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Partito della nazione o della dittatura italiana?

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PDGianfranco Fini ne rivendica giustamente il copyright. Era stato lui il primo a parlare di Partito della Nazione. Erano i tempi di Alleanza Nazionale. Un progetto naufragato, che ora Renzi, spietato com’è, fa resuscitare, nel tentativo di conquistare l’elettorato che ancora non gli “appartiene”.

Non ha forse detto alla convention di Firenze: «La Leopolda del 2011 mi ha fatto capire che questo Paese era scalabile, so che questo termine creerà polemiche, ma lo dico: per anni ci hanno raccontato che l’Italia era un paese chiuso, eppure giorno dopo giorno ci rendevamo conto che si potevano cambiare le cose sul serio?» «Scalabile» sta forse per “conquistabile”? Renzi si inquieterebbe molto solo che lo si pensasse. La sua proposta – mascherata e reiterata in maniera sapiente e ossessiva – è quella di rendere il Paese finalmente “riformabile”, partendo da quell’intuizione, insieme geniale e demagogica, della “rottamazione” del passato. «Siamo partiti dal fatto che in Italia ci sono persone che impediscono ai giovani di andare avanti», dice e aggiunge: «Piaccia o non piaccia ai gufi, a noi è dato il compito di restituire all’Italia la possibilità di un futuro».

Sul futuro, aveva già dato una risposta il “Financial Times”, all’inizio del mese di ottobre: «È arrivato il momento di valutare le conseguenze di un eventuale fallimento dell’Italia», aveva scritto in suo editoriale, sottolineando che «Renzi aveva promesso riforme radicali, ma non le ha ancora realizzate e anche se riuscisse a farle adottare, non sarebbero sufficienti.» Secondo il prestigioso quotidiano economico londinese, «Renzi deve riformare la giustizia, abbassare le tasse al livello della media europea e migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione. In altre parole: deve modificare il suo sistema politico. E potrebbe non bastare».

Raccontano le cronache che il Presidente del Consiglio si era molto adirato e siccome non è affatto stupido, probabilmente ha pensato che per “riformare” l’Italia – salvo comprendere come, perché attraverso l’azione di governo condotta fin qui neanche lo si intuisce – non gli è più sufficiente avere l’appoggio pieno della tecnocrazia e del sistema di potere europeo e una maggioranza traballante e rischiosa al Senato. Occorre quella assoluta.

La strategia è abbastanza chiara: dialogare, sedurre e conquistare amabilmente tutti. Già il “Patto del Nazareno” gli ha garantito che i suoi “nemici” naturali non esistessero più. Ma non basta. Il declino dei partiti, il crollo delle ideologie, la friabilità dell’elettorato, divenuto fortemente manipolabile e suggestionabile, gli consente di creare un partito “nuovo”, nato a “sinistra”, che ha già inglobato parte dell’estremismo vendoliano e il “centro” – dissolto dopo l’“esperienza” Monti – e ora punta ad assorbire anche la “destra”.

I contenuti? Uno vale l’altro. Di “destra” o di “sinistra”, poco importa. Qui non si tratta di attuare un programma dichiarato, ma di modificarlo e di adattarlo a seconda delle evenienze e delle opportunità. Anzi, di mutarlo in continuazione, per renderlo sempre più duttile all’“impresa”, garantita oltretutto dal fatto che non è stata decisa attraverso libere elezioni. Si ondeggia per “riformare”, ma non si sa in quale direzione.

Come ha scritto Marcello Veneziani sul “Il Giornale”, il progetto è «buono per tutti». Perché in realtà si dice «Tutti per dire Io, trattandosi di una protesi corale del Leader della nazione, il sullodato Matteo, Asso Pigliatutto». Rimane la “frangia” della Cgil e della Fiom – quella della manifestazione di Roma, per intenderci – ma può essere considerata funzionale al disegno complessivo, perché la cosiddetta minoranza del Partito Democratico, non ha alcun interesse, a provocare una scissione. E poi, il 100% dei consensi sarebbe troppo! Anche per uno come Renzi e per il “suo” partito. (Danilo Quinto)

 

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Tempo di misericordia. Ma anche di scomuniche

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messaC’è qualcosa che non torna in questo che è il proclamato “tempo della misericordia”, con l’accesso alla comunione eucaristica consentito o promesso quasi senza più limiti. eppure severissimamente interdetto a chi incorre in un paio di nuovi peccati capitali.

Il primo di questi nuovi peccati passibili di scomunica è la partecipazione alla messa e ai sacramenti celebrati dalla Fraternità San Pio X, fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre.

La Fraternità lefebvriana ha una sede nella diocesi di Albano, alle porte di Roma, e il vescovo di questa diocesi, Marcello Semeraro, che è anche il segretario del consiglio dei nove cardinali che assistono papa Francesco nel governo della Chiesa universale, ha emesso lo scorso 14 ottobre una notificazione per vietare ai suoi fedeli di andare a messa e ricevere i sacramenti dalla Fraternità, pena la scomunica:

“Qualunque fedele cattolico che richiede e riceve sacramenti nella Fraternità San Pio X si porrà di fatto nella condizione di non essere in comunione con la Chiesa cattolica. Una ammissione nella Chiesa cattolica dovrà essere preceduta da un adeguato percorso personale di riconciliazione, secondo la disciplina ecclesiastica stabilita dai vescovi”.

Quella scomunica, quindi, da cui sono stati liberati nel 2009 gli unici membri della comunità lefebvriana che ne erano stati precedentemente colpiti, cioè i quattro vescovi che la reggono, fulminerebbe oggi i cattolici che semplicemente vanno a messa da loro.

La questione non è nuova. Già nel 2003 la commissione vaticana “Ecclesia Dei” che si occupa dei lefebvriani aveva risposto così a due domande provenienti dagli Stati Uniti, in una lettera del 18 gennaio firmata dal prelato lussemburghese Camille Perl, all’epoca membro della commissione:

D. – “Posso assolvere il mio obbligo domenicale assistendo a una messa della Fraternità San Pio X?”

R. – “In senso stretto potete assolvere al vostro obbligo domenicale assistendo a una messa celebrata da un prete della Fraternità San Pio X”.

D. – “Commetto peccato assistendo a una messa della Fraternità San Pio X?”

R. – “Se, assistendo a questa messa, la vostra ragione principale fosse di manifestare il vostro desiderio di separarvi dalla comunione col Pontefice romano e con quelli che sono in comunione con lui, si tratterebbe di un peccato. Se la vostra intenzione consiste semplicemente nel partecipare a una messa detta col Messale del 1962, non si tratta di peccato”.

Successivamente, in data 28 marzo 2012, la stessa commissione “Ecclesia Dei, questa volta a firma del suo segretario Guido Pozzo, ha risposto negaivamente alla prima domanda, ma alla seconda ha confermato che andando a messa dai lefebvriani non si commette peccato, “a meno che si voglia sostituire con ciò l’osservanza del precetto festivo”.

Ma evidentemente oggi i tempi sono cambiati. Stando a quanto dice il vescovo di Albano, andando a messa dai lefebvriani si fa comunque e sempre peccato. E peccato gravissimo, da scomunica.

Una seconda plateale contraddizione riguarda i vescovi della Germania, notoriamente i più misericordiosi nel voler concedere la comunione ai divorziati risposati, ma contemporaneamente i più spietati nello scomunicare di fatto chi rifiuta di versare l’obolo alla Chiesa, che nel loro paese è obbligatorio per legge e frutta ogni anno molto più dell’8 per mille in Italia.

In Germania questa imposta per la Chiesa (Kirchensteuer) è talmente obbligatoria che per non pagarla più occorre dichiarare la propria uscita dalla Chiesa di appartenenza, cattolica o protestante che sia, con un atto pubblico davanti a una competente autorità civile.

Negli ultimi anni queste dichiarazioni di uscita (nelle quali non è facile distinguere le ragioni della fede da quelle della pecunia) sono molto cresciute di numero. E ad esse i vescovi hanno reagito emanando nel 2012 un decreto che commina al fuggitivo una micidiale serie di sanzioni:

“- non può ricevere i sacramenti della penitenza, de!l’eucaristia, della confermazione e dell’unzione degli infermi, tranne in pericolo di morte;
- non può ricoprire alcun ministero ecclesiastico e svolgere alcuna funzione nella Chiesa;
- non può essere padrino/madrina al battesimo e alla confermazione;
- non può essere membro dei consigli parrocchiali e diocesani;
- perde il diritto attivo e passivo di voto nella Chiesa;
- non può essere membro delle associazioni pubbliche della Chiesa”.

E ancora:

“- alla persona uscita dalla Chiesa che non abbia manifestato prima della morte un qualche segno di pentimento possono essere negate le esequie cattoliche;
- alla persona uscita dalla Chiesa che esercitasse dei servizi in base a un’autorizzazione ecclesiastica deve essere ritirata I’autorizzazione”.

Per ricondurre il reprobo all’ovile è previsto un colloquio col parroco del luogo. Ma se la riconciliazione fallisce, può arrivare anche di peggio:

“Quando nel comportamento del fedele che ha dichiarato la propria uscita dalla Chiesa si ravvisa un atto scismatico, eretico o di apostasia, I’ordinario avrà cura di prendere le misure corrispondenti”.

Chi tocca muore. Su almeno un paio di questioni “sensibili”, tradizionalismo liturgico e Kirchensteuer, pare proprio che non ci debba essere misericordia.

 

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Il ruolo dell'Italia nell'Ue: promuovere i diritti Lgbt

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Lgbt in EuropaIl 28 ottobre prossimo la Presidenza italiana del Consiglio europeo ospita a Bruxelles una conferenza di alto livello sul tema “Lottare contro la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere: prossime tappe nell’elaborazione delle politiche dell’UE e degli Stati membri”.

Sì, si tratta proprio della nostra Presidenza italiana, quella che con grandi annunci estivi avrebbe dovuto dare una spinta nuova all’Europa... Tutti annunci che – come già sottolineato su queste pagine – non corrispondevano alla realtà di un rapido semestre di Presidenza del Consiglio dell’UE: un sistema che dà allo Stato membro che presiede il Consiglio la possibilità di stabilire l’agenda di lavoro e null’altro che un valore simbolico. Questo valore simbolico è stato però usato dalla Presidenza italiana anche per questa conferenza sulla “discriminazione fondata sull’orientamento sessuale”.  L’organizzazione è realizzata in collaborazione con l’Agenzia per i Diritti fondamentali, zelante organo dell’UE basato a Vienna, che nel 2013 ha condotto un sondaggio che dimostrerebbe la grande discriminazione di cui sarebbero vittime le persone con tendenze omosessuali in tutta Europa.

Si tratta dello stesso sondaggio online senza alcun valore scientifico, che dopo il discusso successo della tristemente celebre relazione Lunacek (di cui abbiamo parlato nel febbraio scorso), continua a rappresentare la base pseudoscientifica di importanti iniziative dell’UE: con l’unico scopo di realizzare l’agenda della lobby gay molto ascoltata nei palazzi del potere, a Roma come a Bruxelles.

Nel complesso, sembra assistere ad una vera e propria strategia di attacco, lanciata lo scorso anno con questo finto sondaggio finanziato coi soldi di tutti noi contribuenti. Basandosi su di esso, il Parlamento europeo ha approvato la relazione dell’esponente lesbica dei Verdi Ulrike Lunacek, ora anche eletta Vice-Presidente del Parlamento e fautrice (insieme all’eurodeputato PD Daniele Viotti) dell’invito a Thomas Neuwirth, in arte Conchita Wurst, a cantare a Bruxelles.

Dopo le vacanze, il 12 e 13 settembre ecco che la lobby LGBT è tornata subito all’attacco in Europa con una grande conferenza internazionale a Belgrado, presa a modello di città intollerante e discriminatoria da rivoluzionare. Il titolo di questa conferenza di alto livello era a dir poco inquietante, se considerato programmatico: “Il futuro ci appartiene: i diritti LGBT nel cammino verso l’Unione europea”. La preoccupazione aumenta se pensiamo che vi hanno preso parte funzionari europei di alto livello.

Tra il 9 e l’11 ottobre Ilga Europe (è questo il nome della lobby gay finanziata dall’Ue nel nostro continente), terrà la sua conferenza annuale a Riga, con l’obiettivo di far fronte alle “minacce che la crisi economica sta causando alle vittorie del movimento Lgbt”. Anche qui, è annunciata la presenza massiccia di alti funzionari internazionali e Ong, dal Consiglio d’Europa all’Onu.

In questo scenario l’Ue non può che rappresentare un attore principale, ed il Governo italiano, che pure avrebbe la possibilità di focalizzare l’attenzione e di spendere energie per temi più vicini ai bisogni reali di famiglie e cittadini europei, decide di seguire la moda e di patrocinare un’ennesima conferenza sul tema “Lgbt”. Ma bisogna distinguersi. E allora si fanno le cose sempre più in grande. Con il supporto del Segretariato generale del Consiglio, saranno ospitati nel moderno edificio Justus Lipsius a Bruxelles “più di 250 decisori e professionisti dei diritti fondamentali provenienti da tutta l’Ue”.

Ma per far cosa? La lista è lunga: l’obiettivo è di sostenere l’elaborazione di risposte politiche efficaci per risolvere le sfide delle persone Lgbti in materia di diritti fondamentali; sensibilizzare i decisori pubblici; scambiare “pratiche incoraggianti al livello legislativo e politico (...) nella lotta contro la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e di genere”; discutere su come “rinforzare ed integrare le politiche di promozione di uguaglianza nei diversi ambiti relativi alle competenze dell’Unione”.

Tradotto dal politichese di Bruxelles significa che questa conferenza servirà a fare pressione sui politici perché instituiscano ovunque normative anti-omofobia, chiudendo il becco a chi si oppone all’uguaglianza, come la chiamano loro, intendendo per uguaglianza l’assenza di differenze tra uomo e donna. In due parole: teoria di genere. La cui diffusione deve portare a marce forzata allo snaturamento dell’istituzione della famiglia in tutta Europa.

Ebbene, il Governo Renzi non riesce ancora a far approvare il progetto di legge sull’omofobia a Roma? E allora se ne va a Bruxelles ad usare al meglio tutte le prerogative della Presidenza UE per questi fini che non trovano un’approvazione democratica in Parlamento. Laddove il popolo non segue, i burocrati e certi giudici saranno utilissimi alla lobby gay. E infatti... Chi ritrovi nel programma dell’evento? Marco De Giorgi, direttore della macchina burocratica che in Italia sta portando avanti la diffusione della teoria del genere.

Questi sarà preceduto da un video messaggio dell’immancabile Ulrike Lunacek, da un discorso dell’Ambasciatore Stefano Sannino, rappresentante di noi italiani presso l’Unione Europea, e da altri interventi di funzionari ma anche di rappresentanti della cosiddetta “società civile”, tutti rigorosamente di sponda Lgbt, come Evelyne Paradis, direttore di Ilga-Europe, e Julia Ehrt, anche lei direttore, ma di Transgender Europe (sì... esiste anche questa).

E poi? Chi manca? Ma certo! Ivan Scalfarotto! Non poteva di certo mancare lui, Vice-Presidente del Pd, sottosegretario per le riforme costituzionali e per i rapporti col Parlamento e promotore, appunto, della legge liberticida sull’omofobia. Lui parlerà della Presidenza italiana come di una “chiamata per i diritti fondamentali” (sic!). Dulcis in fundo, Scalfarotto concluderà l’evento insieme ad un altro personaggio, ormai diventato simbolo di lotta politica per questo ceto gay tanto perseguitato: Thomas Neuwirth, meglio conosciuto come Conchita Wurst... Insomma, questa lobby gay sarà pure ben organizzata e piena di soldi. Ma comincia ad essere estremamente monotona e noiosa.

 

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Macché gaffe, a Ratisbona Ratzinger l'aveva previsto

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Benedetto XVI durante il suo discorso a RatisbonaLa sera del 12 settembre 2006, io e mia moglie stavamo cenando a Cracovia, con nostri amici polacchi, quando un nervoso vaticanista italiano (perdonate la ridondanza degli aggettivi) mi chiamò, chiedendomi cosa pensassi del “Zees crazee speech of zee pope about zee Muslims” (“il folle discorso del papa sui musulmani”, detto in inglese con un forte accento italiano, ndr). Quello fu il primo sintomo di come l’orda delle “menti indipendenti” della stampa internazionale si sarebbe infuriata sul tema della Lezione di Ratisbona di Benedetto XVI, una “gaffe” su cui i media continuarono a mordere fino alla fine del suo pontificato.

A otto anni di distanza, la Lezione di Ratisbona appare sotto una luce molto diversa. Infatti, coloro che la lessero per davvero nel 2006, compresero che, lungi dall’aver fatto una “gaffe”, Benedetto XVI aveva analizzato, con la precisione dello studioso, due domande chiave, la cui risposta avrebbe influenzato profondamente la guerra civile che sta tuttora infuriando all’interno del mondo islamico; una guerra il cui esito determinerà se, nel XXI Secolo, l’islam sarà sicuro per i suoi fedeli e per il mondo.

La prima domanda chiave riguarda la libertà di religione. I musulmani possono trovare, all’interno del loro bagaglio culturale e spirituale, argomenti islamici a favore della tolleranza religiosa (compresa la tolleranza nei confronti di chi si converte ad altre religioni)? Questo auspicabile sviluppo, che il papa suggerì, potrebbe richiedere molto tempo (anche secoli) per elaborare una più completa teoria islamica della libertà religiosa.

La seconda domanda chiave riguardava la struttura delle società islamiche: i musulmani possono trovare, anche qui all’interno del loro bagaglio culturale e spirituale, argomenti islamici per stabilire una distinzione fra l’autorità religiosa e politica in uno stato giusto? Questo sviluppo, altrettanto auspicabile, potrebbe rendere le società musulmane più umane al loro interno e meno pericolose per i loro vicini, specialmente se è legato a una istanza islamica per la tolleranza religiosa.

Papa Benedetto XVI proseguì suggerendo che il dialogo interreligioso fra cattolici e musulmani dovesse concentrarsi su quelle due domande, fra loro strettamente legate. La Chiesa cattolica, come apertamente ammise il papa, attraversò le sue lotte interne mentre sviluppava una sua causa per la libertà di religione in un contesto politico di governo costituzionale, giocando un ruolo chiave nella società civile, ma non governandola direttamente. Il cattolicesimo ha infine sviluppato questi principi: non arrendendosi alla filosofia politica secolare, ma usando ciò che aveva appreso dalla modernità politica per tornare alla sua stessa tradizione, riscoprire gli elementi del suo pensiero su fede, ragione e società che erano stati perduti nel corso del tempo e sviluppare il suo insegnamento per la società giusta. 

Un simile processo di riscoperta/sviluppo è possibile anche nell’islam? Questa è la Grande Domanda posta da Benedetto XVI nella Lezione di Ratisbona. Il fatto che questa domanda sia stata prima fraintesa, poi ignorata, è una tragedia di proporzioni storiche. I risultati di quel fraintendimento e di quella ignoranza – e molti altri fraintendimenti e ignoranze – sono ora drammaticamente palesi in tutto il Medio Oriente: nella decimazione delle antiche comunità cristiane, negli atti di barbarie che hanno shockato un Occidente apparentemente apatico, come la crocefissione e la decapitazione di cristiani; negli Stati in subbuglio; nella speranza delusa che il Medio Oriente del XXI Secolo potesse guarire dalle sue varie malattie politiche e culturali per trovare la via di un futuro più umano.

Sono sicuro che Benedetto XVI non sia affatto lieto nel vedere la sua Lezione di Ratisbona confermata dalla storia. Ma i suoi contestatori del 2006 possono comunque esaminare le loro coscienze e rivedere l’obbrobrio che gli hanno scagliato contro otto anni fa. Ammettendo di aver sbagliato nel 2006, potrebbero compiere un primo passo utile per uscire dalla loro ignoranza sul conflitto intra-islamico che minaccia gravemente la pace nel mondo del XXI Secolo. 

Quanto al discorso sul futuro dell’islam, che Benedetto XVI propose allora, ebbene, oggi, sembra alquanto improbabile. Ma se mai dovesse realizzarsi, i leader cristiani dovrebbero spianarne la strada, parlando, senza indugio, delle patologie dell’islamismo e dello jihadismo; smettendo di porgere scuse anti-storiche sul colonialismo del XX Secolo (imitando debolmente il peggio delle chiacchiere accademiche sul mondo arabo-islamico); e dichiarando pubblicamente che il prudente uso della forza militare è moralmente giustificato, una volta che ci si imbatte in fanatici sanguinari, come quelli che, da questa estate in poi, si stanno rendendo responsabili della nascita di un regno del terrore in Siria e Iraq.

*George Weigel, intellettuale e attivista cattolico statunitense, è l'autore della biografia di San Giovanni Paolo II Witness to Hope. L'articolo originale, Regensburg Vindicated è stato pubblicato sul Denver Catholic Register, il 16 settembre 2014

 

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Italia: 6 miliardi in piu' di budget militare in piena crisi

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Italia: 6 miliardi in piu' di budget militare in piena crisiNonostante la crisi economica in Italia, il ministro della difesa Roberta Pinotti ha informato di un aumento di 6 miliardi di euro del budget militare.

Il ministro Pinotti ha spiegato che questo incremento dovrebbe servire ad un completo rinnovamento delle forze della marina. In queste ultime settimane tra i tanti articoli sulla crisi economica, sulla manovre e i provvedimenti governativi, sulla necessità di cospicui tagli al bilancio dello Stato – si è affacciato un inizio di dibattito sul peso delle spese militari sullo stesso bilancio pubblico e sulla possibilità di riduzioni del bilancio della difesa, con particolare riferimento al programma di acquisto di 131 caccia F35 Strike fighter (spesa prevista intorno ai 15 miliardi di Euro). Secondo gli analisti, purtroppo, non pare sia stato un dibattito serio, perché dal risultato gia' scontato. Un'altra questione ripetuta a piu' non posso in questi giorni, poi, e' stata la necessita', ribadita da esponenti dello Stato, di rendere le forze armate italiane efficienti.

E qui sta la questione di fondo: efficienti per fare cosa? Le forze armate italiane sono state costruite negli ultimi 20 anni per fare la guerra – ed è quello che fanno le missioni internazionali (dall'Afghanistan alla Libia), dentro il quadro di un'Alleanza atlantica che ha assunto via il ruolo di regolatore dell'ordine mondiale e di poliziotto che si auto-autorizza a applicare sanzioni a chi viola le sue regole. Ad ogni modo, anche lasciando stare le questioni internazionali, mentre 9 milioni di persone sono disoccupate in Italia, il governo sceglie di aumentare le spese militari invece di investire per la soluzione di problemi come giovani e disoccupazione e poverta'. Secondo gli ultimi dati disponibili del Sipri, uno dei più autorevoli centri di ricerca internazionali sulle armi, l'Italia ha speso nel 2010 circa 26,6 miliardi per la difesa militare – a fronte dei 20,3 miliardi dichiarati dal ministero della difesa - posizionandosi ancora una volta al decimo posto nella classifica dei paesi che maggiormente spendono per i loro eserciti. Ma non si tratta di un'eccezione; sempre leggendo i dati Sipri l'Italia del nuovo millennio ha speso in media ogni anno circa 25 miliardi di euro per le spese militari. Molti di più di quanto dichiarato ufficialmente.

L'Italia, tra i membri fondatori, partecipa da sempre a pieno titolo alle attività della Nato. Il contributo economico diretto all'Alleanza Atlantica piazza l'Italia al 5° posto tra i paesi finanziatori (nel 2007 è stato di 138 milioni di euro su un totale di 1.874,5 milioni di euro, pari al 7,4% dei contributi totali versati dagli alleati) collocandola subito dopo Usa, Regno Unito, Germania e Francia. L'Italia, con un debito pubblico di oltre 1.900 miliardi di euro continua ad avere tale bilancio militare. E' chiaro che questa forte spesa militare ha contribuito al deficit pubblico e che il bilancio della difesa ha subito tagli decisamente ridicoli o inesistenti, ancora più scandalosi se confrontati con quelli subiti dai servizi pubblici.

 

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Mazzette sugli aborti, ma accusano gli obiettori

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L'ospedale Tatarella di CerignolaOspedale pugliese Tatarella a Cerignola: se vuoi abortire subito devi pagare 100 euro, altrimenti ti faccio aspettare oltre il 90° giorno. Questo hanno rivelato le intercettazioni fatte dai carabinieri nei confronti di Osvaldo Battarino e Giuseppe Belpiede, di 56 e 62 anni, il primo dirigente medico responsabile delle pratiche abortive e il secondo direttore dell’Unità di Rianimazione. Una ventina i casi accertati. L'accusa a loro contestata è di concussione continuata in concorso. Un vero e proprio pizzo abortivo: mazzette per ammazzare prima.

«Se vuoi fare subito, due o tre giorni, devi pagare questo», diceva uno dei due, «se invece vuoi andare all'altro ospedale, non paghi niente, ma c'è molto da aspettare». I due sfruttavano la circostanza di essere gli unici medici non obiettori dell’ospedale: o ti rivolgevi a loro oppure andavi altrove. Da qui la sponda ovviamente per attaccare gli obiettori. Il parlamentare del Pd Colomba Mongiello così commenta la vicenda: «mi auguro che, anche a partire da questa scandalosa vicenda, si apra una discussione politica e istituzionale seria sull’obiezione di coscienza all’aborto che in alcuni ospedali pugliesi ha perfino messo in discussione l’applicazione di una legge dello Stato». Sullo stesso registro le parole della parlamentare europea Elena Gentile, ex assessore regionale pugliese alla Sanità che non molto tempo fa voleva sguinzagliare le forze dell’ordine alla caccia dei medici obiettori: «La Legge 194 ha consentito alle donne di conquistare il diritto alla autodeterminazione rispetto a una scelta sempre e comunque difficile e dolorosa anche quando ineluttabile. Oggi però questa grande legge deve fare necessariamente i conti con le molteplici difficoltà di applicazione, con il malcostume delle baronie che mortificano quei professionisti eroici che subiscono, a causa della loro scelta, il calvario della marginalizzazione. Con la conseguenza di un aumento del numero dei medici obiettori che si registra non solo in Puglia, ma anche in tutte le regioni italiane, compresa la civilissima Emilia Romagna». 

A rigor di logica anche i due medici che chiedevano il pizzo erano “professionisti eroici” emarginati dal fenomeno dell’obiezione di coscienza. Quisquilie. Fanno eco alle dichiarazioni della Gentile quelle dell’avvocato Mimmo Farina, che assiste uno dei due indagati: «si dovrebbe aprire un dibattito serio sulla opportunità della scelta degli obiettori di coscienza, forse spinti più dalla volontà di non addossarsi possibili rogne che dalla presa di posizione etica». Abbiamo capito bene: i due delinquono e la colpa è degli obiettori. Se ci fossero stati più medici abortisti loro non avrebbero potuto ricattare nessuno. É un po’ come dire che il ladro ruba a casa del ricco perché è ricco. Se fosse stato povero nessuno si sarebbe intrufolato a casa sua.

Ma facciamoci una domanda: gli obiettori sono davvero un inciampo alle pratiche abortive? Noi spereremmo di sì, però purtroppo le cose stanno in modo diverso. Innanzitutto sono gli stessi due indagati a confermarcelo nelle loro intercettazioni: «Io faccio 500 interruzioni l'anno, da 25 anni. 500 l'anno, hai capito?». Tanto per provare che anche se ci sono solo due medici non obiettori gli aborti si fanno ugualmente. Stessa conferma viene dall’avvocato Farina che però a beneficio dei cronisti prudentemente lima al ribasso il numero di aborti: «I due facevano tre interruzioni volontarie di gravidanza ad ogni seduta, due a settimana». Di certo non un superlavoro per la coppia e uno splendido autogol per il legale di Belpiede il quale ci dà prova che il suo assistito insieme al collega se la cavavano egregiamente nonostante i medici obiettori.

Inoltre, il documento del Comitato Nazionale di Bioetica del luglio del 2012 Obiezione di coscienza e bioetica mostra che laddove ci sono più medici obiettori i tempi di attesa all’aborto diminuiscono e viceversa. Ergo, la velocità nell’effettuare aborti attiene all’organizzazione dell’ospedale non alla presenza o meno di obiettori. Allo stesso risultato era pervenuto anche un monitoraggio promosso l’anno scorso dal Ministero della Salute sul territorio per verificare se gli obiettori fossero d’inciampo. Stessa musica anche in quel di Puglia. La Regione, secondo l’ultimo report del ministero della Salute, è sopra la media nazionale in quanto a velocità nell’effettuare aborti: il 70,9% del totale degli interventi è praticato entro 14 giorni dal rilascio del certificato. Questi dati non devono sorprendere: infatti negli anni gli aborti chirurgici sono diminuiti a fronte di un numero assoluto di medici abortisti che è rimasto invariato. Questo ci porta a concludere che nel tempo il numero di interventi abortivi per medico abortista è diminuito. 

E dunque perché il fronte pro-choice continua a martellare come un fabbro sulla questione dell’obiezione di coscienza? Perché ciò che irrita è proprio quel dato nazionale del 70% di astensione di medici obiettori. É la testimonianza scientifica e professionale che l’aborto è un omicidio e che dunque la stragrande maggioranza del personale medico, di certo non composto da soli cattolici, non vuole averci nulla a che fare. Torniamo infine alla Mongiello e alle sue affermazioni sul caso pugliese. Queste fanno emergere un aspetto spesso dimenticato della 194, la legge che introdotto l’aborto procurato nel nostro Paese: «mi sento offesa e oltraggiata dal cinismo di due medici che hanno lucrato ignobilmente sulla sofferenza psicologica e fisica di così tante donne, alle quali va tutta la mia solidarietà personale ed istituzionale». E aggiunge: «mi aspetto che l’Asl e la Regione attivino un’indagine interna per far emergere eventuali collusioni morali e responsabilità deontologiche». 

Il problema legale e morale non è l’aborto ovviamente, ma l’onestà nel praticare l’aborto, quella onestà che è mancata alla coppia di medici indagati. Insomma, un crimine non è tale per ciò che fa – uccidere bambini – ma se rispetta le regole per commetterlo. E questa è la stessa logica della 194: le uniche ipotesi di reato previste nella 194 attengono alle procedure non rispettate. Curiosamente il reato non deve essere individuato in un fatto – assassinare, rubare, sequestrare – ma nel modo in cui si compie il fatto di per sé neutro. Curioso poi che la Mongiello parli di cinismo. Cosa è più cinico: l’aborto in sé o il ricatto? La parlamentare poi ricorda le donne ricattate. E il nascituro? Ovviamente dimenticato. Per paradosso poi l’azione dei due delinquenti, nei casi in cui non si è ceduto al ricatto, ha permesso ai bambini di vivere di più. Una volta tanto il “cinismo” è stato inconsapevolmente pro-life.

 

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Che bella “ripresa”, a settembre!

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Sanità: Renzi, con accordo Qatar-Sardegna 1 mld investimentiGli 80 euro, che sono serviti a Renzi per sbancare le elezioni europee, saranno restituiti con gli interessi dai contribuenti italiani. È questa la previsione che si può fare per la “ripresa” di settembre. Si legge nel recente Documento di economia e finanza (Def): «Nel 2015 e 2016 il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali richiederà misure aggiuntive per colmare il gap residuo, che il governo ipotizza perverranno unicamente dalla spesa».

Significa che occorre trovare 5 miliardi, ai quali bisogna aggiungerne altri 10, necessari per coprire gli sgravi decisi sull’Irpef. A questi 15 miliardi, secondo la stima che ha fatto l’Agenzia Reuters, bisogna aggiungerne altri 10 – derivanti dagli impegni previsti dalla legge di stabilità del precedente Governo – che coprono spese non evitabili, come il finanziamento della cassa integrazione in deroga e gli impegni delle missioni internazionali a cui partecipa l’Italia.

Da dove ricavare i 25 miliardi, cioè la cifra che occorre per correggere i conti, da inserire nella legge di stabilità prevista per metà ottobre? Una prima risposta l’ha già data la Banca d’Italia: «nel 2015 i risparmi di spesa indicati non sarebbero sufficienti, da soli, a conseguire gli obiettivi programmatici». È quindi evidente che le rassicurazioni dispensate dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Economia, lasciano il tempo che trovano. A meno che Renzi non punti sul semestre europeo, che gli tocca di presiedere, al fine di convincere i suoi interlocutori che l’annuncio delle riforme – nessuna delle quali è stata finora attuata – possa di per sé sanare i disastrosi conti pubblici italiani.

È difficile pensare, però, che la sua indiscussa capacità di affabulazione possa ottenere analogo effetto in Europa. D’altra parte, i tecnici della Commissione europea, nelle loro Raccomandazioni agli stati membri, hanno già scritto nel documento che è stato inviato qualche giorno fa che la richiesta italiana di «rinvio del pareggio di bilancio non può essere accettata», chiedendo aggiustamenti già nel 2014. Solo un’azione diplomatica messa in campo in maniera frenetica, ha evitato il varo immediato di una manovra correttiva.

L’altra “carta” che Renzi può giocare è quella che gli deriva dal plebiscito ottenuto alle elezioni europee: accelerare il processo della riforma elettorale – sul quale ora converge anche il Movimento di Grillo – e porsi l’obiettivo di nuove elezioni, magari nel prossimo autunno. Le elezioni non eviterebbero, naturalmente, le inevitabili misure draconiane per sistemare i conti pubblici, ma avrebbero l’effetto di consolidare il potere. È un’ipotesi da non scartare, omogenea alla natura illusoria e, nel contempo, ambiziosa, dell’esperienza renziana.

In questa prospettiva, non c’è solo da considerare la questione economica, che rimane inaffrontata e che lede la dignità di milioni di persone, che – nonostante i proclami – restano senza lavoro e in povertà. L’altra “sorpresa” – già annunciata da Renzi durante l’Assemblea nazionale del suo partito – riguarda le unioni civili tra persone omosessuali, sul modello inglese della “civil partnership, che come ha scritto “L’Unità”, è tutt’ora applicato in Germania e permette di adottare il figlio del partner. «A settembre – ha detto Renzi – i gruppi parlamentari lavoreranno su quello che è un impegno vincolante rispetto al quale non ci possiamo più tirare indietro e che abbiamo preso durante le primarie».

Dopo l’estate, quindi, troveranno la loro realizzazione le due “gambe” dell’azione di Renzi, favorite dalla sterile opposizione dei parlamentari cattolici, presenti anche nella sua maggioranza: la non considerazione dei bisogni materiali delle persone che sono in sofferenza e la distruzione dell’istituto familiare formato tra un uomo e una donna.

Il brodo di coltura è lo stesso da cui proviene suor Fernanda Barbiero delle Dorotee, recentemente imposta dal Card. João Braz de Aviz quale “commissaria” delle Francescane dell’Immacolata: anche la professoressa Marinella Perroni, come Suor Barbiero, è “socia” del Coordinamento Teologhe Italiane. Anzi, per la precisione, ne è co-fondatrice.

E, come Suor Barbiero, è una «femminista convinta», come è stata definita in un articolo apparso su “Vita Pastorale”, in cui peraltro lei stessa definisce «quella per le ‘radici cristiane’ una battaglia ormai solo di retrovia», una «strategia di contenimento rivolta al passato». Convinta fautrice del «mondo plurale» e della «Chiesa conciliare», negli Anni Settanta Perroni sognava di «alfabetizzare alla fede», applicando alla catechesi il modello elaborato in Brasile da Paulo Freire.

Chi era Paulo Freire? Si definiva un «socialista cristiano»: sposava infatti le idee della “teologia della liberazione”, esplicitandole in una sorta di sincretismo tra Cristianesimo e marxismo gramsciano. Era questo il modello catechetico di Marinella Perroni, peraltro formatasi all’ecumenismo spinto di Taizé e, negli Anni Ottanta, pionieristica fautrice del «Gender come categoria interpretativa dell’analisi storica», tanto da esser definita sulla rivista on line “inGenere” «una delle più importanti esponenti della ‘teologia di genere’».

Lo stesso concetto di “gender”, che ha invaso il mondo dopo la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite, svoltasi a Pechino nel 1995, quella definita da Suor Barbiero «la grande svolta». Non a caso Perroni se l’è presa con Benedetto XVI, “reo”, a suo dire, di essersi «scagliato con virulenza contro il pensiero di genere» e di aver «indicato gli omosessuali come nemici della pace».

Pochi giorni fa, il 12 giugno, riecco Marinella Perroni in compagnia di un altro grande vate del Vaticano II, il prof. Alberto Melloni, leader indiscusso della Scuola di Bologna, relatori entrambi a Roma presso la libreria Arion per un convegno organizzato dal Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia. Convegno, durante il quale il Gran Maestro della massoneria, Stefano Bisi, ha auspicato un’inedita fusione all’insegna dell’«incontro e del dialogo» tra Chiesa Cattolica e Liberi Muratori in nome dei «diritti umani e della libertà».

E’ l’antica tentazione che torna, questa volta in forma di provocazione aperta: «Mi piacerebbe proprio sapere cosa pensi Papa Francesco della massoneria”, ha detto Bisi, azzardando anche una data non casuale, quella dell’anniversario della breccia di Porta Pia: «Il 20 settembre 2014 – ha dichiarato – deve essere ricordato per un’altra breccia, una breccia che possa servire ad abbattere i muri che separano mondi diversi e che hanno voglia di incontrarsi. C’è fortemente bisogno di collegamenti. Questo era anche il messaggio del Concilio Vaticano II».

A suo modo molto chiaro, il Gran Maestro, non c’è che dire. Così come estremamente chiaro è il comunicato emesso, a commento del convegno, dal Grande Oriente d’Italia sul suo sito: «Questo ‘balzo in avanti della Chiesa nella società moderna’, oggi come allora, piace alla massoneria, che oggi proprio come durante quegli anni caldi ha ripreso a seguire con interesse i cambiamenti, che si delineano Oltretevere. Quell’evento rappresentò senza dubbio una stagione unica di dialogo e di conoscenza reciproca, che in questa fase, in cui sembra essere cominciata una nuova età conciliare, ha tutte le possibilità di riprendere». Inequivocabile il corteggiamento rivolto da Bisi, novello Egidio manzoniano, alla “Chiesa del Vaticano II” ed a Papa Francesco.

Alla luce di tutto questo, quando Marinella Perroni, in un’intervista, afferma che nella Chiesa «le grandi novità sono possibili, ma occorre una regia seria», a cosa esattamente si riferisce? Di certo v’è comunque che se è questo l’humus culturale, da cui si è tratta la “commissaria” delle Francescane dell’Immacolata – che han tutt’altra storia, tutt’altra origine, tutt’altro carisma -, appare chiaro il prevalere di una connotazione marcatamente ideologica, fonte di incomprensione e di sofferenza, rispetto ad una premura ed ad una cura – come oggi si dice – “pastorale”… (M.F.)

 

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Le teologhe del gender e le Francescane dell’Immacolata

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SONY DSCIl brodo di coltura è lo stesso da cui proviene suor Fernanda Barbiero delle Dorotee, recentemente imposta dal Card. João Braz de Aviz quale “commissaria” delle Francescane dell’Immacolata: anche la professoressa Marinella Perroni, come Suor Barbiero, è “socia” del Coordinamento Teologhe Italiane. Anzi, per la precisione, ne è co-fondatrice.

E, come Suor Barbiero, è una «femminista convinta», come è stata definita in un articolo apparso su “Vita Pastorale”, in cui peraltro lei stessa definisce «quella per le ‘radici cristiane’ una battaglia ormai solo di retrovia», una «strategia di contenimento rivolta al passato». Convinta fautrice del «mondo plurale» e della «Chiesa conciliare», negli Anni Settanta Perroni sognava di «alfabetizzare alla fede», applicando alla catechesi il modello elaborato in Brasile da Paulo Freire.

Chi era Paulo Freire? Si definiva un «socialista cristiano»: sposava infatti le idee della “teologia della liberazione”, esplicitandole in una sorta di sincretismo tra Cristianesimo e marxismo gramsciano. Era questo il modello catechetico di Marinella Perroni, peraltro formatasi all’ecumenismo spinto di Taizé e, negli Anni Ottanta, pionieristica fautrice del «Gender come categoria interpretativa dell’analisi storica», tanto da esser definita sulla rivista on line “inGenere” «una delle più importanti esponenti della ‘teologia di genere’».

Lo stesso concetto di “gender”, che ha invaso il mondo dopo la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite, svoltasi a Pechino nel 1995, quella definita da Suor Barbiero «la grande svolta». Non a caso Perroni se l’è presa con Benedetto XVI, “reo”, a suo dire, di essersi «scagliato con virulenza contro il pensiero di genere» e di aver «indicato gli omosessuali come nemici della pace».

Pochi giorni fa, il 12 giugno, riecco Marinella Perroni in compagnia di un altro grande vate del Vaticano II, il prof. Alberto Melloni, leader indiscusso della Scuola di Bologna, relatori entrambi a Roma presso la libreria Arion per un convegno organizzato dal Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia. Convegno, durante il quale il Gran Maestro della massoneria, Stefano Bisi, ha auspicato un’inedita fusione all’insegna dell’«incontro e del dialogo» tra Chiesa Cattolica e Liberi Muratori in nome dei «diritti umani e della libertà».

E’ l’antica tentazione che torna, questa volta in forma di provocazione aperta: «Mi piacerebbe proprio sapere cosa pensi Papa Francesco della massoneria”, ha detto Bisi, azzardando anche una data non casuale, quella dell’anniversario della breccia di Porta Pia: «Il 20 settembre 2014 – ha dichiarato – deve essere ricordato per un’altra breccia, una breccia che possa servire ad abbattere i muri che separano mondi diversi e che hanno voglia di incontrarsi. C’è fortemente bisogno di collegamenti. Questo era anche il messaggio del Concilio Vaticano II».

A suo modo molto chiaro, il Gran Maestro, non c’è che dire. Così come estremamente chiaro è il comunicato emesso, a commento del convegno, dal Grande Oriente d’Italia sul suo sito: «Questo ‘balzo in avanti della Chiesa nella società moderna’, oggi come allora, piace alla massoneria, che oggi proprio come durante quegli anni caldi ha ripreso a seguire con interesse i cambiamenti, che si delineano Oltretevere. Quell’evento rappresentò senza dubbio una stagione unica di dialogo e di conoscenza reciproca, che in questa fase, in cui sembra essere cominciata una nuova età conciliare, ha tutte le possibilità di riprendere». Inequivocabile il corteggiamento rivolto da Bisi, novello Egidio manzoniano, alla “Chiesa del Vaticano II” ed a Papa Francesco.

Alla luce di tutto questo, quando Marinella Perroni, in un’intervista, afferma che nella Chiesa «le grandi novità sono possibili, ma occorre una regia seria», a cosa esattamente si riferisce? Di certo v’è comunque che se è questo l’humus culturale, da cui si è tratta la “commissaria” delle Francescane dell’Immacolata – che han tutt’altra storia, tutt’altra origine, tutt’altro carisma -, appare chiaro il prevalere di una connotazione marcatamente ideologica, fonte di incomprensione e di sofferenza, rispetto ad una premura ed ad una cura – come oggi si dice – “pastorale”… (M.F.)

 

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Timor di Dio, il nostro "allarme" di fronte al peccato

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Raffaello Sanzio, All'udienza generale dell'11 giugno 2014 Papa Francesco ha concluso il ciclo sui doni dello Spirito Santo, proponendo una meditazione sul dono del timore di Dio. Spesso confuso con la paura, questo dono ci dà invece, ha affermato il Pontefice, la capacità di affidarci totalmente e con fiducia a Dio, e funziona anche per ognuno di noi come un sistema di allarme personale nei confronti del peccato.

Il timore di Dio, ha spiegato il Papa, non va mai confuso con la paura: «non significa avere paura di Dio: no, non è quello! Sappiamo bene che Dio è Padre e che ci ama e vuole la nostra salvezza, e sempre perdona: sempre! Per cui non c’è motivo di avere paura di Lui!». Il timore di Dio, invece, «è il dono dello Spirito che ci ricorda quanto siamo piccoli di fronte a Dio e al suo amore e che il nostro bene sta nell’abbandonarci con umiltà, rispetto e fiducia nelle sue mani. Questo è il timore di Dio: questo abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene!».

Il timore di Dio è il dono del realismo umile  - lo Spirito Santo «ci porta a sentirci così come siamo, cioè piccoli» - e insieme della totale fiducia in Dio, «quell’atteggiamento - tanto raccomandato da Gesù nel Vangelo - di chi ripone tutte le sue preoccupazioni e le sue attese in Dio e si sente avvolto e sostenuto dal suo calore e dalla sua protezione, proprio come un bambino con il suo papà». Naturalmente la fiducia filiale nei confronti del Padre comporta la docilità e la disponibilità all'obbedienza. Lo Spirito Santo ci fa «comprendere bene come il timore di Dio venga ad assumere in noi la forma della docilità, della riconoscenza e della lode, ricolmando il nostro cuore di speranza. Tante volte, infatti, non riusciamo a cogliere il disegno di Dio, e ci accorgiamo che non siamo capaci di assicurarci da noi stessi la felicità e la vita eterna. È proprio nell’esperienza dei nostri limiti e della nostra povertà, però, che lo Spirito ci conforta e ci fa percepire come l’unica cosa importante sia lasciarci condurre da Gesù fra le braccia del suo Padre».

Il dono del timore di Dio apre il cuore, «ci fa prendere coscienza che tutto viene dalla grazia e che la nostra vera forza sta unicamente nel seguire il Signore Gesù e nel lasciare che il Padre possa riversare su di noi la sua bontà e la sua misericordia. Aprire il cuore perché la bontà e la misericordia di Dio vengano a noi».

Non dobbiamo però dare per scontato che il nostro cuore sia sempre aperto a Dio. Si richiedono «umiltà, docilità e obbedienza». Occorre anche guardarsi da un «atteggiamento rassegnato e passivo, anche lamentoso». Dobbiamo sempre incontrare il Signore con «stupore e gioia». Il dono del timore di Dio «non fa di noi dei cristiani timidi, remissivi, ma genera in noi coraggio e forza! È un dono che fa di noi cristiani convinti, entusiasti, che non restano sottomessi al Signore per paura, ma perché sono commossi e conquistati dal suo amore».

Il dono del timore di Dio è dolce, ma è anche severo. Il Pontefice ha spiegato che «è anche un "allarme" di fronte alla pertinacia nel peccato. Quando una persona vive nel male, quando bestemmia contro Dio, quando sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i soldi, per la vanità o il potere o l’orgoglio, allora il santo timore di Dio ci mette in allerta: "Attenzione, con tutto questo potere, con tutti questi soldi, con tutto il tuo orgoglio, con tutta la tua vanità, non sarai felice!"». Non sarai felice su questa Terra e non lo sarai nell'eternità. «Nessuno può portare con sé dall’altra parte né i soldi né il potere né la vanità né l’orgoglio: niente! Soltanto possiamo portare l’amore che Dio Padre ci dà» e «quello che abbiamo fatto per gli altri».

Papa Francesco ha citato gli esempi delle «persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere» in diversi modi, di coloro che «vivono della tratta di persone e del lavoro schiavo», dei «mercanti di morte» che fabbricano armi, e ha pregato «che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio». Non dobbiamo però pensare, ha concluso il Papa, che l'«allarme» che il timore di Dio fa suonare nel cuore di fronte al peccato e alle sue conseguenze valga solo per i grandi peccatori. Vale per tutti noi: non deve indurre una paura oscura e disperata, che non è un sentimento cristiano, ma una seria considerazione del peccato e una disponibilità incondizionata ad accogliere Dio che ci viene incontro nella verità e nella misericordia.

 

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Il nuovo cattolicesimo politicO

porta la divisa dei boy-scout.

 

lA NUOVA SVOLTA "protestante" della cei

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boyCome già nel giorno dell’incontro-evento di Todi con il memorabile editoriale di Ferruccio de Bortoli, anche dopo la vittoria di Matteo Renzi alle elezioni europee il “Corriere della Sera” si è assunto il ruolo di dettare il profilo del politico cattolico finalmente al passo con i tempi, questa volta per la penna di Ernesto Galli della Loggia e non solo.

Che Renzi sia cattolico non è mai stato un mistero. È cresciuto tra i boy-scout e va a messa tutte le domeniche. “Cattolico vero e irrequieto”, l’ha definito Marco Tarquinio, il direttore di “Avvenire”, nell’editoriale di commento alla sua vittoria alle europee.

Ma il 3 giugno Galli della Loggia ha detto di più. Sulla prima pagina del “Corriere” ha salutato in Renzi il successo di “una versione di cattolicesimo efficiente e compassionevole, simpatico e semplice, che oggi, nell’epoca di papa Francesco, è forse il solo cattolicesimo politicamente declinabile e spendibile”.

Pochi giorni prima, in un’intervista all’agenzia SIR della conferenza episcopale italiana, il sociologo Franco Garelli, studioso del cattolicesimo italiano e cattolico lui stesso, aveva ulteriormente specificato così il fenomeno Renzi:

“Renzi è un cattolico, non lo ha mai negato, anzi ogni tanto lo ricorda. Però non fa della sua ispirazione cattolica un castello. La Chiesa era abituata a pensare che chi si impegnava in politica doveva farlo  per promuovere i valori cattolici, mentre lui si impegna in chiave pluralistica, per affermare istanze tipiche della dottrina sociale”.

La “chiave pluralistica” del cattolicesimo renziano è quella che consente a lui e ad altri cattolici di nuova generazione arrivati al potere di sostenere con tranquillità la fecondazione artificiale eterologa, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’adozione da parte di coppie omosessuali, e altri simili “diritti”. Ne fa testo un’intervista a “Vanity Fair” della ministro Maria Elena Boschi, ivi presentata come “cattolica credente”.

Oltre che del clima di papa Francesco, questi nuovi politici cattolici beneficiano della svolta avvenuta ai vertici della conferenza episcopale italiana, ove il nuovo segretario di nomina papale Nunzio Galantino teorizza lo spostamento d’accento dalla difesa della vita e della famiglia alla promozione di istanze più “sociali” come lavoro e salute.

La svolta della CEI ha già avuto il suo riverbero su TV 2000, dove al “ruiniano” Dino Boffo è stato sostituito il cattolico “adulto” Paolo Ruffini, il cui albo d’oro come direttore a RAI 3 e a La 7 è associato ai nomi di Fabio Fazio, Michele Santoro, Daria Bignardi, Gianluigi Nuzzi, Corrado Augias.

Ma è una mutazione che ormai discende “per li rami” del cattolicesimo associato e si manifesta senza più cautele. Proprio a fianco dell’articolo di Galli della Loggia, sullo stesso numero del “Corriere della Sera” del 3 giugno, è uscita una vibrante presa di posizione a favore del “diritto” alla fecondazione eterologa da parte di un medico insigne, il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, specialista del trapianto di cellule staminali emopoietiche.

Oltre che per i suoi meriti scientifici, il professor Lambertenghi è noto per essere da molti anni il presidente dell’Associazione dei medici cattolici di Milano. “Martiniano” di ferro, già nel 2005 si era dissociato dalla linea della Chiesa italiana riguardo ai referendum sulla fecondazione artificiale.

Ma ora fa di più. Sul terreno minato dell’eterologa, da presidente dei medici cattolici sfida apertamente quelli che definisce “i più agguerriti difensori dell’ortodossia cattolica”. Il nuovo corso del cattolicesimo politico è questo.

 

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S'avanza il catto-pragmatismo

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Fede e politicaTre indizi fanno una prova. Dopo Avvenire e dopo il Sir, di cui abbiamo parlato due giorni fa (clicca qui), ora anche il Corriere della Sera di ieri, con un fondo di Ernesto Galli della Loggia, si impegna ad accreditare Matteo Renzi non solo come cattolico – «non si contano le foto che lo ritraggono all’uscita dalla messa domenicale, da solo o con la famiglia» – ma anche come in continuità con la Dottrina sociale della Chiesa e la storia del cattolicesimo italiano, e perfino come espressione di un cattolicesimo politico adatto ai nostri tempi, che Galli della Loggia, non si sa con quale nesso con Renzi, chiama «i tempi di papa Francesco». 

Galli della Loggia ha definito quello del presidente del Consiglio Matteo Renzi un cattolicesimo politico da boy scout. Il riferimento è all’attività scoutistica del giovane Renzi, al suo comportarsi come un capo-branco (Akela) con i suoi collaboratori, al suo stile e linguaggio giovanili, alla volontà di impegnarsi in cose concrete e di provarci («fare del nostro meglio»), alla sua semplicità di approccio ai problemi, alla sua gioviale sicurezza e fiducia da bravo ragazzo che fa attraversare la strada all’Italia. 

Secondo Galli della Loggia, Renzi è espressione di un cattolicesimo politico non più legato al vecchio cattolicesimo veneto e lombardo da cui era nata anche la Democrazia cristiana e più vicino al cattolicesimo di Dossetti, La Pira, don Milani – il cattolicesimo tra il Po e l’Appennino, come egli dice – di cui però Renzi stempera le asprezze, rendendolo più dolce, meno battagliero; un cattolicesimo politico semplificato e debole, come è, a dire il vero, il cattolicesimo scout.

Devo dire che la definizione di Renzi come espressione di un cattolicesimo politico tipo boy scout è ben ritagliata. È un cattolicesimo politico ricondotto a buone azioni, stare insieme, consumare con sobrietà, rispettare l’ambiente, fare acquisti a chilometro zero. Per un cattolicesimo politico di questo genere, non credo ci sia bisogno di scomodare Dossetti, La Pira e don Milani, e meno che meno papa Francesco. È forse più semplice spiegare la cosa come esito del processo di secolarizzazione che fluidifica la politica e indebolisce il carattere cattolico dei cattolici. Se tutto è ormai piuttosto liquido e informe, impreciso nei connotati, languido e come spossato, ne nasce un cattolicesimo politico da boy scout, privo di forti identità, un cattolicesimo da escursione in montagna, da costruzione di sopraelevate, da cerchio attorno al fuoco e amicizia solidale. 

Il problema, a questo punto, è di verificare se un cattolicesimo politico tipo boy scout sia ancora un cattolicesimo politico. Se Renzi è l’Akela del Branco, allora la Boschi è Bagheera, la quale ha detto per bene come la pensa sulla famiglia senza che Akela l’abbia smentita. La secolarizzazione della religione e della politica è spietata e ingorda e, nella sua coerenza, non si ferma né si sazia mai. Dire che Renzi è un politico cattolico e constatare nel contempo che egli vuole il divorzio breve e l’adozione dei minori per le coppie omosessuali significa sostenere che un politico può definirsi politicamente cattolico anche se con la sua azione politica distrugge la famiglia. Significa recidere il legame tra «uscire dalla messa domenicale da solo o con la famiglia» e la costruzione della società tramite le leggi, le politiche, le istituzioni, ossia il significato pubblico della fede cattolica.

Questa è propriamente la secolarizzazione della politica. Quando il cattolico perde di vista che dalla sua fede emana non solo una sua testimonianza personale, ma anche un disegno sulla società e la politica, sulla città dell’uomo, allora si ha secolarizzazione della politica.

Il passaggio è in tre tappe: all’inizio i valori umani si fondano su quelli religiosi che li costituiscono e li proteggono; poi i valori umani pensano di fondarsi su se stessi differenziandosi ma senza staccarsi da quelli religiosi; infine si separano da quelli religiosi, cessando così anche di essere umani. Ci siamo illusi che fosse possibile fermarsi al secondo passaggio. Ma, come dicevo, la secolarizzazione vuole andare fino in fondo. A questo punto diventa possibile farsi fotografare uscendo da chiesa ed approvare una legge sul divorzio breve.

Leone XIII diceva che se si stacca il matrimonio civile da quello religioso finisce male anche per quello civile. Poi si è pensato che il matrimonio civile dovesse essere fondato su se stesso distinguendosi senza separarsi da quello religioso. Oggi si dice che un cattolico può essere tale anche se opera per il divorzio breve. E’ la secolarizzazione che avanza, bellezza! Però se questo è il cattolicesimo politico tipo scout di cui parla Galli della Loggia allora non è più un cattolicesimo politico, ma la sua fine.

 

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Mandiamo una nave spia nel Mar

Nero e il governo non lo dice

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ElettraEnnesimo pasticcio in politica estera per il governo. Dopo essersi fatto sorprendere dalla sollevazione militare contro gli estremisti islamici in Libia e aver dichiarato in televisione che l’ENI è un pezzo fondamentale dei servizi segreti, Renzi scivola sulla buccia di banana della crisi ucraina. Con un’ambiguità tutta italica l’esecutivo lamenta da un lato (il ministro degli Esteri Federica Mogherini) l’incapacità dell’Europa di dialogare con Mosca mentre dall’altro (il Ministro della Difesa Roberta Pinotti) manda in segreto una nave spia della Marina nel Mar Nero a intercettare le comunicazioni delle forze di Mosca e dei secessionisti ucraini del Donbass.

La nave Elettra, 3 mila tonnellate con a bordo una trentina di sofisticati e ultra segreti sistemi di intercettazione elettronica e un centinaio di marinai e specialisti dell’intelligence, è attesa il 15 giugno nel Mar Nero dove resterà fino ai primi giorni di luglio. A rovinare la segretezza all’iniziativa italiana ha pensato l’agenzia di stampa russa Ria Novosti che ha riferito di “una nave da ricognizione italiana” destinata rimpiazzare la nave spia francese Dupuy de Lome (che è rientrata nel Mediterraneo il 29 maggio scorso) nella flotta Nato che presidia il Mar Nero dalla secessione della Crimea. Altre due navi Nato, la fregata francese Surcouf e l’incrociatore lanciamissili statunitense Vella Gulf sono al momento presenti nell’area. La notizia, diffusa il 3 giugno, ha colto di sorpresa il governo italiano al punto che nessuno dei suoi esponenti ha voluto commentarla.

La missione dell’Elettra è stata confermata da fonti autorevoli che hanno chiesto l’anonimato, ma sorprende il dilettantismo col quale il Ministero della Difesa sperava di tenerla nascosta. I russi non hanno dovuto scomodare i loro agenti segreti per scoprire, in anticipo, che la nave spia italiana sarebbe andata presto a navigare nel loro giardino di casa dal momento che, in base alla Convenzione di Montreux, le navi da guerra di Stati che non si affacciano sul Mar Nero devono comunicare alla Turchia il passaggio degli Stretti di Dardanelli e Bosforo e non possono restare nel Mar Nero per più di 21 giorni. Ai russi è bastato tenere d’occhio il registro navale dei transiti negli stretti turchi per sapere quali navi entreranno in quelle acque, inclusa la nave spia italiana la cui missione conferma tutte le ambiguità dell’Italia nella crisi ucraina. Se la Farnesina punta a mediare con Mosca assumendo un ruolo che anche l’OSCE ci ha riconosciuto, la Difesa manda la modernissima nave spia (in servizio da meno di due anni) di fronte alla Crimea partecipando così alla mobilitazione militare che gli Stati Uniti vogliono imporre agli alleati della NATO.

Un’ambiguità che rischia di mettere in imbarazzo il governo Renzi (sempre che i tanti media ormai prostrati ai suoi piedi non decidano di tenere la notizia a basso profilo) soprattutto perché la missione della Elettra non ci è stata certo imposta dalla NATO, ma è frutto di un’iniziativa nazionale. L’intelligence infatti resta sempre sotto il controllo diretto delle singole nazioni, anche se le informazioni raccolte possono venire condivise (di solito solo in parte) con gli alleati. L’impiego di navi dotate di potenti sistemi d’intercettazione e ascolto come quelli imbarcati sull’Elettra consente di acquisire una miriade di informazioni che possono rivelarsi utili, nel caso della crisi ucraina, anche a cogliere eventuali indizi di un eventuale intervento militare russo.

Per questo la decisione di inviare l’Elettra nel Mar Nero assume un rilievo strategico e schiera marcatamente l’Italia tra gli avversari di Mosca, con tutte le conseguenze del caso, anche sull’interscambio commerciale con la Russia, nel quale siamo secondi solo alla Germania. Una scelta politica ben precisa o solo la conseguenza di una gestione maldestra, contraddittoria e raffazzonata della nostra politica estera?

Di certo il governo puntava ingenuamente a tenere nascosta la missione dell’Elettra della quale non era stata informata l’opinione pubblica né il Parlamento né, a quanto sembra, il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che tiene i rapporti con le agenzie d’intelligence. Comprensibile quindi l’interrogazione del deputato della Lega Nord, Gianluca Pini, che ha chiesto chiarimenti al ministro degli Esteri Federica Mogherini.

 

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Sisma e trivelle, il giornalista di Science:

“Pressioni per non pubblicare il rapporto”

 

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terremoto emiliaEdwin Cartlidge scrive per la rivista scientifica americana ed è stato il primo a rivelare l'esistenza del documento della commissione Ichese a proposito del terremoto in Emilia. Nel testo non si esclude la possibile relazione tra trivellazioni e sisma del 2012, ma anche si specifica che da sole "le attività non possono averlo provocato". Solo alcuni giorni dopo l'articolo, il governatore Errani ha reso pubblico il report

 

Pressioni per non far pubblicare un articolo e tentativi di screditare l’operato degli scienziati. Il giornalista della rivista americana Science, Edwin Cartlidge è l’autore dell’articolo “Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquakes“, e per primo ha rivelato l’esistenza del rapporto del gruppo di esperti (commissione internazionale Ichese) sul possibile nesso tra le attività estrattive negli impianti di Cavone (Modena) e i terremoti di maggio 2012 in Emilia Romagna. Ed è lui a spiegare a ilfattoquotidiano.it, di aver ricevuto richieste (“Non dalle istituzioni politiche”) di non procedere con la pubblicazione: “Mi sono sembrate argomentazioni sbagliate e ho pensato che l’argomento fosse di pubblico interesse. Per questo abbiamo deciso di andare avanti”. Il documento anticipato, da febbraio 2014 era stato depositato sulle scrivanie della Regione Emilia Romagna, ma è stato reso pubblico solo dopo l’articolo della rivista americana, considerata una delle più autorevoli nel mondo scientifico (insieme a Nature). A far discutere da alcuni giorni è proprio l’esito di quel report, nel quale la commissione tecnico – scientifica, non è stata in grado di escludere l’ipotesi di una correlazione tra trivelle e fenomeni sismici, anche se ha specificato che “da sole le trivellazioni non possono aver provocato un sisma di tali dimensioni”. Qualche giorno fa, il presidente della Regione Vasco Errani si è scusato per il ritardo nella pubblicazione del documento e ha garantito che “si è trattato di una semplice precauzione per fare nuove verifiche”. Ma il silenzio ha aumentato le paure dei Comitati di cittadini che chiedono vengano fermate le attività di ricerca.

Cartlidge, in un’intervista a Modena Qui lei raccontava di aver ricevuto pressioni  per non pubblicare l’articolo. Che cosa è successo?
Mi è stato detto che non sarebbe stato corretto fare uscire il pezzo prima della pubblicazione del rapporto, e che nella relazione della commissione Ichese c’erano errori scientifici, che l’indagine non era stata condotta bene. Anche per questo mi era stato chiesto di non pubblicare il mio lavoro. Non si è trattato di qualcuno della sfera politico-istituzionale. Ma più di questo però non voglio dire, preferisco non dare indicazioni più precise.

E le argomentazioni usate volevano confutare l’esito dell’inchiesta della commissione Ichese?
Esatto.

Cosa l’ha convinta a pubblicare comunque il suo articolo?
Le argomentazioni che mi sono state presentate non mi hanno convinto e le conclusioni mi sembravano di pubblico interesse. Mi sono domandato se fosse un segreto di stato, se avrebbe potuto incidere sulla sicurezza nazionale, in quel caso si sarebbe potuto decidere di non pubblicare. Ma a me non sembrava che questo caso specifico rientrasse in quella categoria, così io e la rivista abbiamo ritenuto opportuno andare avanti. 

La commissione Ichese dice che il collegamento tra le attività estrattive degli impianti petroliferi di Cavone (Modena) e il terremoto del 20 maggio 2012 non può essere provato. Però nel rapporto si legge anche che le scosse “hanno dimostrato una significativa tendenza a verificarsi” in concomitanza all’aumento di produttività nel sito, e che “il processo sismico di maggio – giugno 2012, è statisticamente correlato con le attività di Cavone”. Lei che idea si è fatto?
Mi piacerebbe fare questa domanda alla commissione. Ho letto diversi passaggi del rapporto Ichese e anch’io sto cercando di capire. Tuttavia sì, da ciò che è riportato per quanto riguarda i parametri di produzione, l’estrazione di olio e gas e poi i volumi di acqua immessi nel sottosuolo, pare che una correlazione con l’aumento delle attività sismiche ci sia, anche se non si sa precisamente quanto tale nesso sia forte. 

Dopo le polemiche generate dalle conclusioni Ichese la Regione ha sospeso ogni nuova autorizzazione alla ricerca di idrocarburi. Secondo lei il ministero dello Sviluppo Economico dovrebbe revocare anche i permessi a trivellare già concessi?
Forse in questo caso si potrebbe applicare il principio di precauzione e sospendere tutte le trivellazioni, ma questa è una decisione politica, influenzata da fattori che vanno oltre i dati forniti dalla scienza. Dati che comunque non danno certezze perché questo settore di studi è ancora abbastanza giovane, e allo stato attuale c’è bisogno di sviluppare altre ricerche.

Le è capitato di occuparsi di casi simili a quello dell’Emilia Romagna? E rispetto ad altri paesi, ritiene che in Italia prevalga la logica della prevenzione o quella del profitto?
Già in passato si sono verificati terremoti che la scienza ha correlato all’attività umana, ad esempio legati alla costruzione di dighe, o all’attività mineraria. Per quanto riguarda gli idrocarburi, so che c’è stato un caso in Unione Sovietica, dove l’estrazione di gas e petrolio generò scosse sismiche molto forti, tanto da provocare una vittima. Se fosse provato che le attività di Cavone hanno causato i terremoti dell’Emilia, quindi, sarebbe molto grave, perché in questo caso i morti sono 27, quindi rappresenterebbe un precedente a livello internazionale. Per saperlo è necessario attendere l’opinione degli esperti. Guardando all’Italia è difficile dire se prevalga la logica della prevenzione o quella del profitto, certo a volte sembra che la prevenzione non sia una priorità, che gli italiani abbiano difficoltà ad applicare il principio di precauzione. Se questo sia avvenuto anche in relazione ai fenomeni sismici del maggio 2012 non posso dirlo, sicuramente il rapporto della commissione Ichese è destinato a cambiare un po’ la situazione. Quindi forse questo significa che prima del 2012 non si prestava abbastanza attenzione a questo tema. 

Il presidente della Regione ha dichiarato che prima di rendere pubblico il rapporto voleva attendere che le linee guida su cui sta lavorando il gruppo internazionale di tecnici del ministero dello Sviluppo economico fossero pronte. Da qui il ritardo con cui i risultati sono stati resi noti. E’ stato però accusato di insabbiare il documento.
Magari qualcuno potrebbe pensare sia stato un caso che il rapporto sia stato reso pubblico pochi giorni dopo l’uscita del mio articolo su Science. A me sembra improbabile. 

Secondo lei ci sono ragioni economiche che hanno impedito la pubblicazione?
Potrebbero esserci state ragioni economiche, per quanto riguarda l’impatto che la relazione avrebbe avuto sulle politiche energetiche del paese, sulla produzione energetica in Italia. 

E politiche?
Potrebbe essere. Ma preferisco non aggiungere nulla su questo punto.

Crede che l’approssimarsi delle elezioni, amministrative ed europee, abbia inciso sul ritardo con cui i risultati della commissione sono stati resi noti?
Non voglio commentare. 

Ieri il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha parlato di “allarmismo” nel definire il dibattito nato dopo le sue anticipazioni sulla commissione Ichese. Lei è d’accordo?
Non lo definirei allarmismo, la reazione della popolazione è comprensibile vista la decisione di non pubblicare subito le conclusioni della commissione.

 

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Nuova firma nobile su “L’Osservatore Romano”.

Ma è di uno che non crede nella risurrezione

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vanniniPer la seconda volta nell’arco di un mese, il 4 maggio è comparsa su “L’Osservatore Romano” la firma dello studioso di mistica Marco Vannini, con un articolo a tutta pagina nella sezione culturale.

In esso, l’autore riporta sul giornale detto “del papa” il suo intervento al Festival delle religioni tenuto a Firenze ai primi di maggio, con la partecipazione dei cardinali Leonardo Sandri e Jean-Louis Tauran, del vescovo Vincenzo Paglia, di esponenti dell’ebraismo e dell’islam, ma anche di personalità variamente assortite, come Vito Mancuso, Paolo Mieli, Alessandro Baricco, Emanuele Severino, per non dire della onnipresente Francesca Immacolata Chaouqui.

Sull’edizione fiorentina del “Corriere della Sera” Pietro De Marco ha dedicato un corsivo sferzante al “messaggio fatuo e ridicolizzante che, riguardo alla religione, la formula del ‘Festival’ trasmette a una opinione pubblica senza difese”.

Ma ciò che stupisce ne “L’Osservatore Romano” non è tanto l’assenza di riserve nei confronti di questa deriva verso la religione spettacolo. Quanto piuttosto l’offrire spazio a un autore come Vannini, pur coltissimo nello studio della mistica, senza alcuna evidente presa in considerazione della distanza abissale che intercorre tra le sue posizioni e i fondamenti del “Credo” cristiano.

Per capire, basta rileggere ciò che Vannini ha scritto su “la Repubblica” del 18 aprile, tra l’uno e l’altro dei suoi due recenti articoli su “L’Osservatore Romano”.

Nel giorno del Venerdì Santo, nel tratteggiare quello che è per lui il significato della Pasqua, dopo aver premesso che la risurrezione dai morti era una “antichissima fantasia apocalittica giudaica”, Vannini scrive che la risurrezione di Cristo “fu più una costruzione teologica che un fatto reale”, un “evento spirituale” che può essere sperimentato solo interiormente, non come invece sosteneva Paolo, “quel funesto cervellaccio, come lo chiamò Nietzsche, che non comprese il messaggio evangelico della morte dell’anima e della rinascita nello spirito”.

E conclude:

“La affermazione paolina per cui vana è la nostra fede se Cristo non è risorto mostra un concetto di fede non come esperienza spirituale interiore, la cui verità è testimoniata dalla coscienza, ma come credenza estrinseca, la cui verità dipende dal miracolo. E ciò è quanto di più antievangelico ci sia: nel vangelo infatti la ricerca del miracolo è sempre condannata come mancanza di fede, adorazione della forza, dunque non di Dio ma del demonio. La cosa è chiara proprio dalla resurrezione: proporla come una sorta di super-miracolo per convincere gli increduli è tipico dei falsi profeti, degli impostori. Secondo una antica e ben documentata tradizione, uno dei segni della fine dei tempi sarà proprio la messa in scena della propria, peraltro falsa, resurrezione da parte dell’ingannatore supremo, l’Anticristo”.

 

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Ostaggi dell’euro e degli speculatori internazionali

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euro-catenaAltro che bellezza! Quella del Sanremo di Fabio Fazio o quella da oscar di Paolo Sorrentino o quella di Pompei, che cade a pezzi per l’incuria e l’inefficienza dello Stato. L’Italia di Matteo Renzi e di Angelino Alfano, è un paese in svendita. L’ha compreso uno tra i più grandi intenditori di affari che esista al mondo.

Per la prima volta, l’incontrastato speculatore e finanziere internazionale, George Soros, ha deciso d’investire nel nostro paese. Come ha riferito la “Reuters” qualche giorno fa, tramite il fondo Quantum Strategic Partners, ha rilevato il 5% di IGD (Immobiliare Grande Distribuzione), una società nata attraverso il conferimento del patrimonio immobiliare di proprietà di Coop Adriatica e di Unicoop Tirreno, attiva nel settore immobiliare della grande distribuzione organizzata, che sviluppa e gestisce centri commerciali su tutto il territorio nazionale, la prima ad entrare nel regime SIIQ (Società di Investimento Immobiliare Quotata) in Italia.

Altre operazioni di questo tipo sono prevedibili, perché secondo alcuni lo staff di Soros da mesi sta monitorando la situazione italiana, che dal punto di vista economico e strutturale, è nella completa deriva, nonostante i proclami del presidente della Bce, Mario Draghi, che davanti al Parlamento europeo, ha sostenuto: «stiamo andando nella giusta direzione, il bicchiere è mezzo pieno, contrariamente al pallido quadro che molti dipingono, la zona euro è in una forma migliore rispetto all’inizio della legislatura di questo Parlamento».

Per l’Italia, l’adesione all’eurozona ha concorso a produrre – lo certifica l’Istat – insieme alla sclerotizzazione e all’inefficienza dell’apparato burocratico, il livello massimo del debito pubblico, che ha raggiunto il 132,6% rispetto al PIL nel 2013, 9 punti in più dell’anno precedente. Non ci sarà riduzione della spesa pubblica che tenga per arginare questa voragine, che proprio in questa settimana sarà sottoposta al “vaglio” degli organi di controllo dell’Unione europea. Anche altre economie occidentali registrano cifre di debito pubblico da capogiro. In Giappone, ad esempio, il livello del debito pubblico ha superato il 230%, ma il Governo di quel paese – che sta agendo attraverso il deprezzamento della moneta e l’aumento della spesa pubblica, per rilanciare i consumi interni – possiede una formidabile “clausola di salvaguardia”: la possibilità di stampare moneta attraverso la sua Banca Centrale, evitando anche che la sua crisi debitoria, di origine interna, si apra alla speculazione internazionale.

L’Italia, invece, è “impiccata” a decisioni di politica economica – e non solo, pensiamo a quelle che riguardano la sfera della vita – estranee alla sua sovranità. Per questa ragione, Renzi non ha bisogno di dettagliare il suo programma di governo. Raggiunto il potere, per conservarlo, può limitarsi a evocare affermazioni generiche – né più né meno come quanto accaduto nei due governi precedenti, anche loro estranei al voto popolare – e vivere alla giornata, fingendo di “correre”. Se dovesse agire concretamente, dovrebbe porsi di traverso contro gli stessi poteri – anche internazionali – che ne hanno favorito l’ascesa, affrontando il punto centrale: la messa in discussione non solo dei vincoli economici posti dall’Europa, ma la stessa adesione alla “zona euro” e quindi ad un’Europa solo economica, priva di quei valori che rappresentano la sua storia e la sua identità cristiana, i soli che possono difendere la persona umana, intesa nella sua integrità. Il “passaggio” delle elezioni europee, chiarirà questa questione.

Nell’attesa, c’è solo da pregare che Dio ci assista e che la Provvidenza agisca per proteggere coloro che sempre più sono a rischio di sopravvivenza, non solo in Italia. Per l’insipienza dei Governi e per l’azione dell’Europa dei mercanti.

 

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Voleva cancellare “Nuovi Orizzonti”,

in galera banda di potenti criminali

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CittadellaCieloCe ne sarebbe abbastanza per una spy story, se quanto vi stiamo raccontando non fosse tutto, drammaticamente reale: è costata sofferenza, ma alla fine è stata smontata pezzo su pezzo l’abietta campagna diffamatoria orchestrata ad arte contro l’associazione di diritto pontificio Nuovi Orizzonti in Bosnia-Erzegovina con l’intento di cancellarla, nonché contro la sua fondatrice, Chiara Amirante, ingiustamente accusata di riciclaggio di denaro sporco.

Contro tale organizzazione si sono incredibilmente mossi personaggi potenti e senza scrupoli, decisi a giungere con feroci pressioni ad una vile confisca o ad una bieca estorsione nei confronti delle opere realizzate o in fase di realizzazione, in particolare la Cittadella Cielo Orizzonti di Pace, costruita per sostenere persone in condizioni di disagio. Ben 37 le ispezioni subite in un anno dall’organizzazione umanitaria, con eccessivo e sospetto accanimento, senza che sia stata trovata alcuna irregolarità; sistematico e pretestuoso l’ostruzionismo applicato contro ogni tipo di accoglienza residenziale, oltre agli avvertimenti mafiosi ed alle minacce di attentati, ricevuti soprattutto da Chiara Amirante (tra l’altro, nominata consultrice da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in due Pontifici Consigli) e dai suoi più stretti collaboratori; per non parlare dei veicoli manomessi e di abusi inaccettabili come i permessi di soggiorno negati, nonostante ben due ricorsi vinti.

Ma questo non ha né scoraggiato, né fermato gli operatori di Nuovi Orizzonti, a favore dei quali si è schierato apertamente anche il tenore Andrea Bocelli con una lettera aperta, lettera che ha raccolto l’immediata e pronta adesione di oltre 150 nomi illustri delle istituzioni, della cultura, del giornalismo, della magistratura, dello sport e dello spettacolo.

La missiva è stata inviata al Presidente della Bosnia-Erzegovina, Zivko Budimir, alle principali autorità, alle istituzioni ed ai direttori delle principali testate. Ciò ha permesso di portare a conoscenza della drammatica situazione anche l’opinione pubblica. Ma soprattutto di allertare la Procura e la Sipa di Sarajevo, la Polizia bosniaca contro la mafia e la criminalità organizzata. Ciò ha permesso di condurre serie ed approfondite indagini denominate in codice “Operazione pellegrino”. Sono state così raccolte prove inconfutabili della sporca azione ordita ai danni di Nuovi Orizzonti e dell’associazione Regina della Pace.

Il che ha portato all’arresto di ben sei individui, tra cui due alti funzionari del Servizio per gli Affari degli Stranieri di Bosnia-Erzegovina, responsabili, tra l’altro, dei permessi di soggiorno: uno, il capo della banda malavitosa, è Boris Kordic; l’altro è Josip Kvesić, ispettore dell’Ufficio Regionale Servizio Stranieri della BiH di Mostar, sospettato anche di racket ai danni degli investitori stranieri a Medjugorje. Con loro, in manette sono finiti Luca Cobre, Vlatko Puljic e Ana Milicevic. Le accuse nei loro confronti sono quelle di criminalità organizzata, abuso d’ufficio ed estorsione. La notizia è rimbalzata immediatamente ai quattro angoli del Paese, grazie ai telegiornali ed ai quotidiani nazionali di Bosnia-Erzegovina.

L’auspicio è che ora, sventato il piano criminale, vengano al più presto rilasciate le autorizzazioni per il progetto Cittadella Cielo Orizzonti di Pace, autorizzazioni al momento bloccate nonostante l’approvazione del Sindaco di Čapljina e la delibera col finanziamento stanziato dalla Provincia di Trento. La speranza è che ora anche alle strutture di Bjakovici venga data la possibilità di accogliere giovani in condizioni di disagio, che si possa promuovere senza intoppi la formazione al volontariato internazionale, che non vi siano ulteriori ostacoli nel rilascio dei permessi di soggiorno agli operatori umanitari, che cessino nei loro confronti ispezioni e pressioni psicologiche. Il peggio pare comunque passato…

 

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Avviso al governo: non c'è più nulla da tassare

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tasseSiamo certi di avere capito male, e siamo certi che alcune informazioni sono “messe in giro” artatamente per confondere, ma vorremmo dare un piccolo contributo per ricordare ciò che non è giusto ed opportuno fare qualche manovra economica “di sopravvivenza” o di dimostrazione di saper esser shockanti, secondo i dictat della Commissione di Bruxelles.

Anzitutto vorrei premettere che l’espressione “tassare” dovrebbe essere cancellata nel nostro Paese sovratassato. Vorrei spiegare che pensare di tassare ancora qualcosa e qualcuno non serve a nulla, neppure alla Commissione europea. Si abbia il coraggio di chiamare le azioni (sbagliate) con il loro nome: trasferimento. Voglio dire che le tentazione di Bruxelles è di imporre agli italiani il trasferimento del risparmio privato a copertura del debito pubblico. Il contrario esatto di ciò che hanno fatto gli Usa dal 2008 a oggi, che hanno invece trasferito il debito privato al pubblico che lo ha “nazionalizzato”. Riuscendo così ad avviare pian piano la ripresa. Noi no. Noi abbiamo il risparmio che per Bruxelles deve garantire il debito publico ed ora l’Europa vuole che questa garanzia sia trasformata in minor debito per l’euro. Così ci priviamo dell’unica risorsa che avevamo per fare sviluppo economico, unica via per risanare il debito pubblico e crescere l’occupazione, consumi ecc. Bravi noi. Per “risanare” i conti sappiamo fare solo la cosa più facile e stupida: tassare. Ma ormai non c’è più tanto da spremere. È vero, c’è il risparmio: il nostro petrolio. Ma dovete proprio pensare di utilizzarlo per mantenere o persino crescere la spesa (spreco) pubblica gestita da burocrati la cui competenza e lungimiranza ci lascia sempre più dubbiosi? Vediamo cosa forse si sta pensando di fare:

Tassazione rendite finanziarie. Magari non è chiaro: tassare le rendite finanziarie di chi ? Anzitutto se per rendita finanziaria ci riferiamo a quella generata dal risparmio investito, ricordiamo che detto risparmio è già frutto della tassazione del reddito che l’ha generato. Poi non mi pare ci siano grandi rendite da tassare. A tassi zero e mercati così volatili, il risparmio fatica ad essere preservato. Anzi, grazie all’inflazione vera e taciuta il rendimento è negativo, già questo rappresenta una tassa occulta, un trasferimento di valore tra chi è stato virtuoso risparmiando a chi si è sovraindebitato.

Imposta di solidarietà sulle pensioni d’oro. Di imposte di solidarietà le pensioni d’oro sono gia piene, forse non lo si sa. Ma poi quali pensioni d’oro? Quelle su cui son stati versati i contributi realmente? Perchè non si ha il coraggio di affrontare questo tema andando a intervenire semmai su quelle pensioni dove la contribuzione proporzionata non c’è mai stata? Chiamatele come volete, ma non toccate le pensioni d’oro, argento o altro, frutto del lavoro vero e della contribuzione vera dei lavoratori.

Patrimoniali varie. È la tentazione degli incapaci. Per favore cacciate questa tentazione. Ridurre il debito pubblico con patrimoniali significa permettere di ricrescerlo subito dopo. Inoltre il patrimonio degli italiani può ben esser utilizzato in altro modo per fare sviluppo ed occupazione. Non lo si consegni mai in mano a burocrati statalisti, per carità.

Se gli addetti ai lavori desiderano avere suggerimenti gratuiti, senza rischiesta di tornaconto, prego, si rivolgano alla redazione di Nuova Bussola Quotidiana. Potremo orientare con la nostra bussola anche decisioni economiche di governo.

 

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La lobby delle aziende Usa che sostiene Matteo Renzi

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RenziMilano. Yes, he can. Or not? La questione terrà banco questa sera nella Capitale alla light-dinner organizzata dall’American Chamber of Commerce a Villa Nomentana. Fra uno stuzzichino e l’altro si potrà discutere di privatizzazioni, cartolarizzazioni di crediti bancari, grandi alleanze sull'asse Italia-Usa. Ma soprattutto chiacchierare di Matteo Renzi. A scambiarsi opinioni e azzardare pronostici saranno alcuni amministratori delegati di aziende italiane e multinazionali americane insieme a banchieri e politici: dall’ex presidente Antitrust e viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà , all'ambasciatore Giovanni Castellaneta, oggi presidente Sace, da Leopoldo Attolico di Citigroup, all’ex presidente di Telecom Franco Bernabè.

A FARE GLI ONORI di casa sarà l’“ambasciatore” romano della AmCham, Davide Cefis, chiamato dal presidente Vittorio Terzi al posto dell'avvocato Marco Gubitosi (fratello del direttore generale Rai, Luigi) nel luglio dell’anno scorso. Pochi giorni dopo la nomina del nuovo ambasciatore degli Stati Uniti, John R. Phillips. Nato a Chicago e nipote di Eugenio Cefis, numero uno di Eni e Montedison degli anni Sessanta nell’era post Mattei, Davide è stato capo delle relazioni esterne di Microsoft e Bnl prima di approdare dai cacciatori di teste di Eric Salmon, di cui è partner. Pur avendo un’agenda fitta di contatti, è uomo riservato che non ama comparire sui giornali. Il suo nome è spuntato in un’intervista rilasciata lo scorso settembre a L’Espresso da Francesca Immacolata Chaoqui, unica donna fra gli otto membri della Commissione istituita da Papa Francesco per riordinare gli uffici economici del Vaticano. “Nel marzo del 2013 mi affido a Davide Cefis, gran cacciatore di teste: mi organizza vari incontri anche con Ernst &Young”, raccontava la Chaoqui.

Il “gran cacciatore di teste” ora ha messo la sua rete a disposizione dell’American Chamber of Commerce in Italia, organizzazione privata senza scopo di lucro affiliata alla Chamber of Commerce di Washington D.C., la Confindustria statunitense, alla quale fanno parte oltre tre milioni di imprese. La sede centrale è a Milano, ma AmCham è presente nelle maggiori città italiane attraverso una rete di rappresentanti locali. Il club è esclusivo, basta scorrere i componenti del “board of directors” presieduto da Terzi, gran capo per l’Italia della McKinsey: i suoi quattro vice sono David Bevilacqua di Cisco Systems, Maria Pierdicchi di Standard & Poor’s, Eugenio Si-doli di Philip Morris Italia e Stefano Venturi, di Hewlett-Packard. Nell’elenco anche Cesare Romiti e Enrico Sassoon, che dell’American Chamber è stato amministratore delegato oltreché ex socio di Gianroberto Casaleggio prima che il “guru” grillino si concentrasse sulla politica.

Oggi al timone, come consigliere delegato, c’è invece il berlusconiano Simone Crolla, storico braccio destro di Marcello Dell’Utri. Coordinatore cittadino di Forza Italia ad Arona, in provincia di Novara, Crolla è stato anche deputato nell’ultimo anno del governo Monti, dopo essere stato ripescato nelle liste lombarde dei non eletti del Pdl in sostituzione di Valentina Aprea, nominata assessore all'istruzione della giunta Formigoni. Fra Crolla e Cefis non ci sarebbe molta sintonia, sostengono fonti romane aggiungendo che il primo non avrebbe nemmeno accolto con molto entusiasmo la staffetta di Palazzo Chigi. A differenza di gran parte dell’establishment americano riunito nella AmCham che invece è affascinato dal new deal renziano. Soprattutto da quando ha appoggiato la battaglia contro la Web Tax voluta invece da Letta.

Già qualche anno fa, l’ex-ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, definì in un’intervista “molto interessante” il “caso” di Matteo Renzi “che ha usato Internet per essere eletto sindaco di Firenze e sa gestire bene la sua città”. Del giovane sindaco gli americani hanno poi apprezzato l’entusiasmo con cui ha salutato l'arrivo del nuovo ambasciatore americano John Philips (presidente onorario della American Chamber), l'avvocato di Washington che insieme alla moglie Linda ha comprato un intero borgo, quello di Finocchieto, nel comune di Buonconvento, alle porte di Siena. Il 15 novembre del 2013 Renzi lo aveva accolto a Palazzo Vecchio con una cravatta di Ferragamo e un foulard di Gucci per la consorte. Phillips aveva ricambiato con un libro dedicato a Villa Taverna, sede dell’ambasciata Usa a Roma. A farli conoscere è stato Marco Carrai, l'imprenditore edile del Chianti considerato il Gianni Letta renziano, che si professa apertamente amico dell’America e di Israele. In molti ricordano anche la trasferta renziana a Charlotte (North Carolina) dove a settembre del 2012 si tenne la convention democratica che vide Obama lanciarsi per la candidatura al secondo mandato della Casa Bianca. Unico sindaco europeo presente, Renzi aveva partecipato a un panel di giovani democratici americani e ai lavori del National Democratic Institute, think-tank dell’ex segretario di Stato Madeleine Albright.

ORA CHE RENZI NON È PIÙ SINDACO ma sta per diventare premier, gli americani sono curiosi di capire come si muoverà. Soprattutto sul fronte della politica economica ed estera. L’ambasciatore Phillips sta aggiornando l’agenda italiana di Barack Obama che il 27 marzo sarà a Roma e che avrebbe dovuto incontrare Letta. La Confindustria Usa tasterà il terreno con la cena di stasera. Dove si parlerà anche di Expo2015 visto che l’AmCham ha la supervisione della costruzione del padiglione Usa ed è anche responsabile della raccolta di fondi necessari a finanziarlo. Circa 5 milioni da recuperare entro lo scorso 16 gennaio che però non sarebbero stati ancora trovati. Tanto da imporre una proroga di qualche mese.

 

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La corte di Matteo Renzi

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Matteo Renzi.La faccia da bravo ragazzo e da “eterno studente”, il boy scout, il “Berlusconi di sinistra” più giovane ed altrettanto col sole in tasca, il “rottamatore”, l’uomo che piace a tutti; insomma, il Premier perfetto. Ma questo volto fresco ha davvero l’aria tanto nuova? Alcuni giorni addietro infatti, quando ancora non venivano ufficializzate le dimissioni di Letta, già i telegiornali si sbrigavano a renderci edotti di come l’America guardasse con curiosa attesa e notevole aspettativa alla figura di Renzi. E cosa mai dovrebbe interessare all’America?

Purtroppo c’è poco da stupirsi, perché commenti simili arrivarono all’alba del governo Letta, e di Monti prima ancora. C’è poco da stupirsi si diceva, ma decisamente molto di cui preoccuparsi.“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”. Di Monti si è abbondantemente parlato, della sua appartenenza al Club Bilderberg piuttosto che alla Trilateral Commission. Letta a tal proposito non è da meno, essendo compagno di banco del buon Mario negli stessi circoli. Ma veniamo al sindaco di Firenze.

Cominciamo da uno dei suoi collaboratori più stretti nonché principale “found raiser”, Davide Serra. Classe ’71, noto squalo della finanza, ovviamente può vantare un curriculum tanto lungo quanto inquietante. Laureato con lode alla Bocconi, lavora fino al 2000 presso UBS fino a quando non diventa direttore generale di Morgan Stanley, uno dei colossi ai quali molti attribuiscono importanti colpe per la crisi ’07-’08. Viene addirittura premiato come “Young Global Leader” dal “Forum Economico Mondiale” di Davos, un altro ben noto “sindacato dei potenti”, e l’elenco potrebbe proseguire a lungo.

Altro amico intimo è Marco Carrai, il “Casaleggio” renziano, un taciturno e schivo ma ben presente consigliere, quello che ha sempre impegni a Tel Aviv con Yoram Gutgeld – ulteriore “consigliori” del re di Firenze – che se fosse ministro (parole sue) provvederebbe a tagliare le pensioni e a privatizzare Poste, Ferrovie e Rai, senza contare che sarebbe felice di approvare un contratto unico stabile senza l’articolo 18 per i lavoratori (tanto all’israeliano cosa importa?). Sempre Carrai è quello che ha portato “il Matteo” nei salotti buoni del mondo anglosassone, dal noto membro del Bilderberg Tony Blair, al “democraticissimo” Obama, il quale ha per guru un altro personaggio preoccupante, Zbigniew Brzezinski, amico intimo di Rockefeller nonché cofondatore della Trilateral Commission.

Ma le amicizie oltreoceano non si fermano qui, perché sembrerebbero fortemente radicati i rapporti tra il neo Premier e Michael Ledeen (sempre con la mediazione made in Carrai), uno 007 repubblicano di chiara e deprecabile fama. Sembra che, oltre ad avere avuto contatti italici col Sismi e la P2, quest’ultimo pare si sia trovato dietro molte delle più oscure pagine della storia recente a livello internazionale; dall’assassinio di Aldo Moro (per la complicità dell’omicidio del quale venne accusato anche Henry Kissinger, altro compagno di merende di Brzezinski e Rockefeller) alla strage di Bologna, alle politiche aggressive della Guerra Fredda Raeganiana, agli squadroni della morte in Nicaragua, dal Billygate alla guerra in Iraq.

Solo teorie sul complotto? Forse! Intanto i governi Monti, Letta e Renzi sono nati col benestare del due-volte-capo-dello-stato Giorgio Napolitano, importante membro dell’Aspen Institute .Nel 1943 il ventennale governo Mussolini cadde per voto democraticamente espresso dal Gran Consiglio del Fascismo, un organo interno al partito poi diventato organo costituzionale del Regno di Italia. Quello era totalitarismo. Oggi ci troviamo con il terzo governo consecutivo non votato dal popolo e fortemente voluto dai “poteri forti”, ma questa, evidentemente, è democrazia.

 

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La deriva pedofila dell’Occidente

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Prendendo spunto dall’ultimo interessante libro “Unisex”, scritto da Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta per Arianna edizioni, vorrei sottolineare la pericolosissima deriva culturale, sociale e spirituale, che sta interessando l’Occidente e che contempla, tra le altre cose, la legittimazione della pedofilia. Una deriva che ha l’obiettivo di distruggere in tutti i suoi aspetti, l’uomo e la concezione che noi abbiamo di esso, per creare un Uomo Nuovo, un uomo privo di identità.

Ideologia di genere

I media come sempre non ne parlano, ma i cosiddetti Poteri Forti stanno spingendo e promuovendo a suon di dollaroni l’idea di genere (gender).
Potremo dire addio all’identità dell’essere umano, nel suo naturale dimorfismo maschile e femminile, perché per l’ideologia gender, le differenze sessuali tra maschio e femmina non avrebbero alcuna importanza, se non dal punto di vista culturale. Quindi non hanno senso di esistere!
L’obiettivo è rimodellare l’immagine stessa dell’uomo, imponendo a tutti, partendo dai più piccoli, una nuova concezione di sessualità ideologica.
Tra il maschio e la femmina vi sarebbero un numero indefinito di altri “generi” o “orientamenti sessuali”, tra cui l’omosessualità, il lesbismo, la bisessualità e la pedofilia; generi che sarebbero normalissimi né più ne meno come per l’eterosessualità.

Queste pericolosa ideologia viene sovvenzionata, foraggiata e promossa in tutto l’Occidente da una vastissima e immensa operazione socio-culturale.
Il braccio militante di questo processo culturale sono i movimenti gay e omosessualisti.
Questi gruppi, una volta minoritari e soprattutto squattrinati, negli ultimi anni hanno acquisito un potere enorme e visto affluire fiumi di finanziamenti pubblici e privati, da parte di lobbies di altissimo livello. Come mai?
L’ideologia di genere e quindi tutti i movimenti appena visti e quelli che vedremo, fungono da “cavallo di Troia” nelle mani dei Poteri Forti per manipolare e sradicare la natura stessa dell’uomo.

Qual è il motivo? Forse creare un Uomo Nuovo, completamente diverso dall’attuale e assolutamente innaturale e privo di ogni identità, sessuale, ma non solo…
Il padre ufficiale dell’ideologia di genere è lo psichiatra sessuologo della John Hopkins University, John William Money (1921-2006, foto a sinistra).
Secondo lui “l’identità sessuale è sostanzialmente un prodotto della società e pertanto, duttile e malleabile alla nascita”. Il suo sogno era una sorta di democrazia sessuale in cui ogni tipo di rapporto sessuale, compresa la pedofilia, sarebbe stato promosso e legalizzato!
Money scrive: “la pedofilia e la efebofilia (amore per gli adolescenti) non sono una scelta volontaria più di quanto lo sia il fatto di essere mancini o daltonici”.
La pazzia di questo psichiatra ha raggiunto l’apoteosi quando interveniva chirurgicamente nei bambini che avevano dei peni di dimensione ridotta: li operava trasformandoli in “bambine”.
Lo scopo era dimostrare che l’identità sessuale è una “sovrastruttura culturale”.
Nonostante il fallimento su tutta la linea, pagato sulla pelle di migliaia di bambini passati sotto il suo bisturi, vedremo che ancora oggi qualcuno azzarda a tirare fuori le sue teorie.

La perversa visione di Money sta diventando tristemente reale, perché dopo 50 anni in cui la pedofilia è sempre stata considerata dalla psichiatria una “malattia”, oggi sembra essere un “orientamento sessuale”.
Lo denuncia in America l’AFA, l’American Family Association, una organizzazione no-profit fondata da un pastore metodista nel 1977.
Secondo l’Associazione famiglia americana, la potentissima casta degli psichiatri americani, l’APA, distingue per la prima volta tra pedofilia e atto pedofilo: solo l’atto sessuale viene considerato “disordinato” per le conseguenze che ha sui bambini.
Nell’ultima edizione del manuale (DSM-V uscito a giugno 2013) ci sarebbe scritto che «il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento» come gli altri.
Sono riusciti gli psichiatri a sdoganare e rendere l’atto più tremendo e miserabile che si possa commettere ai danni di un bambino, un orientamento, una scelta sessuale?
Se non è oggi è domani, ma purtroppo anche questo rientra nel progetto…e le pressioni sono enormi.
La stampa di Regime, cioè il cane da guardia che invece di controllare la politica e il potere, controlla il popolo, ovviamente è stato aizzato.
Casualmente il 9 febbraio scorso il quotidiano “La Repubblica” pubblica una indagine Ipsos, commissionata da “Save the children” il cui risultato sarebbe agghiacciante, se fosse vero: 1 italiano su 3 considera “accettabile” il sesso con minori.
Tale propaganda cerca di far credere alle masse, al “gregge disorientato” che la maggior parte degli italiani in fin dei conti “accetta” la pedofilia. Quindi tu, da che parte stai? Con noi, cioè la massa o no?

I Poteri Forti

I loro nomi li abbiamo già elencati innumerevoli volte.
Si sa che il filantropismo dell’ebreo ungaro-statunitense George Soros non ha limiti.
Questo individuo, e la sua Open Society Institute, oltre a elargire quantità industriali di soldi in tutte le primavere arabe, le rivoluzioni colorate e quelle antirusse, da un po’ di anni si è rivolto, chissà come mai, anche alle organizzazioni gay.
Non potevano mancare i colleghi filantropi Bill Gates, patron della Microsoft e Jeff Bezos patron di Amazon; il Goldman Fund, della banca ebraica privata più potente al mondo; la Rockefeller Foundation e la Fondazione Ford.
Poi vi sono alcune società molto quotate come Kodak, Chevron, JP Morgan, Toyota, Pepsi, Ubs, Ibm, Johnson&Johnson, Merril Lynch, Microsoft, Apple, AT&T, Nike, Chrysler, Xerox, ecc.
Per quali reconditi motivi tutte queste società donano a fondo perduto moltissimi soldi alla causa omosessuale, ai matrimonio tra gay?
Lo fanno per un ritorno di immagine o  economico? O magari c’è dell’altro?

Non solo l’industria, ma anche la politica che conta è iperattiva in questo progetto.
Personaggi politici di “destra” (neoconservatori) come l’ex Segretario di Stato Colin Powell e l’ex vice presidente Dick Cheney, e personaggi di “sinistra” come il presidente USA Obama e il premier Hollande in Francia, si sono pubblicamente espressi a favore dei matrimoni gay.
Addirittura l’ex presidente americano, il potente massone repubblicano George H. W. Bush senior (padre del poveretto Bush junior), ha fatto da testimone ad un matrimonio gay nello Stato del Maine.
Perché tutti coloro che contano stanno spingendo la barca dell’ideologia di genere?

Prossimo passaggio: distruzione famiglia e scuola

Lo scopo è l’omologazione globale: cancellare le differenze, le diversità per renderci tutti uguali. Demolire tutte le identità sociali, religiose, politiche, culturali e ovviamente anche sessuali.
Il prossimo passaggio, che sta già avvenendo, sarà la distruzione del concetto di famiglia, perché questa strana e antiquata istituzione è un ostacolo enorme.
Un uomo privo di valori e senza punti di riferimento è un uomo in balia degli eventi e quindi malleabile e manipolabile a proprio (loro) piacimento.
Una raccomandazione del 2010 del “Comitato dei Ministri Europeo” invita ad introdurre nelle scuole appositi momenti di “sensibilizzazione” degli studenti sulle tematiche della “discriminazione” verso i gay e le lesbiche.
In Francia addirittura nell’anno accademico 2013/2014 sarà reso obbligatorio in tutte le scuole di ogni ordine e grado un corso di insegnamento basato sull’ideologia di genere, con lo scopo esplicito di “trasformare la mentalità dei giovani”. Trasformarla in che senso e in che direzione?

Qui da noi le cose non sono tanto migliori.
A Venezia gli insegnanti saranno affiancati da controllori chiamati a correggere le espressioni ritenute “discriminatorie”.
Tale progetto, organizzato dall’Ufficio scolastico territoriale della città lagunare in collaborazione con la Commissione provinciale delle Pari opportunità, ha lo scopo di “promuovere un’educazione oltre gli stereotipi di genere, acquisendo la capacità di coglierli e saper andare oltre”.
In Veneto, se qualche insegnante vorrà parlare di gay e generi sessuali, potrà farlo soltanto con l’assistenza di un tutor deputato a valutarne le parole onde correggere quelle eventualmente considerate non conformi alla linea di principio antidiscriminatoria.
Gli organizzatori hanno previsto, per i docenti, un percorso formativo articolato in sei incontri durante i quali “i maestri proveranno a liberarsi dei pregiudizi legati all’identità sessuale e a garantire una migliore offerta didattica ai loro studenti”.
I maestri delle scuole materne ed elementari di Venezia dovranno quindi abituarsi alla presenza, nelle loro aule, di ben due tutor che dovranno sovrintendere alla loro avvenuta “rieducazione” in tema di “identità di genere, ruolo di genere, identità sessuale e orientamento sessuale” (1).
Hanno pure iniziato a modificare i termini della lingua italiana, sempre nella direzione del (loro) politicamente corretto. In alcuni comuni italiani nei moduli sono misteriosamente sparite le parole “padre” e madre” per far posto alle parole molto più corrette: “genitore 1”, “genitore 2” o “coppie di fatto”. Il tutto per non discriminare, ovviamente.

Il ruolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) da un po’ di anni ha iniziato ad occuparsi dello sviluppo sessuale dei bambini europei. Chissà come mai…
In un documento ufficiale, a cura dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA (Federal Centre for Health Education, Centro Federale per l’Educazione e la Salute, Germania) intitolato “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, l’ente sovranazionale prescrive alcune cose a dir poco aberranti.
Il documento in italiano, scaricabile in formato pdf, è stato curato della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica.

Da 0 a 4 anni l’OMS prescrive l’apprendimento del “godimento e piacere quando giochiamo con il nostro corpo: la masturbazione della prima infanzia”.
Da 0 a 4 anni è l’età ideale per “la scoperta del corpo e dei genitali”.
Da 0 a 4 anni è l’età ideale per “esprimere i bisogni, i desideri e i limiti, ad esempio nel gioco del dottore”.
Da 0 a 4 anni è l’età ideale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per “consolidare l’identità di genere”.
Da 4 a 6 anni è l’età ideale per la masturbazione” e si può tranquillamente: “parlare di argomenti inerenti alla sessualità”.
Da 4 a 6 anni è l’età ideale per le amicizia e amore “verso persone dello stesso sesso”.
Da 6 a 9 anni è l’età ideale per conoscere e difendere i “diritti sessuali di bambini e bambine”.
Da 6 a 9 anni è l’età ideale l’“amicizia e amore verso persone dello stesso sesso”.
Da 9 a 12 anni è l’età ideale per sapere tutto sulla “riproduzione e pianificazione familiare”, oltreché ai “diversi tipi di contraccettivi” e sui “rischi e conseguenze del sesso non protetto (gravidanze indesiderate)”.

Cambiamento di sesso on demand

Sembra fantascienza, ma non lo è.
Cambio di sesso, proposta choc: “Blocchiamo la pubertà e indirizziamola”.
Chiesto il via libera alla Regione Toscana per aprire il fronte della diagnosi precoce nei bimbi che manifestano i disturbi.
Nei bimbi si tratta di capire se giocano ad esempio con le bambole o indossano i vestiti della sorella”.
Con questa diagnosi si potrebbe seguire la crescita prima dello sviluppo di tutti gli organi sessuali: “Ci sono farmaci che bloccano la pubertà precoce e abbiamo chiesto di estenderli anche sulla pubertà inadeguata, in modo da indirizzare subito la pubertà verso il sesso che veramente sente il paziente”.
John Money è morto da 8 anni, ma il suo spirito disincarnato non ha ancora abbandonato la terra e continua a fare danni.

Hollywood & Entertainment

Tutta la macchina industriale dell’intrattenimento gioca un ruolo fondamentale per modificare e creare culturalmente l’Uomo Nuovo.
I mass media (cinema, televisione, radio e carta stampata), sono lo strumento principe della propaganda e lo fanno da oltre un secolo molto egregiamente.
In tivù sempre più spettacoli, reality, fiction, soap-opere affrontano la tematica dell’ideologia di genere, senza che noi passivi osservatori che ne accorgiamo. Mentre noi stiamo anestetizzati loro penetrano…
Per non parlare delle numerosissime pellicole sfornate dalla cricca massonica di Hollywood.
Non si salvano nemmeno i cartoni animati, dedicati ai più piccini: da Peppa Pig in giù.
D’altronde è semplice il discorso: prima ci condizionano, inculcandoci nel cervello il messaggio corretto, e meglio è tutti (loro).

Infine un po’ di gossip: sembra che a Sanremo 2014 l’ospite straniero sarà il cantante gay blasfemo (in odor di satanismo per qualcuno) Rufus Wainwright, fervente detrattore della chiesa cattolica e difensore dei diritti degli omosessuali e del commercio di bambini tramite l’utero in affitto.
E’ felicemente sposato (da quando la Defense of Marriage Act è stata abolita da Obama), con il suo amico e manager Jorn Weisbrodt.
La notizia è che Rufus ha avuto una bambina dalla sua cara amica Lorca Cohen! E’ sposato con un uomo, ma ha messo incinta l’amica.
Nelle sue esibizioni è solito vestire i panni di Gesù Cristo in croce, cantando: “Il messia gay”.
Questo losco individuo è stato invitato (a spese di coloro che pagano ancora il canone Rai), per innescare polemiche funzionali all’audience, o ci sono altri motivi?

Conclusioni

E’ bene precisare per non incappare in assurde (o volute) incomprensioni che qui non si sta discutendo dei sacrosanti diritti delle persone, di tutte le persone, comprese quelle che hanno scelto di vivere la propria sessualità, ovviamente nel rispetto delle altre persone.
Nessuno è contrario ai diritti delle persone dello stesso sesso che vivono una vita insieme.
Una unione, intesa come famiglia, può essere tranquillamente costituita da persone dello stesso sesso, con tutti i diritti di qualsiasi altra unione, ma quando di mezzo ci sono dei bambini le cose hanno un altro risvolto. Un bambino per crescere e diventare uomo sano e libero, ha bisogno di due figure ben precise: la madre (l’uovo) e il padre (il seme). Questi due ruoli, con tutte le difficoltà dei casi, con tutte le discordanze e i condizionamenti religiosi, si possono criticare all’infinito, ma da che mondo e mondo sono sempre state le due figure basilari, il modello da trasmettere e che verrà emulato a sua volta dai bambini.

In natura, tranne rarissime eccezioni, la prole viene partorita e nutrita da una madre e protetta da un padre. La dicotomia maschile/femminile è sempre esistita e sempre esisterà: Luna (madre) / Sole (padre); Terra (madre) / Cielo (padre), ecc.
In Natura non è facile osservare due animali dello stesso sesso che prendono in affitto un utero per aumentare il focolare domestico.
Ecco perché nel Disordine Organizzato che stanno instaurando, sarebbe più corretto parlare di antinatura, di antiuomo e di anticristo.
Stanno instaurando passo dopo passo la distruzione completa dell’essere uomo, partendo dalle fondamenta della famiglia stessa, ma arrivando a tutti gli altri ambiti (spirituale, culturale, economico, ecc.).

Un uomo privo di storia, cultura è un uomo che non conosce il passato e non sa cosa aspettarsi nel futuro, quindi vive male il presente.
Un uomo scollegato dalla propria vera e unica origine: i mondi spirituali, è un uomo che vive una falsa esistenza proiettata nella materia e per la materia, gestito e manipolato da forze molto basse (qui attecchisce benissimo la pornografia; la corruzione delle anime grazie all’illusione sfavillante del successo e del denaro).
Un uomo sradicato dalla famiglia e privo di identità sessuale è un uomo facilmente controllabile.
Questo Uomo in sintesi è il suddito ideale.

Questo mondo è la fotocopia di quello descritto nel romanzo fantascientifico “Il Mondo Nuovo” del 1932, dal visionario Aldous Huxley*.
L’essere umano privato di tutta l’eredità del passato, in cui ogni aspetto della vita è omologato fino alla nascita, perfino la riproduzione viene separata dal sesso; ogni creatività e ogni spiritualità viene annegata nella droga (chiamata il soma) o nel mero piacere sessuale, sia etero che dello stesso sesso, e dulcis in fundo, praticato senza limiti di età (pedofilia).
Ecco quello che accadrà al nostro mondo se non interverremo quanto prima.

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* Aldous Huxley (1894-1963), futorologo britannico, professore al M.I.T. (Massachussetts Institute of Tecnology) di Boston. Uomo della Sinarchia globale.
Nipote di Thomas Huxley (uno dei fondatori della “Round Table”, la Tavola Rotonda), fratello di Sir Julian Sorell Huxley (primo direttore dell’UNESCO, e presidente della “Eugenetics Society”, la Società Eugenetica britannica).
Aldous fu membro della Fabian Society e della Golden Dawn, sperimentò in prima persona l’uso di droghe allucinogene e descrisse le sue “visioni” in due opere apologetiche: “Le porte della percezione” (1954) e “Paradiso e inferno” (1956).
L’opera più famosa rimane “Il Mondo Nuovo” (1932)

** “Unisex: la creazione dell’uomo senza identità”, Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta,  Arianna editrice

 

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Reuters conferma: l’Ue a

caccia dei risparmi privati

Fonte web

I risparmi di una vita: l’ultimo rifugio che ha permesso al popolo italiano di sopravvivere a una pressione fiscale percepita del 70%, a una disoccupazione del 13% e a un debito pubblico che ormai è al 133%. Se ne sono accorti anche all’Ue e hanno pensato di attaccarsi a questo, ora che non c’è più niente in giro.Un fortino che in tempo di crisi ha aiutato la popolazione a tirare avanti (letteralmente) alla meno peggio, aiutata anche da quella sorta di paziente fatalismo tipica di tutte le popolazioni esposte nei secoli alle invasioni e private, durante la storia, di un governo unitario che le proteggesse.

Unico rifugio che però non reggerà ancora per molto, né per loro né per tutto il resto della popolazione europea. Infatti l’UE sembra proprio fare sul serio e mettere nero su bianco i suoi progetti di prendere su base “involontaria” quindi con modalità decise dall’alto, i risparmi e le pensioni dei privati per immetterli nel sistema e favorire la crescita.

Ovvero: la Bce, per salvaguardare il finanziamento del credito come arteria principale dell’economia, ha finanziato a tassi iperagevolati le banche, permettendo agli istituti di ripulire i propri conti da asset tossici, queste, da parte loro, per evitare di essere nuovamente “infettate” hanno praticamente chiuso i rubinetti del credito alle imprese, perché troppo esposte alle incertezze di un panorama economico debole, asfittico e senza prospettive di crescita. Quindi il sistema produttivo, che in Europa dipende dalle banche per l’80-90% dei casi, si è bloccato.

Snodo bancario Come sbloccarlo? Far pagare a chi ha creato il danno? Perchè mai? Meglio rivolgersi ai cittadini visto che loro, a quanto pare, di soldi ne hanno. In Italia soprattutto.

Infatti nel resto del Continente si saranno chiesti in molti una cosa altrimenti difficilmente comprensibile: come fa un popolo a campare con una pressione fiscale percepita al 70% (quella ufficiale sfiora il 50%), una disoccupazione al 12,7% (con punte del 40% nella fascia giovanile), una crescita in negativo anno su anno che proprio oggi è stata quantificata a -1,8% del Pil, con una produzione industriale in crollo a -3% nel giro di 12 mesi, con una popolazione praticamente invecchiata, senza ricambio generazionale e con una fascia di povertà assoluta che continua ad allargarsi sempre di più? Evidentemente ci dev’essere una sorta di “aulularia”, una pentola d’oro che li salva miracolosamente. Si, può anche darsi esista ancora in molte famiglie la possibilità di ricorrere al tesoretto del risparmio, ma questo è di certo stato creato in momenti più floridi da chi, lungimirante, oggi ci permette di sopravvivere.

La “confisca” Ue Un discorso che sarà allargato presto ai 500 milioni di cittadini dell’Unione europea, coinvolti nel progetto Ue che vedrebbe l’impiego dei capitali privati e dei fondi pensione per dar vita a investimenti a lungo termine. Da tempo l’Europa, conscia di una ripresa sempre più esposta a rischi al ribasso, alle intemperie dei mercati esteri, alle conseguenze del tapering e soprattutto alla propria incapacità di uscire dagli assurdi vincoli autoimposti in ambito di moneta unica, sta tentando disperatamente di trovare canali alternativi a quello bancario per riuscire a svincolarsi dalla dipendenza dal settore. Purtroppo, però, una visione mentale che è stata acquisita nel corso dei secoli non può essere scardinata nel giro di pochi mesi, cosa che invece richiederebbe l’urgenza della questione e la disperazione di intere fasce della popolazione del Vecchio Continente, dalla Grecia alla Spagna, passando per l’Italia e il Portogallo.

Il documento Stando alla fonte, le tempistiche sarebbero anche brevissime: la seconda metà dell’anno dovrebbe vedere già la luce delle prime proposte (nell’ambito di un quadro più generale di misure per stimolare flussi di credito paralleli a quello bancario, comprese le cartolarizzazioni che le banche potrebbero creare per favorire la raccolta di capitali) le quali, come accadde per il Fiscal Compact nel 2012, potrebbero tranquillamente essere ratificate dai singoli governi senza che i diretti interessati, quindi i privati cittadini, possano far sentire la loro voce.

I precedenti Il tutto alla luce anche di quella richiesta fatta da Draghi non più tardi di tre gironi fa, richiesta che voleva i tempi per la creazione del fondo unico salva banche accelerata e ristretta al tempo massimo di 5 anni invece dei previsti 10. Il motivo è semplice: i tempi troppo lunghi rischierebbero di far restare senza protezione un settore troppo fragile. Non solo, ma come se ciò non bastasse Draghi è andato anche oltre esplicitando a chiare lettere la necessità di un paracadute pubblico come ulteriore sostegno finanziario sia nella fase transitoria, ovvero quella entro i 5 anni, sia in quella successiva. Praticamente si tratta, stando a quanto da lui dichiarato, di “prendere a prestito sui mercati con le garanzie pubbliche dei paesi membri o di accedere a una linea di credito dell’Esm”.

E l’Esm è finanziato dagli stati. Se a questo si aggiunge anche il precedente di Cipro e le voci di una patrimoniale al 10% avanzata dal Fmi e circolata qualche mese fa, si capisce subito come la paura di molti che già iniziano a prelevare e a pensare alle cassette di sicurezza non sia poi del tutto infondata. Solo che a questo punto si crea anche un altro paradosso: al di là delle spese di chiusura di un conto arriverebbero le segnalazioni da parte delle banche verso chi preleva in massa capitali anche ampi (soldi pur sempre nostri), cosa che già accade per prelievi minimi.

E il fatto di dover rendere conto a un impiegato di banca del motivo per cui prelevo i miei soldi pagando una commissione altissima dopo aver dato all’istituto la possibilità di specularci sopra, avendo in cambio solo lo 0,002%, è già qualcosa che rende indisponenti, a prescindere da tutto….

 

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La pillola è abortiva, anche se la sua scheda lo nega

Fonte web

Produzione di LevonorgestrelBasta un poco di zucchero e la pillola va giù. Nel ruolo di edulcorante della pillola del giorno dopo non c'è bisogno di Mary Poppins, più semplicemente si fa carico dell'impresa nientepopodimeno che l'agenzia italiana del farmaco, AIFA, attraverso la revisione della scheda tecnica del Levonorgestrel come preparato somministrato dopo il rapporto sessuale. Nella gazzetta ufficiale del 4 febbraio è riportato che la vecchia dicitura che avvertiva del possibile meccanismo antinidatorio della molecola, un meccanismo eticamente criptoabortivo, è stata modificata per cui si dice che la pillola del giorno dopo “inibisce o ritarda l’ovulazione”.

«Cade definitivamente l’appiglio che consentiva ai medici obiettori di coscienza di negare la somministrazione della contraccezione di emergenza. Si colma così un gap noto da anni a tutta la comunità scientifica», è il commento soddisfatto di Emilio Arisi, presidente della Società della Contraccezione. Ah, scienza, scienza, quando ne sento parlare a proposito di questi argomenti, mi vengono in mente i versi del Metastasio: "che vi sia, ognun lo dice, dove sia, nessun lo sa". Nessuno più di un incallito pro-life come il sottoscritto sarebbe lieto di apprendere che la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo non agiscono come abortivi, ma per farlo dovrebbe essere convinto da argomenti un po' più solidi di quelli, debolissimi, ex auctoritate. Dispiace che si debba scendere in aspetti tecnici, ma dal momento che si invoca la scienza, come si dice, se scienza dev'essere, che scienza sia.

Siamo piuttosto certi che tra la documentazione che l'agenzia del farmaco produrrà a sostegno della decisione vi saranno sicuramente gli studi del gruppo del Karolinska Institutet e quelli del gruppo dell'Istituto Cileno di Medicina Riproduttiva, entrambi vengono in genere assunti come la prova provata che la pillola del giorno dopo non è abortiva. Ma gli studi non sono come il whisky nei saloon che si tracanna tutto d'un sorso senza badare bene alla qualità della materia, le conclusioni, soprattutto se sono studi finanziati da enti distributori del farmaco, o se gli autori hanno qualche interesse con le aziende produttrici, vanno sorseggiate meditandone pregi e difetti. Nel primo studio gli autori non hanno rilevato alcuna differenza statisticamente significativa nel tasso di adesione degli embrioni ad un preparato tridimensionale di endometrio aggiungendo Levonorgestrel o placebo, concludendo da ciò che la pillola del giorno dopo non impedisce l'annidamento dell'embrione. Non so se gli esperti dell'Aifa hanno preso in considerazione l'articolo scientifico pubblicato da Mozzanega e Cosmi su Gynecological Endocrinology nel 2011 che rilevavano come questo modello era ben lungi dal replicare le condizioni di reale somministrazione del Levonorgestrel. Gli stessi espertissimi non so se abbiano pensato ad un altro elementare criterio scientifico: la dimensione del campione. Non ci vuole molto, basta un piccolo software statistico e mettendo dentro i dati di quello studio ci si accorge che la differenza tra i campioni non è nulla, ma è ben presente, ed è del 16%, essa non raggiunge la differenza statisticamente significativa perché il campione è troppo piccolo, per escludere con certezza la significatività serviva un numero di casi almeno dieci volte maggiore. Negli studi di Croxatto e coll. gli autori hanno invece verificato gli effetti del Levonorgestrel somministrato prima o dopo l'ovulazione rilevando nel primo caso un'efficacia del 100% e nessuna differenza statisticamente significativa rispetto alle gravidanze attese in assenza di farmaco nel secondo caso.

Questi dati provano l'assenza di effetti abortivi? Per nulla. Essi dimostrano solo che la pillola del giorno dopo è più efficace se somministrata prima dell'ovulazione. A questi studi si possono sollevare una marea di critiche metodologiche ma si tratta di elementi molto tecnici da riservare alle sedi appropriate, due cose però spiccano su tutte e sono più facilmente comprensibili. Per escludere che la differenza rilevata rispetto alle attese sia statisticamente significativa in questo studio il campione avrebbe dovuto essere cento volte più grande. È come se gli autori si fossero messi alla ricerca di un microbo con un microscopio capace di vedere oggetti soltanto cento volte più grandi del microbo in questione e così concludere che il microbo non c'è perché non si vede. Il secondo aspetto che gli esperti dell'Aifa e il professor Arisi speriamo ci possano spiegare è un vero e proprio arcano: tra le donne che hanno assunto il Levonorgestrel prima dell'ovulazione non si è verificata nessuna gravidanza pur ovulando nell'80% dei casi. Deve trattarsi di uno stranissimo effetto antiovulatorio per cui l'ovulazione c'è, nessun ritardo è documentato (nello studio pubblicato da Croxatto e coll. nel 2004 che ha esplorato questo parametro, il ritardo della rottura del follicolo ovarico si è verificato con la stessa incidenza nel gruppo trattato rispetto al placebo), la gravidanza viene evitata nel 100% dei casi, eppure gli esperti dell'Aifa ci vogliono convincere che la pillola del giorno dopo ha agito bloccando o ritardando l'ovulazione. È un effetto antiovulatorio a cui viene ricondotta la cosiddetta "disfunzione ovulatoria" di cui è però parte integrante l'inibita produzione di progesterone post-ovulatoria, un effetto notoriamente associato all'abortività precoce. Si pregano gli interlocutori di non rifugiarsi nella storiella dei possibili effetti sul muco cervicale e gli spermatozoi perché trattasi di meccanismi dimostrati inesistenti da almeno cinque studi. Per l'altra molecola, la pillola dei cinque giorni dopo, Mozzanega e coll. hanno appena pubblicato una revisione dei dati sulla rivista Reproductive Sciences che distrugge la tesi degli effetti solo ovulatori. Di tutto questo egli ci parlerà al convegno del 3 maggio che si svolgerà al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum il giorno precedente la Marcia per la vita in cui personalmente potrò aggiungere un po' di dati.

La schiera di quanti la pensano come me, Mozzanega e Cosmi è piuttosto lunghetta: Chris Kahlenborn, Walter B. Severs, Joseph B. Stanford, Rafael T. Mikolajczyk, Emilio Jesús Alegre-del Rey ed altri ancora tutti autori di pubblicazioni scientifiche sull'argomento regolarmente omesse nei documenti di consensus emanate da società scientifiche da cui invano attendiamo una disclosure dei possibili conflitti d'interesse.

Adesso si apre un contenzioso che crediamo finirà davanti ai giudici. Al dottor Arisi, che esultante crede che da oggi saremo obbligati a prescrivere quelle pillole, siamo ben felici di dare una piccola delusione perché non so se ne è al corrente, ma c'è una cosetta che nel codice di deontologia medica si chiama clausola di coscienza; alla luce di questa scriteriata decisione, essa diventa un bene ancora più prezioso da difendere con l'unghie e coi denti. Se lo mettano bene nella testa, noi quelle pillole non le prescriveremo mai.

 

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Da «Sodoma e Gomorra» al «Decalogo

di satana» anche in Italia?

Fonte web - don Curzio

Sì in Italia la situazione è molto peggiore di quella di Sodoma poiché siamo arrivati all’anti-Decalogo! Infatti giunge or ora anche dall’EU in Italia un manuale di educazione (o meglio di perversione) sessuale a partire dall’asilo, ossia dai 4 (quattro) anni. In breve è la pedofilia resa obbligatoria per legge nelle scuole a partire dall’asilo infantile.

Il documento per «l’Educazione Sessuale in Europa» è stato redatto durante tutto il corso del 2010. Esso consta di una cinquantina di pagine, è stato realizzato dal «Centro Federale per l’Educazione alla Salute» di Colonia in Germania e diretto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) a cura di una ventina di esperti.

Dopo quattro anni a partire dalla stesura il manuale inizia purtroppo ad essere diffuso in 53 Paesi. L’edizione italiana è stata finanziata dalla «Federazione Italiana di Sessuologia Clinica». Il testo integrale può essere scaricato sul sito web www.fissonline.it/pdf/STANDAROMS.pdf

Il manuale riguarda sei fasce d’età: 1a) da 0 (zero) a 4 anni: si spiega la masturbazione solitaria e con altri, anche dello stesso sesso; 2a) da 4 a 6 anni: s’insegna l’accettazione dell’omosessualismo; 3a) da 6 a 9 anni: si spiegano i vari mezzi di contraccezione; 4a) dai 9 ai 12 anni: si spiega come utilizzare correttamente profilattici, spirali e pillole contraccettive anche abortive; 5a) dai 12 ai 15 anni: si spiega come interrompere le gravidanze non desiderate (aborto); 6a) dopo i 15 anni: s’insegna che l’aborto è un diritto della donna, la quale deve emanciparsi dalla famiglia.

Questo significa voler imporre per legge la depravazione e la corruzione anche dei minori e dei neonati (da zero a quattro anni). Neanche a Sodoma si fece tanto. Eppure Dio la incenerì.

Gli abitanti di Sodoma praticavano la sodomia o omosessualità, ma essa non era legalizzata o teorizzata (Gen., XVIII, 16 – XIX, 28).

Tuttavia Dio disse: «il grido di Sodoma e di Gomorra è cresciuto e i loro peccati si sono aggravati fuor di misura» (Gen., XVIII, 17), cioè la sodomia è un «peccato che grida vendetta al Cielo» (1), ossia richiama la punizione divina già su questa terra anche attraverso elementi naturali.

Abramo, il cui fratello Lot abitava a Sodoma con la sua famiglia e viveva secondo la Legge di Dio, pregò Iddio e Gli chiese di aver Misericordia di Sodoma. «Punirai, o Signore, il giusto assieme con l’empio? Se a Sodoma vi saranno 10 giusti, anch’essi periranno? Per amore dei 10 giusti non distruggerò Sodoma» (Gen., XVIII, 23). Dio esige che vi siano almeno 10 giusti, commentano i Padri, per farci capire che per andare in Paradiso occorre osservare i 10 Comandamenti. Però a Sodoma non vi erano neppure 10 giusti, ma solo quattro (Lot, la moglie e due figlie), la metà dei giusti che si salvarono dal Diluvio. Il Signore fece piovere su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco dal cielo e distrusse le due città, i loro abitanti e la regione attorno (Gen., XIX, 23 s.).

Oggi ogni parola umana è vana. Di fronte a tanto sfacelo non resta che «la preghiera e la penitenza» (Madonna di Lourdes, 1858). Infatti solo Dio può porre un rimedio adeguato ad un male tanto universale e profondo, imposto per legge, che obbligherebbe i bambini a peccare. Ora Dio non può permettere che le anime innocenti siano depravate obbligatoriamente con forza di legge senza intervenire con la sua rigorosa Giustizia. Il Regno dell’Anticristo finale avanza a passi da gigante, ma «Cristo lo annienterà col soffio della sua bocca» (II Tess., II, 8).

Tuttavia dal punto di vista naturale vale il proverbio: «aiutati, ché Dio ti aiuta». San Tommaso d’Aquino spiega che «la grazia non distrugge la natura, ma la presuppone e la perfeziona» (S. Th., I.,q. 1, a. 8, ad 2). Quindi si può e si deve ricorrere anche ad azioni legali contro tale tirannide, che supera quella stalinista, la quale cercò di abolire la religione, ma non ha legalizzato il peccato di pedofilia.

Deo gratias, anche in Italia, molte associazioni di difesa del Diritto naturale si stanno organizzando per promuovere raccolte di firme, conferenze ed azioni legali contro tale abominazione, che «non è legge, ma corruzione di legge poiché è contraria alla Legge naturale e dunque anche alla sana ragione» (cfr. S. Th., I-II, q. 95, a. 2). Infatti «quando la legge umana comanda atti contrari alla retta ragione, alla Legge naturale e divina, occorre disobbedire agli uomini per obbedire a Dio. In questo caso non obbedire è bello e giusto» (Leone XIII, Enciclica Libertas, 20 giugno 1888).

Anche la divina Rivelazione ci insegna: «bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini» (Atti degli Apostoli, V, 29). Quindi prendiamo pure parte attiva alla campagna contro questa mostruosità diabolica. Tuttavia per riportare la vittoria completa occorre prendere atto che «questo genere di demoni non si scaccia se non col digiuno e la preghiera» (Mt., XVII, 21).

Purtroppo Freud (2) e Nietzsche (3) hanno vinto la battaglia, ma non la guerra. Anzi dopo questa disfatta (Caporetto) ci sarà la riscossa (Piave). «Le porte dell’Inferno non prevarranno» (Mt., XVI, 18).

Il Freudismo è l’anti-Decalogo o meglio il Decalogo di satana. Esso si fonda sul culto dell’Uomo o dell’Io (modernità idealista) per arrivare all’omicidio, suicidio, enticidio (=distruzione dell’essere) e deicidio (nichilismo post-moderno) e recita:

1° Comandamento: IO sono l’IO tuo, non avrai altro IO all’infuori di IO/ME (culto dell’uomo e dignità infinita della persona umana); 2° Comandamento: IO nomino il nome di «d-io» invano (Dio non esiste, ma comunque è il responsabile di tutti i mali); 3° Comandamento: IO mi ricordo di violare le feste di «d-io» (la domenica si lavora); 4° Comandamento: IO disonoro il padre e la madre (per essere autonomo e realizzato); 5° Comandamento: IO uccido l’innocente (diritto all’aborto); 6° Comandamento: IO voglio, posso e debbo commettere atti impuri anche con minori e dello stesso sesso (liberazione ed educazione sessuale); 7° Comandamento: IO posso rubare (tutto è MIO); 8° Comandamento: IO posso, debbo dire il falso ed imporlo per legge (altrimenti l’educazione sessuale per i bimbi di 4 anni non potrebbe esistere); 9° Comandamento: IO posso e debbo desiderare la donna o l’uomo dell’altro (attenzione all’omofobia, il male più grave che vi sia); 10° Comandamento: IO posso e debbo desiderare la roba degli altri (anche i bambini da zero a quattro anni, infatti hanno il diritto di essere molestati liberamente da parte dell’IO oramai «adulto»).

Invece Gesù ci ha avvertiti: «Guai a chi dà scandalo ad uno di questi pargoli, sarebbe meglio per lui che gli sia legata una mola asinaria al collo e sia gettato nel profondo del mare» (Mc., IX, 42).

Non scoraggiamoci, ma battiamoci con le unghie e con i denti, infatti «Verbum Domini manet in Aeternum, dum volvitur orbis! / mentre il mondo passa, la Parola di Dio resta in eterno», con buona pace di Freud, Nietsche e dell’Oms.

 

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I vescovi nigeriani approvano la legge

anti-gay. Ma il Vaticano vota contro

Fonte web

cnsnL’agenzia internazionale “Fides” è organo di stampa della congregazione vaticana per la dottrina della fede e diffonde ogni giorno numerosi dispacci in otto lingue dall’Africa, dall’Asia, dall’America latina e dall’Oceania.

Delle leggi contro l’omosessualità in via d’approvazione in Nigeria e in Uganda e prossimamente in Camerun e Tanzania “Fides” non aveva dato fino a ieri notizia, nonostante avessero fatto rumore sui media occidentali, quasi tutti molto critici al pari di Amnesty International e naturalmente delle organizzazioni pro gay.

Mercoledì 29 gennaio “Fides” ha però rotto il silenzio. E come? Dando rilievo a un editoriale di “Southern Cross”, il settimanale promosso dalla conferenza dei vescovi cattolici di Sudafrica, Botswana e Swaziland.

L’editoriale rilanciato da “Fides” reclama che la Chiesa alzi la sua voce in Africa “contro le legislazioni discriminatorie e la violenza nei confronti degli omosessuali, molti dei quali sono fedeli cattolici”.

Curiosamente, però, due giorni prima, il presidente della conferenza episcopale della Nigeria, l’arcivescovo di Jos, Ignatius Kaigama, si era espresso in forma tutt’altro che critica a proposito della legge anti-gay promulgata il 7 gennaio scorso nel suo paese e firmata del presidente Goodluck Jonathan, cattolico.

In una lettera al presidente della Nigeria a nome di tutti i vescovi e fedeli, Kaigama ha definito la nuova legge “una coraggiosa e chiara indicazione della capacità del nostro grande paese di ergersi a protezione dei più alti valori delle culture nigeriane ed africane circa l’istituto del matrimonio e la dignità della persona umana, senza cedere alle pressioni internazionali volte a promuovere pratiche immorali di unioni omosessuali e di altri vizi correlati”.

Assicurando al presidente Jonathan il sostegno dei vescovi, l’arcivescovo Kaigama così proseguiva:

“La ringraziamo per questa coraggiosa e saggia decisione e preghiamo che Dio continui a benedire, a guidare e a proteggere lei e la sua amministrazione contro la cospirazione del mondo sviluppato per fare del nostro paese e continente una discarica per la promozione di tutte le pratiche immorali, che devastano il progetto di Dio per l’uomo”.

A dare notizia della lettera è stato il “Catholic News Service of Nigeria“, organo della locale conferenza episcopale, in una corrispondenza da Abuja, capitale del paese e sede arcivescovile del cardinale John Olorunfemi Onaiyekan.

Di questo pronunciamento, in “Fides” non s’è vista traccia.

Quanto alla tanto invocata “decentralizzazione” della Chiesa a vantaggio dell’autonomia degli episcopati locali, questo della Nigeria è un assaggio che non a tutti piacerà. Nemmeno in Vaticano, da quanto s’è visto.

 

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E quattro. Il Vaticano fa poker con le multinazionali

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pokerLe quattro maggiori società al mondo di revisione di bilancio e di consulenza legale e fiscale sono nell’ordine la PricewaterhouseCoopers (PwC), la Ernst & Young, la Deloitte e la KPMG.

Fino a ieri il Vaticano aveva chiamato in soccorso due di esse, la Ernst & Young e la KPMG, incaricate la prima di ammodernare le attività economiche e di gestione del governatorato e la seconda di allineare agli standard internazionali la contabilità di tutti gli istituti ed uffici con sede entro le mura leonine.

Ma dal 31 gennaio il Vaticano ha fatto poker. Ha scritturato anche le altre due società.

Alla PricewaterhouseCoopers ha affidato la “due diligence” dei processi economici, amministrativi e gestionali dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Mentre alla Deloitte – già di casa in Vaticano fino al 2011 come revisore dei conti dello IOR – ha dato mandato per la “due diligence” della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale fondato da padre Pio.

Per entrambe le società l’obiettivo è di “migliorare i modelli di gestione e garantire trasparenza ed efficienza”.

La PwC e la Deloitte sono state scelte tra altre società con procedura di gara, su iniziativa della pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economica ed amministrativa della Santa Sede, la commissione di cui è segretario e factotum il sacerdote dell’Opus Dei Lucio Vallejo Balda e di cui fa parte l’ineffabile Francesca Immacolata Chaouqui, che è anche addetta stampa della Ernst & Young.

Sul dilagare in Vaticano delle grandi società di consulenza finanziaria e gestionale, www.chiesa ha dato conto in un servizio di due settimane fa: “La curia di Francesco, paradiso della multinazionali“.

Oltre alle quattro società citate, infatti, il Vaticano sta facendo ricorso anche alla McKinsey & Company, per riorganizzare il sistema delle comunicazioni, e in misura massiccia al Promontory Financial Group, per il risanamento dello IOR.

A dispetto della decantata trasparenza nulla si sa dei costi di questi aiuti esterni.

Per quanto riguarda il solo contratto con Promontory, il presidente dello IOR Ernst von Freyberg ha comunque detto al “Financial Times” che il costo è “well above seven digits”, ben sopra le sette cifre, cioè da 10 milioni di euro in su.

 

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Il mercante suona sempre due volte.

La privatizzazione delle poste

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18_18_are_f1_302_a_resize_526_394Dopo aver versato, per non più di un minuto, lacrime di coccodrillo sui dati della disuguaglianza sociale nel pianeta, forniti dal rapporto della ong Oxfam – le 85 persone più ricche del mondo detengono una ricchezza equivalente a quella di 3,5 miliardi di persone; l’1% del pianeta possiede il 50% della ricchezza mondiale – il ministro Saccomanni, presente all’annuale Forum di Davos, è passato alle cose serie e, in un incontro con i grandi investitori stranieri, ha annunciato l’avvio dell’ennesimo piano di privatizzazioni, con in testa le Poste Italiane.

Senza senso del ridicolo, è riuscito a dire che l’operazione, che prevede, per ora, la messa sul mercato del 40% del capitale sociale di Poste, comporterà un’entrata di almeno 4 miliardi da destinare alla riduzione del debito pubblico.

Anche ai più sprovveduti credo risulti chiara l’inversione del contesto: Saccomanni dice di voler privatizzare le Poste per ridurre il debito pubblico, mentre è evidente come il debito pubblico sia solo l’alibi – lo shock teorizzato da Milton Friedman – per permettere la privatizzazione di un servizio pubblico universale.

Bastano due semplici operazioni di matematica: la vendita del 40% di Poste Italiane porterebbe il debito pubblico da 2.068 a 2.064 miliardi, con un entrata una tantum non riproducibile, e nel contempo eliminerebbe un’entrata annuale stabile di almeno 400 milioni/anno (essendo l’utile di Poste Italiane pari a 1 mld).

Ma, ovviamente, non c’è dato che conti quando l’obiettivo è quello di dichiarare una vera e propria guerra alla società, attraverso la progressiva spoliazione di diritti, beni comuni, servizi pubblici e democrazia, all’unico scopo di favorire l’espansione dei mercati finanziari.

E, d’altronde, la messa sul mercato del 40% di Poste è la naturale prosecuzione di un processo di trasformazione del servizio, in corso già da quando l’azienda dello Stato è diventata una SpA: da allora abbiamo assistito a più riprese – tutte avvallate dagli accordi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil di categoria – al progressivo smantellamento del servizio postale universale, con relativo attacco alle sue prerogative di uniformità di servizio su tutto il territorio nazionale, di tariffe contenute e di soddisfacente qualità del recapito.

Ciò che si vuole perseguire, con la definitiva privatizzazione, è lo smantellamento della funzione sociale di Poste Italiane, attraverso la separazione di Banco Posta dal servizio di recapito, trasformando il primo – già oggi ricettacolo di molteplici attività finanziarie – in una vera e propria banca e mettendo sul mercato il secondo.

Con la naturale conseguenza che i servizi postali saranno garantiti da una miriade di soggetti privati, solo laddove adeguatamente remunerativi (grandi città e grandi utenti) e smantellati, o a carico della collettività con aumento incontrollato dei costi, in ogni territorio dove il rapporto servizio/redditività non sarà considerato adeguato.

Senza contare il fatto che, con questa operazione, anche tutta la funzione di raccolta del risparmio dei cittadini, oggi svolta dagli oltre 13.000 uffici postali, che convogliano il denaro raccolto a Cassa Depositi e Prestiti, verrebbe messa a rischio o profondamente trasformata.

Stiamo già sentendo le consuete sirene ideologiche di accompagnamento: la vendita del 40% non intaccherà il controllo pubblico, mentre nel capitale sociale verranno coinvolti i lavoratori e i cittadini risparmiatori, in una sorta di azionariato popolare e democratico.

Credo che tre decenni di privatizzazioni abbiano già fornito gli elementi per confutare entrambe le tesi: l’entrata dei privati nel capitale sociale di un’azienda pubblica ha sempre e inevitabilmente comportato la trasformazione della parte pubblica in soggetto finalizzato all’unico obiettivo del profitto; l’azionariato diffuso tra lavoratori e cittadini, aldilà delle favole sulla democrazia economica, è sempre servito a immettere denaro nell’azienda, permettendo agli azionisti maggiori – i poteri forti – di poterla possedere senza fare nemmeno lo sforzo di doverla comprare.

Ogni smantellamento di un servizio pubblico universale consegna tutte e tutti noi all’orizzonte della solitudine competitiva: ciascuno da solo sul mercato in diretta competizione con l’altro.

Opporsi alle privatizzazioni, oltre a fermare i processi di finanziarizzazione della società, consente di riaprire lo spazio pubblico dei beni comuni e di un altro modello sociale.

Perché il futuro è una cosa troppo seria per affidarlo agli indici di Borsa.

 

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I NUOVI INQUISITORI CONTRO RATZINGER

RICOMINCIA L’AUTODEMOLIZIONE DELLA CHIESA

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Ci sono stati grandi papi il cui pontificato è stato praticamente affossato dagli errori degli ecclesiastici del loro entourage. Anche per papa Francesco si presenta questo rischio. Sconcertano infatti episodi, decisioni e "sparate" di alcuni prelati, penso al cardinale Maradiaga e al cardinale Braz de Aviz, che si sentono così potenti in Vaticano da usare il bastone sia contro il Prefetto dell'ex S. Uffizio Müller, sia contro i "Francescani dell'Immacolata".
 
CONTRO BENEDETTO

I bersagli delle loro "randellate" (assestate ovviamente in nome della misericordia) sono coloro che, a diverso titolo, vengono individuati come paladini dell'ortodossia cattolica e che hanno avuto a che fare con papa Benedetto XVI. Il vero bersaglio infatti sembra proprio lui, "reo" di tante cose, dalla storica condanna della teologia della liberazione, alla difesa della retta dottrina, al Motu proprio sulla liturgia. Il cardinale Oscar Maradiaga è arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, diocesi in decadenza. Ma il prelato, che gira per i palcoscenici mediatici del mondo, nei giorni scorsi ha fatto clamore per una sua intervista a un giornale tedesco dove – fra corbellerie new age e banalità terzomondiste – ha attaccato pubblicamente il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Müller, a cui il papa ha appena dato la porpora cardinalizia. Un fatto clamoroso, anche perché Maradiaga è il capo della commissione che dovrebbe riformare la Curia.
Cosa era accaduto? Müller, chiamato a quell'incarico da Benedetto XVI e confermato da Francesco, nei mesi scorsi aveva ribadito che – pur cercando nuove vie pastorali (già indicate anche da Benedetto XVI) – il prossimo sinodo sulla famiglia non può sovvertire, con "un falso richiamo alla misericordia", la legge di Dio sulla famiglia uomo-donna, affermata da Gesù nel Vangelo e sempre insegnata dalla Chiesa.
 
MARADIAGA SHOW

Müller, che era già stato attaccato personalmente da Hans Küng, è stato liquidato da Maradiaga con queste parole: "è un tedesco e per giunta un professore di teologia tedesco. Nella sua mentalità c'è solo il vero e il falso. Basta. Io però rispondo: fratello mio, il mondo non è così, tu dovresti essere un po' flessibile". Parole che hanno scandalizzato molti fedeli. Anzitutto perché l'accenno polemico al "professore di teologia tedesco" fa pensare inevitabilmente che il bersaglio fosse Benedetto XVI, che chiamò Müller a quell'incarico. Poi perché è del tutto irrituale un attacco pubblico fra cardinali, come se Müller fosse lì a sostenere una sua teologia personale e non l'insegnamento costante della Chiesa e di tutti i papi.
Infine Maradiaga – secondo cui sarebbe sbagliato vagliare la realtà in termini di vero e di falso – dimentica che Gesù Cristo nel Vangelo dette questo preciso comandamento: "il vostro parlare sia sì (se è) sì e no (se è) no. Il di più viene dal Maligno" (Mt 5,37).
Maradiaga preferisce quel "di più" all'annuncio della Verità? Sui temi della famiglia, su cui c'è un'offensiva ideologica simile a quella marxista degli anni Settanta, diversi ecclesiastici sono pronti – proprio come allora – a calare le braghe.
E lo fanno anche con i sofismi di Maradiaga, il quale dice che le parole di Gesù sul matrimonio sono vincolanti, sì, "però si possono interpretare" e siccome oggi ci sono tante nuove situazioni di convivenza occorrono "risposte che non possono più fondarsi sull'autoritarismo e il moralismo".
Questa frase da sola liquida tutto il Magistero della Chiesa: evidentemente per Maradiaga era autoritario e moralista anche Gesù, che si espresse con tanta nettezza.
Ma che significa chiedere "più cura pastorale che dottrina"? Ogni grande pastore, da S. Ambrogio a S. Carlo, da don Bosco a padre Pio, è stato un paladino della dottrina.
Maradiaga dice che occorrono sulla famiglia "risposte adatte al mondo di oggi". Sono frasi vuote e allusive che alimentano confusione e dubbi.
E' il tipico modo, che oggi dilaga nella Chiesa, di sollevare domande senza fornire risposte.
A tal proposito san Tommaso d'Aquino si espresse così: "Ebbene costoro sono falsi profeti , o falsi dottori, in quanto sollevare un dubbio e non risolverlo è lo stesso che concederlo" (Sermone "Attendite a falsis prophetis").
Oggi c'è chi, nella Chiesa, alle parole di Gesù riportate nel Vangelo preferisce il famoso questionario relativo al Sinodo, che è stato mandato a tutte le diocesi del mondo e viene presentato da taluno come un sondaggio, come se la Verità rivelata dovesse essere sostituita dalle più diverse opinioni.
 
AUTODEMOLIZIONE

Anche questo ci riporta agli anni Settanta, quando Paolo VI denunciava allarmato:
"Così la verità cristiana subisce oggi scosse e crisi paurose. Insofferenti dell'insegnamento del magistero (…) v'è chi cerca una fede facile vuotandola, la fede integra e vera, di quelle verità, che non sembrano accettabili dalla mentalità moderna, e scegliendo a proprio talento una qualche verità ritenuta ammissibile; altri cerca una fede nuova, specialmente circa la Chiesa, tentando di conformarla alle idee della sociologia moderna e della storia profana".
E' come spazzar via di colpo i pontificati di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per tornare ai cupi anni Settanta, all'autodemolizione della Chiesa (come la definì Paolo VI).
Non è un rinnovamento, ma il ritorno del vecchio più rovinoso.
 
LA VERGOGNA

Un altro episodio di autodemolizione della Chiesa è la persecuzione dei "Francescani dell'Immacolata", una delle famiglie religiose più ortodosse, più vive (piene di vocazioni), più ascetiche e missionarie.
Ma alla quale – come ho già scritto su queste colonne – non è stata perdonata la zelante fedeltà a Benedetto XVI, a cominciare dal suo Motu proprio sulla liturgia.
Il rovesciamento delle parti è clamoroso. Infatti sul banco degli accusati ci sono dei cattolici ubbidienti e nella parte dell'inquisitore c'è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz che, in una lunga intervista, ha avuto nostalgiche parole di elogio per la disastrosa stagione della Teologia della liberazione, fregandosene della condanna di Ratzinger e Giovanni Paolo II.
Braz de Aviz confessò tranquillamente che – in quegli anni – era pronto anche a lasciare il seminario per quelle idee sociali. Però ha fatto carriera. Oggi è a capo della Congregazione per i religiosi, lui che non è nemmeno un religioso.
Il prelato, che si proclama molto amico della Comunità di S. Egidio, ha una strana idea del dialogo che – per lui – vale verso tutti, meno che verso i cattolici più fedeli al Magistero.
Quando era arcivescovo di Brasilia partecipò tranquillamente fra i relatori a un convegno del "Forum Espiritual Mondial" con l'ex frate Leonardo Boff, leader della Tdl, Nestor Masotti, presidente della Federazione Spiritista Brasiliana, Ricardo Lindemann, presidente della Società Teosofica in Brasile e Hélio Pereira Leite, Gran Maestro del Grande Oriente.
Appena arrivato a capo della Congregazione per i religiosi ha subito iniziato il dialogo con le "vivaci" Congregazioni religiose femminili degli Stati Uniti che tanto filo da torcere dettero a Benedetto XVI.
Braz ha fatto una specie di critica alla Santa Sede: "abbiamo ricominciato ad ascoltare… Senza condanne preventive".
Invece i "Francescani dell'Immacolata", che non hanno mai dato alcun problema, non sono mai stati da lui chiamati e ascoltati. La condanna preventiva contro di loro c'è stata e pesante.
Curioso, no? Giorni fa "Vatican Insider" titolava: "In Italia ci sono sempre meno frati e suore". Credete che Braz de Aviz si preoccupi di questo? Nient'affatto. Pensa a punire uno dei pochi ordini le cui vocazioni aumentano.
Sul primo numero di "Jesus" del 2014 si fa un monumento a Vito Mancuso, noto per negare "circa una dozzina di dogmi" (come scrisse "La Civiltà cattolica"). Ma state certi che nessuno farà obiezione ai paolini.
Invece vengono repressi i "Francescani dell'Immacolata" per averli difesi i dogmi della Chiesa. L'autodemolizione è ripresa con forza.

 

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Francescani dell’Immacolata:

facciamo il punto. Firmare o meno?

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francescani dell'ImmacolataNel Decreto di commissariamento dell’11 luglio scorso, si precisava che il Rev.do P. Volpi, ogni sei mesi, avrebbe dovuto informare del suo operato la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La relazione dovrà essere dettagliata “circa le decisioni adottate, i risultati conseguiti e le iniziative che riterrà utili realizzare per il bene dell’Istituto”. Il primo semestre di commissariamento è scaduto ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. P. Volpi non è riuscito a sostanziare nessuna delle generiche motivazioni che avrebbero fatto scattare il commissariamento, né è riuscito a portare avanti una sola delle accuse da lui sollevate nei suoi interventi pubblici. Al contrario si è ritrovato con un pugno di mosche in mano e qualche problema giudiziario da affrontare.

Nella circolare dell’8 dicembre, P. Volpi confermava la genericità delle accuse e l’unilateralità della difesa: chi critica il Commissario, critica il Papa. Questo il mantra, che si è andato ripetendo, anche per cercare di fare pressione psicologica su chi questo commissariamento non riesce proprio a digerirlo. Così si è dovuti ricorrere alla pubblicazione della foto di P. Volpi con il Papa, riportando una presunta frase del Pontefice, che dovrebbe figurare come la conferma alla linea di P. Volpi: “Obbedite a quest’uomo”! Insomma, non riuscendo a guadagnare la stima dei Frati, P. Volpi è sempre stato costretto a trincerarsi dietro un presunta “copertura” del Papa, il quale, a sentir lui, sarebbe al corrente ed approverebbe tutto quanto sta facendo.

Sorvoliamo sul fatto che anche Giovanni Paolo II venne fotografato con Maciel Degollado, e Benedetto XVI con David Bell, ma ci chiediamo: non sarebbe ora che chi deve tutelare l’immagine del Papa intervenga? Cosa devono pensare i tantissimi fedeli e frati che da p. Volpi stanno prendendo solo un sacco di bastonate e che se osano dire: “ahi!” pubblicamente, vengono pure ritenuti responsabili di aver aizzato la resistenza? Che è volontà del Papa? Che è il Papa a volere la sospensione degli incontri della MIM, durante i quali non si fa altro che approfondire la devozione mariana? Che è il Papa a volere la chiusura repentina di conventi (5 in sei mesi di gestione Volpi), lasciando tante persone senza più il conforto di un sostegno spirituale? Che è il Papa ad imporre la chiusura di un Seminario che è costato anni ed anni di fatiche e di offerte, che la gente ha dato togliendo denaro dalle proprie tasche, che adesso viene usato per pagare l’onorario del commissario e dei suoi aiutanti?

Forse è proprio perché p. Volpi ha in mano un pugno di mosche e collezionato un mare di guai, che ha bisogno di qualcosa di concreto. Nella già menzionata circolare il Commissario Apostolico scriveva, tra l’altro, al punto 2: «Rimarranno sospese per un anno le ordinazioni diaconali e sacerdotali. Inoltre i candidati che adesso sono in formazione dovranno sottoscrivere personalmente un’accettazione formale del Novus Ordo quale espressione autentica della tradizione liturgica della Chiesa e dunque della tradizione francescana (fermo restando quanto permesso dal Motu Proprio Summorum Pontificum, una volta revocata l’attuale disposizione disciplinare di veto, ad hoc e ad tempus, per l’Istituto) e dei documenti del Concilio Vaticano II, secondo l’autorità riconosciuta loro dal Magistero. Chi non accettasse tali disposizioni verrà immediatamente dimesso dall’Istituto». Dunque c’è ancora qualcosa che bolle in pentola, perché questa richiesta è quanto meno sospetta.

In primis, non è molto chiaro cosa intenda P. Volpi per “candidati che adesso sono in formazione”: gli studenti di filosofia e teologia (candidati agli Ordini Sacri), già Professi di voti temporanei o perpetui? I novizi, i postulanti, gli aspiranti?

Secondariamente, sembra quantomeno incomprensibile, per non dire arbitraria, l’ultima frase di P. Volpi che parla addirittura di dimissioni immediate dall’Istituto per chi non accetta “tali disposizioni” (cioè la sottoscrizione di cui al punto 2 della circolare). In realtà per un Professo di voti temporanei o perpetui le dimissioni non sono così immediate come afferma P. Volpi in termini perentori ed assolutistici; infatti ci risulta che occorra un processo canonico in cui al frate “inquisito” sia data possibilità di essere difeso da un legale.

Altra annotazione, che sembra degna di nota. Premesso che occorrerà attendere il contenuto specifico della dichiarazione da sottoscrivere, quanto asserito nella circolare suscita una certa perplessità. Si richiede infatti “un’accettazione formale del Novus Ordo quale espressione autentica della tradizione liturgica della Chiesa e dunque della tradizione francescana”. Se si legge l’Istruzione Universae Ecclesiae, sull’applicazione del Summorum Pontificum, al n. 19 si afferma che “i fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale”. Dunque per la Chiesa il “Rubicone” è il riconoscimento della validità e della legittimità del Novus Ordo, mentre invece il Commissario impone di riconoscere quest’ultimo come espressione “autentica”. Semplice disattenzione? Può darsi. Però non possiamo dimenticare che la linea liturgica del Commissario è quella di ritenere che la Forma straordinaria si chiami così proprio perché può essere celebrata straordinariamente e non invece ordinariamente.

Dunque ritenere che il Novus Ordo sia espressione autentica della tradizione liturgica… francescana, va a colpire proprio uno dei punti forti dei FI, a partire dal 2007, e cioè quello di riconoscersi maggiormente nel rito antico, cosa del tutto legittima e prevista dallo stesso Summorum Pontificum all’art.3. Non è un caso che il “referente” liturgico di p. Volpi, p. Matias Augé, ebbe a scrivere sul suo blog (http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-stop-all-uso-del-vetus-ordo-per-i-francescani-dell-immacolata-119308749.html), in data 30 luglio 2013: “Ho sentito dire che il Vetus Ordo è per loro [Francescani dell’Immacolata] quasi parte del proprio carisma, ecc. E’ il caso tipico in cui si è andato oltre la lettera del Motu proprio di Benedetto XVI, che non prevede nessun proselitismo in favore del Vetus Ordo. Basta muoversi invece nei siti del web per capire che i Francescani dell’Immacolata sono noti “per lo zelo e la predilezione per la forma straordinaria del rito romano”. Dunque, vietati anche lo zelo e la predilezione, in barba al Motu Proprio!

Facciamo infine notare che tra i Francescani dell’Immacolata vengono ammessi (come aspiranti, postulanti, novizi, Professi fratelli laici, Professi studenti di filosofia e teologia candidati agli Ordini Sacri) e vengono ordinati (diaconi, sacerdoti) coloro che, tra l’altro, accettano la validità, legittimità, dignità del Novus Ordo e il Concilio Vaticano II. Pertanto tale sottoscrizione richiesta da P. Volpi è perfettamente inutile nonché altamente offensiva, diffamante e calunniosa nei riguardi sia dei “candidati”, sia dei formatori, sia dei Padri Fondatori e dei loro precedenti collaboratori nel governo generale F.I. e nella formazione. I frati che dovessero firmare la sottoscrizione, ne accetterebbero l’anima, il contenuto implicito. Sarebbe come dire: “Firmo, perché prima, per essere Francescano dell’Immacolata, potevo anche non accettare il Novus Ordo e il Vaticano II…” Le firme potrebbero dunque essere usate da p. Volpi come dimostrazione di una ritrattazione di massa.

Ad insospettire è anche il punto 3 della predetta circolare, in cui il Commissario Apostolico scrive: «Ogni religioso dovrà chiaramente e formalmente manifestare per iscritto la volontà di continuare il proprio cammino nell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, secondo il carisma francescano-mariano, nello spirito di san Massimiliano M. Kolbe, secondo le direttive sulla vita religiosa contenute nei documenti del Concilio Vaticano II».

In virtù della Professione Religiosa (Semplice e Perpetua), i religiosi F.I. hanno già manifestato la loro volontà di vivere da Francescani dell’Immacolata secondo il carisma ricevuto dai Fondatori Padre Stefano Manelli e Padre Gabriele Pellettieri (purtroppo neppure menzionati al punto 3 della circolare di P. Volpi) e riconosciuto dalla Chiesa di Diritto Pontificio. A che serve dunque una ulteriore dichiarazione?

A seguito di gravi atti di malgoverno autoritario (tra cui minacce)e di gravissime accuse false, calunniose e diffamatorie (atti di malgoverno e accuse rinvenibili anche nella suddetta circolare dell’08-12-2013) scagliate contro P. Manelli, contro i suoi stretti ex collaboratori e contro ex Superiori (tutto ciò già segnalato alle competenti Autorità Ecclesiastiche), è più che lecito che i frati non abbiano più fiducia nei proponenti di tali sottoscrizioni, in particolare nei Padri Fidenzio Volpi e Alfonso Bruno, i quali stanno dimostrando grande incapacità a garantire il futuro del carisma dei F.I. come autenticamente inteso dai predetti Fondatori. Ad oggi, se non andiamo errati, solo chiusure di conventi, sospensioni e rinvii.

C’è perciò da temere che eventuali firme alle predette sottoscrizioni possano essere strumentalizzate, magari proprio per arrivare a riferire alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica con in mano delle presunte ritrattazioni…

Pertanto, dopo aver consultato anche un canonista, riteniamo che non è opportuno firmare la predetta sottoscrizione, richiesta dalla circolare dell’08 dicembre 2013.

E’ anzi auspicabile che eventuali minacce di pene canoniche (es.: sospensione a divinis, riduzione a  stato laicale…) o accuse pretestuose (es.: “Se non firmate non obbedite al Papa!”) da parte dei Padri Volpi, Bruno ed altri contro i frati non-firmatari, vengano senza timore tempestivamente segnalate da questi ultimi al Santo Padre Papa Francesco, quali ulteriori gravissimi abusi di potere.

Il Papa ha già in suo possesso una petizione sottoscritta dai Padri Fondatori e da più di 200 frati che vogliono seguire i medesimi Fondatori. Questi frati petizionari attendono fiduciosi una risposta dal Vicario di Cristo.

 

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L’ideologia radicale vuole estirpare le ultime

vestigia della visione spirituale del mondo

Fonte web

 

Se c’è una ideologia politica nella quale si concentrano e si riassumono tutti i temi della lotta contro la religione, contro la morale costituita, contro le ultime vestigia di spiritualità che ancora sopravvivono nel mondo moderno, secolarizzato e laicizzato, quella è l’ideologia radicale.Come vera e propria forza politica della sinistra “progressista”, il radicalismo nasce e si sviluppa in Francia nel corso del XIX secolo: conquista i vertici dello Stato durante la Terza Repubblica e da allora, in pratica, non perde mai la presa sulla società e sulla scena politica; ritorna in forze alla vigilia della seconda guerra mondiale, all’epoca del governo del Fronte Popolare di Léon Blum, e poi, di nuovo, negli anni Cinquanta, con Mendès-France; tuttora si può dire che rappresenta una forza consistente, ideale e materiale, nel contesto della “gauche” transalpina, anzi ancora più forte sul piano ideologico di quanto non lo sia in senso strettamente parlamentare.Il radicalismo è figlio della Rivoluzione francese, ma non è una ideologia proletaria e, quindi, non è una costola del socialismo: è erede del giacobinismo e, pertanto, rappresenta la borghesia che si autodefinisce illuminata, erede, a sua volta, della tradizione libertina del XVII secolo.

Se collabora con il liberalismo e con il socialismo, lo fa sempre da una propria particolare prospettiva e perseguendo dei fini che sono suoi propri e che non coincidono affatto né con quelli del liberalismo, né con quelli del socialismo e del comunismo.Il liberalismo nasce dall’esigenza di tutelare i “diritti naturali” del singolo individuo nel contesto della società; sostiene lo Stato laico, come Hobbes, e stabilisce una netta separazione tra la sfera di competenza dello Stato e quella della religione: libera chiesa in libero Stato; considera la religione come un fatto privato e che non ha, né deve avere, nulla a che spartire con la vita sociale e con l’ordinamento civile della nazione. In altre parole, il liberalismo non possiede una propria ideologia positiva: sa molto bene ciò che non vuole – non vuole lo Stato sociale, né, tanto meno, lo Stato etico; non vuole limiti e ostacoli alla libera iniziativa economica; non vuole il suffragio universale, né la repubblica, né, meno ancora, la rivoluzione; non sa altrettanto bene ciò che vuole, salvo affermare che promuove e protegge tutto ciò che concerne la sfera dei diritti individuali – alla vita, alla libertà di espressione, alla proprietà privata. Non possiede una propria filosofia dell’uomo, una propria antropologia: gli basta perseguire il fine della libera iniziativa e di tutelare in ogni modo la sfera di libertà del cittadino.

 Non vuole insegnare niente a nessuno, non si sogna nemmeno di cambiare l’uomo: l’uomo va bene così com’è, purché lo Stato non pretenda di immischiarsi nella sua sfera di libertà privata. Per esso, tutto quel che non viola esplicitamente la legge è permesso, tutto quello che non reca danno evidente al prossimo è un diritto sacrosanto da proteggere e da incrementare.Il socialismo ha, invece, una sua idea di ciò che l’uomo deve essere: in particolare, ritiene che l’uomo debba essere felice, e che per conquistare la felicità sia necessario abbattere ciò che ostacola la sua realizzazione. Ora, l’ostacolo fondamentale è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: si abolisca la proprietà privata dei mezzi di produzione, si instauri la società senza classi, e l’uomo potrà realizzarsi pienamente e vivere felice. La religione è uno degli strumenti principali dello sfruttamento di classe, dunque anch’essa deve scomparire, affinché l’uomo sia libero. D’altra parte, non vale la pena di perseguitarla apertamente (questo in teoria, perché, in pratica, il secolo XX è stato contraddistinto dalle più dure persecuzioni anticristiane dai tempi dell’Impero Romano): basta schiacciare il dominio della borghesia, e la religione si estinguerà naturalmente, così come naturalmente si estinguerà lo Stato – questo, almeno, nella concezione marxista originaria. La religione nasce dall’alienazione dell’uomo, è una fuga nei paradisi artificiali di una vita migliore dopo la morte, dovuta alle condizioni intollerabili di sfruttamento esistenti in questa vita: ma se tali condizioni verranno radicalmente modificate, le persone non avranno più bisogno di credere in un Dio immaginario, né in un altrettanto immaginario Aldilà; vivranno libere e felici in questo mondo, paghe di ciò che la vita può offrire loro.

Dunque, se il liberalismo è disposto a tollerare la religione, purché essa non s’immischi in alcun modo nella vita sociale – cosa, evidentemente, del tutto impossibile: a meno di ridurre la religione a un fatto puramente interiore, come nel luteranesimo -, e se il socialismo si propone di estirparla, ma come logica conseguenza della distruzione della società divisa in classi, il radicalismo invece, e solo il radicalismo, si propone di modificare la condizione dell’uomo e la sua stessa natura, distruggendo in essa, fino alla radice, l’anelito verso la trascendenza, il bisogno di Dio; e, insieme ad essi, anche la visione spirituale della vita, in qualunque forma essa si esprima.Il radicale non si accontenta di separare la vita dello spirito da quella politica e sociale; né desidera distruggere la società basata sulle classi, poiché mira, piuttosto, ad una rigenerazione spontanea dell’uomo. Esso vuole agire sull’uomo con energia e decisione, diciamo pure con impazienza, perché si sente impegnato in una lotta frontale contro la Chiesa, contro Dio, contro la spiritualità, in nome di una visione del reale puramente atea e materialista, basata sull’idea che i diritti dell’individuo devono trionfare su tutto e che la natura è buona in se stessa, per cui non resta che eliminare ciò che ne ostacola il libero svolgimento. Le battaglie radicali in favore del divorzio, dell’aborto, del libero consumo delle droghe, dell’eutanasia, nascono precisamente da questo naturalismo esasperato e da questo individualismo rozzamente edonistico.

I radicali parlano sempre di diritti, più precisamente di diritti delle singole persone (non della società in quanto tale), quasi mai di doveri: per loro, la società è l’antagonista che bisogna tenere a bada, nella difesa a oltranza della libertà assoluta del singolo individuo.I radicali vogliono rifondare l’idea dell’uomo; animati da un forte spirito missionario, e simili, in questo, a dei preti alla rovescia, altrettanto bigotti, e forse più, di quanto possono esserlo i preti vecchio stile, conducono tutta una serie di “battaglie” in favore dell’emancipazione, senza minimamente domandarsi – o forse, almeno a certi livelli, essendone fin troppo consapevoli – se una società, una volta che sia stata indebolita e svuotata dalle continue e incessanti richieste di libertà a senso unico da parte dei cittadini, possieda ancora quel minimo di coesione e di senso del bene comune per sopravvivere, per difendersi, per assicurare ai suoi membri un livello accettabile di sicurezza, di pace, di integrazione.La loro grande nemica è la Chiesa cattolica, questa anacronistica sopravvivenza di epoche passate, nelle quali gli uomini erano ancora sprofondati nelle tenebre dell’ignoranza ed erano continuamente esposti al ricatto di preti scaltri e senza scrupoli, avidi di potere e di ricchezza; possono anche mostrarsi disponibili al dialogo con i settori più “progressisti” e “avanzati” della Chiesa, ma il loro scopo ultimo è la sua distruzione totale e irrimediabile, lo sradicamento definitivo della spiritualità dall’anima di ogni essere umano.

Agiscono, in genere, con astuzia: non proclamano apertamente i loro scopo ultimi, ma procedono per gradi; pubblicizzano ed enfatizzano alcune situazioni particolarmente drammatiche, per far leva sull’emotività dell’opinione pubblica e guadagnare spazio nella funzione legiferante del parlamento. Per esempio, scelgono il caso di una ragazza violentata e rimasta incinta, per pubblicizzare l’idea dell’aborto; oppure quello di una persona che si trova in stato di coma cerebrale  da parecchi anni, per ottenere il via libera all’eutanasia. All’inizio dicono di voler rendere giustizia a poche persone che vivono situazioni particolarmente difficili; ma il loro vero scopo è quello di modificare i modi di pensare e di sentire di milioni di cittadini, di introdurre una svolta etica, di sancire una prassi totalmente diversa relativa ai temi in questione. Sanno che gli aborti diventeranno migliaia e centinaia di migliaia, una volta che la legislazione abortista si sia affermata; e sanno che le azioni di morte “assistita” dilagheranno negli ospedali, una volta che siano stati infranti il tabù della sacralità della vita e il giuramento di Ippocrate da parte dei medici, ossia il giuramento di difendere la vita sempre e comunque. Lo sanno, ma  non lo dicono, almeno all’inizio: agiscono in maniera subdola e non si fanno alcun riguardo a strumentalizzare il dramma umano di singole persone che si sentono abbandonate dalla società e che vivono con crescente angoscia delle situazioni oggettivamente difficilissime.

Avvicinano tali persone, le fanno sentire meno sole, poi le portano in televisione, le trasformano in altrettanti missionari dell’idea, se ne servono come punte di diamante per aprire una breccia nel senso morale comunemente accettato.Non è un caso che i militanti del radicalismo, fin dall’inizio, abbiano agito in stretta collaborazione con la Massoneria: come i massoni (e spesso le due figure coincidono), i radicali perseguono un disegno militante: quello di condurre una crociata all’ultimo sangue per la distruzione della religione cristiana e per l’asportazione e la cauterizzazione di ogni forma di spiritualità dall’anima delle persone. Come teoria, il pensiero radicale si accontenta di contribuire alla vittoria del laicismo e del secolarismo; in pratica, il suo obiettivo finale è la scomparsa definitiva della trascendenza dal sentire degli esseri umani.Osservava, a questo proposito, Gianni Baget Bozzo nel suo libro «Il partito cristiano, il comunismo e la società radicale» (Firenze, Vallecchi, 1976, pp. 15-17): «Il radicalismo, pensato nella sua differenza dal liberalismo, muove dall’originaria passione giacobina legata alle origini della instaurazione della repubblica in Europa. Lo Stato appare così quale portatore di un messaggio verso la società civile, che deve essere riformata in funzione del principio laico. La Chiesa non deve essere esclusa soltanto dalla determinazione della figura dello Stato laico, ma anche dalla egemonia sulla società civile. Mentre il liberalismo si limita ad esprimere una concezione dello Stato  in cui è implicita una concezione dell’uomo, nel radicalismo  è la concezione dell’uomo d essere posta in primo piano. Il radicalismo ha carattere militante ed allarga allo Stato questo suo carattere.

Così, mentre il liberalismo limita e critica l’idea di rivoluzione, il radicalismo dà una piena espansione ad essa, intesa come mutamento della concezione dell’uomo e dei costumi degli uomini attuato mediante l’intervento sistematico e coercitivo del potere pubblico. La Chiesa cattolica è considerata l’avversario storico del radicalismo; l’obiettivo radicale può essere configurato  come l’annullamento del potere sociale della Chiesa e la riduzione del cristianesimo alla semplice sfera individuale e interiore.Il socialismo, preso nel suo insieme, si differenzia dal radicalismo. Al centro dell’idea socialista sta il concetto di superamento della proprietà privata o almeno della sua egemonia sociale. I vario socialismi hanno concezioni diverse di tale superamento: in ragione di tali divergenze, un socialismo può diventare il partito della proprietà privata contro un altro socialismo, il che accade per esempio al presente alla socialdemocrazia europea. Nel suo insieme, tuttavia,  il socialismo non assume come suo avversario la Chiesa cattolica che indirettamente, cioè in ragione del concorso dato, ideologicamente o politicamente, dalla Chiesa alla proprietà privata,. Il marxismo ha sostenuto il legame oggettivo tra religione e sfruttamento, nel senso che il pensiero religioso è reso possibile dall’esistenza dello sfruttamento – la religione è l’”oppio del popolo”, perché essa consente al popolo di non considerare la sua infelicità reale; la sua finzione storica suppone lo sfruttamento e, senza sfruttamento, non esiste possibilità di esistenza del fenomeno religioso. Anche se la concezione marxista non assume la Chiesa e nemmeno la religione quale suo diretto avversario storico, essa fa però della sparizione della Chiesa e della religione la prova  della realizzazione del socialismo. Il carattere socialista di una società è determinato dall’assenza in essa di lotta di classe e quindi di sfruttamento. Se in una società socialista si ha però ancora religione, tale permanenza non può essere considerata che come permanenza del contrasto  di classe e quindi come sfruttamento.

Per tale ragione le società comuniste hanno dato luogo alla più intensa persecuzione  come tale che sia esistita dall’inizio dei tempi cristiani: l’esistenza della religione, la sopravvivenza della Chiesa è segno, dal punto di vista marxista, dei conflitti di classe all’interno della società che pur si definisce marxista.Il radicalismo non accetta nessuna delle prospettive socialiste, anche se può accettare l’uno o l’altro dei socialismi come compagno di strada. Alla base del radicalismo rimane, in qualche modo, il concetto della natura come forza liberante che solo la storia può soffocare e rendere inoperante.  Il socialismo, specie quello marxiano, nasce dalla reazione  della filosofia tedesca all’empirismo e  al naturalismo franco-inglese, e vede nella società e nella storia un processo totale, in cui soltanto l’uomo può trovare la sua pienezza. L’annullamento della funzione sociale della Chiesa è, nella prospettiva radicale, voluto per liberare la natura da una storia falsificante e permettere alla dimensione naturale originaria, quella dell’individuo, di manifestarsi in pienezza. Nel socialismo invece la liberà originaria non è quella dell’individuo, ma quella della società. La rivoluzione radicale e quella socialista hanno perciò prospettive diverse ed esprimono momenti di pensiero tra di loro non componibili. Il naturalismo e l’individualismo che sono le caratteristiche del pensiero rivoluzionario del secolo XVIII, di cui il radicalismo porta l’impronta, sono assai diversi dalle linee storicistiche e socialitarie di cui il pensiero socialista, specie nella sua più completa forma marxista, porta l’impronta.»

Resta solo da aggiungere che il radicalismo, a partire dalla fine del XIX secolo, e tanto più oggi, non è più l’ideologia di una minoranza che si considera illuminata, ma è diventato l’ideologia dominante: non deve più aggredire e infiacchire una maggioranza ormai torpida e anacronistica, ma spazzar via l’ultima resistenza di minoranze consapevoli e determinate, che lottano per la loro stessa sopravvivenza. Le parti si sono invertite.Al tempo stesso, il radicalismo odierno è solo in parte l’erede del radicalismo ottocentesco. Quello era figlio del dogma illuminista del Progresso e considerava la ragione e la scienza come gli strumenti per realizzare il benessere e la felicità dell’uomo; questo è figlio della società del benessere nella sua fase novecentesca e non riconosce alla scienza che il compito di facilitare un edonismo ormai fine a se stesso. Il radicalismo odierno non vuole più modificare l’uomo, lo ha già modificato; non vuole più convertirlo, lo ha già convertito; non desidera instaurare una nuova concezione della realtà, ritiene di averlo già fatta. Gli basta rafforzare la sua presa e allargare le brecce già aperte nella società, per far crollare quel che ancora rimane della visione spirituale dell’uomo.Deve essere chiaro a tutti che la posta in gioco è questa: né più, né meno. Se cadranno le ultime dighe, non ci saranno più limiti alla manipolazione dell’uomo e degli altri viventi, alla manipolazione delle cose e dell’ambiente: dalla modificazione genetica degli organismi, alla clonazione animale e umana, a ogni sorta di fecondazione artificiale: nulla potrà più fermare la marcia verso il totale asservimento della vita al principio del piacere.L’attuale crociata omosessualista per ottenere il riconoscimento delle “famiglie” omosessuali, per criminalizzare chi la pensa diversamente, per imporre l’abolizione dei pronomi “lui” e “lei” nelle scuole d’infanzia, a favore del neutro (con la motivazione ufficiale di evitare la “discriminazione sessuale”), va precisamente in tale direzione.E il bello è che tutte queste cose vengono presentate come battaglie per la libertà, per la civiltà, per la giustizia… 

 

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In Italia migliaia di bambini spariscono ogni anno

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Vite sospese o annientate nell'indifferenza generale, mentre la massima autorità del ramo brancola nel buio. Ogni anno nel Belpaese spariscono migliaia di persone di ogni età. Più di tutti i bambini: nel 2013 sono svaniti nello Stivale più di 3 mila minori. Addirittura dal 2007 ovvero da quando lo Stato ha istituito il Commissario straordinario preposto al fenomeno, il numero degli esseri umani inghiottiti nel nulla è aumentato sempre più. Un fenomeno inquietante per la collettività, ma eluso dal senso comune, soprattutto da chi ha il compito di proteggere la vita di cittadine e cittadini. A pochi giorni dall'anno 2014, i dati del Viminale sono aggiornati al 2012, nonostante le attività di ricerca della Polizia di Stato, purtroppo sovente guidata da dirigenti mediocri, spesso raccomandati, o assolutamente incapaci di intavolare indagini accurate e risolutive. Nell’ultimo rapporto istituzionale del dicastero dove comanda Alfano (ex sodale di Berlusconi, già tessera p2 numero 1816), risalente al 31 dicembre 2012, emergono dati approssimati, ampiamente sottostimati e frammentari. Infatti, si legge:

«Le motivazioni che inducono una persona ad allontanarsi dal proprio domicilio abituale possono essere, difatti, legate a precarietà economica, a conflittualità familiari, a patologie di ordine psichico ovvero legate all’età avanzata, come nel caso dei malati di Alzheimer. Ma anche alla commissione di reati. Si pensi alle sempre più numerose scomparse di donne rivelatesi, in seguito a più approfondite indagini giudiziarie, omicidi o sequestri di persona magari finalizzati alla tratta di esseri umani. Ci sono, poi, nuovi preoccupanti reati come nel caso dell’adescamento di minori via internet, cosiddetto “grooming”. Si tratta di minori che per sfuggire alla solitudine e alla carenza di valori di riferimento seguono il miraggio di un ignoto interlocutore che, poi, si rivela un “mostro”. Come nel caso della ragazzina adolescente, attratta nella rete, successivamente scomparsa, costretta alla prostituzione e, fortunatamente, ritrovata dopo delicate operazioni di ricerca e di indagine.

Dal 1974 al 31 dicembre 2012 risultano scomparse 26.081 persone, di cui 9.538 sono italiani. I minori scomparsi sono 10.920, di cui 1.673 italiani e 9.247 sono stranieri. Ben diverso è il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che, giunti clandestinamente in Italia, vengono affidati, con provvedimento dell’Autorità giudiziaria minorile, a gli enti locali che gestiscono i centri di accoglienza. Sono 3.524 i minori stranieri non accompagnati che scappano da tali centri con destinazione il centro e nord Europa. Tanti, invece, finiscono nelle maglie della criminalità organizzata... Sono, inoltre, 8.829 le donne scomparse, soprattutto straniere dell’est europeo ed extracomunitarie. Solo nell’ anno 2012 sono scomparse due donne al giorno. Dal 1974, in media, 226 all’anno».

Addirittura, quanto ed inefficienze istituzionali, lo stesso rapporto segnala che «sono 1.169 in più le persone scomparse ancora da rintracciare, rispetto al 2011», mentre i dati relativi ai cadaveri ritrovati ma non identificati fanno riferimento al 30 giugno 2011. In altri termini, abbastanza per licenziare un ministro inefficiente e palesemente non all'altezza del compito. Nonostante gli scarsi risultati conseguiti, però, Alfano si è incollato alla poltrona come tanti suoi colleghi a fine corsa nell'Italietta delle banane.

 

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Italia: 10 milioni al giorno per le

spese militari e nessuno ne parla!

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Nessuno dei “nuovi che avanzano” ne parla, a riprova che si può essere nuovi arrivati ma vecchi nei contenuti. O meglio obsoleti e ripetitivi del vecchio, ma sempre comodo e utile per alcuni. Un po’ per pigrizia mentale, o meglio di impotenza mentale, ma molto per opportunismo o per appartenenza di classe. L’argomento sono i 10 milioni di euro al giorno
che ci apprestiamo a spendere in più nel solo 2014 per le spese militari. In più, oltre ai 350 milioni dei tre F35 già acquistati e per i prossimi altri tre da 430 milioni (già, perché il prezzo aumenta con il tempo).

Oltre al tutto il resto che non sto qui a ricordare. 10 milioni di euro al giorno per le spese militari sotto la voce di spese produttive e che non rientrano nelbilancio del ministero delle Difesa (della guerra, occorrerebbe sottolineare visto di cosa si sta comprando e del loro impiego), ma in quello delle attività produttive. E qui senza entrare nel merito moralistico o etico si deve dare atto che di attività produttive si tratta anche se per fini militari e di guerra, di distruzione di cose e di uomini. Dietro quegli investimenti vi sono anche le aziende italiane che ne ricavano benefici e commesse, anche se solo briciole, ma pur sempre di lavoro, come ebbe a dire l’allora sottosegretario alla difesa allora in forza al PDL (ora a Fratelli d’Italia) Crosetto. E non si guarda in faccia al caval donato se si tratta di lavoro.

E come lui tutti, e dico tutti, i nostri politicanti sia al governo che all’opposizione, sia vecchi che nuovi, scommetto vincendo facile, sono d’accordo con lui. Ma allora dove sarebbe il nuovo se non in queste cose? Se quei 10 milioni al giorno invece di spenderli per produrre strumenti di morte e distruzione si spendessero per cose utili e per i bisogni della gente non sarebbero comunque spese produttive, non si investirebbero per il lavoro, non sarebbe questo il vero “nuovo che avanza” invece delle stronzate che ci ripropongono con una litania di canto gregoriano?

Ma siamo abituati a sentir il canto delle sirene o il piffero del pifferaio e non a ragionar con la nostra testa.

 

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Blondet – Il Rosario per l'Italia: è urgente!

Il Fallimento di tutte le promesse della società liberata
Inutile perdere tempo contro la Nuova Armata Rossa

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Maurizio BlondetIl pozzo nero

Giorni fa nella mia parrocchia (periferia di Milano, un tempo operaia) una bambina di 12 anni ha tentato il suicidio. L’ha detto il giovane parroco in una Messa feriale, a quattro vecchi gatti. Come mai ha voluto ammazzarsi?, gli ho chiesto poi. E lui: «La prendevano in giro». Casi del genere avvengono con più frequenza di quanto si creda. Solo una parte infinitesima giungono alle pagine di cronaca, quando la vittima muore e quando i genitori sono in grado di denunciare effettivamente qualcuno, cosa rara. Il parroco mi dice anche che adesso la piccola ha tutto il sostegno psicologico, immagino dell’ASL. Risibile pretesa, che le tecniche di psicologi comunali possano colmare il pozzo nero morale a cui sono ridotte tante scuole, e in cui le ragazzine cadono senza più sapere rialzarsi. Un pozzo nero di cattiveria nativa esercitata da scolari su scolari, che – non più tenuti a freno da alcun controllo – riproducono la crudeltà primigenia dei branchi animali, la gerarchia spietata dove il primo è il più bruto, l’ordine di beccata dei gallinacei, l’abuso senza limite dei deboli e indifesi. Qui manca però l’innocenza della lotta di natura, delle gerarchie fra sciacalli o tacchini in branco: qui agisce la malizia della sensualità malata, appresa dai pornovideo.

La Bancarotta Etica e la logica del branco

So di bambine che «devono» fare fellationes al compagno, o ai compagni di classe, perché si fa così si fa nel gruppo (che impone le sue norme d’acciaio), e perché è la condizione che il dodicenne bruto pone per «fidanzarti». Poi spesso le loro immagini, diciamo, compromettenti, passano da cellulare a cellulare dei ragazzini, e cominciano le derisioni, l’orrore di veder propagato il proprio debole «io» dall’intimità proibita alla piazza dei pari, la coscienza improvvisa della propria dignità perduta – o più precisamente, del fatto per il branco (che è il «tuo» mondo) non sei più degna, sei solo un oggetto da schernire dovunque. Tutto congiura a questo inferno: smartphone e Facebook, twitters e pedagogia permissiva, pubblicità e incuria degli insegnanti in piena bancarotta etica per primi, retorica pubblica della felicità sessuale e dell’io da «esprimere» narcisisticamente…

Avrete tutti contro…

E non c’è niente da fare. Provatevi a proporre, che so, il divieto dei telefonini in classe, la punizione scolastica per il possesso di immagini porno, la severità, magari la raccomandazione di fuggire il peccato carnale, se non perché dà la dannazione, perché rovina il carattere per sempre a quell’età… Avrete tutti contro: scuola, pubblicitari, pedagoghi, giornalisti, persino le mamme delle bambine che soffrono e che, a volte, s’impiccano. La libertà sessuale, la felicità dal sesso, resta un viscido caposaldo della mentalità corrente; cieca alla vista di come quella promessa di felicità, portata dal progresso a bambini dalle anime informi, si tramuta in schiavitù sessuale, dolore inconfessabile e vergogna di cui non si può, a quell’età, parlare nemmeno con se stessi, non essendoci le parole per dirlo.

Senza vergogna… per Mammona

E il mondo degli italiani adulti non è diverso. Ogni giorno dobbiamo registrare enormi corruzioni pubbliche e privati, scandali, parassitismi senza vergogna, lotte per Mammona: dai grand commis avariati (1) fino al superiore generale dei Camilliani che fa sequestrare due religiosi che non volevano riconfermarlo nella carica, ed anche qui affiorano «violente lotte di potere, milioni di euro sottratti alle casse, proprietà intestate ad amanti, affarismo e clientelismo», leggo dai giornali. E questo tra i successori di san Camillo de Lellis, figuratevi cos’è il resto dell’Italia – quella «laica» che si sente finalmente liberata dell’antiquato, cattolico timor di Dio. Senza più Dio, senza più giudice finale, non c’è più limite al malfare, all’arraffare, al godere: olgettine e travestiti, coca e cibo ingozzato, tutto un porcaio dove sgavazza chi se lo può permettere, a danno di chi è povero e senza potere.

Tutte le promesse della società liberata

Perché questo è il punto, fateci caso: tutte le promesse della società «liberata» si stanno rovesciando nel loro contrario. La strombazzata liberazione sessuale in miseria sessuale masturbatoria, solitudine, odio fra i sessi, fino alla schiavitù sessuale e violenza sulle donne. La democrazia l’hanno tramutata in oligarchia plutocratica inamovibile, in mostro freddo burocratico. La «società del benessere» sta cambiando velocemente in miseria provocata di massa; la proclamata «eguaglianza» dei cittadini in disparità scandalose fra milioni di poverissimi, e pochi ricchissimi; la «legalità» si traduce in abusi impuniti e continui dei principi del diritto, da parte del Fisco, dei «legislatori» che legiferano a solo loro vantaggio e dei loro compari, del magistrato ideologico e intoccabile: sicché ormai è l’accusatore che deve provare la propria innocenza, non l’imputato. La «cultura alla portata di tutti» è risultata in grassa ignoranza presuntuosa di una massa che crede di aver diritto alle sue opinioni (e non ha che quelle orecchiate dalle centrali di dominio), in analfabetismo di ritorno persino dei laureati. L’euro doveva metterci "le ali ai piedi" è la macina da mulino al collo. L’Europa doveva essere la fine dei nazionalismi bellicisti ed è l’arena dei più furbeschi egoismi e, soprattutto, dove regna incontrastabile la volontà del più forte.

Il più antico trucco di Satana

Le promesse di felicità che si rovesciano nel loro contrario sono – per chi non ha la conformistica paura di nominarlo – il più antico trucco di Satana. «Sarete come dèi», promise, e quelli che ci credettero dovettero strappare alla terra, con fatica inumana, il magro cibo, partorire con dolore che gli animali conoscono, e spesso morire di parto o di fratricidio. Ma questa volta, il ritiro delle promesse false a cui l’intera umanità crede, ha qualcosa di terminale. Vuol dire che il demonio non ha più bisogno di sedurci, ed ora può mostrarci la sua vera faccia, le zanne maciullatrici. Forse, le seduzioni del benessere e dell’abbondanza, in cui ci siamo compiaciuti come fossero merito nostro, ci sono state date solo il tempo necessario per toglierci le risorse spirituali che ci necessiteranno nel presente-futuro di privazioni, dove pietà è morta, uccisa dal «mercato». È forse il tempo in cui si scatenano i lividi cavalieri da cui una preghiera invocava la salvezza: «A peste, fame et bello libera nos, Domine», da pestilenze, da fame e da guerra liberaci, Signore.

Capolinea Fatale e retaggi progressisti

Vedo, e la vedete anche voi, un’Italia che ha perso la strada, che non sa più trovare, smarrita, che sente di essere a un capolinea fatale. Ed anche qui, non c’è niente da fare: provatevi a proporre le necessarie «riforme» (che tutti vogliono, a parole), ed avrete contro tutto il progressismo, le potenti cosche dei mantenuti dal denaro pubblico, i partiti e i grandi giornali: fascismo!, ci gridano. Volete la disciplina, l’educazione al sacrificio fin dalle scuole, la preparazione gioiosa e nobile alla solidarietà e condivisione nella privazione; volete una rivalutazione dei valori della Cavalleria in una società che ha come sport il calcio, ossia il tepppismo in campo… Insomma, provatevi a delineare le «riforme» di cui questa massa di amebe ha bisogno, e le avrete tutte contro – anche le vittime. Sono le amebe che da un secolo credono di sapere qual è «la direzione della storia», e che questa direzione non passa più per Dio, il destino eterno dell’uomo, e quindi non occorrono più fede né rispetto di sé in vista dell’Eterno destino.

La Grande Campagna del Rosario

L’Italia è smarrita, sa di essere perduta, ma è irriformabile. Non ha le risorse mentali nè morali per cambiare; il peggio, temo, è che non ha più le schiere di santi viventi che intercedano per lei, come in qualche modo è sempre stato. C’è una sola cosa che resta da fare, ed è la grande campagna del Rosario. Il Rosario per l’Italia. Il Rosario per ottenere la liberazione dai nostri oppressori interni e internazionali, interiori ed esteriori. Ne ho già parlato, ma stavolta richiamo all’urgenza; il pericolo è già su di noi e ci travolge. Cominciamo dunque col ripetere a noi stessi la promessa che la Vergine fece a suor Lucia di Fatima: «Per il potere che il Padre ha dato al Rosario in questi ultimi tempi, non c’è problema né personale né familiare, né nazionale né internazionale, che non si possa risolvere con il Rosario».

Inutile perdere tempo… contro la "Nuova Armata Rossa"

Inutile perdere tempo a dubitare, sotilizzare; abbiamo forse un’alternativa? Si rafforzi invece la fede. Il nostro modello ideale dovrebbe essere la Crociata Riparatrice del Rosario nell’Austria occupata dai sovietici. Nel 1946 nel Santuario di Maiazell, il cappuccino Petrus Pavlicek, ex prigioniero di guerra, ebbe una voce interiore; da allora girò per la patria per convincere quanti più austriaci possibile a recitare il Rosario per la liberazione dall’Armata Rossa. La sua idea era un Rosario perpetuo: 24 ore su 24 dovevano esserci austriaci che pregavano la Vergine. Portava con sé una statua della Vergine di Fatima donatagli dal vescovo di Leira. Nel ’55, c’erano mezzo milione di austriaci – che erano allora 5 milioni in tutto – che partecipava alla preghiera, nessuna ora del giorno e della notte era senza invocazione a Maria. E nel 1955, fra maggio e ottobre, l’Armata Rossa si ritirò. Spontaneamente e senza un chiaro motivo. La Mosca sovietica non lasciò mai la presa su nessun altro Paese occupato. Non se n’è andata dalla Polonia, né dalla Romania né dall’Ungheria , né tantomeno dal lacerto di Germania che aveva strappato per sé; ma dall’Austria sì. Come si fa? Non lo so. Non sono un organizzatore né un cappuccino santo. Ci vuole un’autorità religiosa che la decreti o consigli; idealmente, il Papa – che abbiamo visto capace di dare ordini. Intanto, vi chiederei di parlarne al vostro parroco. Io manderò questo ai siti dei vaticanisti che conosco, alcuni possono parlare direttamente al Papa. Si può cominciare anche con poche persone, per qualche ora al giorno.

 

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Ecco la sentenza che assolve la pedofilia

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Quello che nei giorni scorsi davamo in forma dubitativa, non avendo il testo della sentenza, ora lo possiamo dire con certezza: la Corte di Cassazione ha aperto la strada per il riconoscimento della pedofilia in Italia. La sentenza, che ora abbiamo in mano e riportiamo in fondo a questo articolo, è purtroppo inequivocabile.

Il caso è quello del 60enne, impiegato nei servizi di assistenza sociale del suo comune, condannato in appello a 5 anni di reclusione perché trovato in atteggiamenti intimi con una bambina di 11 anni a lui affidata. Come noto i giudici di Cassazione hanno parzialmente annullato la sentenza della Corte di Appello. Per capire perché ci soffermiamo sul numero 6 dei “Motivi della sentenza”. La Cassazione vuole che al caso si applichi l’«attenuante del fatto di minore gravità di cui all’art. 609 quater, comma 4». Nello specifico l’attenuante dovrebbe essere ravvisata nel consenso prestato dalla bambina, cioè dal fatto che – come vedremo più in dettaglio tra qualche riga – la piccola non subì coartazione alcuna perché “innamorata”. In sintesi la Cassazione giudicava erroneo che per i magistrati dell’Appello “non rilevava che l’imputato non avesse adottato forme di violenza e coartazione verso la vittima. Erano poi irrilevanti [per la Corte di Appello] il consenso della vittima e la circostanza che i rapporti sessuali si erano innestati nell’ambito di una relazione amorosa”.

La corte di Appello invece stabilì che “l’attenuante in questione non poteva essere riconosciuta perché vi era stata congiunzione carnale e perché si trattava di una ragazza minore di anni quattordici, il cui consenso non rilevava”. In altri termini ciò che è importante per i giudici d’Appello e per il Codice Penale ai fini della configurazione dell’ipotesi delittuosa è il fatto in sé, con o senza consenso della vittima. La minore gravità inoltre non si può ravvisare perché appare evidente che se l’imputato si fosse fermato a qualche bacio la situazione – pur sempre aberrante – sarebbe stata oggettivamente di minore gravità rispetto a rapporti completi e pure reiterati nel tempo. Ma così non è stato e dunque non si può configurare un minor grado di gravità del reato.

In merito poi al “consenso” prestato dalla undicenne – consenso che secondo la Cassazione dovrebbe mitigare la pena – l’art. 609 quater configura l’illecito anche se la vittima è consenziente proprio per evitare attenuanti in casi dove, per l’immaturità del soggetto coinvolto, un valido consenso non si può ipotizzare essendo questi facilmente manipolabile dall’adulto e non in grado comunque di comprendere appieno la portata del gesto intimo che andrà a compiere. Ciò non toglie che se ci fosse stata violenza, la pena sarebbe stata ancor più grave (art. 609 ter comma 1, n. 1). Insomma la Corte di Appello si è limitata ad applicare la legge. Ed invece cosa ti scrivono i giudici di Roma? “L’attenuante è stata quindi esclusa sulla base di elementi in realtà non voluti e non previsti dal legislatore”.

Infatti gli ermellini della Cassazione individuano “ragioni mitigatorie attenuative”. La prima sarebbe che “l’atto sessuale si inseriva nell’ambito di una relazione amorosa; e che […] lo stesso nel caso di specie non poteva ritenersi invasivo allo stesso modo dell’ipotesi in cui avvenga con forza e violenza e al di fuori di una relazione amorosa”. Sul punto ci sono da rilevare almeno due critiche. La prima: come ha detto la Corte di Appello parlare di “amore” tra un sessantenne e una undicenne è “innaturale” e ciò che è insano come fa ad essere un’attenuante? Ai giudici di Roma invece appare cosa normale, tanto da poter attenuare la pena inflitta.

In secondo luogo laddove la Cassazione considera la mancanza di violenza come un motivo di attenuazione della pena, il Codice Penale invece la considera come fattispecie a se stante. Non è una sottigliezza da legulei, ma è un problema di sostanza. La legge ti dice che se tu adulto hai rapporti con una minore di anni 14 che non si ribella a te è molto grave (art. 609 quater). Se invece c’è stata violenza è ancor più grave e la pena è maggiorata (art. 609 ter comma 1, n. 1). Le norme del Codice Penale non parlano di attenuanti laddove non c’è violenza, bensì parlano di atto grave (senza violenza) e ancor più grave (con violenza), distinguendoli in due reati separati. L’attenuante infatti rimanda ad un elemento in sé buono da applicarsi ad un reato, capace di suscitare nei giudici non giustificazione dell’atto ma tuttalpiù comprensione. Chi plaudirebbe il reo perché, sebbene abbia abusato della piccola, non l’ha fatta oggetto di violenza? Ed è proprio per il fatto che la mancanza di violenza nei rapporti con una minore di anni 14 non è considerata un’attenuante che questa fattispecie trova una sua norma ad hoc, per ribadire il suo carattere comunque delittuoso, stante un presunto consenso da parte della vittima.

Se invece seguiamo la logica della sentenza della Cassazione allora dovremmo abrogare l’art. 609 quater perché la stessa sentenza ne vuole sopprimere proprio la sua peculiarità: l’illiceità degli atti sessuali compiuti con minore di anni 14 anche se questo è consenziente. La cifra caratteristica di questo articolo è il fatto in se stesso, cioè l’avere avuto atti intimi con un bambino, nulla rilevando la personale maturità psicologica, gli stati d’animo, il consenso, la mancanza di violenza, etc. Forse che la Cassazione vuole cancellare il reato di pedofilia?

Invece i magistrati capitolini vanno per la loro strada e si appellano a precedenti pronunciamenti dei loro colleghi in Cassazione. Ma andando a leggere gli stralci riportati di queste sentenze, si comprende che il rimando non è pertinente. Infatti i giudici semplicemente tengono a puntualizzare che le attenuanti di minore gravità ex art. 609 quater ultimo comma possono applicarsi anche laddove la vittima è davvero piccola. Ma non scrivono da nessuna parte che un’attenuante da tenere in considerazione è la mancanza della violenza sessuale o una relazione “amorosa” tra vittima e carnefice. “I casi di minore gravità” di cui parla l’art. 609 quater devono essere ravvisati ex art 133 cp in alcuni elementi oggettivi della condotta quali la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione che costituisce reato. Nel caso in esame il reo non si è “limitato” a toccamenti e carezze ma si è spinto ben più oltre e dunque, come abbiamo già visto, queste attenuanti non si possono tenere in conto.

Sempre ex art 133 la gravità del reato deve essere giudicata in base alla “gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato”. E’ di palmare evidenza che una bambina violata nella propria intimità porterà per moltissimi anni nella sua psiche danni gravissimi e forse irreparabili. E’ proprio perché la presunzione è certa che il Parlamento ha novellato la materia con la legge n. 38/2006 sanzionando sempre questi particolari illeciti.

Infine la quantità di pena da comminare deve tenere conto della “intensità del dolo” o del “grado della colpa”. Nel nostro caso il dolo è stato assai “intenso” dato che c’è stata reiterazione dell’atto illecito come rilevato dalla Corte di Appello che ha ravvisato la continuazione di reato ex art. 81 cp. Insomma nessuno dei criteri previsti dall’art. 133 e richiamati dalla stessa Cassazione per mitigare la pena può essere applicato a questo caso.

Ed invece i giudici della Cassazione rinvengono una “minore lesività del fatto in concreto” nei seguenti elementi oggettivi: “la qualità dell’atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica)”. Traduciamo: l’ “affetto” tra vittima e reo è un aspetto qualitativo importante da tenere in considerazione per essere equi, più che la mera mancanza di violenza fisica. Peccato che il nostro ordinamento giuridico disapprova anche il solo “affetto” perché lo considera insano – tentando di reprimere anche le sole avances dei pedofili – nonché pericoloso perché può aprire la porta ad azioni più lesive.

Poi la Cassazione trova un’attenuante anche nel “grado di coartazione esercitato sulla vittima”, scordandosi che una undicenne non comprende quasi per nulla quale sia il reale significato dell’atto sessuale e che la sua libertà è minima nelle mani di una persona adulta.

I giudici inoltre fanno riferimento alle “condizioni (fisiche e mentali)” della vittima e alle sue “caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all’età)” sempre nell’intento di mitigare la pena. Ma è proprio tenendo in considerazione queste caratteristiche che è stato introdotto il reato di “atti sessuali con minorenne”. Se escludiamo tali aspetti di natura fisiologica e psicologica dobbiamo mandare in soffitta lo stesso reato di “atti sessuali con minorenne”.

Infine si fa menzione, come altro motivo attenuante, all’“entità della compressione della liberà sessuale” e al “danno arrecato alla vittima anche in termini psichici”. Sulla questione del consenso e del danno ci siamo soffermati più sopra ricordando che una undicenne non può esprimere un consenso davvero valido in relazione a rapporti intimi e che i danni ci saranno sicuramente in futuro nella psiche di questa bambina. Ed invece la Cassazione rimbrotta i propri colleghi dell’Appello perché “il turbamento e le conseguenze patite dalla vittima anche in un’ottica futura” sono solo ipotesi non verificate, perché mancherebbe la “prova di aver ancorato il proprio asserto su emergenze specifiche (sì che l’assunto si propone quasi come un’affermazione di principio frutto di mera supposizione)”. Avete compreso bene: un rapporto pedofilo non è di suo dannoso, sempre e comunque. Si deve dare prova contraria per sostenerlo. Ci deve essere inoltre un’emergenza specifica per attivarsi, altrimenti lasciamo correre. Perché il danno – per la Cassazione – se si è verificato, è stato comunque mitigato da fattori quali “il ‘consenso’, l’esistenza di un rapporto amoroso, l’assenza di costrizione fisica, l’innamoramento della ragazza”.

E quindi la Corte rimanda l’incartamento di nuovo in Appello perché quest’ultima non ha spiegato il motivo per cui tutti gli elementi suddetti non configurano una minore gravità dell’atto. E tutto questo in nome del Popolo italiano, cioè a nome nostro.

 

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Italia terza al mondo per poliziotti pro capite

Fonte web

I casi sono due: o viviamo in uno dei Paesi più sicuri del globo o vanno ridotte forze dell'ordine per risparmiare.Com'è possibile? I casi sono due: o viviamo in uno dei Paesi più sicuri del globo o vanno ridotte forze dell'ordine per risparmiare.

Si è parlato molto del gesto di presunta solidarietà compiuto a Torino dai poliziotti anti sommossa nei confronti dei manifestanti del movimento 9 dicembre che erano scesi in strada per protestare contro quelle stesse istituzioni che le forze di sicurezza rappresentano: il governo, le questure, e le amministrazioni comunali.

Dopo che un poliziotto ha raccontato che lui e alcuni colleghi sono
costretti a comprarsi la divisa, molti avranno capito che anche le forze dell'ordine versino in condizioni economiche difficili. Può essere: la crisi economica prima e le misure di austerity imposte negli ultimi anni hanno sicuramente fatto sentire il loro peso anche sulle casse della Polizia di Stato.

Ma le ultime cifre delle Nazioni Unite ci raccontano un'altra storia. L'Italia ha ben 475 poliziotti per ogni 100 mila abitanti. Solo Russia e Turchia superano questa proporzione.

Le cose sono due: o l'Italia è un paese più sicuro di tanti altri o forse in tempi di crisi e sacrifici andrebbero tagliate e non aumentate le spese impiegate nella sicurezza.

La teoria convenzionale vorrebbe che in un mondo perfetto, un Paese con più poliziotti è anche un modo sicuro. Ma da un altro punto di vista vorrebbe anche voler dire che c'è un motivo se i poliziotti pro capite sono così numerosi. Ad esempio potrebbe voler significare maggiore corruzione.

Chi abita nei Paesi situati nella parte sinistra del grafico dovrebbe fare attenzione se vuole scongiurare casi di violenza ingiustificata e se vuole evitare di dover trovarsi a pagare tangenti alla polizia.

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: giovedì 30 ottobre 2014