COPENAGHEN, CLIMA:

TRA FINANZA, GOVERNO MONDIALE E

DECRESCITA DEMOGRAFICA

 

LE RAGIONI DI UN FALLIMENTO MASCHERATO CON UN

ACCORDO ESCAMOTAGE PER NON FAR PASSARE

LA CONFERENZA COME UN INSUCCESSO

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

INTRODUZIONE

È un’intesa "debole", sostiene il "fronte del no", mentre un delegato sudanese è arrivato a paragonare il piano per l’Africa all’Olocausto, perchè causerà altre inondazioni, siccità, tempeste di sabbia e non bloccherà il livello di innalzamento dei mari. Il documento, ha denunciato Lumumba Stanislaus Di-aping, «è una soluzione basata sugli stessi valori che, secondo la nostra opinione, hanno portato sei milioni di persone in Europa nelle camere a gas». (La Stampa 19/12/09)

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Il Fondo dell'ONU sulla Popolazione:
riduzione demografica per salvare il clima

Fonte web

Il modo più efficace per combattere i cambiamenti climatici è ridurre la popolazione, sostiene il rapporto annuale del Fondo ONU sulla Popolazione (UNFPA), pubblicato il 18 novembre. Come da copione, il ministro dello Sviluppo danese ha annunciato che il suo governo intende includere il tema del controllo demografico nell'accordo da sottoscrivere al vertice sul clima di Copenhagen.

L'UNFPA ha sempre perseguito una politica maltusiana, ma è la prima volta che lega la crescita demografica ai cambiamenti climatici. Facendo così, esso segue le prescrizioni degli enti controllati dalla famiglia reale britannica, come l'Optimum Population Trust.

"La crescita demografica è tra i fattori che influenzano le emissioni totali nei paesi industrializzati e in via di sviluppo", afferma il rapporto dell'UNFPA. "Ogni persona, in ogni popolo, consumerà cibo, avrà bisogno di alloggio, e idealmente la maggior parte usufruirà di trasporti che consumano energia, e consumerà combustibile per il riscaldamento ed elettricità". Riducendo la popolazione mondiale si ridurrà l'emissione di gas-serra e aiuterà i paesi – specialmente le nazioni povere, con alta crescita demografica – ad adattarsi all'impatto dei cambiamenti climatici.

Naturalmente, la crescita demografica va giudicata in una luce completamente diversa: ogni individuo è fonte potenziale di ricchezza per tutta la società, grazie ai contributi creativi che egli o ella può arrecare e che ogni governo dovrebbe promuovere. Le vite non possono essere misurate in termini di emissioni di CO2 o di energia consumata, o dei costi della sanità, contrariamente a quanto sostiene la scuola inumana della medicina "evidence-based".

Ma il rapporto dell'ONU sostiene che i cambiamenti climatici possono diventare "ancor più estremi e verosimilmente catastrofici" poiché la crescita demografica "supera la capacità di aggiustamento della terra".

Il principale ricercatore ed estensore del rapporto UNFPA è un certo Robert Engelman, vicepresidente del World Watch Institute il cui fondatore Lester Brown è uno degli alti sacerdoti del movimento della crescita zero.

La proposta di ridurre la popolazione per "salvare il clima" è stata per prima formulata dall'Optimum Population Trust, una fondazione britannica tra i cui direttori figura il consigliere per l'ambiente del Principe Carlo. Come abbiamo scritto in precedenza (cfr. Strategic Alert 39/09), l'OPT aveva commissionato il rapporto alla London School of Economics, e sostiene che impedire la nascita di nuovi inquinatori è un rimedio molto più economico ai cambiamenti climatici che non i mulini a vento o l'energia solare.

Il rapporto dell'OPT fece seguito ad una riunione segreta di "filantropi" miliardari tenutasi il maggio scorso a New York City, i quali giunsero alla conclusione che la migliore attività di beneficenza nel mezzo dell'attuale crollo economico sia promuovere la causa della riduzione demografica (cfr. Strategic Alert 23/09). Quella riunione fu organizzata da Bill Gates, David Rockefeller e Warren Buffett (vedi su questo sito "La strana passione di Bill Gates per le grandi pandemie").

 

 

 

 

A Copenhagen i poveri bocciano i piani dei ricchi sul clima

 

 

 

 

 

CAMBIAMENTO CLIMATICO: IL

PEGGIORE SCANDALO SCIENTIFICO DELLA STORIA

Fonte web

Il nostro establishment scientifico, irrimediabilmente compromesso, non può permettersi di cavarsela mettendo a tacere le statistiche riguardanti il riscaldamento globale.

Una settimana dopo che il mio collega James Delingpole dal suo blog del Telegraph ha coniato il termine “Climagate” per descrivere lo scandalo reso noto dalla fuoriuscita di e-mail dall’Unità di Ricerca Climatica presso l’università di East Anglia, Google ha mostrato che quella parola appare ora su internet più di nove milioni di volte. Ma in tutti questi ettari di copertura elettronica c’è un punto di grande rilievo riguardante queste migliaia di documenti che è stato ampiamente dimenticato.

Il motivo per cui anche George Monbiot del Guardian si è mostrato totalmente scioccato e disorientato di fronte al quadro svelato dai documenti è che gli autori non sono un vecchio gruppo qualunque di accademici. La loro importanza non può essere sopravvalutata. Ciò a cui ci troviamo di fronte è un piccolo gruppo di scienziati che, per anni, ha esercitato una grande influenza nel manovrare l’allarme mondiale in materia di riscaldamento globale, non da ultimo attraverso il ruolo giocato all’interno del Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)[1].

A seguire: "Manipolazione di dati e di concetti: le e-mail sul cambiamento climatico " (The Daily Telegraph)

Il professor Philip Jones, direttore della CRU[1], è responsabile delle due serie fondamentali di dati usate dall’IPCC per compilare i suoi resoconti. Attraverso il suo contatto con l’Hadley Center, parte del Met Office inglese, il quale seleziona gran parte dei collaboratori scientifici strategici dell’IPCC, il suo registro delle temperature globali è il più importante dei quattro su cui sia l’IPCC sia il governo si basano – non da ultimo per le loro previsioni secondo cui il mondo si surriscalderà a livelli catastrofici a meno che non si spendano miliardi di dollari per evitarlo.

Il dott. Jones gioca anche un ruolo fondamentale all’interno del compatto gruppo di scienziati americani e inglesi responsabile della promozione di quell’immagine delle temperature globali trasmessa dal grafico a forma di “bastone da hockey” di Michael Mann, che 10 anni fa aveva rovesciato da cima a fondo la storia del clima mostrando che, dopo 1.000 anni di declino, le temperature erano recentemente balzate ai più alti livelli mai registrati dalla storia.

Ritenuto come fondamentale dall’IPCC, non da ultimo per il modo in cui è sembrato eliminare il diffusamente accettato Periodo Caldo Medievale, quando le temperature erano più alte di oggi, il grafico è divenuto l’icona centrale dell’intero movimento creato dall’uomo per il riscaldamento globale.

Dal 2003, comunque, quando i metodi statistici utilizzati per creare “il bastone da hockey” sono stati dipinti come fondamentalmente difettosi da un esperto statistico canadese, Steve McIntyre, è cresciuta una lotta che si è andata via via scaldando tra i sostenitori di Mann, che si sono auto-definiti “la Squadra dell’Hockey”, e McIntyre e i suoi alleati, i quali hanno chiamato in causa, con effetti ancor più devastanti, l’intera base statistica su cui l’IPCC e la CRU hanno fondato il loro caso.

I mittenti e i destinatari delle mail fuoriuscite dalla CRU forniscono la lista dei partecipanti all’elite scientifica dell’IPCC, comprendente non solo la “Squadra dell’Hockey”, come ad esempio il dott. Mann stesso, il dott. Jones e il suo collega della CRU Keith Briffa, ma anche Ben Santer, responsabile della revisione altamente controversa di alcuni passaggi chiave del report del 1995 dell’IPCC; Kevin Trenberth, che in modo altrettanto controverso ha spinto l’ITCC all’allarmismo sull’attività degli uragani; e Gavin Schmidt, braccio destro dell’alleato di Al Gore, dr. James Hansen, il cui registro GISS sui dati di temperatura di superficie è secondo per importanza solamente a quello della CRU.

Ci sono tre argomenti in particolare contenuti nei documenti fuoriusciti che hanno diffuso un’ondata di sconvolgimento tra gli osservatori informati in tutto il mondo. Forse il più ovvio, come lucidamente sottolineato da Willis Eschenbach (si veda il blog di McIntyre dal titolo “Climate Audit” e il blog di Anthony Watt, “Up with That”), è la serie altamente sgradevole di e-mail che mostra come il dott. Jones e i suoi colleghi abbiano per anni discusso le subdole tattiche che hanno permesso loro di non rilasciare i dati a terze parti avvalendosi delle leggi in materia di libertà d’informazione.

Se ne sono usciti con ogni scusa possibile per far combaciare le basi di dati su cui si fondavano le loro scoperte e i registri delle temperature.

Di per se stessa, questa cosa è diventata un grosso scandalo, non da ultimo per il rifiuto del dr. Jones di fornire i dati elementari da cui la CRU deriva il suo largamente influente registro delle temperature, che è culminato la scorsa estate nella sconvolgente dichiarazione dello stesso dr. Jones secondo cui la maggior parte dei dati presi da tutto il mondo era semplicemente “andata persa”. Ma la cosa più incriminante sono comunque le e-mail in cui si avvisano gli scienziati di cancellare grosse porzioni di dati, cosa che, se fatta dopo il ricevimento di una richiesta inviata in ossequio alla normativa in materia di libertà d’informazione, risulta essere un reato.

Ma la domanda che sorge inevitabile da questo rifiuto sistematico di rilasciare i dati è: qual è quella cosa nascosta che gli scienziati stanno così ansiosamente cercando di non rivelare? La seconda e più scioccante rivelazione che deriva dalla fuga di documenti è come essi mostrino degli scienziati intenti a manipolare i dati attraverso i loro complicati programmi per computer, sempre orientati nell’unica direzione desiderata – abbassare le temperature passate e “accomodare” quelle recenti al rialzo, in modo da dare l’impressione di un riscaldamento accelerato. Questa cosa succede così spesso (non da ultimo nei documenti riguardanti i dati contenuti nel file “Harry Read Me”) che è diventata l’elemento singolo più fastidioso di tutta la storia. Questa è l’attività che il dr. Hansen stava compiendo con il registro GISS delle temperature, quando l’anno scorso è stato scoperto dal sig. McIntyre (fatto dopo il quale Hansen è stato costretto a rivedere il suo registro) e due altri scioccanti esempi sono ora venuti alla luce in Australia e in Nuova Zelanda.

In ognuno di questi due paesi era possibile per gli scienziati locali mettere a confronto il registro ufficiale delle temperature con i dati originali sui quali si sarebbe in teoria dovuto basare il primo. In ciascun caso è chiaro che lo stesso scherzo è stato giocato – trasformare un grafico delle temperature essenzialmente piatto in un grafico che mostra delle temperature in continua crescita. E in ognuno di questi casi la manipolazione era stata realizzata sotto l’influenza della CRU.

La cosa che emerge in modo tragico dal file “Harry Read Me” è questo quadro di scienziati della CRU che si trovano in uno stato di confusione senza speranza di fronte agli elaborati programmi per computer che essi hanno ingegnato allo scopo di contorcere i loro dati nella direzione approvata, esprimendo più di una volta la loro disperazione per quanto fosse difficile ottenere i risultati desiderati.

La terza rivelazione-shock riguardante tali documenti è il modo spietato con cui questi accademici sono stati determinati nel zittire qualunque esperto che mettesse in discussione i risultati da essi conseguiti attraverso dei metodi così discussi – non solo rifiutandosi di rendere pubblici i loro dati elementari ma anche discreditando e bloccando qualunque giornale scientifico che avesse osato pubblicare il lavoro dei loro critici. E’ come se essi fossero pronti a qualunque cosa pur di soffocare il dibattito scientifico in questo modo, non da ultimo assicurando che nessuna ricerca in senso contrario trovasse spazio nelle pagine dei resoconti dell’IPCC.

Nel 2006, quando l’eminente professore di statistica americano Edward Wegman pubblicò un resoconto scientifico per il Congresso nel quale sosteneva la demolizione del “bastone da hockey” operata da Steve McIntyre, egli condannò il modo in cui questo stesso “gruppo molto intimo” di accademici sembrava volenteroso unicamente di creare delle collaborazioni tra i suoi membri e di operare delle “revisioni paritetiche” delle carte l’uno dell’altro, allo scopo di sovrastare le scoperte di quei resoconti dell’IPCC dai quali avrebbe potuto dipendere gran parte del futuro degli Stati Uniti e dell’economia mondiale. Alla luce delle ultime rivelazioni, adesso sembra ancora più evidente che questi uomini possano aver fallito nel sostenere quei principi che stanno al centro di una domanda scientifica genuina e del relativo dibattito. Già un rispettabile scienziato americano del clima, il dr. Eduardo Zorita, ha chiesto che il dr. Mann e il dr. Jones venissero esclusi da ogni futuro coinvolgimento nell’IPCC. Persino il nostro George Monbiot, sdegnato di fronte alla scoperta di come era stato tradito dai supposti esperti che egli aveva riverito e citato per tanto tempo, ha chiesto che il dr. Jones rinunciasse alla sua carica di direttore del CRU.

Il precedente Cancelliere, Lord (Nigel) Lawson, lanciando la scorsa settimana la sua nuova think tank ‘Global Warming Policy Foundation’ ha giustamente fatto appello a una inchiesta davvero indipendente che guardi dentro il labirinto di imbrogli rivelato dalle fughe del CRU. Ma l’inchiesta dibattuta venerdì, che forse sarà presieduta da Lord Rees, Presidente della Royal Society – essa stessa propagandista di lunga data e senza vergogna per la causa del riscaldamento – è lungi dall’essere quello che Lord Lawson aveva in mente. Al nostro establishment scientifico, compromesso senza speranza, non può essere concesso di andarsene mettendo semplicemente a tacere quello che è diventato il più grande scandalo scientifico del nostro tempo.


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[1] Il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (http://www.ipcc.ch/) è il foro scientifico che si è formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite allo scopo di studiare il fenomeno del riscaldamento globale (fonte: Wikipedia). NdT

[2] Climate Reserch Unit. E’ una parte dell’Università di East Anglia (Inghilterra) nonché una delle maggiori istituzioni che si occupa di studiare le cause del cambiamento climatico (fonte: Wikipedia, in inglese) Ndt

 

 

 

 

 

CopenagHen: complotto per

il governo mondiale

Fonte web

Cinquantasei quotidiani di 45 Paesi hanno pubblicato in prima pagina lo stesso articolo in una ventina di lingue diverse (1): uno «spontaneo» appello che invita il vertice di Copenhagen, proprio mentre si apre, ad «agire contro il cambiamento climatico provocato dall’uomo».

Poteva mancare la nostra Repubblica di De Benedetti e Scalfari? No, naturalmente. Una sfrontatezza inaudita da parte della casta mediatica: perchè quando lo stesso articolo è pubblicato da 56 grandi media del pianeta, nella faccenda non c’è evidentemente nulla di spontaneo, e si smentisce ogni pretesa di libertà d’informazione. Si fa invece mostra di una campagna di propaganda concertata da poteri transnazionali, oscuri ma evidentemente irresistibili, e dell’ennesima – ma particolarmente svergognata – dimostrazione di obbedienza del giornalismo «mainstream» a quei poteri.

Copenhagen_complotto_1.jpgSono gli stessi media che hanno taciuto o svalutato il «Climategate», ossia quelle e-mail scambiate fra climatologi americani ed inglesi, dove costoro complottavano per nascondere i dati sulle temperature, che smentivano il riscaldamento globale. Sono gli stessi giornali che hanno annunciato che ai delegati di Copenhagen è stato mostrato un video di propaganda terrorista sui supposti effetti del global warming, che tutti all’unisono hanno definito «un filmato-shock». L’organizzazione della pubblicazione dell’unico articolo (fulgido esempio del pluralismo d’opinione) è stata concertata dal vicedirettore del Guardian britannico: che si chiama, per caso, Ian Katz.

Ma è difficile identificare quei poteri. Quasi certamente non ne hanno la minima idea i 15 mila delegati dei governi e i 5 mila giornalisti arrivati a Copenhagen con 140 aerei privati, scarrozzati da 1.300 limousines di lusso, che si ingozzeranno di caviale e foie gras a quintali, pronti a consigliarci tutti uniti di «limitare i nostri stili di vita» o – come ordina il Corriere della Sera – di andare in bicicletta, farsi meno il bagno, non tirare lo sciacquone, far funzionare la lavatrice di notte.

Consigli idioti per noi, che lorsignori ritengono idioti, forse a ragione. La verità è che a Copenhagen lorsignori vogliono mettere in atto il controllo globale del mondo da parte – letteralmente – di un nascituro governo mondiale.

Il programma l’ha scoperto lord Christopher Monckton (2), un pari già consulente della Thatcher, quando ha saputo che i delegati arrivati a Copenhagen devono raggiungere un accordo su una «bozza di trattato» già stilata. Il fatto è che questa bozza di trattato non è stata resa pubblica, e i politici mondiali arrivati a Copenhagen, di solito così loquaci, non ne hanno mai detto una parola. 

Copenhagen_complotto_2.jpgLord Monckton ha voluto venire a capo di questo documento segreto, per leggerlo. Non è stato facile. Lui e diversi suoi collaboratori  hanno esplorato per giorni oscuri siti web dell’ONU, e spulciato decine di hyperlink, fino a scoprire la bozza: un documento che nei siti non viene nemmeno chiamato «trattato», ma (per meglio nasconderlo) una anodina «Nota del Segretariato».

Questa nota del Segretariato (delle Nazioni Unite) si è rivelata essere un tomo di 181 pagine, datato 15 settembre, che comprende il The United Nations Framework Convention on Climate Change insomma la bozza fino ad oggi sottratta alla conoscenza pubblica.

Difficilissimo orientarsi nell’ambiguo, involuto fraseggio del documento, uno stile che (non c’è ragione di sorprenderci) è ricalcato sul modello della neolingua eurocratica del Trattato di Lisbona. Ma a pagina 18 uno «schema per il nuovo arrangiamento istituzionale sotto la Convenzione» si danno le direttive per un organismo dell’ONU, ancora senza nome, a cui si conferirà il potere di intervenire negli affari non solo ambientali, ma anche fiscali ed economico-finanziari di tutti gli Stati che firmeranno il trattato di Copenhagen. Questo corpo viene chiamato esplicitamente «government», un governo.

«E’ la prima volta, a mia conoscenza, che un corpo transnazionale ancora da creare viene chiamato ‘governo’», ha detto Lord Monckton: «Ma a spaventare sono i poteri che saranno conferiti a questo ‘governo’ totalmente non elettivo. La cruda ambizione di questo governo mondiale è enorme fin dal principio», scritta nero su bianco, al contrario – per esempio – della melliflua e progressiva costruzione europeista, che s’è accaparrata poteri via via più vasti per la Commissione (non-eletta) ma a poco a poco, senza darlo ad intendere.

Articolo dopo articolo, il contorto fraseggio della bozza di trattato impone ai Paesi sviluppati  firmatari il pagamento di un «debito di adattamento» (sic) a favore delle nazioni sottosviluppate, con la scusa di sostenerle delle misure di mitigazione delle emissioni che «cambiano il clima».

L’entità del flusso finanziario è rivelata nella clausola 33 a pagina 39: «Entro il 2020 il flusso finanziario di sostegno all’adattamento nei Paesi in via di sviluppo dev’essere almeno di 67 miliardi di dollari, o meglio fra 70 e 140 miliardi l’anno». La cifra dovrebbe essere estratta con l’applicazione di una tassazione speciale; diverse proposte sono offerte, fra cui (a pagina 135) l’imposizione di «una imposta del 2% sulle transazioni dei mercati finanziari internazionali delle parti di cui all’Annesso 1»: l’Annesso 1 parla delle nazioni ad alto sviluppo, fra cui ovviamente l’Italia.

Si tratta a quanto pare di una Tobin Tax, ma di durezza proibitiva. Mentre Tobin proponeva un prelievo dello 0,5% sulle transazioni (o anche più lieve) per colpire soltanto quelle ripetute migliaia di volte al giorno – ossia la mera speculazione  – un prelievo del 2% stroncherebbe anche le attività finanziarie più ragionevoli e moderate, essenziali all’economia reale.

E’ un deliberato progetto di drastica e permanente riduzione dell’attività produttiva globale, attuata e sorvegliata da un unico ente globale chiamato «governo», dotato di tutti i mezzi di controllo e di esazione centralizzata – e non votato da nessuno. E del tutto insensibile ai costi che imporrà alle industrie già proprio adesso penalizzate dalla grande depressione in atto, e alla fame che produrrà per centinaia di milioni di esseri umani, privati di lavori produttivi e di potere d’acquisto. Una catastrofe di cui i nostri politici – quelli che abbiamo eletto – sembrano non darsi per inteso.

La sola voce consapevole s’è levata (e ciò è significativo) dall’agenzia cinese Xinhua, dove l’opinionista Yu Zheng mette in guardia fin dal titolo: «Stiamo attenti alle intenzioni inconfessate della diplomazia occidentale sul cambiameno climatico» («Be aware of unspoken intention of Western climate change diplomacy»).

«Come possono le nazioni occidentali pretendere di occupare il primato morale nel progetto di un mondo più verde?», si domanda l’opinionista cinese. «Sono queste potenze a imporre le regole del gioco, e le cambieranno quanto vorranno, per mantenere la propria competitività, preservare i propri interessi finanziari, i propri benefici sociali e di conseguenza la propria forza nazionale. L’hanno già fatto ripetutamente, dal sistema di Bretton Woods che creò il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, alla unificazione (di tutti i Paesi) sotto l’Organizzazione Mondiale del commercio, e ai meccanismi di Kyoto che mirano ad istituire un mercato globale dell’ossido di carbonio...  E’ un ben ingegnoso trucco quello di aver fatto dell’ossido di carbonio una materia prima con un prezzo. Specie dopo il fallimento di Wall Street nella sua corsa alla cartolarizzazione di tutto: azioni di imprese, assicurazioni, persino debiti inesigibili. E’ chiaro che si vuole commercializzare tutto: stavolta, in mancanza di meglio, il clima».

Qui, lo scopo ultimo e inconfessato del progetto è finalmente rivelato. Da un cinese. Ma l’analisi di Yu Zheng non dice tutto. La parte più inconfessabile l’ha denunciata Tarik Ali, lo scrittore anglo-pakistano: «Copenhagen sembra essere l’ultima opportunità di riportare gli ideali comunisti in vigore a livello mondiale».

Insomma il controllo centralizzato e totalitario, la pianificazione globale, da parte di un comitato centrale di banchieri senza volto. Il comunismo bancocratico.

Copenhagen_complotto.jpgL’identificazione di questo comitato centrale orwelliano è, per il momento, solo indiziaria. Ci si deve ricordare che l’allarmismo climatico e la pretesa «cura» del riscaldamento globale a forza di regolamentazioni centralizzate, di tassazione dell’inquinamento e del commercio di «diritti di inquinare» su scala globale hanno come testo fondamentale il Report on the Economics of Climate Change (2006) che porta la firma di sir Nicholas Stern, già vicedirettore della Banca Mondiale; allarme  fortemente sponsorizzato da Tony Blair (che i poteri occulti volevano «capo del governo europeo»), ed oggi accettato come direttiva globale.

Si tratta dunque di una elaborazione che riattiva il progetto occulto di Cecil Rhodes e Alfred Milner, i due potenti ideologi convinti della superiorità della «razza bianca anglo-sassone» che nel tardo Ottocento crearono i meccanismi per garantire la sopravvivenza dell’imperialismo britannico anche dopo la perdita delle colonie. La mira era fare dell’impero britannico (come dirà poi Aldous Huxley) un «impero della mente», capace di continuare a reggere le sorti del mondo emanando stati d’animo collettivi e tirando le fila del potere finanziario.

S’intravvede qui, rinfrescata dall’allarmismo climatico sostenuto con dati scientifici falsi (non a caso provenienti da università inglesi) (3) dell’ideologia anti-natalista di Thomas Malthus e dell’ossessione pianifichiatrice della «Round Table» (4), con le tattiche consigliate dal movimento fabiano: instaurare un socialismo progressivo con la trasformazione dell’economia da privata (in mano a proprietari fisicamente identificabili) a «gestionale», affidata a manager e banchieri. Questo progetto voleva mantenere l’apparenza delle libertà occidentali, espropriandole però insensibilmente.

Negli anni ‘60 e ‘70, il neo-imperialismo mentale aspirò a una fusione del sistema capitalista col sistema sovietico «riformato». Pur senza disporre di prove precise, giurerei che il comitato centrale di questo nuovo mondo «ecologico» abita nelle vicinanze del Tavistock Institute (l’istituto britannico gestito da psichiatri militari, dediti a studiare i metodi di guerra psicolpogica: «salti di paradigma», li chiamano) e alla loggia «Quatuor Coronati», la Loggia-madre di Londra, da cui dipendono le «regolarità» di tutte le logge massoniche del globo.

Nulla di nuovo, si dirà. E’ il vecchio progetto mondialista che riprende, dopo l’interruzione prodotta dal decennio «neocon» negli Stati Uniti, che miravano alla guerra perpetua. Quel che impressiona però è l’accelerazione incredibile che il progetto sta ricevendo in questi giorni.

Di punto in bianco, e superando le forti opposizioni degli ambienti industriali americani, il presidente Obama dichiara che «l’ossido di carbonio mette in pericolo la salute e il benessere degli americani» (asserzione che se fossimo ancora razionali vedremmo ridicola: l’ossido di carbonio è un prodotto della respirazione vegetale, e la crisi dei sub-prime è molto più efficace nel distruggere la salute e il benessere degli americani); e subito consegna ad un organo tecnocratico, la Environment Protection Agency, il potere di regolamentare i gas serra (ossia lo spaccio dei diritti d’inquinamento) e di imporli al Paese, senza far passare il progetto di legge all’esame del Congresso.

Obama va a Copenhagen impegnando l’America – cosa mai prima avvenuta – a «tagliare i gas serra», senza apparente opposizione nè discussione. Di colpo, è come se l’impero mondiale fosse già qui. Non stupirà sapere che Goldman Sachs, la grande macchina delle bolle finanziarie che ci hanno rovinato, si è posizionata per profittare del traffico miliardario di «titoli al carbonio».


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1) Chris Tryhorn, «More than 50 papers join in front-page leader article on climate change», Guardian, 6 dicembre 2009.
2) Janet Albrechtsen, «Has Anyone Read the Copenhagen Agreement? U.N. plans for a new ‘government’ are scary», Wall Street Journal, 29 ottobre 2009.
3) La fonte delle e-mail che provano le falsificazioni è la «Climatic Research Unit» (CRU) della East Anglia University, i cui cosiddetti scienziati dipendono dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un organismo delle Nazioni Unite costituito per attuare le nuove norme globali e promuovere debitamenta l’allarmismo climatico. Sir Nicholas Stern è ovviamente l’anima dell’IPCC. I cosiddetti scienziati del CRU, nelle loro e-mail che dovevano restare riservate, si incitano l’un l’altro a non rivelare i dati veri (che smentiscono il global warming), dicendosi che essendo l’IPCC è un ente sovrannazionale, non è soggetto al «freedom of informaztion act», ossia all’obbligo legale di rendere pubbliche le informazioni in suo possesso. L’IPCC è intervenuto a difesa dei suoi scienziati con una svergognata contro-accusa: «Le e-mail dei climatologi sono state rubate per sabotare il vertice di Copenhagen». Il  vice-presidente dell’IPCC, Jean Pascal van Ypersele, ha spiegato che il furto dei dati non è stato opera di «hackers dilettanti», ma di veri professionisti pagati per i loro servizi, quasi certamente russi. La rivelazione della frode, ha detto il vicepresidente, «non cambia nulla nelle conclusioni dell’IPCC, è solo una riga fra centinaia di pagine di prove» a favore del global warming d’origine antropica. Senza vergogna, sicuri del loro potere.
4) La «Round Tables» è il consesso  imperialista ispirato da Cecil Rhodes e da Lord Milner, apparentemente fondato nel 1909. E’ stato il grande storico Carroll Quigley  («Tragedy and Hope», 1966) a rivelare che la Round Table faceva capo ad una più segreta società finanziata dai giacimenti di diamanti sudafricani posseduti da Cecil Rhodes (ed oggi dalla multinazionale Oppenheimer-De Beers). Rhodes fu il primo «generale della società» (una denominazione presa in prestito dai gesuiti), e designò come suo successore al generalato lord Rothschild. L’organismo era governato da una «giunta dei Tre», costituita da William Stead (direttore del giornale Pall Mall Gazette, intimo di Rhodes), Lord Milner e Reginald B. Brett (Lord Esher). Più tardi la giunta fu sostituita da un «cerchio degli iniziati» che cooptò altre figure, fra cui il cardinale anglicano Manning, Lord Albert Grey, sir Harry Johnston, e soprattutto Lord Arthur Balfour, uno dei capi della Loggia Quatuor Coronati e - come ministro degli Esteri britannico - autore della «Dichiarazione Balfour», la lettera indirizzata a Lord Rothschild con cui impegnava la Corona britannica a creare un «focolare ebraico in Palestina», il futuro Stato d’Israele. Per occupare la Terra Santa, allora dominio ottomano, gli inglesi vi spostarono oltre un milione di soldati, sguarnendo i fronti della Grande Guerra. Negli ultimi anni della sua esistenza, lord Rhodes si dedicò invece ad una più ampia metodica di cooptazione: le «Rhodes Scholarships», borse di studio grazie alle quali selezionati personaggi americani, asutraliani, sudafricani, canadesi e tedeschi (appartenenti alla «razza bianca superiore») avrebbero studiato gratuitamente ad Oxford, dove sarebbero stati imbevuti dell’ideologia britannica. Una lista dei beneficiari della Rhodes Scholarship si trova su Wikipedia,
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Rhodes_Scholars . Lettura rivelatrice e sorprendente.

 

 

 

 

IL PROGRAMMA SEGRETO DI COPENAGHEN

IL COMMERCIO MILIARDARIO IN DERIVATI

SULL’ANIDRIDE CARBONICA

Fonte web

Gli artefici dei credit default swap dietro allo sviluppo dei “derivati sull’anidride carbonica”

Come avevo dimostrato in precedenza, i derivati speculativi (in special modo i credit default swap ) sono una delle cause principali. della crisi economica

E avevo sottolineato che le grandi banche realizzeranno profitti enormi sulle quote consentite delle emissioni di anidride carbonica, mentre l’illustre scienziato che sta facendo una crociata contro il riscaldamento globale sostiene che non funzioneranno e che esiste l’altissima probabilità di una gigantesca truffa e di un insider trading nei mercati delle quote delle emissioni di anidride carbonica.

Ora Bloomberg fa notare. che il programma delle quote delle emissioni di anidride carbonica sarà incentrato sui derivati:

Le banche si stanno preparando a fare con l’anidride carbonica quello che hanno fatto in precedenza: l’ideazione e la commercializzazione di contratti derivati che aiuteranno i clienti a proteggere i loro rischi sui prezzi nel lungo termine. Sono anche pronte a vendere prodotti finanziari legati all’anidride carbonica agli investitori esterni.

[Blythe] Masters sostiene che alle banche debba essere permesso di poter prendere l’iniziativa se un sistema obbligatorio di quote consentite delle emissioni di anidride carbonica è utile a salvare il pianeta al minor costo possibile. E i derivati legati all’anidride carbonica devono far parte di questo connubio, dice. I derivati sono titoli il cui valore è derivato dal valore di una merce sottostante – in questo caso, l’anidride carbonica ed altri gas serra…

Chi è Blythe Masters ?

E’ la dipendente di JP Morgan che ha inventato i credit default swap, e sta ora guidando gli sforzi di JPM sulle quote delle emissioni di anidride carbonica. Come osserva Bloomberg (questa e le altre citazioni provengono dall’articolo di Bloomberg riportato sopra):

Masters, 40 anni, sovrintende le attività ambientali della banca di New York in veste di responsabile globale dell’azienda nell’ambito delle materie prime.

Come giovane banchiere londinese all’inizio degli anni Novanta, Masters faceva parte del team di JPMorgan per sviluppare nuove idee per trasferire i rischi sui terzi. E continuò con la gestione del rischio sui crediti per la banca d’investimenti JPMorgan.

Tra i derivati sui crediti venuti alla luce dai primi sforzi della banca ci sono i credit default swap.

Alcuni membri del Congresso stanno combattendo contro i derivati sull’anidride carbonica:

“La gente taglierà i future sull’anidride carbonica e ci troveremo nei guai,” dice Maria Cantwell, senatrice democratica dello stato di Washington. “Non è possibile tenere il passo del prossimo strumento che andranno a creare.”

Cantwell, 51 anni, lo scorso novembre ha proposto che ai governi statali americani venga concesso il diritto di vietare i prodotti finanziari non regolamentati. “Il mercato dei derivati ha danneggiato pesantemente la nostra economia, non è nient’altro che un casinò dove si punta forte – tranne il fatto che i casinò devono attenersi alle regole”, ha riferito in un comunicato stampa.

Tuttavia il Congresso potrebbe cedere alle pressioni dell’industria e permettere il commercio over-the-counter dei derivati sull’anidride carbonica:

Il disegno di legge della Camera sulle quote delle emissioni di anidride carbonica vieta i derivati OTC, richiedendo che tutte le trattative sull’anidride carbonica vengano effettuate sugli scambi. I banchieri sostengono che un simile divieto sarebbe un errore... le banche e le aziende potrebbero ottenere quello che vogliono sui derivati sull’anidride carbonica in una legge separata in corso di elaborazione al Congresso...

Anche gli esperti finanziari si oppongono al mercato delle emissioni di anidride carbonica:

Persino George Soros, l’operatore miliardario di hedge fund, sostiene che i money manager dovrebbero trovare dei modi per manipolare i mercati delle emissioni di anidride carbonica. “Il sistema può essere truccato”, ha sottolineato Soros, 79 anni, in un seminario alla London School of Economics lo scorso luglio. “Per questa ragione piace ai tipi finanziari come me – perché ci sono delle opportunità finanziarie” ...

Il gestore di hedge fund Michael Masters, fondatore della Masters Capital Management LLC con sede a Saint Croix nelle Isole Vergini americane [e senza alcun legame con Blythe Masters] dice che gli speculatori finiranno col controllare i prezzi dell’anidride carbonica americana, e il loro intervento potrebbe innescare lo stesso genere di cicli di espansione e recessione economica che hanno bastonato le altre materie prime...

Il gestore di hedge fund sostiene che le banche tenteranno di gonfiare il mercato dell’anidride carbonica ingaggiando investitori dagli hedge fund e dai fondi pensione.

“Wall Street lo venderà alla gente come un prodotto di investimento che non ha nulla a che vedere con l’anidride carbonica”, dice. “Poi improvvisamente i gestori degli investimenti domineranno l’asset class, e nulla sarà più collegato alla domanda e all’offerta reale. Abbiamo già visto questo film.”

Per la verità, come avevo rilevato in precedenza, anche numerosi ambientalisti si oppongono al mercato delle quote delle emissioni di anidride carbonica. Ad esempio:

Michelle Chan, un’esperta analista delle politiche a San Francisco per Friends of the Earth, non è affatto convinta.

“Dovremmo veramente creare un nuovo mercato da 2.000 miliardi di dollari quando non abbiamo ancora finito il lavoro per riorganizzare e collaudare una nuova regolamentazione finanziaria?” chiede. Chan sostiene che, vista la loro storia recente, dovrebbero essere tenute a freno le capacità delle banche di trasformare il cambiamento climatico in un nuovo mercato delle materie prime.

“Quello che ci ha fatto aprire gli occhi nella crisi del credito – ad un livello spaventoso e sconvolgente – è quello che accade nel mondo reale”, dice.

Chan di Friends of the Earth sta lavorando duramente per impedire alle banche di inserire anche l’anidride carbonica nel loro repertorio. Ha intitolato un rapporto di Friends of the Earth del marzo scorso “Anidride carbonica subprime?”. In una deposizione rilasciata a Capitol Hill, ammoniva: “Wall Street non farà solamente da intermediario nei normali derivati sull’anidride carbonica – diventeranno creativi.”

Sì, diventeranno “creativi” e abbiamo già visto questo film... un boom di derivati sull’anidride carbonica non regolamentati in modo adeguato destabilizzerà l’economia e porterà ad un altro crollo.
 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Duri colpi all'"Horror Show"

del vertice di Copenhagen

9 dicembre 2009 (MoviSol) - Alla vigilia dell'apertura, il vertice di Copenhagen sul clima si è trovato nei guai. Oltre all'opposizione di grandi nazioni come la Cina e l'India, si sono verificati i seguenti sviluppi:

 

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MANIPOLAZIONE DI DATI E DI CONCETTI:

LE E-MAIL SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

 

A CURA DEL THE DAILY TELEGRAPH

Le e-mail dell’Università di East Anglia: le citazioni più controverse

Di seguito, una selezione di frasi prese dalle e-mail rubate dai computer dell’Università di East Anglia. Molte riguardano Phil Jones, capo dell’Unità di Ricerca Climatica dell’università.
 

Da: Phil Jones. A: Destinatari multipli. 16 novembre 1999
“Ho appena portato a termine il trucco che Mike ha fatto su Nature (la rivista scientifica) di aggiungere le temperature reali a ciascuna serie degli ultimi 20 anni (ad es, dal 1981 in poi) e dal 1961 per permettere a Keith di nascondere la caduta”.

I critici citano questo a riprova della manipolazione dei dati effettuata al fine di mascherare il fatto che le temperature globali stanno scendendo. Il prof. Jones sostiene che il significato della parola “trucco” è stata male interpretata.

Da Phil Jones a: Michael Mann (Pennsylvania State University). 8 luglio 2004
“Non mi pare che nessuna di queste carte sia nel prossimo report dell’IPCC. Kevin e io le terremo fuori in qualche modo – anche a costo di ridefinire il significato di letteratura peer review [revisione paritaria n.d.t.]!”

L’IPCC è l’organo delle Nazioni Unite che ha il compito di monitorare il cambiamento climatico. Gli scienziati non volevano che l’IPCC prendesse in considerazione gli studi che contestano l’idea secondo cui il riscaldamento globale è autentico e creato dall’uomo.

Da Kevin Trenberth (US National Center for Atmospheric Research). A: Michael Mann. 12 ottobre, 2009
“Il fatto è che noi non possiamo spiegare la mancanza di riscaldamento allo stato attuale si tratta di una farsa che noi non possiamo…Il nostro sistema di osservazione è inadeguato”

Il prof. Trenberth sembra accettare uno degli argomenti chiave degli scettici del riscaldamento globale – non c’è nessuna prova che le temperature si siano alzate nel corso degli ultimi 10 anni.

Da: Phil Jones. A: Destinatari multipli. 11 marzo 2003
“Manderò una mail al giornale per dire loro che non c’entrerò più con questa cosa finché non si sbarazzeranno di questo editore che crea problemi”.

Il prof. Jones sembra parteggiare per le dimissioni dell’editore di Climate Research, una rivista scientifica che ha pubblicato alcuni articoli che minimizzavano il valore del riscaldamento globale.

b>Da Phil Jones. A: Michael Mann. Data: 29 maggio 2008
“Potresti cancellare qualunque corrispondenza e-mail con Keith relative all’AR4? Keith farà lo stesso”.

Gli scettici del cambiamento climatico hanno cercato di usare le leggi previste dalla Libertà d’Informazione per ottenere i dati puri sul clima presentati con un report dell’IPCC noto come AR4. Gli scienziati non volevano che il loro scambio di e-mail riguardante i dati fosse reso pubblico.

Da: Michael Mann. A: Phil Jones e Gabi Hegerl (Università di Edinburgo). Data: 10 agosto 2004
“Probabilmente Phil e io saremmo costretti ad aver a che fare con altre stupide critiche da parte degli idioti in un prossimo futuro”

Gli scienziati non fanno nessuno sforzo per nascondere il loro disprezzo nei confronti degli scettici del cambiamento climatico, i quali chiedono più informazioni sul loro lavoro.