terreno scivoloso che potrebbe portare i medici ad acquisire
il diritto di imporre la vita o la morte, e potrebbe diventare un motivo per
estenderlo a tutti”.
Le preoccupazioni sulle prospettive di un ulteriore allentamento delle norme
sull’eutanasia sono state confermate da un servizio del British Medical Journal
del 8 gennaio. Un’inchiesta triennale, commissionata dalla Royal Dutch Medical
Association, ha concluso che i medici dovrebbero poter aiutare a far morire le
persone che, sebbene non fisicamente malate, “soffrono nel vivere”.
La legge che regola l’eutanasia non prevede espressamente che il paziente debba
avere una determinata condizione fisica o mentale, ma solo che il paziente deve
star “soffrendo in modo disperato e insopportabile”, osserva l’articolo. Ma nel
2002, la Corte Suprema ha stabilito che un paziente deve avere una “condizione
fisica o mentale classificabile”. La decisione era intervenuta dopo che un
dottore era stato accusato di aver aiutato una paziente di 86 anni a morire, la
quale non era malata, ma ossessionata dal suo declino fisico e dalla sua
“disperata” esistenza.
Jos Dijkhuis, il professore di psicologia clinica che ha diretto l’inchiesta, ha
affermato: “Prendiamo atto che il compito del medico è di ridurre la sofferenza.
Pertanto non possiamo escludere preventivamente questi casi. Dobbiamo guardare
oltre per vedere se possiamo porre un limite, e se sì, in che misura”. Tuttavia,
il rapporto ammette che i dottori mancano di una sufficiente specializzazione in
questo campo.
L’articolo cita Henk Jochemsen, Direttore del Lindeboom Institute for Medical
Ethics, che si oppone all’eutanasia. Secondo quest’ultimo nel rapporto vi
sarebbero segnali pericolosi. Jochemsen ha avvertito che secondo il rapporto,
“come società dovremmo dire alle persone che hanno la sensazione di aver perso
il senso della propria vita: giusto, è meglio che te ne vai”.
Ottenere il “miglior” figlio possibile
Altre recenti dichiarazioni sembrano voler tornare ad una mentalità che ricorda
i programmi nazisti per il miglioramento della qualità della razza. “Se hai in
programma di avere un figlio, dovresti avere il miglior figlio che puoi
ottenere”, ha affermato Julian Savulescu durante un seminario dello scorso anno
presso l’Università di Melbourne in Australia.
Secondo un servizio apparso il 16 novembre sul quotidiano The Age, Savulescu,
professore dell’Università di Oxford, e del Murdoch Children's Research
Institute, ha invitato i genitori ad utilizzare le tecnologie genetiche per
ottenere il “miglior” figlio possibile.
Savulescu ha prefigurato il giorno in cui i genitori potranno utilizzare queste
tecniche persino per selezionare determinati tratti comportamentali ed altre
caratteristiche. Egli ha raccomandato ai genitori di compiere le loro scelte
sulla base di ciò che considerano come “la miglior opportunità per il proprio
figlio”.
In Gran Bretagna, una ex presidente della Associazione per la pianificazione
familiare, la baronessa Flather, ha auspicato che i poveri evitino di avere un
gran numero di figli, secondo il Times del 5 dicembre. La Flather, attualmente
Direttrice del Marie Stopes International, una delle più grandi cliniche
abortiste britanniche, è stata immediatamente accusata di sostenere
l’eugenetica.
Negli Stati Uniti, la pratica della selezione degli embrioni per l’eliminazione
di quelli che presentano difetti genetici sta ottenendo sempre maggiore
consenso. In un servizio del Wall Street Journal del 23 novembre, si osserva che
a tale tecnica selettiva oggi si ricorre di più, perché il servizio sanitario
pubblico ne copre gli alti costi. La diagnosi genetica preimpianto (DGP) può
costare dai 3.000 ai 4.000 euro, oltre alla fecondazione in vitro che costa
circa 6.000 euro.
Eliminare i difetti attraverso la procreazione
Circa 1.500 bambini nel mondo sono nati attraverso tecniche di DGP, secondo Yury
Verlinsky, direttore del Reproductive Genetics Institute di Chicago. “La DGP sta
avendo un boom”, ha aggiunto William Kearns, direttore del Shady Grove Center
for Preimplantation Genetic Diagnosis di Rockville, nel Maryland.
Dall’altra parte dell’oceano, in Scozia, le coppie potranno presto ricorrere
alle tecniche di DGP, attraverso il Servizio sanitario nazionale, secondo quando
riferito dal quotidiano Scotland on Sunday lo scorso 19 dicembre. Dalle diagnosi
preimpianto effettuate, sin dall’introduzione di questa tecnica, da medici della
Glasgow Royal Infirmary sono nati cinque bambini, e l’ospedale ha chiesto il
finanziamento pubblico per poter applicare questa tecnica ad un numero maggiore
di coppie.
Questa richiesta è stata fortemente criticata da Ian Murray, direttore della
Society for the Protection of the Unborn Child in Scozia. “Ci opponiamo
fortemente a questa tecnica per ragioni di principio e riteniamo assai
deplorevole che la Glasgow Royal Infirmary stia richiedendo finanziamenti”, ha
dichiarato. “Non ha alcun valore terapeutico ed è assimilabile all’eugenetica.
Non reca alcun beneficio alle persone disabili: semplicemente le uccide”.
“Sessanta anni fa condannavamo i dottori nazisti per l’eugenetica”, ha ricordato
Murray. “E la diagnosi genetica preimpianto non è nulla di diverso.”
In un editoriale del quotidiano Scotsman del 27 dicembre, Dec Katie Grant ha
sottolineato che la DGP non riguarda la cura di malattie: “La malattia viene
cancellata, non attraverso la riparazione di un gene fasullo, ma attraverso la
creazione di più embrioni, che vengono poi selezionati al fine di eliminare
quelli difettosi e impiantare quelli sani”.
“L’idea di eliminare i difetti attraverso la procreazione è eugenetica pura e
semplice”, ha scritto Grant, “e noi procuriamo a noi stessi e alla società un
grave disservizio ricorrendo ad eufemismi per nascondere il nostro imbarazzo di
fronte alle connotazioni negative che caratterizzano l’eugenetica sin dai tempi
di Hitler”.
Usare l’ingegno umano per aiutare le persone a vivere meglio è un obiettivo
lodevole, ha commentato. Ma “è giusto che gli esseri umani agiscano da creatori
e poi da esecutori?”, si è chiesta. Per quanto sbagliata questa tecnica possa
essere, si sta diffondendo ad un ritmo notevole.
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Bugie statistiche
da: Il Foglio 3.2.2005 - Francesco Agnoli
Daniele Capezzone è certamente un abile oratore, facilitato, con uguale certezza, dall'assenza di qualsiasi vincolo alla verità (che infatti a suo dire non esisterebbe). Contraddittoriamente, però, propone "verità" quanto mai dogmatiche, presentate con assoluta seriosità ed insistenza. Ha sostenuto infatti, e continuerà a farlo, vista la somiglianza esistente tra un suo discorso ed il successivo, che neppure la Chiesa ha riconosciuto per secoli la dignità dell'embrione: infatti "rifiutava il battesimo a qualcosa che non avesse sembianze pienamente umane". Menzogna palese, dal momento che l'acqua del battesimo, come ognun sa, va spruzzata sulla testa del neonato e non sulla pancia di una donna! Con la stessa levità Capezzone in più occasioni si serve di sondaggi fasulli per dare ragione alle proprie teorie, per convincere gli oppositori che sono in minoranza. Ha sempre cifre aggiornate e precisissime su tutto. Così racconta che l'introduzione della 194 ha fatto calare gli aborti legali del 44% e quelli clandestini del 79%. Vuole cioè farci credere che si conosca il numero preciso degli aborti clandestini, sia precedenti al 1978 che attuali, come se non fossero, appunto, clandestini! E' una vecchia tattica, che dura da 30 anni. Infatti data almeno dal 1971. In quell'anno il Psi presentò al Senato una proposta per l'introduzione dell'aborto legale, libero, e gratuito, affermando che vi erano in Italia tra i 2 e i 3 milioni di aborti annui, e che circa 20.000 donne all'anno morivano a causa di questi interventi. Nel successivo progetto di legge, sempre socialista, presentato alla Camera il 15/10/'71, il numero degli aborti annui rimaneva stabile, mentre quello delle donne morte per pratiche abortive clandestine saliva, chissà come, a 25.000. Tali cifre venivano riprese come attendibili da tantissimi giornali ("Corriere della sera" del 10/9/'76: da 1,5 a 3 milioni di aborti clandestini l'anno; "Il Giorno" del 7/9/'72: da 3 a 4 milioni l'anno…). Anche sotto la pressione di questi presunti dati nacque la 194, che legalizzò l'aborto. Se le cifre suddette fossero state vere, una volta divenuto lecito e gratuito, l'aborto si sarebbe dovuto diffondere ancor più. Invece nel 1979 quelli legali furono ufficialmente, né 1, né 4 milioni, ma 187.752! Quanto poi alle donne morte per pratiche clandestine basterebbe consultare, per esempio, il Compendio Statistico Italiano del 1974: vi si legge che in Italia, nell'intero anno, sono morte 9.914 donne tra il 14 e i 44 anni, e cioè in età feconda. Fossero decedute anche tutte per aborto clandestino, cosa assolutamente assurda, non sarebbero comunque né 20.000 né 25.000! Oggi sappiamo che buona parte della campagna pro choice, in Italia come in USA, si basò su menzogne premeditate. Lo raccontano personaggi insospettabili, come Norma Mc Corvey, detta Roe, cui si deve appunto la legalizzazione dell’aborto in America. Il suo caso pietoso di donna povera, tra riformatorio e lavori precari, amanti ed Lsd, venne usato dagli abortisti con estrema spregiudicatezza per convincere l’opinione pubblica. Si puntò sul sentimentalismo, sulla sua storia personale, arricchendola di colorite invenzioni, come il fatto che fosse stata vittima nientemeno che di uno stupro di gruppo. Lo stesso uso dei casi estremi e pietosi fu fatto, in Italia, con le donne di Seveso, e viene riattualizzato oggi con Luca Coscioni. Tali strategie sono state svelate anche dal celebre Bernard Nathanson, fondatore a New York della "Lega d'azione per il diritto all'aborto", nel 1968, e direttore, all'epoca, della più grande clinica per aborti del mondo, il Crash. Costui, dopo aver effettuato, tramite i suoi medici, ben 75.000 aborti, di cui 15.000 di sua mano, ha riveduto le sue posizioni, ed ha tra l'altro affermato che una delle menzogne per convincere l'opinione pubblica era l'impiego di "sondaggi fittizi" e la falsificazione dei dati sugli aborti clandestini e le donne morte a causa di essi. "Purtroppo l'informazione inesatta e tendenziosa rimane per gli abortisti il metodo migliore di propaganda" (B. Nathanson, "Aborting America", 1980). Sempre Nathanson ricorda altre strategie utilizzate all’epoca da lui stesso e dai compagni di strada: sviare il discorso dal campo scientifico a quello ideologico, accusando la Chiesa di posizioni preconcette e moralistiche; spiegare che i cattolici debbono distinguere tra questioni puramente e solamente religiose e leggi dello Stato; affermare che tutti i mezzi di informazione sono schierati con la Chiesa, "arrogante e prepotente"... Le stessa "litanie" che ognuno può ancor oggi sentire, trent'anni dopo, ascoltando Radio Radicale.
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Giuristi e
scienziati fanno appello ai diritti dei nascituri
E mettono in guardia sui rischi eugenetici della
fecondazione in vitro
ROMA, martedì, 1° febbraio 2005 (ZENIT.org).-
Pur partendo da scuole e concezioni diverse, giuristi e scienziati riunitisi a
Roma il 31 di gennaio, hanno espresso le loro perplessità nei confronti di
proposte di variazioni peggiorative della legge 40/2004 sulla Procreazione
Medicalmente Assistita, oggetto di prossimi referendum abrogativi.
Organizzato dall’Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi (Isle)
con il Patrocinio del Presidente della Repubblica, il Convegno dal titolo
“procreazione assistita: problemi e prospettive” (www.laprocreazioneassistita.it)
ha visto i diversi relatori difendere con chiarezza i diritti dei nascituri, fin
dal concepimento.
Il professore Giorgio Oppo, docente emerito della Facoltà di Giurisprudenza
dell’ Università “La Sapienza” di Roma, facendo riferimento agli embrioni
sacrificati dalla tecnica ha precisato che: “Il fatto che la distruzione del
principio di vita sia opera di chi lo ha formato non è per sé, e per qualunque
etica o diritto, una esimente ma una aggravante come l’uccisione o mutilazione
del proprio figlio”.
In merito alla legge 40, il professore ha spiegato che “Il tentativo di
avvicinamento alla natura e di rispetto della natura è apprezzabile e conforme
all’ispirazione della Costituzione che privilegia la famiglia come società
naturale”.
Pierangelo Catalano, professore di Diritto Romano a “La Sapienza” ha
sottolineato come già nel diritto romano si riconoscessero i diritti del
nascituro fin dal concepimento.
Catalano ha ricordato che già Giustiniano sosteneva che nell’interesse della res
pubblica, “il pretore deve favorire colui che sta nel ventre della madre ancor
più di quanto debba favorire il fanciullo”. Secondo il professore è evidente
come “il diritto romano si richiama all’interesse pubblico e al vantaggio del
concepito”.
Catalano ha poi rilevato come sotto gli Imperatori Settimio Severo e Antonino
Caracalla “l’aborto volontario era punito con la pena dell’esilio”, e che fu lo
stesso Caracalla a “far crescere la civitas conferendo la cittadinanza a tutti
gli uomini liberi”.
A questo proposito il docente di Diritto Romano ha riportato il dialogo tra il
Rabbi Jehudà e l’Imperatore Antonino, forse Marco Aurelio (secondo altri
Caracalla), che si trova nel Talmud.
L’Imperatore chiese al Rabbi: “Da quando viene introdotta l’anima nell’uomo,
dall’ora del concepimento o dall’ora della formazione (dell’embrione)?”.
Gli rispose il Rabbi: “Dall’ora della formazione”. Allora l’Imperatore replicò
“è mai possibile che un pezzo di carne stia tre giorni senza sale, senza andare
a male? Certo deve essere dall’ora del concepimento”.
Ed il Rabbi: “Questo mi ha insegnato Antonino e vi è un passo biblico che lo
conferma, come è detto: Mi hai donato la vita e mi hai usato misericordia e la
tua visitazione conservò il mio spirito”.
Sui pericoli di derive eugenetiche della fecondazione in vitro ha poi preso la
parola il professore di Diritto Penale all’Università di Milano, Luciano Eusebi.
“La valutazione degli embrioni in vitro nella fase anteriore al trasferimento in
utero implica uno screenig di tipo eugenetico”, ha detto Eusebi, osservando poi
che le diagnosi prenatali e il patrimonio di conoscenze genetiche che si è in
grado di ottenere, potrebbero essere utilizzate per operare una selezione a
esistenza già avviata.
Il professor Eusebi ha rilevato come il rischio della diffusione di prassi
eugenetiche precoci sia stato già stato sollevato dall’associazione Disabled
People’s International – Europe, con il documento “Le persone con disabilità
discutono della nuova genetica” (www.dpieurope.org
).
In proposito il professore ha ricordato che l’articolo 11 della Convenzione di
Oviedo sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina afferma testualmente che “è
vietata qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona a causa
del suo patrimonio genetico”.
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I rischi umani e sociali insiti nelle tecniche di fecondazione artificiale
ROMA, martedì, 1°
febbraio 2005 (ZENIT.org).- L’avanzamento
delle conoscenze scientifiche, in campo medico, offrono un grande beneficio alla
salute e allo sviluppo delle persone. Le tecniche di fecondazioni in vitro,
soprattutto se non vincolate da limiti precisi, presentano però grandi rischi
dal punto di vista umano e sociale.
E’ quanto sostiene Francesco Agnoli, professore alla scuola cattolica Sacro
Cuore di Trento in un agile libricino intitolato "La fecondazione artificiale",
e pubblicato dalle “Edizioni Segno"
(Udine, 85 pp., 7 euro; info@edizionisegno.it).
In una intervista concessa a ZENIT, Agnoli ha voluto affrontare le questioni più
concrete e scottanti, sui possibili pericoli corsi dalle donne con la
fecondazione artificale la donna; sul fatto che i bambini nascono meglio che con
metodi naturali; e sul destino degli embrioni.
Replicando alle parole espresse dall’onorevole Laura Cima, Segretaria alla
Commissione Esteri della Camera, secondo cui la legge 40 è ingiusta, perché pone
troppi divieti, Agnoli ha affermato che “in realtà è vero il contrario: ne pone
troppo pochi!”.
“La stessa onorevole Cima nel 1992 definiva la fecondazione artificiale una
‘sperimentazione selvaggia che ha come oggetto donne e bambini e che rappresenta
un giro d'affari non indifferente’”, ha poi aggiunto.
Secondo l’autore del libro “La fecondazione artificiale procede per tentativi,
sulla pelle delle donne e dei bambini, con costi economici altissimi. E nei casi
in cui il bambino viene alla luce, vi è prima uno spreco assurdo di vite umane
sotto forma di embrioni; un calvario fisico e psicologico per la coppia, che
porta, non di rado, a problemi psicologici, depressione, conflittualità tra i
coniugi ecc.”
Dal punto di vista della salute Agnoli ha scritto che le tecniche di
fecondazione presentano “un rischio enormemente più alto che in natura per la
salute fisica, oltre che psichica, dei bambini che dovessero nascere”.
“Si corrono rischi di malattie degenerative, nel corso degli anni, del sistema
neurologico e del cuore; che nel caso di parti trigemini, piuttosto frequenti, i
bimbi rischiano deficit fisici e/o mentali”.
“Vi sono poi tutta una serie di altre possibili complicazioni, come il
retinoblastoma, la paresi cerebrale, l'atresia dell'esofago, i difetti del tubo
neurale ecc”, ha riferito poi a ZENIT.
Agnoli ha inoltre denunciato i rischi di deriva eugenetica insita nella
selezione degli embrioni e nel tentativo di definire a priori tutte le
caratteristiche fisiche del nascituro.
“Si tratta di una concezione assurda della paternità e della maternità” sostiene
l’autore del libro, anche perché è nota la non fruibilità delle cellule
staminali embrionali, ed “accettare l’idea che forse sarebbe possibile risolvere
una serie di malattie uccidendo embrioni, cioè altri esseri in divenire, vite
umane, è inaccettabile”.
Nel libro vi è una sezione dedicata alla storia, dove vengono analizzati i
documenti scritti da persone favorevoli alla fecondazione in vitro (FIV), tra
cui Mary Warnock e Carlo flamini, e dove Agnoli racconta gli esperimenti
compiuti negli anni passati, in un clima di completo Far West della provetta.
L’autore del libricino narra come il ginecologo romano Severino Antinori abbia
fatto partorire, sotto il flash dei fotografi cui erano stati venduti i diritti,
Rosanna Della Corte, di anni 63: una donna vedova presentatasi con un
contenitore contenente sperma del marito congelato dieci anni prima (con tutti i
danni che la crioconservazione comporta sulla vitalità del seme).
Sempre di Antinori racconta di quando fece sì che una ragazza siciliana di nome
Manuela, portasse "in grembo l'embrione frutto degli ovociti della madre e degli
spermatozoi del patrigno".
Agnoli tratteggia anche le moltissime storie di dolore e di sofferenza che si
celano dietro queste pratiche mediche, ma l’intenzione principale del libricino
è quella di spiegare in maniera semplice ed accessibile a tutti le problematiche
storiche, scientifiche e morali connesse alla fecondazione in vitro.
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Bugie staminali
Angelo L. Vescovi, Il Foglio 22.1.2005
Angelo L. Vescovi è uno dei più importanti studiosi del mondo nel campo delle cellule staminali. Pronuncierà questo intervento il 31 gennaio all’Accademia dei Lincei al convegno sui “problemi e le prospettive della procreazione assistita” organizzato dall’Isle
Una delle ragioni alla base dello scontro sulla legge che regolamenta la produzione di embrioni umani riguarda la possibilità di utilizzarli al fine di isolare cellule staminali embrionali pluripotenti. Essendo queste cellule in grado di produrre qualunque tipo di cellula matura dei tessuti del nostro organismo, esiste la possibilità che le cellule staminali embrionali possano essere utilizzate per lo sviluppo di numerose terapie rigenerative ad oggi incurabili, quali il diabete, il morbo di Alzheimer eccetera. Questa tesi è sicuramente logica e sostenibile fintanto che si accetti il fatto che si sta parlando di prospettive future e non di terapie già esistenti o in rapido divenire, e che si sta parlando di una delle numerose vie percorribili.
Purtroppo, il messaggio che incautamente viene trasmesso al grande pubblico e al legislatore è di ben altra natura e diametralmente opposto a quello che la realtà dei fatti ci propone.
Ci viene infatti spesso spiegato il contrario del vero, e cioè che le cellule staminali embrionali rappresentano se non l’unica (concetto che comunque in molti propongono), sicuramente la via migliore per lo sviluppo di terapie cellulari salvavita. Si allude spesso, nemmeno troppo velatamente, al fatto che le terapie a base di cellule staminali embrionali sarebbero addirittura già disponibili.
Non posso mancare di notare come un tale approccio è totalmente infondato e pone il cittadino, presto chiamato a decidere sulla validità della legge sulla fecondazione assistita, di fronte ad un dubbio dilaniante: lasciare morire milioni di persone o permettere l’uso degli embrioni umani per generare cellule salvavita? Ovviamente, in un contesto simile la natura dell’embrione umano viene stravolta, negata e banalizzata fino a renderlo un semplice “grumo di cellule”, qualcosa di sacrificabile ignorando gli enormi problemi etici che questo sacrificio solleva.
In realtà il sacrificio non è per nulla necessario.
Non ci sono terapie “embrionali”
A dispetto di un oggettivo, significativo potenziale terapeutico, non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di cellule staminali embrionali. Non è attualmente possibile prevedere se e quando questo diverrà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, che ci impediscono di produrre le cellule mature necessarie per i trapianti, e data la intrinseca tendenza delle staminali embrionali a produrre tumori.
Secondo, ma non meno importante, esistono numerose terapie salvavita che rappresentano realtà cliniche importanti, quali le cure per la leucemia, le grandi lesioni ossee, le grandi ustioni, il trapianto di cornea. Tutte queste si basano sull’utilizzo di cellule staminali adulte. Inoltre, sono in fase di avvio nuove sperimentazioni sul paziente che implicano l’utilizzo di cellule staminali cerebrali umane.
Terzo, le terapie cellulari per le malattie degenerative non si basano solo sul trapianto di cellule prodotte in laboratorio. Esistono tecniche altrettanto promettenti basate sull’attivazione delle cellule staminali nella loro sede di residenza. Saranno quindi le cellule del paziente stesso che si occuperanno di curare la malattia, una volta stimolate con opportuni farmaci. Ovviamente, trattandosi delle cellule staminali del paziente stesso, i problemi di rigetto che, ricordiamolo, possono esistere col trapianto di staminali sia embrionali che adulte, in questo caso non sussistono.
Quarto: la produzione di cellule staminali embrionali può avvenire senza passare attraverso la produzione di embrioni. Sono infatti in corso studi grazie ai quali è possibile deprogrammare le cellule adulte fino a renderle uguali alle staminali embrionali senza mai produrre embrioni. Si tratta di una procedura che ha la stessa probabilità di funzionare della clonazione umana, ma scevra da problemi etici e che produce cellule al riparo da rischi di rigetto.
Da quanto descritto sopra, emerge molto chiaramente la seguente conclusione: il dibattito riguardante la legge sulla fecondazione assistita deve avvenire in assenza delle pressioni emotive e psicologiche che, artatamente, vengono fatte scaturire dalla supposta inderogabile necessità di utilizzare gli embrioni umani per produrre cellule staminali embrionali che rappresenterebbero l’unica o la migliore via per la guarigione di molte malattie terribili e incurabili.
Questa affermazione è incauta non solo perché fondata su concetti facilmente questionabili ma anche in relazione all’esistenza di linee di ricerca, di sviluppo e di cure almeno altrettanto valide, molto più vicine alla messa in opera nella clinica corrente e prive di controindicazioni etiche. Il dibattito sulla legge deve quindi incentrarsi sugli aspetti relativi alla dignità dell’embrione e al suo riconoscimento come vita umana a tutti gli effetti.
In questo contesto, mi permetto di concludere che, nella mia scala di valori di laico e agnostico, il diritto alla vita dell’embrione precede inequivocabilmente il diritto alla procreazione.
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Mons. Riboldi e la fecondazione artificiale: «La persona va difesa sin dall'inizio»
[intervista rilasciata a Gian Guido Vecchi, Corriere della sera, 19 gennaio 2005]
«lo sono d’origine bríanzola, sa? E dalle mie parti, a Triuggio, i bambini si contavano a grappoli, mia nonna arrivò a tredici, la mamma ad otto. Quindi, da questo punto di vista, mi spiace, io sono uno che è nato nell'Ottocento...».
Monsignor Antonio Riboldi, vescovo‑emerito d’Acerra, ha la voce ironica e il tono deciso di chi ha passato la vita ad evitare eufemismi o mezze parole, che si trattasse di camorra o convinzioni etiche. «Per me un bambino è una creatura nata da un papà e da una mamma, sa, se fosse possibile preferirei mantenere il vecchio metodo naturale... ».
E quindi, monsignore, che farà al referendum? «Non voterò, poco ma sicuro. Mi astengo. Non ci vado».
Motivo? «L'astensione è un'arma. Attenzione: il mio non è un modo per dire "ni'', non voglio assolutamente ritirarmi dalla battaglia, anzi. è la forma di rifiuto più netto di una cosa che non accetto». Con l'obiettivo di invalidare i referendum? «Chiaro, I'astensione serve a questo. Io sono solo uno, non rappresento certo milioni di persone, ma faccio quello che mi dice la mia coscienza. Del resto è una cosa permessa, no? E se tanti non votano può anche mancare il quorum».
Ma della legge sulla fecondazione cosa ne pensa? «Ci sono cose che dal punto di vista cristiano non vanno, è vero che non si tratta di una legge cattolica, la stessa fecondazione in vitro... Ma almeno non la si peggiori, si rispetti quella persona umana che è il bambino. Pensi ad uno cui dovessero dire: tu sei figlio dell'eterologa. Cosa dovrebbe pensare? Ma allora di chi sono figlio, che avete fatto di me, una cosa nata in laboratorio? Non possiamo farci prendere la mano dalla tecnologia».
Ma cosa teme di più in questi referendum? «La confusione, questo è il vero pericolo, e qui parliamo di una materia nella quale non è permesso sbagliare. Il bambino non è una cosa, è una persona che deve avere un’identità precisa e un'origine chiara. Ci vuole semplicità».
Sì, ma che cos'è la semplicità? «Guardi, io parlo della semplicità che avrebbero le parole di mia nonna, di un contadino, la povera gente farebbe questi discorsi. Proviamo a pensare davvero: chi ha ragione? Le nostre mamme povere e intelligenti o chi arriva a manipolare la vita, l’origine della vita? Del resto anche le esperienze sull'aborto e sul divorzio mi fanno pensare di tener ferma una condotta molto chiara...».
In che senso? «Che ci hanno un po' ingarbugliato le idee, il sì era il no e il no era il sì, la gente non capisce, specie quando si tratta di quesiti così complessi».
E capirà questa posizione? «lo sento di fare una battaglia per l'uomo, mi sono sempre sentito veramente bene quando ho potuto difendere una persona dalla camorra, dalla mafia, dalla povertà, dall'ingiustizia. La persona va difesa sin dall'inizio. E se dicono che sono medievale, pazienza».
Beh, lei non ha la fama d'essere un prete medievale. «Ma sì, questo sì! E se la mia scelta vuol dire essere fuori strada, meno male».
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I CONFINI DELL'ETICA NON SI BARATTANO
A PROPOSITO DEI REFERENDUM SULLA
PROCREAZIONE ASSISTITA
Giuseppe Anzani -
Famiglia Cristiana
Il referendum con il quale i radicali volevano cancellare totalmente
la legge sulla procreazione assistita è stato bocciato dalla Corte
costituzionale.
La ragione è evidente: senza regole, si tornerebbe al far west, in un campo dove
è in gioco la vita umana nascente, la sua dignità, i suoi diritti elementari; si
tornerebbe alla provetta selvaggia, alle madri-nonne e agli uteri in affitto,
alla possibilità di clonare embrioni come fossero pecore Dolly.
Ci sono limiti etici, ci sono limiti giuridici che non si possono sopprimere senza diventare disumani. Questa è una prima lezione.
A seguire, i princìpi
etici restano identicamente il discrimine di fondo per valutare anche i quattro
referendum "minori" affidati alla decisione dei cittadini. Essi investono solo
alcune parti della legge, ma non per questo sono poco importanti: uno di essi
vorrebbe poter usare gli embrioni, anche clonandoli e poi "uccidendoli", per
prendere le cellule staminali e farci sopra le sperimentazioni; un altro
vorrebbe poterne fabbricare senza limite di numero, e congelare e selezionare;
il terzo caccerebbe fuori l’embrione dal novero dei soggetti umani che meritano
protezione giuridica; il quarto darebbe licenza di mettere al mondo un "figlio
d’altri" (fecondazione eterologa) e di tenerselo.
Dite se è poco.
Fra il sì e il no passa ancora una frontiera di civiltà. Di fronte ai tentativi di annacquare la verità, di dissimularla dietro gli slogan che insultano la legge senza riportarne il contenuto, un rimedio c’è: è sufficiente prendere il testo scritto, cancellare con un pennarello le parole che i referendum vorrebbero cancellare, e vedere cosa cambia, cosa passa dal giorno alla notte.
Sostengono alcuni che difendere quelle norme è una posizione cattolica, abolirle è invece una posizione laica. È falso.
Ci sono, infatti, mille ragioni squisitamente laiche per confermare quelle difese irrinunciabili alla dignità della vita, per rifiutare la clonazione di esseri umani, per non trattare i figli "fabbricati" come cose che si usano e si gettano, per non cancellare i diritti degli esseri umani viventi.
Nell’orizzonte della laicità dello Stato, che ha il compito di regolare secondo giustizia le libertà reciproche e di proteggere i reciproci diritti minacciati dall’arbitrio altrui, le pratiche che oltraggiano la vita urtano i fondamenti giuridici stessi sui quali la società stessa consiste. Altro che legge cattolica; per i cattolici è già un errore la provetta in sé stessa, e se una difesa questa legge richiede è per la ragione che essa limita, almeno, talune gravi aberrazioni. Questa linea di resistenza è stata chiaramente espressa dalla Conferenza episcopale italiana per voce del suo presidente, il cardinale Camillo Ruini.
Si può aggiungere che nel momento in cui i cittadini, cattolici o no, sono chiamati a decidere che cosa è giusto e che cosa è ingiusto nelle regole che si danno, viene comunque chiamata in causa anche la coscienza etica, per tutti. Schivare l’incrocio, rimaneggiare la legge in Parlamento, assecondando i quesiti quanto basta per placarli senza andare al voto, è impraticabile.
Il Parlamento ci ha lavorato per sette anni, fino all’estenuazione, e l’ultimo voto di approvazione, traversando gli schieramenti partitici, ha sfiorato i due terzi del consenso. Proporgli di sconfessarsi il giorno dopo è fuori coerenza.
E d’altra parte, le norme di cui si discute per il sì e per il no non sono come il prezzo dei tappeti o dei lampadari: sono confini etici sui quali non si baratta.
Voti dunque il popolo, o meglio, decida. Perché si può decidere anche rifiutando il voto (dal 1997 in poi, nei referendum non è mai stato raggiunto il quorum), mandando a monte il tentativo d’altri di cancellare ciò che si ritiene giusto mantenere.