I NUOVI RAZZIATORI:

 

ISRAELE E L'OCCIDENTE PREPARANO

IL NUOVO SCONTRO DI CIVILTÀ

GHEDDAFI UCCISO DA UN KILLER VENUTO DA LAS VEGAS?

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

29/11 - Gli studenti iraniani assaltano

 l'ambasciata britannica  a Teheran

 

 

INTRODUZIONE

In Libia il business armato

L’arte della guerra

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Terminata l’Operazione Protettore Unificato, mentre la Nato «continua a monitorare la situazione, pronta ad aiutare se necessario», si è aperta in Libia la corsa all’oro anche per le imprese occidentali minori. Esse si affiancano alle potenti compagnie petrolifere e banche d’investimento statunitensi ed europee, che hanno già occupato le posizioni chiave. La Farnesina si è impegnata a «facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese italiane alla costruzione della Libia liberata». Ma, già prima, era giunta a Tripoli una delegazione di 80 imprese francesi e il ministro della difesa Philip Hammond aveva sollecitato quelle britanniche a «fare le valige» e a correre in Libia. Vi sono grossi affari in vista, dopo che la Nato ha demolito lo stato libico. E c’è il forziere aperto su cui mettere le mani: almeno 170 miliardi di dollari di fondi sovrani «congelati», cui si aggiungono gli introiti dell’export petrolifero, che possono risalire a 30 miliardi annui.

C’è però un problema: il clima di tensione che rende pericoloso per gli imprenditori muoversi nel paese. La prima preziosa merce da vendere in Libia è quindi la «sicurezza». Se ne occupa tra le altre la compagnia militare britannica Sne Special Projects Ltd: la dirige un ex parà che ha lavorato come contractor in Israele, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Sudan e Nigeria, assistito da ex ufficiali dell’intelligence militare, delle forze speciali e delle forze anti-sommossa e anti-terrorismo. La compagnia, che precisa di essere presente a Bengasi, Misurata e Tripoli fin dal maggio 2011, ha aperto, in una lussuosa villa della capitale a 15 minuti dall’aeroporto, un residence per Vip presidiato da contractor britannici e libici superarmati, cui si aggiunge un centro degli affari sempre nella capitale. La tariffa del «taxi» con cui li trasporta dall’aeroporto è un po’ cara, 800 dollari invece degli usuali 5. La macchina è però un pesante blindato, collegato via satellite  a un centro operativo a Tripoli e uno in Gran Bretagna, a loro volta collegati al sistema di sorveglianza Nato.

In partnership con la Trango Limited, compagnia britannica specializzata nell’assistenza a imprese in aree ad alto rischio, la Special Projects fornisce, in particolare alle piccole e medie imprese del settore energetico, una gamma completa di servizi: informazioni di ogni tipo (corredate da foto e video), libero transito di persone e materiali sotto scorta ai confini con l’Egitto e la Tunisia, contatti interpersonali nel Cnt per concludere vantaggiosi affari. Servizi analoghi forniscono le compagnie statunitensi Scn Resources Group e Security Contracting Network, e varie altre installatesi in Libia. Ad usufruirne sono non solo le imprese occidentali, in corsa per accaparrarsi i contratti più lucrosi prima che arrivino di nuovo i cinesi, ma anche il Dipartimento di stato Usa e altri ministeri occidentali, per le operazioni in Libia sia dirette che tramite organizzazioni «non profit» da loro pagate. Il vuoto lasciato dal crollo dello stato libico, sotto i colpi della Nato, viene così colmato da una rete sotterranea di interessi e poteri. E, in caso di pericolose reazioni popolari, c’è sempre il blindato della Special Projects che permette di raggiungere velocemente l’aeroporto.

 

 

Guerra in Libia: le verità sul Nuovo Ordine Mondiale

 

L'attacco alla Libia era stato deciso da anni.

 

 

Quel «killer» di Las Vegas arrivato da una base

in Sicilia - Chi ha ucciso veramente Gheddafi?

 

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Il «Telegraph»: così la Nato ha spinto il raìs nelle mani dei miliziani islamici di Misurata

Le immagini di Gheddafi linciato e ucciso da una folla inferocita di miliziani sono state diffuse su scala mondiale, per dimostrare che quella libica è stata una ribellione popolare conclusasi col rovesciamento dell'odiato dittatore. Versione semplicistica, facente parte delle potenti «armi di distrazione di massa» usate nell'operazione Protettore Unificato. Ben diversa la realtà che sta venendo a galla, come dimostra la documentata ricostruzione degli avvenimenti fatta ieri dal quotidiano britannico The Telegraph.

Dopo aver svolto un ruolo chiave nella conquista di Tripoli, gli agenti della Cia e del servizio segreto britannico MI6, che operano sul terreno in Libia, si sono concentrati nella caccia a Gheddafi, sfuggito ai massicci bombardamenti Nato. Mentre i droni e altri aerei spia, dotati delle più sofisticate apparecchiature, volteggiavano giorno e notte sulla Libia, forze speciali statunitensi e britanniche setacciavano la zona di Sirte, probabile rifugio di Gheddafi. Questi, nelle ultime settimane, è stato costretto a interrompere il silenzio telefonico, usando un cellulare forse di tipo satellitare. La comunicazione è stata intercettata, confermando la sua presenza nella zona.

Quando un convoglio di alcune decine di veicoli è uscito dalla città, è stato subito avvistato dagli aerei spia: un Rivet Joint statunitense (che può individuare l'obiettivo a 250 km di distanza), un C160 Gabriel francese e un Tornado Gr4 britannico. A questo punto un drone Predator statunitense, decollato dalla Sicilia e telecomandato via satellite da una base presso Las Vegas, ha attaccato il convoglio con numerosi missili Hellfire. Anche se non viene specificato, si tratta di uno dei Predator MQ-9 Reaper dislocati a Sigonella, dove si trova il personale addetto al rifornimento e alla manutenzione, e guidati da un pilota e un addetto ai sensori seduti a una consolle negli Stati uniti, a oltre 10mila km di distanza. Il Reaper, in grado di trasportare un carico bellico di una tonnellata e mezza, è armato di 14 missili Hellfire («fuoco dell'inferno») a testata anticarro, esplosiva a frammentazione o termobarica. Subito dopo, il convoglio è stato colpito anche da caccia francesi Mirage-2000 con bombe Paveway da 500 libbre e munizioni di precisione Aasm, anch'esse a guida laser. Questo attacco è stato decisivo per la cattura di Gheddafi.

Tali fatti dimostrano che, in realtà, è stata la Nato a catturare Gheddafi, spingendolo nelle mani di miliziani islamici di Misurata, animati da particolare odio nei suoi confronti. E che è stata la Nato a vincere la guerra, non solo sganciando sulla Libia 40-50mila bombe in oltre 10mila missioni di attacco, così da spianare la strada ai «ribelli», ma infiltrando in territorio libico servizi segreti e forze speciali per attuare e dirigere le operazioni belliche.

Il piano - deciso a Washington, Londra e Parigi - era quello di eliminare Gheddafi, che in un pubblico processo avrebbe potuto rivelare verità scomode per i governi occidentali. Non è quindi escluso che tra la folla di miliziani urlanti, dietro al «ragazzo con la pistola d'oro» cui viene attribuita l'uccisione di Gheddafi, vi fossero ben più esperti killer di professione.

 

 

Mahmoud Jibril a sinistra del terzetto

 

 

Mahmoud Jibril e il progetto di

ridistribuzione della ricchezza di Gheddafi

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Il Colonnello Muammar Gheddafi simboleggia molte cose per molte differenti persone nel mondo. Che si ami o si odi il leader libico, sotto di lui la Libia si è trasformata da uno dei paesi più poveri sulla faccia della terra al paese con i migliori standard di vita in Africa.

Per usare le parole del professor Henri Habibi: “Quando la Libia ottenne la sua indipendenza dalle Nazioni Unite il 24 dicembre 1951, fu descritta come una delle nazioni più povere e maggiormente arretrate del mondo. La popolazione all’epoca non superava 1,5 milioni di abitanti, era analfabeta per oltre il 90% e non aveva esperienza politica o di know-how. Non c’erano università e solo un numero limitato di scuole secondarie che erano state istituite sette anni prima dell’indipendenza.” [1]

Gheddafi aveva molti grandi progetti. Molti di questi erano di natura pan-africana, inclusa la formazione degli Stati Uniti d’Africa.

Il Progetto pan-africano di Gheddafi

Il Colonnello Gheddafi iniziò la costruzione del Grande Fiume Fatto dall’Uomo. Si tratta di un imponente progetto per trasformare il deserto del Sahara e invertire il processo di desertificazione in Africa. Il Grande Fiume, con i suoi piani di irrigazione, fu pensato anche per aiutare il settore agricolo in altre parti dell’Africa. Questo progetto è stato uno degli obbiettivi vittime degli attacchi NATO in Libia.

Gheddafi aveva anche previsto istituzioni finanziarie pan-africane indipendenti. La Libyan Investment Authority e la Libyan Foreign Bank sono stati attori importanti nella creazione di queste istituzioni. Attraverso di esse, Gheddafi è stato determinante nel creare la prima rete satellitare dell’Africa, la RASCOM (Regional African Satellite Communication Organization) per ridurre la dipendenza africana da poteri esterni. [2]

Si pensa che il suo coronamento sarebbe stata la creazione degli Stati Uniti di Africa. Questa entità sopranazionale sarebbe stata creata attraverso l’African Investment Bank, l’African Monetary Fund e, infine, l’African Central Bank. Tutte queste istituzioni erano viste con ostilità dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti, dal FMI e dalla Banca Mondiale.

Il progetto di redistribuzione della ricchezza di Gheddafi

Gheddafi aveva un progetto di redistribuzione della ricchezza all’interno della Libia. Fonti del Congresso americano in un rapporto al Congresso lo confermano. Il 18 febbraio 2011, nel rapporto si legge: “Nel marzo del 2008 (il Colonnello Gheddafi) aveva annunciato l’intenzione di sciogliere la maggior parte degli organi amministrativi e di istituire il Programma di Distribuzione della Ricchezza per cui i proventi del petrolio sarebbero stati erogati ai cittadini con cadenza mensile per permettergli di amministrarli personalmente, in collaborazione e tramite i comitati locali. Citando le critiche del popolo riguardo gli assolvimenti del governo in un lungo discorso a tutto il paese, (egli) ha affermato ripetutamente che lo Stato tradizionale sarebbe presto “morto” in Libia e che il controllo diretto dei cittadini sarebbe stato realizzato attraverso la distribuzione dei proventi derivati dal petrolio. (Esercito), affari esteri, sicurezza e modalità di produzione del petrolio, ha riferito, sarebbero rimasti sotto la responsabilità del governo nazionale, mentre altri settori sarebbero stati eliminati. Nei primi mesi del 2009 i Congressi Popolari di Base Libici hanno analizzato gli emendamenti variazioni alle proposte e il Congresso Generale del Popolo ha votato per prorogare gli adempimenti.” [3]

Il Progetto di Redistribuzione della Ricchezza, insieme alla creazione di un sistema politico anarchico, fu visto come una vera e propria minaccia dagli USA e dall’UE e da un gruppo di funzionari libici corrotti. In caso di successo avrebbe creato disordini politici nelle popolazioni di tutto il mondo. All’interno, molti funzionali libici erano al lavoro per ritardare il progetto.

Perché Mahmoud Jibril ha aderito al Consiglio di Transizione

Tra i funzionari libici che si sono opposti a questo progetto e lo hanno guardato con orrore c’è Mahmoud Jibril. Jibril era stato posto in carica da Saif Al-Islam Gheddafi. A causa della forte influenza e dei suggerimenti di Stati Uniti e Unione Europea, Saif Al-Islam ha scelto Jibril per trasformare l’economia libica e imporre riforme economiche neoliberiste.

Jibril sarebbe diventato il capo di due istituzioni della Jamahiriya Araba Libica, il Consiglio Nazionale di Pianificazione della Libia e il Consiglio Nazionale per lo Sviluppo Economico. Mentre quest’ultimo era un ministero normale, il primo avrebbe effettivamente messo Jibril in una posizione superiore a quella del Primo Ministro – l’Ufficio del Segretario Generale del Comitato Popolare della Libia. Jibril, a tutti gli effetti, è stato una delle forze che hanno spalancato le porte alla privatizzazione e alla povertà in Libia.

Circa sei mesi prima dell’inizio dei conflitti in Libia, Mahmoud Jibril incontrò Bernard-Henry Lévy in Australia per discutere la formazione del Consiglio di Transizione con lo scopo di rimuovere Gheddafi. [4] Descrisse il Progetto di Redistribuzione della Ricchezza di Gheddafi come “folle” nei rapporti e nei documenti del Consiglio Nazionale per lo Sviluppo Economico della Jamahiriya Araba Libica. [5] Jibril era convinto che le masse non erano adatte a governare sé stesse e che un’élite avrebbe dovuto avere il controllo del destino e della ricchezza di ogni nazione. Ciò che Jibril aveva in mente era ridimensionare il governo e licenziare una larga parte del settore pubblico, in cambio di un aumento dei regolamenti governativi in Libia. Citava sempre Singapore come perfetto esempio di stato neo-liberista. È probabile che incontrerà Bernard-Henry Lévy anche a Singapore, dove aveva l’abitudine di recarsi regolarmente.

Quando i problemi sono scoppiati a Bengasi, Mahmoud Jibril è andato al Cairo, in Egitto. Ha detto ai suoi colleghi che sarebbe ritornato presto a Tripoli, ma non aveva intenzione di ritornare. In realtà è andato al Cairo per incontrare i dirigenti del Consiglio Nazionale siriano e Lévy. Lo stavano tutti aspettando per coordinare gli eventi in Libia e in Siria. Questa è una delle ragioni per cui il Consiglio di Transizione ha riconosciuto il Consiglio Nazionale siriano come legittimo governo della Siria.

Mahmoud Jibril è oggi Primo Ministro del Consiglio di Transizione libico. L’opposizione di Jibril al Progetto di Redistribuzione della Ricchezza di Gheddafi e il suo atteggiamento elitario sono tra le ragioni della sua cospirazione nei confronti di Gheddafi e del suo contributo alla formazione del Consiglio di Transizione. Questo funzionario dell’ex regime, che è stato sempre un aperto sostenitore dei dittatori arabi nel Golfo Persico, è davvero un rappresentante del popolo?

 

 

Africa, un continente da conquistare

 con un nuovo colonialismo

 

 

Il grande gioco africano

L’arte della guerra

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Dopo che il «Protettore Unificato» ha demolito lo stato libico, con almeno 40mila bombe sganciate in oltre 10mila missioni di attacco, e fornito armi anche a gruppi islamici fino a ieri classificati come pericolosi terroristi, a Washington si dicono preoccupati che le armi dei depositi governativi finiscano «in mani sbagliate». Il Dipartimento di stato è quindi corso ai ripari, inviando in Libia squadre di contractor militari che, finanziati finora con 30 milioni di dollari, dovrebbero mettere «in stato di sicurezza» l’arsenale libico. Ma, dietro la missione ufficiale, vi è certo quella di assumere tacitamente il controllo delle basi militari libiche. Nonostante il declamato impegno di non inviare «boots on the ground», operano da tempo sul terreno in Libia agenti segreti e forze speciali di Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Qatar e altri, che hanno guidato gli attacchi aerei e diretto le operazioni terrestri.

Loro compito, ora, è assicurare che la Libia «pacificata» resti sotto il controllo delle potenze che sono andate a «liberarla». Il 14 ottobre, lo stesso giorno in cui il Dipartimento di stato rendeva noto l’invio di contractor in Libia, il presidente Obama annunciava l’invio di forze speciali in Africa centrale, all’inizio un centinaio di militari. Loro compito ufficiale è quello di «consiglieri» delle forze armate locali, impegnate contro l’«Esercito di resistenza del Signore». Operazione finanziata dal Dipartimento di stato, finora, con 40 milioni di dollari. Il compito reale di questi corpi d’élite, inviati da Washigton, è creare una rete di controllo militare dell’area comprendente Uganda, Sud Sudan, Burundi, Repubblica centrafricana e Repubblica democratica del Congo. E mentre gli Stati uniti inviano proprie forze in Uganda e Burundi, ufficialmente per proteggerli dalle atrocità dell’«Esercito del Signore» che si dice ispirato al misticismo cristiano, Uganda e Burundi combattono in Somalia per conto degli Stati uniti, con migliaia di soldati, il gruppo islamico al-Shabab.

Sostenuti dal Pentagono che, lo scorso giugno, ha fornito loro armi per 45 milioni di dollari, compresi piccoli droni e visori notturni. Il 16 ottobre, due giorni dopo l’annuncio dell’operazione Usa in Africa centrale, il Kenya ha inviato truppe in Somalia. Iniziativa ufficialmente motivata con la necessità di proteggersi dai banditi e pirati somali, in realtà promossa dagli Stati uniti per propri fini strategici, dopo il fallimento dell’intervento militare etiopico, anch’esso promosso dagli Stati uniti. E in Somalia, dove il «governo» sostenuto da Washington controlla appena un quartiere di Mogadiscio, opera da tempo la Cia, con commandos locali appositamente addestrati e armati e con contractor di compagnie miltari private. Gli Stati uniti mirano, dunque, al controllo militare delle aree strategiche del continente: la Libia, all’intersezione tra Mediterraneo, Africa e Medioriente; l’Africa orientale e centrale, a cavallo tra Oceano Indiano e Atlantico. Il gioco, apparentemente complicato, diventa chiaro guardando una carta geografica. Meglio su un atlante storico, per vedere come il neocolonialismo somigli in modo impressionante al vecchio colonialismo.

 

 

L'Occidente parla di pace ma prepara la guerra

 

 

ISRAELE E LIBIA: PREPARARE L'AFRICA

ALLO "SCONTRO DI CIVILTÀ"

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Sotto l'amministrazione Obama gli Stati Uniti hanno esteso la "lunga guerra" in Africa. Barack Hussein Obama, il cosiddetto "Figlio dell'Africa" in realtà è diventato uno dei peggiori nemici dell'Africa. A parte il suo continuo supporto ai dittatori dell'Africa, la Repubblica della Costa d'Avorio (Costa d'Avorio) è stato scardinata sotto il suo sguardo. La divisione del Sudan è stata pubblicamente appoggiata dalla Casa Bianca prima del referendum, la Somalia è stata ulteriormente destabilizzata, la Libia è stata ferocemente attaccata dalla NATO, e l'US Africa Command (AFRICOM) si sta pienamente attivando.

La guerra in Libia è solo l'inizio di un nuovo ciclo di avventurismi militari stranieri in Africa. Gli USA vogliono ora più basi militari in Africa. Anche la Francia ha annunciato di aver il diritto di intervenire militarmente ovunque in Africa vi siano cittadini francesi e suoi interessi a rischio. La NATO sta fortificando le sue posizioni anche nel Mar Rosso e al largo delle coste della Somalia.

Mentre scompiglio e disordini si stanno ancora una volta radicando in Africa con l'intervento esterno, Israele resta silenziosamente dietro le quinte. Tel Aviv è stata effettivamente profondamente coinvolta nel nuovo ciclo di agitazione, che è collegato al suo piano Yinon per riconfigurare il suo vicinato strategico. Questo processo di riconfigurazione è basato su una tecnica ben consolidata di creazione di divisioni settarie, che alla fine neutralizzeranno efficacemente gli stati o ne provocheranno la dissoluzione.

Molti dei problemi che affliggono le aree contemporanee di Europa orientale, Asia centrale, Asia sud-occidentale, Asia meridionale, Asia orientale, Africa e America Latina sono in realtà il risultato del deliberato innesco di tensioni regionali da parte di potenze esterne. Divisione settarie, tensioni etno-linguistiche, differenze religiose e violenze interne sono state tradizionalmente sfruttate da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia in varie parti del globo. Iraq, Sudan, Ruanda e Jugoslavia sono solo alcuni esempi recenti di questa strategia del "divide et impera", usata per mettere in ginocchio le nazioni.

Gli sconvolgimenti dell'Europa centro-orientale e il progetto per un "Nuovo Medio Oriente"

Il Medio Oriente, in certi aspetti, è un parallelo sorprendente ai Balcani e all'Europa Centro-Orientale degli anni precedenti la prima guerra mondiale. Sulla scia della prima guerra mondiale, i confini degli stati multi-etnici nei Balcani e in Europa centro-orientale sono stati ridisegnati e riconfigurati da potenze esterne, in alleanza con le forze di opposizione locali. Dalla prima guerra mondiale fino al post-Guerra Fredda, i Balcani e l'Europa centro-orientale hanno continuato a sperimentare un periodo di sconvolgimenti, di violenze e conflitti che hanno sempre diviso la regione.

Per anni, ci sono stati sostenitori che chiedevano un "Nuovo Medio Oriente" con i confini ridisegnati in questa regione del mondo, in cui l'Europa, Asia sudoccidentale e Nord Africa si incontrano. Si tratta per lo più do sostenitori che risiedono a Washington, Londra, Parigi e Tel Aviv. Prevedono una regione dagli stati formati intorno all'omogeneità etnico-religiose. La formazione di questi stati significherebbe la distruzione dei più grandi paesi esistenti della regione. La transizione sarebbe verso la formazione di piccoli stati come il Kuwait o il Bahrain, che potrebbero facilmente essere gestiti e manipolati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Israele, e dai loro alleati.

La manipolazione della prima "Primavera araba" durante la prima guerra mondiale

I piani per la riconfigurazione del Medio Oriente, iniziarono diversi anni prima della Prima Guerra Mondiale. E' stato durante la prima guerra mondiale, tuttavia, che la manifestazione di questi disegni coloniali emersero visibilmente con la "Grande Rivolta Araba" contro l'Impero Ottomano. Nonostante il fatto che italiani, inglesi e francesi fossero le potenze coloniali che avevano impedito agli arabi di godere di ogni libertà, in paesi come Algeria, Libia, Egitto e Sudan, queste potenze coloniali riuscirono a ritrarsi come amici e alleati della liberazione araba.

Durante la "Grande Rivolta Araba", inglesi e francesi effettivamente utilizzarono gli arabi come soldati di fanteria contro gli ottomani, promuovendo i propri schemi geo-politico. Il segreto accordo Sykes-Picot tra Londra e Parigi è un esempio calzante. Francia e Gran Bretagna riuscirono solo ad utilizzare e manipolare gli arabi vendendogli l'idea della liberazione araba dalla cosiddetta "repressione" degli ottomani. In realtà, l'Impero Ottomano era un impero multietnico. Ha dato l'autonomia locale e culturale a tutti i suoi popoli, ma è stato manipolato divenendo una entità turca. Anche il genocidio armeno che ne derivò, nell'Anatolia ottomana, deve essere analizzato nel contesto stesso della contemporanea persecuzione dei cristiani in Iraq, come parte di un sistema settario scatenata da attori esterni, per dividere l'impero Ottomano, l'Anatolia ed i cittadini dell'Impero ottomano.

Dopo il crollo dell'Impero Ottomano, Londra e Parigi negarono la libertà agli arabi, mentre spargevano i semi della discordia tra i popoli arabi. I corrotti leader locali arabi furono anche i partner del progetto, e molti di loro erano troppo felici di diventare clienti di Gran Bretagna e Francia. Nello stesso senso, la "primavera araba" viene manipolata oggi. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri stanno lavorando con l'aiuto dei leader e personaggi arabi corrotti per ristrutturare il mondo arabo e l'Africa.

Il Piano Yinon

Il Piano Yinon, che è una continuazione dello stratagemma britannico in Medio Oriente, è un piano strategico di Israele per garantire la superiorità israeliana. Insiste e stabilisce che Israele deve riconfigurare il suo ambiente geo-politico attraverso la balcanizzazione del Medio Oriente e degli Stati arabi, in stati più piccoli e più deboli.

Gli strateghi israeliani vedevano l'Iraq come la loro più grande sfida strategica da uno stato arabo. È per questo che l'Iraq è stato delineato come il fulcro per la balcanizzazione del Medio Oriente e mondo arabo. In Iraq, sulla base dei concetti del Piano Yinon, gli strateghi israeliani hanno chiesto la divisione dell'Iraq in uno stato curdo e due stati arabi, uno per i musulmani sciiti e l'altro per i musulmani sunniti. Il primo passo verso la creazione di questa fu la guerra tra Iraq e Iran, che il Piano Yinon discusse.

The Atlantic, nel 2008, e l'Armed Forces Journal degli USA, nel 2006, pubblicarono delle mappe ampiamente diffuse, che seguivano da vicino lo schema del Piano Yinon. Accanto a un Iraq diviso, che anche il Piano Biden chiedeva, il Piano Yinon richiedeva la divisione di Libano, Egitto e Siria. La divisione di Iran, Turchia, Somalia, Pakistan, ricadono tutti nella linea di mira di questa visione. Il Piano Yinon chiedeva anche lo scioglimento del Nord Africa, e prevedeva di iniziare dall'Egitto per poi riversarsi su Sudan, Libia e il resto della regione.

L'eliminazione delle Comunità cristiane del Medio Oriente

Non è un caso che i cristiani egiziani sono stati attaccati nello stesso momento del Referendum del Sud Sudan e prima della crisi in Libia. Né è un caso che i cristiani iracheni, una delle più antiche comunità cristiane del mondo, sono stati costretti all'esilio, lasciando le loro terre ancestrali in Iraq. In coincidenza con l'esodo dei cristiani iracheni, avvenuto sotto gli occhi attenti delle forze militari britanniche e degli Stati Uniti, i quartieri di Baghdad divennero settari, mentre i musulmani sciiti e sunniti sono stati costretti dalle violenza degli squadroni della morte a formare enclave settarie. Tutto questo è legato al Piano Yinon e alla riconfigurazione della regione come parte di un obiettivo più ampio.

In Iran, gli israeliani hanno cercato invano di ottenere che la comunità ebraica iraniana se ne andasse. La popolazione ebraica iraniana è in realtà la seconda più grande del Medio Oriente e probabilmente la più antica comunità ebraica indisturbata in tutto il mondo. Gli ebrei iraniani si considerano degli iraniani legati all'Iran come loro patria, proprio come i musulmani e i cristiani iraniani, e per loro il concetto che hanno bisogno di trasferirsi in Israele perché sono ebrei, è ridicolo.

In Libano, Israele ha lavorato a esacerbare le tensioni settarie tra le varie fazioni cristiane e musulmane così come con i drusi. Il Libano è un trampolino di lancio verso la Siria e la divisione del Libano in diversi stati, ed è anche visto come un mezzo per balcanizzare la Siria in piccoli diversi stati arabi settari. Gli obiettivi del Piano Yinon sono dividere il Libano e la Siria in stati diversi sulla base di identità religiose e settarie di musulmani sunniti, sciiti, cristiani e drusi. Ci potrebbe anche essere l'obiettivo dell'esodo dei cristiani in Siria.

Il nuovo capo della Chiesa siro-cattolica maronita di Antiochia, la più grande delle Chiese orientali cattoliche autonomo, ha espresso i suoi timori circa una epurazione dei cristiani arabi nel Levante e nel Medio Oriente. Il Patriarca Mar Beshara Boutros al-Rahi e molti altri leader cristiani in Libano e Siria, hanno paura dell'avvento dei Fratelli Musulmani in Siria. Come in Iraq, gruppi misteriosi stanno attaccando le comunità cristiane in Siria. I leader della Chiesa cristiana ortodossa orientale, tra cui il patriarca ortodosso di Gerusalemme Est, hanno tutti espresso pubblicamente le loro gravi preoccupazioni. A parte gli arabi cristiani, questi timori sono condivisi anche dalla comunità assira e armena, che sono per lo più cristiane.

Sheikh al-Rahi è stato recentemente a Parigi, dove ha incontrato il presidente Nicolas Sarkozy. È stato riferito che il patriarca maronita e Sarkozy avevano dei disaccordi circa la Siria, cosa che ha spinto Sarkozy a dire che il regime siriano crollerà. La posizione del patriarca al-Rahi era che la Siria deve essere lasciata sola e permetterle la riforma. Il patriarca maronita ha anche detto a Sarkozy, che Israele doveva essere trattato come una minaccia, se la Francia voleva legittimamente che Hezbollah disarmasse.

A causa della sua posizione in Francia, al-Rahi è stato immediatamente ringraziato dai leader religiosi cristiani e musulmani della Repubblica araba siriana che lo hanno visitato in Libano. Hezbollah e i suoi alleati politici in Libano, che comprende la maggior parte dei parlamentari cristiano nel parlamento libanese, hanno anche lodato il Patriarca maronita, che poi fatto un tour in Sud Libano.

Sheikh al-Rahi è ora politicamente attaccato dall'Alleanza del 14 Marzo di Hariri, a causa della sua posizione su Hezbollah e il suo rifiuto di sostenere il rovesciamento del regime siriano. Una conferenza di figure cristiana è in realtà programmato da Hariri per opporsi al patriarca al-Rahi e alla posizione della Chiesa maronita. Dal momento che al-Rahi ha annunciato la sua posizione, il Partito Tahrir, che è attivo sia in Libano che in Siria, ha iniziato a bersagliarlo con le critiche. È stato anche riferito che alti funzionari statunitensi hanno anche cancellato i loro incontri con il patriarca maronita. come segno del loro disappunto circa le sue posizioni su Hezbollah e la Siria.

L'alleanza del 14 Marzo di Hariri in Libano, che è sempre stata una minoranza popolare (anche quando si trattava di una maggioranza parlamentare), ha lavorato mano nella mano con Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita, Giordania e gruppi che utilizzano la violenza e il terrorismo in Siria. I Fratelli Musulmani e altri cosiddetti gruppi salafiti provenienti dalla Siria, hanno coordinato e tenuto colloqui segreti con Hariri e i partiti politici cristiani in seno all'Alleanza del 14 Marzo. Questo è il motivo per cui Hariri e i suoi alleati hanno attaccato il Cardinale al-Rahi. E' stato ancora Hariri e l'Alleanza del 14 Marzo che hanno portato Fatah Al-Islam in Libano, e hanno aiutato alcuni dei suoi membri a fuggire per andare a combattere in Siria.

Un esodo cristiano è in programma in Medio Oriente per Washington, Tel Aviv e Bruxelles. Ora viene riferito che allo sceicco al-Rahi è stato detto a Parigi, dal presidente Nicolas Sarkozy, che le comunità cristiane del Levante e del Medio Oriente possono stabilirsi nell'Unione europea. Questo non è un'offerta graziosa. E' uno schiaffo in faccia alle stesse potenze che hanno deliberatamente creato le condizioni per sradicare le antiche comunità cristiane del Medio Oriente. Lo scopo sembra essere il reinsediamento delle comunità cristiane al di fuori della regione, in modo da delineare le nazioni arabe lungo le linee di nazioni esclusivamente musulmane. Questo rientra in conformità con il Piano Yinon.

Ridividere l'Africa: Il Piano Yinon è molto vivo e lavora...

Nello stesso contesto delle divisioni settarie in Medio Oriente, gli israeliani hanno illustrato i programmi per riconfigurare l'Africa. Il Piano Yinon cerca di delineare l'Africa sulla base di tre aspetti: (1) etno-linguistica; (2) colore della pelle; e (3) religione.

Si cerca di tracciare la linee di divisione in Africa tra una cosiddetta "Africa Nera" e un presunto Nord Africa "non nero". Questo fa parte di uno schema per creare uno scisma in Africa, tra ciò che si presume sia "arabo" e i cosiddetti "neri".

Un tentativo di separare la fusione di una identità araba e africana è in corso. Questo obiettivo è il motivo della ridicola identità del "Sud Sudan africano" e di un "Nord Sudan arabo" che è stata favorita e promossa. È anche per questo che i libici di pelle nera sono stati oggetto di una campagna per "ripulire il colore" della Libia. L'identità araba del Nord Africa si sta scollegando dalla sua identità africana. Contemporaneamente vi è un tentativo di sradicare le grandi popolazioni di "arabi di pelle nera", in modo che vi sia una chiara demarcazione tra "Africa nera" e un nuovo Nord Africa "non nero", che sarà trasformato in un terreno di lotta tra i rimanenti berberi e arabi "non neri."

Nello stesso contesto, sono state alimentate le tensioni tra musulmani e cristiani in Africa, in posti come il Sudan e la Nigeria, per creare ulteriori linee e punti di frattura. Alimentare queste divisioni sulla base del colore della pelle, della religione, etnia, lingua, ha lo scopo di infiammare la disunione dell'Africa. Tutto questo fa parte di una più ampia strategia africana per tagliare l'Africa del Nord dal resto del continente africano.

Israele e il continente africano

Gli Israeliani sono stati tranquillamente coinvolti nel continente africano per anni. Nel Sahara Occidentale, che è occupato dal Marocco, gli israeliani hanno aiutato a costruire un muro di sicurezza di separazione, come quello tra Israele e la Cisgiordania occupata. In Sudan, Tel Aviv ha armato i movimenti separatisti e gli insorti. In Sud Africa, gli israeliani hanno sostenuto il regime dell'apartheid e la sua occupazione della Namibia. Nel 2009, il ministero degli esteri israeliano ha sottolineato che l'Africa sarebbe stata al centro della rinnovata attenzione di Tel Aviv.

I due obiettivi principali in Africa di Israele sono imporre il Piano Yinon, in combutta con i propri interessi, e aiutare Washington a diventare la potenza egemone sul continente africano. A questo proposito, gli israeliani hanno anche spinto per la creazione di AFRICOM. L'Institute for Advanced Strategic and Political Studies (IASPS), un think-tank israeliano, ne è un esempio.

Washington ha esternalizzato il lavoro di intelligence in Africa, a Tel Aviv. Tel Aviv, è effettivamente coinvolto come una delle parti in una guerra più ampia, non solo "dentro" l'Africa, ma "sull"'Africa. In questa guerra, Tel Aviv sta lavorando al fianco di Washington e dell'UE contro la Cina ed i suoi alleati, incluso l'Iran. Teheran sta operando al fianco di Pechino in un modo simile a Tel Aviv con Washington. L'Iran sta aiutando i cinesi in Africa attraverso connessioni e legami iraniani. Questi legami di Teheran comprendono anche legami di interessi commerciali privati libanesi e siriani in Africa. Così, all'interno della più ampia rivalità tra Washington e Pechino, una rivalità israelo-iraniana si è anche dispiegata nell'Africa. [1] Il Sudan è il terzo più grande produttore di armi dell'Africa, come risultato del sostegno iraniano nella produzione di armi. Nel frattempo, mentre l'Iran fornisce assistenza militare a Khartoum, incluso diversi accordi di cooperazione militare, Israele è coinvolto in varie azioni dirette contro i sudanesi. [2]

Israele e Libia

La Libia era stata considerata come "uno spoiler" che ha minato gli interessi delle ex potenze coloniali in Africa. A questo proposito, la Libia aveva assunto alcuni pesanti piani di sviluppo pan-africani destinati ad industrializzare l'Africa e trasformare l'Africa in un'entità integrata e politicamente assertiva. Queste iniziative erano in conflitto con gli interessi delle potenze esterne in competizione l'una con l'altra in Africa, ma era soprattutto inaccettabile per Washington e i principali paesi UE. A questo proposito, la Libia doveva essere paralizzata e neutralizzata come ente di sostegno al progresso africano e all'unità pan-africana.

Il ruolo di Israele e della lobby israeliana è stata fondamentale per aprire la porta all'intervento militare della NATO in Libia. Secondo fonti israeliane, è stato l'ente UN Watch che in realtà hanno orchestrato gli eventi a Ginevra per rimuovere la Libia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e per chiedere al Consiglio di Sicurezza dell'ONU di intervenire. [3] L'ente UN Watch è formalmente affiliato con l'American Jewish Committee (AJC), che influenza la formulazione della politica estera degli Stati Uniti e fa parte della lobby israeliana negli Stati Uniti. La Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), che ha contribuito a lanciare le affermazioni non verificate su 6.000 persone massacrate da Gheddafi, è anch'essa legata alla lobby israeliana in Francia.

Tel Aviv era in contatto contemporaneamente sia con il Consiglio di transizione che con il governo libico a Tripoli. Agenti del Mossad erano anche a Tripoli, uno dei quali era un ex gestore della stazione. All'incirca nello stesso tempo, membri francesi della lobby israeliana erano in visita a Bengasi. Ironicamente, il Consiglio di transizione avrebbe sostenuto che il colonnello Gheddafi stava lavorando con Israele, mentre aveva preso l'impegno a riconoscere Israele coll'inviato speciale del presidente Sarkozy, Bernard-Henri Lévy, che avrebbe poi trasmesso il messaggio ai leader israeliani [4]. Un modello simile (a quello dei legami di Israele col Consiglio di transizione) era stato sviluppato in una fase precedente, anche nel Sud Sudan, che è stato armato da Israele.

Nonostante la posizione del Consiglio di transizione su Israele, i suoi seguaci ancora cercano di demonizzare Gheddafi, sostenendo che è segretamente un ebreo. Non solo questo è falso, ma è anche bigotto. Queste accuse sono destinate ad essere una forma di assassinio della personalità, equiparando un ebreo a qualcosa di negativo.

In realtà, Israele e la NATO sono nello stesso campo. Israele è un membro de facto della NATO. Gheddafi era connivente con Israele, mentre il Consiglio di transizione lavora con la NATO, ciò significherebbe che entrambe le parti hanno effettivamente giocato scioccamente l'una contro l'altra.

Preparare la Scacchiera allo "scontro di civiltà"

E' a questo punto che tutti i pezzi devono essere messi insieme ed i punti devono essere collegati. La scacchiera è stata organizzata per uno "scontro di civiltà", e tutti i pezzi degli scacchi sono stato mossi.

Il mondo arabo è in procinto di essere diviso e le linee di demarcazione netta si stanno creando. Queste linee di demarcazione stanno sostituendo le linee di transizione senza soluzione di continuità, tra i diversi gruppi etno-linguistici, di colore della pelle e religiosi.

Nell'ambito di questo regime, non può più esserci una transizione verso la fusione tra le società e i paesi. È per questo che i cristiani in Medio Oriente e in Nord Africa, come i copti, sono presi di mira. È anche per questo che arabi e berberi dalla la pelle nera, così come altri gruppi delle popolazioni del Nord Africa, che sono neri di pelle, si trovano ad affrontare il genocidio in Nord Africa.

Ciò che viene messo in scena è la creazione del "Medio Oriente musulmano" (escluso Israele) una un'area esclusiva che sarà agitata a causa dello scontro sciita-sunnita. Uno scenario simile è stato messo in scena per un "Nord Africa non-nero", una zona che sarà caratterizzata dallo scontro tra arabi e berberi. Allo stesso tempo, secondo il modello dello "scontro di civiltà", il Medio Oriente e il Nord Africa sono candidati ad essere contemporaneamente in conflitto con il cosiddetto "Occidente" e l'"Africa Nera."

Questo è il motivo per cui sia Nicolas Sarzoky, in Francia, e David Cameron, in Gran Bretagna, nelle dichiarazioni reciproche, durante l'inizio del conflitto in Libia, secondo cui il multiculturalismo è morto nelle rispettive società occidentali europee. [5]

Il multiculturalismo reale minaccia la legittimità del programma di guerra della NATO. Costituisce anche un ostacolo alla realizzazione del "scontro di civiltà" che costituisce la pietra angolare della politica estera degli Stati Uniti. A questo proposito, Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, spiega perché il multiculturalismo è una minaccia per Washington e i suoi alleati: "L'America diventa una società sempre più multiculturale, può risultare più difficile costruire un consenso su questioni di politica estera [ad esempio, la guerra con il mondo arabo, la Cina, l'Iran e la Russia o l'Unione Sovietica], tranne che nelle circostanze di una minaccia esterna diretta, veramente grande e percepita. Tale consenso generale, esisteva in tutta la seconda guerra mondiale e anche durante la Guerra Fredda [e ora esiste a causa della 'Guerra Globale al Terrore']." [6]

La frase successiva di Brzezinski qualifica il motivo per cui le popolazioni si sarebbero opposte o avrebbero sostenuto le guerre: "[Il consenso] era radicato, però, non solo nella profondità di valori democratici condivisi, che il pubblico percepisce come minacciati, ma anche nell'affinità culturale ed etnica per le vittime prevalentemente europee dei totalitarismi ostili." [7]

Rischiando di essere ridondante, è da ricordare ancora una volta che è proprio con l'intenzione di rompere queste affinità culturali tra il Medio Oriente-Nord Africa (MENA) e il cosiddetto "mondo occidentale" e sub-sahariano, che i cristiani e i popoli di pelle nera sono presi di mira.

Etnocentrismo e ideologia: Giustificare oggi le "guerre giuste"

In passato, le potenze coloniali dell'Europa occidentale avrebbero indottrinato i loro popoli. Il loro obiettivo era quello di acquisire il sostegno popolare per la conquista coloniale. Questo ha preso la forma della diffusione del cristianesimo e della promozione dei valori cristiani. con l'appoggio di mercanti ed eserciti coloniali.

Allo stesso tempo, le ideologie razziste sono state dispiegate. I popoli le cui terre furono colonizzate, sono stati descritti come "sub-umani", inferiori o senz'anima. Infine, è stato utilizzato il "fardello dell'uomo bianco" di assumersi una missione di civilizzazione verso i cosiddetti "popoli incivili del mondo". Questo quadro ideologico coerente è stato utilizzato per ritrarre il colonialismo come una "giusta causa". Quest'ultimo, a sua volta, è stato utilizzato per fornire legittimità nel condurre "guerre giuste" come mezzo per conquistare e "civilizzare" terre straniere.

Oggi, i disegni imperialisti dei Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania non sono cambiati. Ciò che è cambiato è il pretesto e la giustificazione per scatenare le loro guerre di conquista neo-coloniali. Durante il periodo coloniale, le narrazioni e le giustificazioni per fare la guerra sono state accettate dall'opinione pubblica dei paesi colonizzatori, come Gran Bretagna e Francia. Oggi "guerre giuste" e "giuste cause" sono oggi perseguite sotto le insegne dei diritti delle donne, dei diritti umani, dell'umanitarismo e della democrazia.

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[1] The Economist, "Israel and Iran in Africa: A search for allies in a hostile world," 4 febbraio 2011.

[2] Ibidem.

[3] Tova Lazaroff, "70 rights groups call on UN to condemn Tripoli," Jerusalem Post, 22 febbraio 2011.

[4] Radio France Internationale, "Libyan rebels will recognise Israel, Bernard-Henri Lévy tells Netanyahu," 2 giugno, 2011.

[5] Robert Marquand, "Why Europe is turning away from multiculturalism," Christian Science Monitor, 4 marzo 2011.

[6] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives (New York: Basic Books October 1997), p.211

[7] Ibidem.

 

 

A un passo dall'abisso dell'attacco all'Iran...

 

 

Iran, lo scenario della catastrofe

Usa: Ron Paul, ‘sanzioni all’Iran sono state

il primo passo verso la guerra’

Fonte web

Usa: Ron Paul, ‘sanzioni all’Iran sono state il primo passo verso la guerra’Il candidato repubblicano alle prossime presidenziali Ron Paul ha affermato che le recenti sanzioni imposte all’Iran dagli Stati Uniti portano verso “la distruttiva strada della guerra”. In un articolo intitolato “The Folly of Sanctions” (La follia delle sanzioni), Ron Paul critica duramente la politica estera Usa per aver imposto ulteriori sanzioni all’Iran mettendo in guardia approposito delle “conseguenze inaspettate” di questa azione. Secondo Ron Paul le sanzioni sono in base alla legge internazionale “un atto di guerra” in se e per se, e sono di solito anche l’anteprima della guerra effettiva. “Le sanzioni sono state il primo passo delle guerre in Iraq e Libia, scrive Paul, ed ora nuove sanzioni contro Siria e Iran stanno portando verso la stessa distruttiva strada”. “Le sanzioni contro l’Iran, scrive ancora, sono un passo specifico verso l’attacco Usa contro l’Iran”. Il senatore texano ha fatto presente che secondo il rapporto dell’AIEA non ci sono prove che il programma iraniano sia rivolto verso obbiettivi militari e che l’uso della tecnologia nucleare per scopi pacifici è diritto dell’Iran in base alle leggi internazionali. Secondo Ron Paul, l’attuale corsa verso l’attacco all’Iran ed alla Siria è pericolosa e controproducente per gli Stati Uniti.

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Fonte web

Col tono da imbonitore, il ministro israeliano della difesa Ehud Barak ha annunciato che, se «il paese fosse costretto a una guerra» contro l’Iran, non gli costerebbe «100mila morti, né 10mila e neppure 1.000, ma appena 500 e anche meno se tutti stessero al riparo in casa». Non sono compresi, nel macabro calcolo, tutti gli altri morti.

Secondo alti funzionari britannici, l’attacco all’Iran potrebbe avvenire tra Natale e gli inizi del nuovo anno, con l’appoggio logistico statunitense. Gli esperti ritengono che i siti nucleari iraniani verrebbero colpiti con missili e cacciabombardieri, attraverso tre corridoi aerei: uno diretto attraverso Giordania e Iraq, uno meridionale attraverso Giordania ed Arabia saudita, uno settentrionale attraverso il Mediterraneo e la Turchia. Gli impianti nucleari verrebbero colpiti con bombe penetranti a testata non-nucleare, come le Blu-117 già fornite dagli Usa, che  possono essere sganciate a oltre 60 km dall’obiettivo, su cui si dirigono automaticamente.

Che cosa avverrebbe se fosse distrutta la centrale nucleare iraniana di Bushher, che ha cominciato a produrre elettricità lo scorso settembre con una capacità di 60 megawatt? Si produrrebbe una nube radioattiva simile a quella di Cernobyl che, a seconda dei venti, si diffonderebbe sul Golfo persico o anche sul Mediterraneo. Ancora più gravi sarebbero le conseguenze se, per ritorsione, l’Iran colpisse il reattore israeliano di Dimona, la cui potenza viene stimata in 70-150 MW. L’Iran non possiede armi nucleari, ma ha missili balistici a medio raggio, testati lo scorso giugno, che con la loro gittata di circa 2.000 km sono in grado di raggiungere Israele. Tali missili sono installati in silos sotterranei e, quindi, difficilmente neutralizzabili con un attacco «preventivo». Se venisse danneggiato o distrutto il reattore di Dimona, che produce plutonio e trizio per le armi nucleari israeliane, la nube radioattiva si diffonderebbe non solo su Israele (Dimona dista appena 85 km da Gerusalemme), ma anche sulla Giordania (distante 25 km) e l’Egitto (distante 75 km). E, a seconda dei venti, potrebbe raggiungere anche l’Italia e altri paesi europei. Le radiazioni (soprattutto quelle dello iodio-131 e del cesio-137) provocherebbero col tempo migliaia di morti per cancro.

Questo è previsto da chi pianifica l’attacco all’Iran. E’ quindi previsto di neutralizzare la capacità di risposta dell’Iran. Ciò non potrebbe essere fatto dalle sole forze israeliane. Secondo Dan Plesch, direttore del Centro di studi internazionali dell’Università di Londra, «i bombardieri Usa sono già pronti a distruggere 10mila obiettivi in Iran in poche ore». E anche la Gran Bretagna, rivela The Guardian, è pronta ad attaccare l’Iran. Il piano prevede sicuramene lo schieramento di armi nucleari israeliane (tra cui il missile Jericho a lungo raggio testato il 2 novembre) e anche statunitensi e britanniche. O per dissuadere l’Iran dall’effettuare una pesante rappresaglia, anche contro basi Usa nel Golfo, o per un attacco risolutivo effettuato con una bomba a neutroni, che contamina meno ma uccide di più. Una guerra all’Iran comporterebbe la più alta probabilità di un uso di armi nucleari dalla fine della guerra fredda ad oggi. Mentre l’opinione pubblica è concentrata sullo «spread» finanziario, aumenta lo «spread» umano, il differenziale tra le scelte politiche e quelle necessarie per la sopravvivenza della specie umana.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

StopWarOnIran

 

Iran: irruzione studenti in ambasciata Gb, Rainews24

ed altri media italiani falsificano la verità

All’indomani dell’irruzione in una sede diplomatica britannica a Teheran, ad opera di un folto gruppo di studenti indignati, i media asserviti e di parte in Italia cercano di raccontare al popolo italiano una versione “falsata” della verità. Rainews24, nella notizie diffusa la mattina di martedì 30 Novembre, parla dell’irruzione nel compound del governo Gb, del richiamo del personale Gb a Teheran e del fatto che Londra ha definito l’azione degli studenti iraniani “un affronto inaccettabile” del governo iraniano. La rete all news italiana riporta abilmente le minacce del Segretario di Stato Usa Clinton contro l’Iran e poi il fatto che probabilmente l’Ue prenderà provvedimenti contro l’Iran.