LA GUERRA CHE VERRA'... PRESTO!
ORMAI TUTTO
Ė GIÀ DECISOa cura di Claudio Prandini
(seconda parte)
PREMESSA
UNO SGUARDO SINTETICO DELLE VARIE FORZE IN CAMPO
TRA MONDO OCCIDENTALE E MONDO ISLAMICO
(Il Nostro Tempo, 22 maggio 2005)
Massimo Introvigne, sociologo e direttore del Cesnur (Centro studi nuove religioni), ha recentemente pubblicato un nuovo libro: “La nuova guerra mondiale. Scontro di civiltà o guerra civile islamica?” (edizioni Sugarco). Alla presentazione del volume lo studioso ci ha rilasciato questa intervista.
Dottor Introvigne, cosa sta succedendo tra Occidente e Islam?
Innanzitutto è bene precisare che il mondo islamico è un insieme molto eterogeneo. Vi è un Islam ultrafondamentalista, che è quello che fomenta il terrorismo, ma vi sono anche altre famiglie: quella fondamentalista (legata alla tradizione, ma contraria alla violenza), quella laico-nazionalista, quella conservatrice. Il campo islamico è poi ulteriormente suddiviso tra sciiti e sunniti. Oggi viviamo una fase attraversata da una sorta di scontro tra le democrazie occidentali e l’universo musulmano, accompagnata da una guerra civile intraislamica. Quest’ultimo conflitto nasce dalla volontà dei gruppi radicali ultrafondamentalisti di impadronirsi del potere, cacciando le classi dirigenti islamiche moderate ritenute corrotte e asservite all’Occidente. A loro giudizio va colpito l’Occidente per indebolire il sostegno che questo fornisce ai governi fantoccio dei Paesi islamici.
Nel libro propone diversi atteggiamenti dell’Occidente rispetto all’Islam…
Si rilevano almeno quattro posizioni della cultura occidentale verso l’Islam. Vi è quella islamofoba (
) che considera l’Islam un blocco compatto schierato contro di noi. Questa logica, pur segnalando un problema, ovvero l’ostilità dei gruppi islamici radicali verso l’Occidente, non individua alcuna soluzione in vista di una pacifica convivenza con l’universo musulmano. La seconda corrente è rappresentata dal neofondamentalismo islamico, che tenta un finto dialogo con l’Occidente. In realtà si tratta di una seria minaccia culturale, poiché questo integralismo annacquato, pur escludendo la violenza, non rinuncia ad alcuna tradizione (poligamia, ecc…) anche in netto contrasto con la nostra società. Con questi settori occorre la massima chiarezza. Bisogna che condannino senza indugi il terrorismo e si impegnino sul terreno dei diritti umani. Non dimentichiamo, infatti, che in buona parte dei Paesi musulmani la libertà religiosa è inesistente, l’azione missionaria è vietata, convertirsi è pericoloso e a professare la fede cristiana si rischia spesso la vita.C’è poi una lobby filo-islamica di sinistra, che intravede nelle masse islamiche il ferro di lancia per l’assalto al fortino capitalista. Infine c’è una lobby filo-islamica di destra, che punta alla mobilitazione musulmana contro gli Stati Uniti e Israele, considerato il male assoluto. Qui troviamo anche dei cattolici che considerano l’attuale Europa, materialista e secolarizzata, ormai estranea alla civiltà occidentale cristiana. Anzi, in caso di scontro, bisogna stare con l’Islam, ancora depositario di una cultura ricca di valori. Costoro non sembrano capire che l’odierna società europea, pur tra mille difficoltà, è l’erede di quella cristianità e pertanto merita di esser difesa davanti alle aggressioni. (...)
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LE RAGIONI DI UN PROBABILE ATTACCO
L'ex ispettore degli armamenti per le Nazioni Unite, Scott Ritter, ha affermato recentemente che l'Iraq si era disarmato ben prima dell'invasione statunitense del 2003 e che ora il popolo americano va avvertito che l'amministrazione Bush si sta preparando ad una guerra contro l'Iran, anche con bombe atomiche... Gli Stati Uniti... credono che trasformare i paesi del Medio Oriente in democrazie aiuterà ad assicurare l'accesso americano al petrolio (fonte web).
Egli afferma ancora che la
Casa Bianca non aspetterà che il Consiglio di Sicurezza ONU si pronunci
sul programma nucleare di Teheran. Jonh Bolton, l'ambasciatore degli USA
all'ONU (neocon) ha già scritto il discorso che pronuncerà. «Dirà che
l'America non può permettere che l'Iran minacci gli USA [sic], e che
l'America perciò deve agire unilaterlamente». Come lo sa Ritter?
«Ho parlato con chi scrive i discorsi di Bolton», ha risposto. Ritter ha
illustrato le fasi della strategia americana. Prima, le forze USA
bombarderanno alcune installazioni-chiave del programma nucleare iraniano;
con la speranza che il colpo basti a provocare la rivolta popolare che
detronizzerà gli ayatollah. Se non accade, è probabile che il regime di
Teheran risponda con un attacco a Israele: in tal caso, gli americani
lanceranno sull'Iran la bomba atomica (fonte
web).
Ma ci sono altre ragioni per attaccare l'Iran, sia di natura economica che di strategia globale! Quella economica sta nel fatto che l'Iran vuole aprire, entro marzo 2006, una borsa del petrolio e del gas in Euro e non più in Dollari, con tutte le conseguenze del caso; mentre quella strategica è legata a due fattori: a) far si che Israele rimanga l'unica potenza atomica mediorientale. La lobby ebraica è infatti molto potente negli Stati Uniti e con la destra protestante condivide le medesime opinioni per quanto riguarda la protezione e la salvaguardia dello Stato d'Israele dai suoi nemici; b) un Iran militarmente ed economicamente forte andrebbe contro il Nuovo Ordine Americano per quella zona!
Gli Stati Uniti d'America "non somigliano più all’idea comune di stato, perché è in realtà un connubio inestricabile di apparati pubblici e di ciclopiche imprese private, di think tank, di monopolisti dei media, sorto nel dopoguerra e da allora in crescita esponenziale. Insomma, una specie di guardia pretoriana, il cui scopo è il dominio e il saccheggio, non solo del mondo esterno, ma anche dello stesso paese che domina" (fonte web).
Volete una prova dell'ultima ora di quanto appena detto?! Il New York Times (15/02/06), ripreso anche dalle agenzie di stampa italiane, ha riferito che Il presidente americano Bush si appresta a fare alle compagnie petrolifere un "regalo" stimato in 7 miliardi di dollari in 5 anni, "uno dei più grossi nella storia americana". Il portavoce della Casa Bianca, McClellan, lo ha confermato. Il provvedimento, contenuto nel documento di bilancio, autorizzerà le compagnie petrolifere ad estrarre petrolio e gas naturale per circa 65 miliardi di dollari, senza il pagamento di diritti (fonte web). In pratica non pagheranno più nessuna tassa d'estrazione allo Stato! D'altronde, perché dovrebbero pagarle se "esse" sono ormai parte dello Stato stesso...?!?
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I FAUTORI DELLO SCONTRO E DELLA GUERRA PERMANENTE ----------- la vera bomba non Ė l'atomica, ma... |
Fonte: www.movisol.org
Di fronte al
rischio di uno scontro militare a breve termine con l’Iran, che contempla il
ricorso preventivo alle armi nucleari, Lyndon LaRouche (ha affermato il 3
febbraio: “Uno scontro con l'Iran o anche un più circoscritto attacco militare
contro la Siria sarebbe solo il detonatore. Questi sviluppi portano
all'esplosione dell'intero sistema finanziario e monetario globale, che è la
vera bomba”.
Un attacco militare contro l’Iran condurrebbe inevitabilmente ad una crisi
energetica e al crollo a catena dei mercati monetari e finanziari. In primo
piano, l’amministrazione Bush-Cheney e gli ambienti neocon premono per lo
scontro, per le sanzioni economiche e per la guerra, e sono impegnati ad
osteggiare le soluzioni diplomatiche. Ma, ha spiegato il fondatore dell’EIR, “Ad
orchestrare questo scontro sono gli ambienti sinarchisti che fanno capo a
Londra”.
Questa oligarchia sinarchista, che controlla l’amministrazione Bush-Cheney
attraverso i suoi ‘grand commis’ come George Shultz, si rende perfettamente
conto che un attacco contro l’Iran metterebbe in moto una guerra asimmetrica
globale, una crisi energetica e il caos economico-finanziario. Essa si
ripromette di sfruttare la situazione che si verrebbe così a creare per
instaurare regimi di “gestione della crisi”, in pratica regimi autoritari che
governano per decreto, e per assicurarsi il controllo sull’energia, le materie
prime, gli immobili e le capacità produttive primarie, i cui prezzi stanno già
andando alle stelle.
Al tempo stesso, aggiunge LaRouche, gli ambienti sinarchisti londinesi “stanno
tirando i fili di certi ambienti islamici radicali” in Iran, di cui dispongono
sin dai tempi del Trattato Sykes-Picot del 1916. LaRouche sottolinea che si
tratta di conflitti orchestrati secondo il modus operandi tipico dell’oligarchia
veneziana. La crisi iraniana è stata architettata grazie al controllo in
profondità dei profili psicologici di personaggi ed istituzioni impegnati sulle
opposte barricate. Basti considerare in questo contesto le convinzioni
millenaristiche del presidente iraniano Ahmadinejad, che aspetta il “ritorno di
Mahadi” (una sorta di Messia degli Sciiti) il quale dovrebbe avvenire in un
momento di “rottura” della storia mondiale. Gli ambienti della Guardia
Repubblicana dietro Ahmadienejad d’altro canto calcolano che uno scontro
consentirebbe loro di consolidare la propria posizione di potere nel paese.
Su questo tema: http://www.movisol.org/iran.htm
Che cos'è il sinarchismo?
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La questione iraniana domina l’incontro
di Monaco sulla politica di sicurezza
Fonte: www.movisol.org
La conferenza sulla
politica di sicurezza svoltasi tra il 2 e 5 febbraio a Monaco di Baviera è stata
nettamente dominata dalla crisi iraniana. Vi hanno preso parte la cancelliere
Angela Merkel, 35 ministri degli esteri e della difesa (dagli USA Donald
Rumsfeld, i suoi precedessori William Cohen e William Perry e quattro senatori).
La delegazione iraniana è stata guidata dal vice ministro degli Esteri Abbas
Aragchi e dal vice responsabile dei negoziati sul nucleare presso la AIEA Javed
Vaedi.
Rumsfeld e i senatori Joseph Lieberman e John McCain si sono esibiti in tirate
al vetriolo contro l’Iran. Molti presenti hanno ricordato come nella stessa
sede, nel 2002, prima della guerra in Iraq, McCain avesse inscenato uno
spettacolo molto simile.
“Principale promotore del terrorismo mondiale, il regime iraniano – ha detto
McCain - si definisce con l’ostilità che nutre nei confronti degli Stati Uniti e
di Israele. … Teheran ha ripetutamente fatto ricorso alla violenza per minare il
processo di pace in Medio Oriente e i governi amici degli Stati Uniti, ed ha
patrocinato almeno un attacco diretto contro gli Stati Uniti. La continua
ricerca di Teheran di dotarsi di armi nucleari semplicemente pone un rischio
inaccettabile alla comunità internazionale. Protetto da un deterrente nucleare,
l’Iran si sentirebbe libero di promuovere attacchi terroristici contro ogni
presunto nemico. L’atteggiamento sprezzante verso il Trattato di Non
Proliferazione nucleare potrebbe rendere quest’ultimo obsoleto, e potrebbe
indurre Turchia, Egitto, Israele, Arabia Saudita ed altri a riconsiderare i
propri assetti di difesa e i propri arsenali. Ed il mondo dovrebbe vivere, a
tempo indefinito, con la possibilità che Teheran possa cedere materiali o armi
nucleari a qualche rete terroristica sua alleata. L’Iran dispone già di missili
balistici capaci di raggiungere le principali capitali europee. La minaccia
all’Europa, agli Stati Uniti e ad altri paesi è chiara … Ogni opzione possibile
deve restare sul tavolo. C’è una cosa sola peggiore dell’opzione militare e
questa è un Iran che dispone di armi nucleari”.
McCain ha lanciato anche un monito a Russia e Cina affinché cooperino contro
l’Iran nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, altrimenti gli USA “cercheranno
partner disposti ad imporre queste sanzioni al di fuori del quadro dell’ONU. I
paesi europei che hanno forti legami economici con l’Iran e una posizione di
leadership nel nucleare avranno una responsabilità speciale in questo contesto”.
Infine McCain se l’è presa personalmente con il presidente Putin: “Tutto ciò a
cui oggi assistiamo indica come il governo russo abbia scelto la sua strada, e
questa non è la nostra. Il Cremlino predilige la ricerca dell’autocrazia
internamente e all’estero, preferisce bloccare l’azione concertata contro gli
stati canaglia, indebolire i suoi avversari democratici. Questa è una mentalità
da sovietici e non da post Guerra Fredda. Sotto Mr. Putin la Russia oggi non è
né una democrazia né una delle principali economie mondiali, e mi chiedo
seriamente se i leader del G8 debbano davvero partecipare al Summit di San
Pietroburgo”.
IL MACHIAVELLI DEL XXI SECOLO
ALLA CORTE DI BUSH
Teorico del "fascismo universale"
e membro,tra l'altro, del "Global Dominance Group"
“La pace è sempre il risultato d’una guerra e
delle condizioni imposte da chi la vince”
L’Iraq è soltanto una battaglia - Roma. Michael Ledeen sostiene che i “processi
di pace” non hanno mai funzionato e non possono funzionare. E dirlo davanti a un
gruppo di osservatori israeliani e palestinesi, invitati dal Ce.A.s. (Centro di
Alti studi per la lotta al terrorismo) al Castello di Priverno, per discutere su
“Come uscire dal terrorismo e dalla violenza insurrezionale”, rende la tesi
vieppiù perentoria. “La storia dimostra che i conflitti non si risolvono con i
negoziati”, spiega lo studioso dell’American Enterprise Institute (uno
dei più prestigiosi
"pensatoi" americani per tecnici del dominio globale, n.d.r), il
laboratorio dei neocon washingtoniani. “La pace è sempre il risultato
d’una guerra e delle condizioni imposte da chi la vince”. E se obietti la
vocazione pacifista delle moderne società fondate sul lavoro e l’incompatibilità
tra spirito industriale e militare, Ledeen la prende a ridere. “Davvero? Chi lo
dice?”. Auguste Comte. “L’industria incompatibile con la guerra… mai sentito.
Lenin dove sei? La pace è soltanto quella che viene dopo la guerra. Non ne
conosco altra...
La questione della Cia... “Negli ultimi anni abbiamo reso alla Cia la vita
impossibile”, ammette Ledeen. “Il Congresso ha stabilito che la Cia non facesse
ricorso all’omicidio né al reclutamento di assassini. Il Codice Clinton ha
stabilito che gli agenti della Cia non avessero contatti con ufficiali di
governi di paesi con problemi di diritti civili. Allora, tanto vale chiuderla,
la Cia. Perché, chi si mette a parlare coi cattivi? D’altra parte Cia e
Dipartimento di Stato, a costo di una guerra civile col Pentagono, sono sempre
stati contrari a coinvolgere i civili. Noi per un mese in Ungheria abbiamo
addestrato vari gruppi del Congresso nazionale iracheno a sparare, bombardare,
circa cinquemila persone dell’opposizione che trasportate dall’esercito in Iraq
hanno avuto un ruolo fondamentale nei combattimenti sia a Nord sia a Sud, dove
interi villaggi sono stati liberati grazie a loro”.
Ma non avete preparato il paese politicamente. “E’ vero. Ma l’Iraq è soltanto
una battaglia d’una guerra più ampia. ...Quanto al rischio di comportarci in
Iraq come Israele nei territori occupati, è una preoccupazione peregrina.
L’errore nostro, semmai, è di partire troppo presto, di andarcene prima di aver
finito il lavoro” (fonte
web).
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Nel prossimo articolo vedremo ancor meglio chi sono i neocon americani (i tecnici del dominio imperiale) e che cosa vogliono con la loro teoria della "guerra permanente".