EVOLUZIONE DARWINISTA
LA CHIESA DICE DI NO!
di Claudio Prandini
INTRODUZIONE
Ormai solo Piero Angela e pochi altri dimostrano di credere ancora al mito evoluzionista! Negli USA, già da qualche anno, si è acceso un dibattito serrato tra coloro che difendono a spada tratta l'ideologia darwinista, senza avere però alcuna prova realmente scientifica, e coloro che fanno capo alla teoria che vi si oppone, ovvero all'«intelligent design». (fonte web) Per chi non lo sapesse l'«intelligent design» è quella teoria scientifica che intravede un finalismo intelligente in ogni essere vivente. Non evoluzionismo casuale degli esseri viventi attraverso la selezione naturale (dal più semplice al più complesso), ma evidente progetto intelligente e finalistico dietro ogni singola forma di vita biologica.
Oggi la scienza si sta sempre più accorgendo che spiegare la vita solo come il frutto del caso e di circostanze favorevoli non basta più! E' come se la vita stessa, con la sua grandezza e misteriosità, si prendesse una rivincita su coloro che la volevano ingabbiare nei loro piccoli cervelli... Ci troviamo come al tempo di Galileo: da una parte i detentori del potere accademico e scientifico, gli evoluzionisti, che fanno la parte di coloro che credevano che era il sole che girava attorno alla terra, mentre ora credono che la vita si sia creata e sviluppata da sola, attraverso una miriade di eventi e di situazioni favorevoli guidati dal caso, mentre dall'altra ci stanno i nuovi copernicani, quelli dell'«intelligent design».
La cosa strana è che a credere al dogma evoluzionista sia non solo l'establishment accademico e scientifico, funzionale al potere capitalista, ma anche coloro che in teoria dicono di opporvisi, cioè tutta la sinistra marxista e post-marxista! Questo mi riporta alla mente una mia tesi che esposi in un esame universitario, davanti al classico prof. marxista e, probabilmente ex sessantottino, quando gli dissi che il Marxismo era una costola del Capitalismo ottocentesco, sia per quanto riguardava il primato dell'economia sulla persona umana e sia anche per tutto il retroterra culturale che gli faceva da corona, ovvero il razionalismo ateo dal settecento in poi! Insomma, Capitalismo e Marxismo erano quindi fratelli-nemici, come Caino e Abele, ed entrambi figli del secolo dei "lumi". L'esame andò sostanzialmente bene, nonostante la faccia scura del prof...! Questo per dire che il vero discriminante, nella questione evoluzionista, non è tanto un fatto scientifico ma un preconcetto ideologico: Dio non esiste, quindi tutto è stato fatto dal caso! L'evoluzionismo darwiniano è perciò un dogma travestito da verità scientifica... (fonte web) Qualcuno ha addotto anche prove che poi sono risultate false... E' il caso del super antropologo tedesco Reiner Protsch, il quale, per trent’anni ha manipolato le prove sulla discendenza dell'uomo attuale con l'uomo di Neanderthal, per futili scopi di prestigio e di soldi. (fonte web)
La scuola italiana, da parte sua, cosa insegna ai nostri ragazzi? Discendiamo tutti dalle scimmie, come qualcuno vorrebbe ancora farci credere? Grazie al cielo qualcosa si sta aprendo anche nei nuovi programmi per la scuola media, nel senso che "accanto alla conoscenza della teoria dell'evoluzione vi sarà posto per la critica della sua degradazione, l'evoluzionismo. Si tratta di andare oltre certi schemini che i libri hanno spacciato come verità acquisita per decenni, quelli per capirci con la scimmia che si trasforma in essere umano. Insomma ai ragazzi non si offre più una sola teoria, ma diverse". (fonte web)
E la Chiesa questa volta da che parte sta? Il Card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, qualche mese fa ha attaccato la teoria dell'evoluzione in un editoriale pubblicato dal New York Times, (7 luglio 2005), definendola solo un dogma, ovvero una teoria senza alcuna prova scientifica. Questo per sgombrare l'idea di una “accettazione - o quanto meno acquiescenza da parte della Chiesa cattolica nei confronti della teoria dell’evoluzione... la Chiesa cattolica per la prima volta sembra concedere il proprio patrocinio al movimento «Intelligent Design», nato negli USA nei primi anni novanta. Per molti decenni, infatti, la Chiesa cattolica non ha fatto parte attiva del dibattito creazione/evoluzione, ma è rimasta nel ruolo dello spettatore. Ora il vento sembra cambiato e la Chiesa sembra pronta ad entrare nel dibattito". (fonte web)
Una ulteriore luce sulla genesi degli esseri viventi e dell'uomo in particolare ci viene anche dagli scritti di Don Guido Bortoluzzi (1907-1991) con il suo concetto di "creazione mediata". (fonte web) Egli, favorito già da bambino di doni mistici, ebbe la visione dell'apparizione della Madonna ai tre pastorelli di Fatima (13 ottobre 1917) quando aveva solo 10 anni, conobbe san Giovanni Calabria e Teresa Neumann, la grande mistica stimmatizzata del XX secolo. Dai suoi appunti e dai suoi scritti emerge "Questa rivelazione, perché di una rivelazione divina si tratta, (che) è finalizzata a chiarire con argomenti scientifici ma accessibili a tutti, i punti oscuri della Genesi. Il Signore rivendica a Sé ogni atto creativo e spiega le modalità con cui è intervenuto direttamente sia nella creazione dell’Uomo che di qualunque altra specie" (dall'introduzione...). Qui siamo nel campo della "rivelazione privata" (la cenerentola della teologia), ma che vale veramente la pena leggere e verificare, soprattutto da parte di teologi, biologi, genetisti ed antropologi. Molto interessante risulta inoltre la spiegazione di alcuni passi della Genesi biblica, come la verità sul Peccato originale e delle sue conseguenze a livello genetico, psicologico e spirituale!
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Al mito dell'uomo scimmia non
crede più nessuno. Per primi
gli scienziati. Perché insistere?
di Zanotto Paolo
(articolo tratto da IL DOMENICALE anno 2 n. 40 del 04/10/2003)
Nel novembre del 1859 il celebre naturalista inglese Charles
Robert Darwin (1809-1882) pubblicava a Londra The Origins of the Species by
Means of Natural Selection, ovvero L’origine delle specie per selezione
naturale, opera nella quale esponeva per la prima volta la propria teoria
sull’evoluzione.
Secondo Darwin, le specie si sarebbero trasformate progressivamente nel corso
delle ere soprattutto nell’intento di adattarsi ai cambiamenti del proprio
ambiente naturale ed evitare, così, il rischio di estinzione. Ma la scottante
questione dell’origine animale dell’uomo non veniva affrontata.
Tuttavia, nel 1868 seguiva La variazione degli animali e delle piante allo stato
domestico e nel 1871 sarebbe uscita un’altra opera, intitolata La discendenza
dell’uomo e la selezione sessuale, in cui Darwin indicava l’Africa quale culla
dell’umanità, preconizzando inoltre lo sterminio delle «razze selvagge della
Terra» da parte delle «razze umane civilizzate». Infine, l’ultimo lavoro
notevole del positivista inglese fu il libro su L’espressione delle emozioni
nell’uomo e negli animali, apparso nel 1872.
L’“agnostico” Darwin (amato da Karl Marx proprio perché aveva inferto a Dio «un
colpo mortale») poneva in tal modo le fondamenta per affrancare dalla natura
divina la nascita di tutte le creature viventi, proponendo una tesi “casuale”,
costituita dall’intervento di mutevoli condizioni climatiche, di habitat e di
relativi bisogni crescenti, i quali avrebbero condizionato quelle specie viventi
che si sarebbero dimostrate capaci di mutare insieme a tali elementi e, quindi,
di vincere la lotta per la sopravvivenza.
L’oscuro naturalista di Down portava così a termine il compito che gli era stato
assegnato. Così infatti afferma il genetista Giuseppe Sermonti, il più
autorevole rappresentante internazionale dell’antievoluzionismo scientifico e,
in generale, della riflessione critica sulla scienza moderna fin da quando, nel
1971, pubblicò per l’editore Rusconi il saggio, davvero controcorrente, Il
crepuscolo dello scientismo.
Sermonti sostiene che alcuni personaggi avrebbero precedentemente ingaggiato
Darwin allo scopo di elaborare una teoria materialista sull’origine della vita,
assicurandogli notevole fama e un rapido successo editoriale. Si sarebbe
trattato d’individui che agivano per conto di un fantomatico Club X,
costituitosi ufficialmente a Londra nel 1864. Tale associazione pare fosse
solita riunirsi prima dei meeting della Royal Society per discutere gl’indirizzi
politico-culturali e mediatici che avrebbe dovuto imboccare la società
britannica. La prima edizione de L’origine delle specie si esaurì in un solo
giorno , dopo un iniziale scherno piuttosto generalizzato. In soli dieci anni
Darwin si aggiudicò il consenso dell’ortodossia scientifica del tempo. Il Club X
aveva insomma raggiunto il proprio obiettivo e mantenuto le promesse.
I turbamenti di un naturalista
Per secoli, o per millenni, nessuno aveva mai notato le “prove schiaccianti”
fornite da Darwin, anche se le aveva davanti agli occhi.
Poi, improvvisamente, tutte quelle “verità segrete” sono state finalmente
“esposte in evidenza” e dalla zolla sarebbero emerse le risposte che da tempo si
attendevano. Sono, cioè, venuti alla luce i resti di una realtà ancestrale per
troppo tempo occultata e rimossa mentalmente.
Le prove su cui tali riletture della storia umana si fondano sono peraltro
alcuni resti fossili che costituirebbero gli anelli di congiunzione di una
catena virtuale, la quale condurrebbe in linea retta dagli esemplari più
primitivi del genere dei primati fino all’uomo.
Vano il domandarsi perché – se tali teorie fossero realmente attendibili – a
parità di latitudine, condizioni climatiche e ambientali, e via discorrendo, è
possibile trovare “evoluti” esemplari di homo sapiens sapiens accanto a babbuini
e a scimpanzé, ma in circolazione non s’incontra alcun “uomo di Neanderthal” o
“di Cro Magnon” o “di Steinheim”.
Com’è stato autorevolmente osservato, l’estrema rarità delle forme intermedie,
anche nella documentazione fossile, continua a rivestire una sorta di “segreto
di casta” della paleontologia. Inutile cercare la ragione dell’estinzione degli
esemplari delle fasi intermedie, ma più che altro superfluo giacché
l’incontestabilità del dogma darwinista è contenuta in quei pochissimi resti
fossili a cui si è fatto cenno. Talmente rari da tormentare perfino lo stesso
Darwin.
L’uomo-scimmia fai-da-te
Molto meno turbati appaiono, invece, i suoi più tardi epigoni ed emulatori.
Tutti presi dal contendersi a vicenda la palma dell’ortodossia piuttosto che
quella dell’originalità, producendo semplici varianti sul tema, sfugge ai loro
occhi la beffa dell’artista (così come sfuggì quella delle teste di Amedeo
Modigliani ad affermati critici d’arte), giacché, se la principale occupazione è
quella di dividersi in mille rivoli, di fronte alla necessità di difendere il
contestato cardine dogmatico le truppe sparpagliate riacquistano la monolitica
compattezza d’una testudo romana.
D’altronde, come dubitare di fronte ad un eoanthropus Dawsoni, meglio conosciuto
come “uomo di Piltdown”, che deteneva tutte le caratteristiche necessarie per
rappresentare il classico caso da manuale. Due crani con caratteri marcatamente
primitivi, una mandibola nettamente scimmiesca, un canino e un molare vennero
portati in superficie fra il 1909 e il 1915.
Nel frattempo, quell’“uomo” veniva valutato positivamente da alcuni presunti
specialisti e, pertanto, inserito come dato certo e acquisito in numerose
pubblicazioni di prestigio, quali per esempio la famosa Enciclopedia Treccani
che ne forniva ampie descrizioni. Purtroppo, però, dopo quasi quarant’anni dal
ritrovamento dei frammenti presso l’omonima località del Sussex orientale, nel
1953 una commissione di scienziati dimostrò che si trattava di una bufala
clamorosa.
Se qualcuno fosse tentato di pensare a un errore di quest’ultima équipe di
studiosi ci ripensi: il falsario, infatti, ha già raccontato tutto e la Treccani
si è vista costretta a rettificare definitivamente alla pagina 351 della terza
appendice (1949-1960), spiegando come il famoso reperto di Piltdown altro non
fosse se non il «prodotto di una mistificazione». Il cranio era, infatti, un
fossile umano di epoca neolitica (quindi relativamente recente); la mandibola
apparteneva a un giovane orango morto pochi anni prima, a cui erano stati limati
i denti per farli sembrare umani; anche il canino era stato limato, al fine di
applicarlo alla mandibola; e il pomello di articolazione (condilo) era stato
spezzato di fresco nell’intento di adattare la mandibola al cranio. Il tutto era
stato poi usurato artificialmente e colorato chimicamente per simulare l’effetto
del tempo.
I cannibali dagli occhi a mandorla
Un altro caso palese d’interpretazione abusiva è rappresentato dal cosiddetto
sinantropo od homo pekinensis. Unicamente per il fatto che le rimanenze ossee di
tale scimmia – fino ad allora totalmente ignota agli zoologi – furono ritrovati
insieme ai residui di utensili e di focolari preistorici, si volle
automaticamente dedurne che si trattasse delle spoglie del loro artefice, ovvero
di un essere umano, sebbene i resti dello scheletro in questione si trovassero
chiaramente mischiati a quelli di animali da preda. Il cranio, inoltre,
presentava le medesime perforazioni osservate in casi analoghi, dove
l’espediente si era reso necessario allo scopo di prelevarne il gustoso cerebro.
Così, pur di non dover concludere la cosa più ovvia, cioè che il ritrovamento
altro non riguardava che una preda di uomini preistorici, gli scienziati
annunciarono che i cosiddetti homines pekinenses si erano addirittura divorati a
vicenda.
Da circa sei anni sull’autorevolissima Boston Review del Massachusetts Institute
of Technology (MIT) infuriava una polemica assolutamente devastante per la
dottrina darwinista quando improvvisamente, sul numero del novembre 1999, la
rivista National Geographic pubblicò con enfasi la foto di una lastra minerale
nella quale si vedeva impressa l’immagine di un teropode pennuto. «È la prova
che gli uccelli si sono evoluti da questi antichi rettili», esultava troppo
frettolosamente il biologo Barry A. Palevitz nell’articolo di tono
sensazionalistico che accompagnava la presunta scoperta. Il rettile piumato
ridava così smalto alla logora teoria evoluzionista.
Il darwinismo, infatti, è talmente in declino oltreoceano che in numerosi Stati
dell’Unione nordamericana si è perfino chiesto e ottenuto che il suo
insegnamento venga soppresso dalle scuole o, perlomeno, presentato come semplice
ipotesi in alternativa ad altre, di cui si deve dare notizia allo stesso modo.
Per rendersi conto delle enormi difficoltà che la “teoria della scimmia” sta
attraversando in ambiente scientifico, basta fare un rapido giro su Internet e
constatare di persona quanti siti ospitino tesi critiche, inserendo in un
qualunque motore di ricerca parole-chiave come “creazionismo”.
Finalmente scoperto l’‘uccellosauro’, dunque, il creazionismo sarebbe stato
sconfitto definitivamente.
Acquisito il posto che gli spettava nello schema darwiniano di discendenze, allo
snodo evolutivo fra rettili e uccelli, il “nuovo” animale è venne battezzato con
un’altisonante denominazione latina, come d’uopo: archaeoraptor liaoningensis.
Di lì a poco, tuttavia, si sarebbe amaramente appurato che il supposto fossile
altro non era se non l’ennesimo falso, composto da due differenti resti (di un
uccello e di un sauro) incollati assieme, con abilità asiatica, per opera dei
poverissimi contadini cinesi che vivono nella provincia di Liaoning, i quali
sfruttano e vendono sul mercato nero i fossili di un ricco giacimento locale.
Il falso composto era stato offerto al titolare di un piccolo museo privato
nello Utah durante una fiera di trouvaille paleontologiche, tenutasi nel
febbraio del 1999 nello Stato dell’Arizona, presso la città di Tucson.
Già in precedenza si era cercata questa tanto sospirata prova della discendenza
degli uccelli dai rettili preistorici. Del resto, la teoria darwinista parlava
chiaro: tutte le forme viventi della terra avevano subito evoluzioni clamorose,
adattandosi all’ambiente circostante. Da qualche parte sarebbero quindi pur
dovuti saltare fuori anche gli elementi che confermavano la veridicità di quelle
stravaganti idee.
Illusionismi e prestidigitazioni
In realtà, già nel lontano 1957, lo studioso nordamericano Douglas Dewar nel
libro The Transformist Illusion – pubblicato a Murfreesboro, in Tennessee, dalle
DeHoff Publications – osservò che tutta la teoria sulla graduale evoluzione
delle specie, facente capo a Darwin, si fonda su di una madornale confusione tra
“specie” e “subspecie”.
A suo avviso, le singole specie non soltanto sarebbero fra loro separate da
differenze abissali, ma non esisterebbero neppure forme che accennino a una
qualche possibile connessione tra i diversi ordini di esseri viventi, come i
pesci, i rettili, gli uccelli e i mammiferi. Non era immaginabile nella maniera
più assoluta che l’uno potesse essere nato dall’altro. Anche il celebre fossile
denominato archaeopteryx, frequentemente addotto quale esempio di membro
intermedio fra un rettile e un uccello, è in realtà un autentico rappresentante
di quest’ultima categoria animale, nonostante alcune singolari caratteristiche –
come le unghie al termine delle ali, i denti nelle mascelle e la lunga coda con
le piume diramate – potessero comprensibilmente a prima vista fuorviare.
Gli studiosi moderni più seri e scrupolosi, ormai, rigettano completamente la
tesi dell’evoluzione della specie, o si limitano a mantenerla in maniera
provvisoria esclusivamente quale mera “ipotesi di lavoro”.
Le più recenti scoperte in materia di paleontologia, sedimentologia, chimica,
biologia molecolare e genetica hanno infatti smontato, pezzo per pezzo, il
castello di carta su cui si fondava l’evoluzionismo darwinista.
Del resto, non solo tutte le forme animali conosciute avrebbero avuto origine,
quasi contemporaneamente, durante il periodo dell’“esplosione cambriana”, ma le
ricerche più recenti hanno dimostrato l’incredibile complessità anche di quegli
organismi che i vari Piero Angela si ostinano a definire “semplici”.
Il molteplice dell'infinitamente piccolo
La microscopia elettronica ha, infatti, messo in risalto come i processi che si
svolgono all’interno dell’essere monocellulare siano di una molteplicità
inimmaginabile. Inoltre, come ebbe a riconoscere, già nel 1977, perfino lo
stesso professor Stephen Jay Gould, docente di Geologia e Zoologia presso la
prestigiosa Harvard University, nonché darwinista eterodosso e marxista
dichiarato, «le testimonianze fossili non supportano in alcun modo il
cambiamento graduale».
Sulla medesima linea, il geologo David Schindel, professore alla Yale
University, il quale, in un articolo apparso nel 1982 sulla rivista Nature,
rivelò che l’ipotizzata graduale «transizione dai presunti antenati ai
discendenti […] non esisteva».
In definitiva, si può affermare che – alla prova dei fatti – la teoria
darwiniana si è rivelata un semplice prodotto della propria epoca. L’inglese
vittoriano si sentiva intimamente superiore al resto del mondo e il darwinismo
sembrò fornire una sanzione scientifica a tale convincimento.
La vicenda del Club X e il simultaneo sviluppo di un insidioso “darwinismo
sociale” sul piano filosofico-politico la dicono lunga sulla reale valenza di
quella “selezione naturale” contemplata nell’evoluzionismo.
Una volta acquisita questa teoria da parte della comunità scientifica, si è
quindi imboccata una pericolosa via che gli attuali studiosi temono però di
abbandonare poiché, forse, ritengono che ciò equivarrebbe, di fatto, a decretare
un fallimento di cui potrebbe risentire tutta la classe degli scienziati
contemporanei.
Se così fosse, si tratterebbe di un fatto gravissimo, poiché darebbe conto della
debolezza – camuffata con l’arroganza – da cui la scienza è affetta oggigiorno.
Diversamente, si attendono spiegazioni plausibili sul perché non si sia ancora
avviato un dibattito serio e approfondito anche in Italia, e per quale strana
ragione ci si ostini a presentare un semplice mito come verità acquisita.
Perché la teoria di Darwin altro non è che un mito, il quale – come tutti i miti
– tenta di soddisfare il bisogno di rispondere ad alcuni dei quesiti
fondamentali che, sin dalla notte dei tempi, tormentano l’uomo: “chi siamo?”,
“da dove veniamo?”. Davvero arduo appare il fornire una spiegazione convincente
con le sole armi della ragione; schiere di filosofi ci hanno provato, fallendo
ogni volta miseramente. Charles Darwin fu uno di loro.