FISCAL COMPACT E MES:

POVERTÀ, DITTATURA E SOLLEVAZIONI POPOLARI,

ECCO LA NUOVA EUROPA DI DOMANI.

 

UN NUOVO MEDIOEVO IN ARRIVO?

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Se la gente non si sveglia prima che sia troppo tardi ecco come ci ridurranno!

Nuovo medioevo in arrivo?

 

 

INTRODUZIONE

GIÙ I BIRILLI DELLA SPAGNA. DOPO DI CHE...

Fonte web

E dunque anche la Spagna si avvia risolutamente verso il fallimento. Chiariamoci: la Spagna è tecnicamente già fallita per il semplice motivo che se non fosse occorsa la Banca Centrale Europea a comperare i suoi titoli di Stato, avrebbe di fatto "portato i libri in tribunale", per sua stessa ammissione, visto che si trova nell'impossibilità di pagare anche i minimi servizi pubblici.

Ora, dire che si avvia verso il fallimento significa supporre - con ragionevole approssimazione - che il percorso sarà grossomodo il medesimo della Grecia. Per ora si prevede un aiuto da 100 miliardi, diviso in tranche, sul quale già è piovuto il diktat della Germania: nessun aiuto se non in cambio di piani di risanamento.

Tra un po', vedremo, si inizierà a parlare di default selettivo, di haircut, e alla fine di possibile uscita dall'Euro. Stessa storia già vista, e storia preannunciata almeno da chi, dal momento in cui è scoppiata la crisi attuale, ha saputo, voluto, e continuato a osservare la realtà con gli occhi aperti e la mente lucida.

Dal punto di vista prettamente comunicativo, è oltremodo semplice rilevare, anche solo guardando qualsiasi telegiornale o leggendo una qualunque delle cronache economiche riportare dai quotidiani di massa, come il tutto si stia ancora una volta spostando in modo fraudolento. I servizi giornalistici iniziano con la notizia della Spagna in crisi, sull'orlo del default, e quindi passano ai piani di salvataggio per le Banche spagnole.

Il discorso, anche intuitivamente, non fila, come si vede: se a essere in crisi è la Spagna, intesa come Stato che non riesce a pagare i propri debiti, e intesa come una situazione sociale al collasso, il passaggio logico secondo il quale debbano essere le Banche - che sono soggetti privati - a beneficiare del salvataggio con denaro pubblico è ridicolo. È criminoso, a dire il vero. Perché si lascia percepire all'opinione pubblica che l'eventuale salvataggio del Paese passi necessariamente da quello delle Banche, che hanno l'unico elemento di consonanza nel fatto di risiedere sul suolo iberico.

Al di là degli aspetti comunicativi, ad ogni modo, la situazione si sta verificando per come era prevista, e gli altri paesi d'Europa non potranno che trarne effetti malefici, con ulteriori speculazioni sullo spread e i titoli di Stato. Come abbiamo scritto giorni addietro, agosto sarà rovente.

Suggeriamo un ulteriore bagno di realismo: sta fallendo la Spagna, dopo la Grecia. Non la Bulgaria, la Serbia o la Croazia, senza nulla togliere a questi paesi, ma la Spagna. Madrid e Barcellona, dopo Atene e Salonicco.

C'è ancora qualcuno in giro che la sente di scommettere sulla certezza che l'Italia, che Roma e Milano, non potranno seguire la stessa sorte?

.... Intanto un'altra bordata alla democrazia e alla sovranità dei popoli arriva dal Fiscal Compact e dal MES nel quasi silenzio assoluto dei media e di una classe politica senza più alcuna dignità.

 

 

LA PENISOLA DEI PENOSI

Ovvero la patria dei ratificatori di professione

 

ULTERIORI CESSIONI DELLA SOVRANITÀ

 POPOLARE "FISCAL COMPACT"

 

 

La Camera approva Fiscal Compact e Mes:

inizia la dittatura europea

Fonte web

Stamattina alla Camera dei deputati è stata scritta la sentenza di fine sovranità dello Stato italiano. Nel silenzio totale dei mezzi di comunicazione i Deputati dell’oramai ex Belpaese hanno dato il via libera definitivo alla ratifica del Trattato sulla stabilita’, sul coordinamento e sulla governance nell’Ue, meglio conosciuto come Fiscal Compact, sottoscritto il 2 marzo e integralmente applicabile ai 17 Stati della zona euro e al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), al secolo “fondo salva stati”.

I si’ per il Fiscal Compact sono stati 380, 59 i no, 36 gli astenuti, quelli per il Mes sono stati 325 si’, 53 no e 36 astenuti. Solo la Lega ha votato contro; l’Idv si e’ astenuta. Questo dovremo ricordarcelo nel prossimo futuro.

Il presidente dei deputati della Lega Nord, Gianpaolo Dozzo, così spiega la contrarieta’ del suo gruppo parlamentare all’adozione del Fiscal compact e del Meccanismo europeo di stabilita’:

”Oggi, nel silenzio generale, e’ cambiato l’articolo 1 della nostra Costituzione ma nessuno lo dice: la sovranita’ non appartiene piu’ al popolo, ma alla burocrazia europea, che per giunta la esercita nelle forme e nei limiti che essa stessa decide. Monti e la sua maggioranza hanno impegnato il nostro Paese su vincoli che sarebbe gia’ difficile rispettare in una fase di crescita economica, figuriamoci in una situazione di crisi e recessione come quella che stiamo attraversando. Quando non riusciremo ad onorare questo nostro impegno non potremo piu’ tirarci indietro ma dovremo consegnare le chiavi di casa nostra alle varie autorita’ europee. Quello che piu’ mi lascia basito e’ che proprio l’anno scorso con tanta enfasi tutti, non noi, hanno voluto festeggiare la ricorrenza dell’Unita’ d’Italia e oggi l’hanno svenduta a Stati stranieri, senza che i tanti e illustri costituzionalisti del nostro paese, sempre ligi e attenti a vedere le pagliuzze, non abbiano visto questa trave”.

Condivido pienamente queste dichiarazioni. E voi? Siete perplessi? Solo perchè è un leghista?

Ora cercherò di spiegarvi cosa sono il Fiscal Compact e il Mes.

Il Fiscal Compact

Il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact) – oggetto del ddl di ratifica A.C. 5358, approvato dal Senato il 12 luglio scorso – è stato firmato in occasione del Consiglio europeo dell’1-2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di Regno Unito e Repubblica ceca.

Il Trattato incorpora ed integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa.

Tra i punti principali del Trattato si segnalano:

1) l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la “regola aurea” per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo;
2) qualora il rapporto debito pubblico/PIL superi la misura del 60%, le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno per la parte eccedente tale misura. Il ritmo di riduzione, tuttavia, dovrà tener conto di alcuni fattori rilevanti, quali la sostenibilità dei sistemi pensionistici e il livello di indebitamento del settore privato;
3) le parti contraenti si impegnano a coordinare meglio la collocazione dei titoli di debito pubblico, riferendo preventivamente alla Commissione e al Consiglio sui piani di emissione dei titoli di debito;
4) qualsiasi parte contraente che consideri un’altra parte contraente inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio può adire la Corte di giustizia dell’UE, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea;
5) le parti contraenti possono a fare ricorso, alle cooperazioni rafforzate nei settori che sono essenziali per il buon funzionamento dell’Eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno;
6) i Capi di Stato e di governo delle parti contraenti la cui moneta è l’euro si riuniscono informalmente in un Euro Summit, insieme con il Presidente della Commissione europea;
7) il Parlamento europeo ed i Parlamenti nazionali degli Stati aderenti, come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al TFUE, determineranno insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE, al fine di dibattere le questioni connesse al ordinamento delle politiche economiche.

Il Trattato entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito del dodicesimo strumento di ratifica di uno Stato parte contraente, aderente all’area dell’euro. Alla data del 12 luglio 2012, il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia); in due 2 Stati (Austria e Germania) è stato completato l’iter parlamentare della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati dal Presidente della Repubblica.

Ogni paese, dopo la ratifica del trattato, avrà tempo fino al 1° Gennaio 2014 per introdurre la regola che impone il pareggio di bilancio nella legislazione nazionale. Solo i paesi che avranno introdotto tale regola entro il 1º marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità.

E’ tutto collegato. Ogni tassello ha il suo posto prefissato. Quello che ne uscirà fuori sarà un puzzle mostruoso.

L’Italia in questo è già avanti. Il governo italiano ha ratificato e recepito l’imposizione europea, inserendo in Costituzione il principio del pareggio di bilancio. Il Senato, in data 17 Aprile, ha approvato con 235 si e 11 no e 24 astenuti il ddl di riforma dell’ art.81 della Costituzione che e’ legge con questa quarta e ultima lettura, prevista per le riforme costituzionali. Si è espresso a favore più dei due terzi dei componenti, evitando così il referendum confermativo. Anche qui, il tutto è avvenuto nel silenzio pressoché totale della stampa e delle televisioni, nell’omertà bipartisan di politologi e politici.

In pratica vi sarà solo una lenta ma inesorabile perdita di tutte le sovranità nazionali. E ancora una volta, alla faccia della democrazia, i cittadini non sono stati chiamati a partecipare alla decisione, anzi, sono stati addirittura esclusi dal dibattito in quanto televisioni e giornali hanno preferito glissare sull’argomento.

A dire il vero, sono convinto, che un dibattito non ci sia stato neanche all’interno delle aule parlamentari, in quanto si tratta di una imposizione europea ben supportata in Italia dal governo fantoccio di Mario Monti. Solo un voto a maggioranza qualificata poteva sovvertire il dicktat europea. Pura utopia. La maggior parte di coloro i quali hanno preso parte alla votazione, ne sono certo, non sapevano neanche cosa stavano andando a ratificare. Il che non vuole essere una attenuante ma una aggravante, che colpirà ben presto questi signori oramai dediti alla sola tutela dei propri privilegi.

Dimentichiamo spesso di essere in un regime monetario. Difatti, noi usiamo una valuta straniera, non sovrana, che ci impedisce autonomia nelle decisioni in materia economica. Un vero cappio al collo. E ora ci tolgono anche il supporto che ci aiuta a rimanere in vita. Alla luce dei fatti il pareggio di bilancio e l’estinzione del debito per uno Stato, a queste condizioni sono impossibili da realizzare.

L’unico modo per uscire da questa spirale, sarebbe quello di generare nel bilancio pubblico avanzi primari (la differenza tra le entrate dello Stato e la sua spesa al netto degli interessi corrisposti sul debito pubblico) talmente consistenti da superare la spesa per gli interessi. Debito pubblico/privato che è arrivato a toccare i 2700 miliardi di euro. Per far fronte ad un tale livello di indebitamento, bisognerebbe chiudere il bilancio con ricavi nettamente fuori dalla portata degli attuali governi. Inoltre una politica del genere (lo abbiamo visto in Grecia, Irlanda e Spagna) comporterebbe un sacrificio lacrime e sangue da parte dei cittadini, con taglio dei servizi e inasprimento della pressione tributaria. Quella che i tecnocrati chiamano con una certa libidine austerity. Presto toccherà anche noi beccarci le riforme di ripianamento, che ci schiacceranno nella povertà e nell’incertezza. Sono già state annunciate. Come è già partito il piano di liquidazione totale di tutte le aziende statali, di quella non in perdita si intende, e il draconiano taglio dei servizi essenziali di ogni cittadino, tra cui scuola, sanità e tutte quelle cose che fino ad oggi abbiamo dato per scontato, vivendo in un paese “progredito” e “sviluppato”.

Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha reso noto che l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio almeno fino al 2017. Questo significa che se vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissi dall’Ue ci dovremo accollare la metà del debito sulle nostre spalle. Ciò significa distruzione della Stato di Diritto. Dovremo pagare multe salatissime (pari allo 0,1% del Pil) ogniqualvolta non rispetteremo gli impegni presi firmando il Fiscal Compact. Saremo ancora più dipendenti e ricattabili, saremo una colonia (ma per noi non è una novità visto che siamo un potenta made in U.S.A. dal 1945), e verremo spogliati delle nostre ricchezze reali e saremo trattati alla stregua di schiavi.

I prossimi governi saranno “costretti” a mantenere la linea di austerity tracciata dalla bancocrazia Monti, tali trattati, sulla carta, non sono tralciabili. Il Parlamento italiano diventa ufficialmente un organo dei mercati, a cui si dovrà dare conto di ogni decisione e di cui si dovranno rispettare le “agende” prescritte.

In pratica abbiamo perso la sovranità nazionale in materia di scelte economiche. Privati oramai da tempo della facoltà di battere moneta, ci siamo chinati al volere globalista del super stato europeo.

E’ un domino: persa la sovranità monetaria, e ora quella economica, a breve dovremo rinunciare alla sovranità fiscale e poi politica che cadrà in mano, come auspicato su Repubblica da Curzio Maltese, a una casta ristretta di tecnici illuminati che guideranno il sopito ricordo degli stati nazione verso le porte del nuovo ordine mondiale, aprendo la strada a un regime sinarchico scientifico mondialista.

Come dichiarato in più occasioni e da diversi esponendi di varie sponde politiche e non, l’obiettivo finale è la creazione dagli Stati Uniti d’Europa, la tecnocrazia bancaria con un governo centrale, una banca centrale, una moneta unica e dove il popolo verrà spogliato della divisa di cittadino per indossare i panni ben più scomodi di merce, soggetto alle leggi del mercato neoliberista relativista globalizzato.

Un esempio sono le dichiarazioni odierne rilasciate dal deputato di ApI Bruno Tabacci:

”Piu’ che cessioni di sovranita’ nazionale dobbiamo cominciare a pensare all’acquisizione di una piena sovranita’ europea fondata su un nuovo patto politico che leghi cittadini e istituzioni europee. L’Italia non puo’ che essere in prima linea”.

E poi mi vengono a dire che non sono i camerieri dei banchieri!

Ve lo scrivo con le parole di Alberto Bagnai, docente di Politica Economica e di Economia e Politica della Globalizzazione:

“Il fiscal compact è un’assurdità, non devo spiegarlo a voi: in un sistema ingessato dalla politica monetaria unica, ingessare la politica fiscale equivale a condannarsi alla recessione. Il fiscal compact è più assurdo del patto di stabilità e di crescita, che non ha funzionato perché è stato violato per prima dalla Germania (quando doveva finanziare la sua svalutazione reale competitiva)“.

 

Provvedimenti criminali

 

GUERRA AL MES! DIFFONDETE IL VOLANTINO!

 

Il Meccanismo Europeo di Stabilità

La modifica all’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) – la cui ratifica è oggetto del disegno di legge A.C. 5357, approvato dal Senato il 12 luglio scorso – è stata adottata con decisione del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, secondo la procedura semplificata di revisione dei trattati. L’art. 136 reca alcune disposizioni riguardanti specificamente gli Stati aderenti all’area dell’euro, volte a rafforzare il coordinamento delle politiche di bilancio e ad elaborare comuni orientamenti di politica economica.

La decisione prevede l’inserimento all’art. 136 del seguente paragrafo:“Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.”

Il procedimento di ratifica della modifica dell’art. 136 del TFUE si è perfezionato in 12 Stati membri (Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia), mentre in altri 9 Paesi (Austria, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) è intervenuta l’approvazione in sede parlamentare, senza tuttavia che la relativa legge sia ancora entrata in vigore.

Strettamente connesso a tale modifica, il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato siglato, in una prima versione, dagli Stati membri della zona euro l’11 luglio 2011; tenuto conto della predisposizione del Fiscal Compact e dell’esigenza di rafforzare il meccanismo alla luce delle tensioni sui mercati internazionali, il 2 febbraio di quest’anno è stato sottoscritto un nuovo Trattato internazionale.

In base all’art. 1 del Trattato, il MES è costituito dalle parti contraenti quale organizzazione finanziaria internazionale, con l’obiettivo istituzionale di mobilitare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità. A questo scopo è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi.

Gli organi principale del MES – che ha sede a Lussemburgo e può istituire un ufficio di collegamento a Bruxelles – sono, in base all’articolo 4, il Consiglio dei governatori, il Consiglio di amministrazione ed il Direttore generale.

Il Consiglio dei governatori, composto da un componente per ciascuno degli Stati membri del MES, nonché, in qualità di osservatori, dal Commissario europeo per gli affari economici, dal Presidente dell’Eurogruppo e dal Presidente della BCE, assume le principali decisioni relative al funzionamento del MES.

Il Consiglio di amministrazione svolge invece i compiti specifici delegati dal Consiglio dei governatori. Ogni governatore nomina un amministratore e un supplente, tra persone dotate di elevata competenza in campo economico e finanziario.

Il Direttore generale è nominato – per cinque anni (rinnovabili una volta) – dal Consiglio dei governatori fra i candidati dotati di esperienza internazionale pertinente e di elevato livello di competenza in campo economico e finanziario. Presiede le riunioni del Consiglio di amministrazione e partecipa alle riunioni del consiglio dei governatori.

Il Consiglio dei governatori ed il Consiglio di amministrazione decidono “di comune accordo” , a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice. In particolare, il Consiglio dei governatori delibera all’unanimità su questioni di particolare rilevanza relative alla concessione dell’assistenza finanziaria, alle capacità di prestito del MES ed alle variazioni della gamma degli strumenti utilizzabili.

In base all’articolo 4, paragrafo 4, del Trattato nei casi in cui la Commissione europea e la BCE concludano che la mancata adozione di una decisione urgente circa la concessione o l’attuazione di un’assistenza finanziaria minacci la sostenibilità economica e finanziaria della zona euro, si ricorre a una procedura di votazione d’urgenza, nell’ambito della quale è sufficiente una maggioranza qualificata pari all’85% dei voti espressi.

Secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 7, del Trattato, ciascuno Stato membro ha un numero di diritti di voto pari alla quota di contribuzione al capitale versato. Il comma successivo stabilisce peraltro che, in caso di mancato versamento di parte della quota di contribuzione prevista, lo Stato membro inadempiente non potrà esercitare i propri diritti di voto per tutta la durata dell’inadempimento. I diritti di voto spettanti agli altri Stati membri verranno ricalcolati di conseguenza.

Il MES avrà un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di capitale versato dagli Stati membri della zona euro e una combinazione di capitale richiamabile impegnato e di garanzie degli Stati membri della zona euro per un importo totale di 620 miliardi di euro.

In base all’art. 41, il versamento delle quote da corrispondere in conto del capitale inizialmente sottoscritto da ciascun membro del MES dovrebbe effettuato in cinque rate annuali, ciascuna pari al 20% dell’importo totale. La prima rata è versata da ciascun membro del MES entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del trattato. Le restanti quattro rate sono corrisposte rispettivamente alla prima, seconda, terza e quarta data coincidenti con la data di pagamento della prima rata.

Il MES avrà una capacità effettiva di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni. L’organismo potrà inoltre finanziarsi attraverso il collocamento di titoli di debito, attraverso la partecipazione del FMI alle operazioni di assistenza finanziaria.

Il Capo 4 del Trattato disciplina gli strumenti e le procedure per la concessione del sostegno del MES. In particolare, l’articolo 12 fissa i princìpi per l’assistenza ribadendo che essa possa essere concessa ove sia indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri e sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, che possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite.

In base all’art. 13, uno Stato membro del MES può rivolgere una richiesta di assistenza finanziaria al Presidente del Consiglio dei governatori che assegna alla Commissione europea, di concerto con la BCE, il compito di valutare l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o dei suoi Stati membri, a meno che la BCE non abbia già presentato un’analisi al riguardo; la sostenibilità del debito pubblico (se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al FMI; le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.

Sulla base di tale valutazione, il Consiglio dei governatori può decidere di concedere, in linea di principio, l’assistenza finanziaria affidando alla Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI – il compito di negoziare con il membro del MES interessato, un protocollo d’intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto.

La Commissione europea firma il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES, previa approvazione del Consiglio dei governatori – e monitora di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme al FMI il rispetto delle condizioni cui è subordinato il dispositivo di assistenza finanziaria.

I risultati del monitoraggio sono inseriti in una relazione che la Commissione Europea presenta al Consiglio di amministrazione del MES, sulla base della quale quest’ultimo decide, di comune accordo, il versamento delle rate del prestito successive alla prima.

Il Trattato stabilisce che il Consiglio dei governatori possa decidere di concedere assistenza finanziaria a uno stato-membro del MES:

sotto forma di prestito (art. 15), secondo condizioni contenute in un programma di aggiustamento macroeconomico precisato in dettaglio nel protocollo d’intesa. Al fine di ridurre il rischio di azzardo morale, i tassi di interesse fissati per l’erogazione dei prestiti saranno pari al costo di finanziamento del MES (inclusi i costi operativi), includendovi un margine adeguato (art. 20);
mediante l’acquisto dei titoli emessi sul mercatoprimario da un membro del MES, al fine di ottimizzare l’efficienza in termini di costi dell’assistenza finanziaria, (art. 17);
effettuando operazioni sui mercati secondari in relazione alle obbligazioni di un membro del MES (art. 18);
in via precauzionale sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale o sotto forma di una linea di credito soggetto a condizioni rafforzate
ricorrendo a prestiti con l’obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie di un membro del MES (art. 16)
Il MES, in base all’art. 32 del Trattato, è dotato di piena personalità giuridica e capacità giuridica per acquisire e alienare beni mobili e immobili, stipulare contratti, convenire in giudizio e concludere un accordo e/o i protocolli eventualmente necessari per garantire che il suo status giuridico e i suoi privilegi e le sue immunità siano riconosciuti e che siano efficaci.

Per quanto attiene agli oneri derivanti dalla ratifica del Trattato istitutivo del MES, l’articolo 3 del disegno di legge (A.C. 5359, approvato dal Senato il 12 luglio scorso), non provvede ad esplicitare tali oneri, anche se la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge richiama le disposizioni del Trattato per le quali la partecipazione al capitale versato del MES comporterà il pagamento iniziale per l’Italia di cinque rate annuali, ciascuna delle quali è quantificabile in circa 2,866 miliardi di euro -mentre gli importi ulteriori, a chiamata, restano al momento solo eventuali. Il medesimo articolo dispone altresì che per il versamento delle quote suddette, a decorrere dal 2012, vengano autorizzate emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine, il cui ricavo netto in tutto o in parte dovrà finanziare la contribuzione italiana al MES. Le caratteristiche di tali emissioni di titoli di Stato – definite come aggiuntive rispetto a quelle previste dai documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014 – saranno stabilite con appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze. Viene altresì specificato che tali importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio, né nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità.

In base all’art. 48 il Trattato istitutivo entrerà in vigore non appena gli Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di capitale lo avranno ratificato. Alla data del 12 luglio 2012 il Trattato istitutivo del MES è stato ratificato (vedi tabella allegata) da 6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), che rappresentano il 26,55% del capitale; in altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l’iter di ratifica parlamentare e si è in attesa della firma del Capo dello Stato. L’obiettivo è quello di rendere operativo il MES già nel mese di luglio, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell’EFSF nella seconda metà del 2012 (con una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro).

Il Consiglio europeo aveva inizialmente chiesto il rapido avvio delle procedure nazionali di approvazione, affinché la modifica potesse entrare in vigore il 1º gennaio 2013 (prima della scadenza dell’attuale meccanismo transitorio di stabilizzazione). Alla luce del perdurare della crisi del debito pubblico di alcuni Stati membri dell’area euro, il Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 ha auspicato una accelerazione dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 136 e del trattato che istituisce il MES, concordando che quest’ultimo entri in vigore non appena gli Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di capitale lo avranno ratificato.

L’obiettivo è quello di rendere operativo il MES già nel mese di luglio, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell’EFSF nella seconda metà del 2012 (con una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro).

Non vi impressionate, non è roba complottista. Questa è tutta roba presa dal sito di governo della Camera dei Deputati. E poi diciamo la verità: i veri complottisti sono coloro che fanno i complotti e non coloro che cercano di smascherarli.

In Italia abbiamo una grande esperta di Mes. E’ Lidia Undiemi, studiosa di economia e diritto, autrice di Wall Street Italia. E’ stata la prima nel nostro paese a parlare pubblicamente del fardello che stavamo per accollarci. Ovviamente i suoi moniti sono rimasti inascoltati.

Vi propongo la visione di una sua video intervista fatta da Claudio Messora:

Concludo il lungo ma imprescindibile scritto citando ancora una volta Alberto Bagnai:

“Lo capite sì o no che l’euro è stato un furto di democrazia che ha condotto dove voleva condurre, cioè all’instaurazione di un regime oligarchico, paternalistico e classista che sta sbriciolando le classi subalterne? Lo capite che il vero costo è questo, quello politico, e che se non ci sbrighiamo a uscire immediatamente, a prescindere da qualsiasi considerazione di tipo economico, ci mettiamo su un percorso politico dal quale poi si dovrà uscire con un processo estremamente cruento (ma uscire si dovrà, perché le corde tirate troppo si spezzano. Altro che fuori dall’euro c’è la guerra, come dicono i coglioni, riecheggiando sinistramente le parole della Merkel“.

 

 

MES - meccanismo europeo di stabilità

la nuova dittatura

 

L'ISLANDA RISOLVE LA CRISI MA I

 MEDIA NON NE PARLANO

 

 

Il nuovo Patto Fiscale europeo:

fine della democrazia

Fonte web

Il senso del Trattato è espresso dal Titolo III, che porta a sua intestazione Fiscal Compact (‘Patto fiscale’), chiesto esplicitamente dal Presidente della BCE, Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento Europeo il 1° dicembre 2011. Le modalità autoritarie non sono dovute solo al fatto che una banca centrale, la BCE, chieda e ottenga dai governi la definizione di un nuovo patto fiscale; è che, a differenza delle stesse rivoluzioni borghesi del 1688-89, del 1776 e del 1789, i governi siglano un patto fra di loro al posto dei cittadini.

Nelle rivoluzioni borghesi si conveniva un patto tra cittadini e monarchi affinché il potere fiscale fosse di competenza dei parlamenti, della rappresentanza. Ora i governi si auto-conferiscono il potere fiscale per imporre, per gli anni a venire, le politiche di austerità in modo da scaricare i costi della crisi economico-finanziaria sui popoli europei.

Il secondo fatto, che colpisce al cuore i principi democratici, è l’obbligo di inserire in Costituzione il ‘pareggio di bilancio’, ciò che impone una nuova ‘costituzione economica’ comportando la cancellazione della possibilità da parte delle istituzioni pubbliche di intervenire nella gestione dell’economia con provvedimenti anticiclici, che hanno caratterizzato i paesi capitalistici del Secondo dopoguerra dove si è accettato il ‘compromesso keynesiano’ con la gestione della domanda pubblica e la costruzione del Welfare State. Si afferma all’art. 3, comma 2, che le regole del pareggio di bilancio: «devono avere effetto nelle leggi nazionali delle Parti contraenti al massimo entro un anno dall’entrata in vigore del Trattato attraverso previsioni con forza vincolante e di carattere permanente, preferibilmente costituzionale». Con un Trattato di carattere internazionale si interviene per modificare le Costituzioni così da legittimare nella legge fondamentale, la prima nella gerarchia delle fonti, il liberismo con le sue politiche dell’offerta tese all’espansione del mercato e dell’impresa privata. Il Parlamento italiano ha già votato, in prima lettura, la modifica dell’articolo 81 per imporre una camicia di forza alle politiche di bilancio. Sarà la Corte di Giustizia dell’UE a verificare l’avvenuto inserimento e a comminare eventuali sanzioni (art. 8): la Costituzione è resa vassalla delle esigenze di bilancio dettate dai mercati finanziari.

Il terzo fatto, che mina alla radice la stessa democrazia rappresentativa, è che a decidere le politiche fiscali non saranno più le rappresentanze elette ma la tecnocrazia della BCE e dei governi riuniti nel Consiglio europeo con la collaborazione della Commissione e del Vertice Euro. Infatti saranno questi organismi, seguendo le procedure definite dal Patto Euro Plus e i parametri indicati dal Six Pack, a decidere ‘la sostenibilità delle finanze pubbliche’ dei paesi membri per garantire anno dopo anno il consolidamento fiscale.

Siamo oltre il Trattato di Maastricht perché questo prevedeva il limite del 3% del deficit annuale e il 60% del PIL come limite massimo del debito; prevedeva sì le procedure di disavanzo eccessivo, ma non l’accentramento delle decisioni delle politiche fiscali, che ora si è creato. Entrate e spese sono sottoposte al vaglio del Consiglio Europeo, della Commissione e del Vertice Euro, con l’attiva partecipazione della BCE, in modo che il deficit annuale strutturale non oltrepassi lo 0.5% del PIL. Nel caso si oltrepassi questo limite, afferma sempre l’art. 3, interviene la Commissione per imporre un’azione correttiva. Azione correttiva che viene letteralmente imposta altrimenti scattano non solo pressioni ma sanzioni come previsto dalle procedure del ‘semestre europeo’.

Intanto, per spingere gli Stati a ratificare questo nuovo Trattato si afferma, in un ‘considerando’, che il sostegno finanziario previsto dal Meccanismo europeo di Stabilità (noto con la sigla inglese ESM) scatterà solo se sarà approvato dai rispettivi Parlamenti.

L’articolo 4 impone l’abbattimento del debito pubblico, per la quota che eccede il 60% del PIL, un ventesimo all’anno. Per l’Italia ciò significa un abbattimento di circa 47 miliardi l’anno, quasi il 3% del PIL!

L’articolo 5 prevede l’attuazione, in partnership con l’UE, di un programma relativo sia al bilancio sia alla politica economica che ‘includa una descrizione dettagliata di riforme strutturali’. Intendendo con ‘riforme strutturali’ quelle del mercato del lavoro, dei servizi pubblici, della previdenza. È il programma che sta realizzando il governo Monti: prima il taglio alla previdenza con l’allungamento della stessa età pensionabile, poi le liberalizzazioni e privatizzazione dei servizi partire da quelli a rete, poi il mercato del lavoro, per facilitare ancor di più licenziamenti e flessibilità.

L’articolo 6 prevede che la stessa programmazione della collocazione dei titoli di debito pubblico deve essere comunicata ex ante all’UE per coordinarla a livello europeo. Inutile ricordare che l’emissione dei titoli è una delle ‘prerogative’ più incisive dei ministeri del Tesoro, che ora di fatto viene spostata a Bruxelles.

Le procedure di governance previste dal Titolo V del Trattato sono la razionalizzazione di quelle già assunte con il ‘semestre europeo’, che voglio rapidamente ricordare.

Il Consiglio ECOFIN del 7 settembre 2010, ha modificato il Codice di condotta per l’attuazione del Patto di stabilità e crescita mediante le procedure del ‘semestre europeo’, avviato nel gennaio 2011. La loro novità è nella discussione e nell’indicazione ex ante delle politiche di bilancio, le cui fasi principali sono: a metà aprile quando gli Stati membri sottopongono i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) e contestualmente i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee-guida dettate dal Consiglio europeo; a inizio giugno quando, sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le Raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri; nella seconda metà dell’anno quando gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, sulla base delle Raccomandazioni ricevute. In un’indagine annuale la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai paesi membri nell’attuazione delle Raccomandazioni stesse.

L’impianto procedurale del semestre europeo ha, dunque, già prodotto scelte operative e atti legislativi costituendo il modus operandi della governance economica europea. Questa, con il Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, si è arricchita del Patto Euro Plus, che lo stesso governo italiano ha riconosciuto essere un ‘momento di innovazione costituzionale’: «Gli effetti del Patto non sono e non saranno limitati alla dimensione economica […] ma esteso alla dimensione politica. Effetti destinati a prendere la forma di una sistematica e sempre più intensa devoluzione di potere dagli Stati-nazione ad una comune nuova e sempre più politica entità europea» .

Approvato il 4 ottobre 2011, il Six pack prevede un deposito dello 0.2% del PIL per lo Stato che infrange le regole del limite del deficit annuale del 3% trasformabile in una multa, prescrivendo altresì il rientro del debito nel limite del 60% del PIL nell’ordine di un ventesimo ogni tre anni (previsione ripresa dal nuovo Trattato).

Se messe insieme queste regole – inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, deficit annuale allo 0.5% del PIL, abbattimento dello stock del debito per riportarlo al 60% del PIL, ‘riforme strutturali’ per ampliare il ruolo del mercato –, ci accorgiamo che l’altro pilastro che mancava all’euro, la gestione delle politiche fiscal ed economiche, è stato costruito. I bilanci dei paesi membri saranno definiti e gestiti dall’oligarchia di Bruxelles e la moneta dalla BCE, con l’obiettivo della stabilità finanziaria per rendere certi e promuovere gli scambi di mercato e gli investimenti privati a livello continentale .

Abbattimento della rappresentanza politica e distruzione dei diritti sociali sono i figli gemelli del nuovo ‘patto fiscale’, per questo l’opposizione alla sua ratifica fino alla richiesta di un referendum di indirizzo per sottoporlo al giudizio popolare, come quello tenutosi nel 1989, è un passaggio cruciale per dare forza alla resistenza contro le misure di austerità e per porre le basi di un’altra Europa − l’Europa democratica dei/delle cittadini/e.

 

2012? Preparatevi! Il Crollo, La Guerra, La Rivolta

e Il Blocco delle banche. Celente Ita

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Io amo l’Italia denuncia l’approvazione da parte

del Parlamento del Fiscal Compact e del MES

 

Io amo l’Italia denuncia l’approvazione da parte del Parlamento italiano in data 19 luglio 2012 del “Fiscal Compact” (“Patto di bilancio”) e del MES (“Fondo salva – Stati”). La ratifica di questi Trattati spogliano l’Italia della propria sovranità nazionale, dopo aver già perso la sovranità monetaria. L’attuazione del “Fiscal Compact” comporta per l’Italia l’adozione di pesanti oneri tra cui quello di ridurre il debito pubblico di circa 45 miliardi di euro all’anno per venti anni, dimezzandolo per complessivi 900 miliardi di euro, al fine di raggiungere un rapporto debito pubblico / PIL pari al 60%.

 

ESM e Fiscal Compact: parlamentari votano senza sapere di cosa si tratti

Si preannunciano 20 anni di rigore e 45 miliardi di aumento tasse e tagli alle spese ogni anno. Ma la maggior parte dei deputati dimostra di non sapere nulla a riguardo.

 

Fiscal compact e MES: la follia continua (ma sottovoce)

Il Senato della Repubblica ha ratificato il Trattato europeo sul Fiscal Compact e il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), due nuovi accordi che faranno precipitare la crisi e, statene certi, gettare nella miseria milioni di cittadini in Europa. La notizia non è balzata in cima ai giornali, così come il processo che ha portato all’approvazione non è stato oggetto di discussione pubblica. Ormai i diktat di BCE e FMI non si mettono in discussione; si attuano, pena ulteriori attacchi speculativi e l’aumento dello spread. Beh, in realtà lo spread rimane alto lo stesso, i salvataggi vanno avanti all’infinito, crolla il PIL… ma siccome gli esperti ci assicurano che soltanto con l’austerità e il pareggio di bilancio potremo risanare l’economia, allora i nostri politici non se la sentono di opporvisi. Eppure la realtà è davanti agli occhi di tutti: la politica anti-crisi del governo tecnico e delle istituzioni europee in generale è un fallimento totale, per chi vuole migliorare le condizioni di vita della gente.